venerdì 11 maggio 2012

Visualizzazione e Luce

Visualizzazione e Luce




VISUALIZZAZIONE E VALORI DELL'IMMAGINE

La visualizzazione è il processo di formazione dell’immagine fotografica finale nella mente del fotografo, prima ancora che questi compia i prima passi per l’effettiva realizzazione della fotografia. Non si tratta solo di mettersi in relazione con il soggetto, ma anche di prendere coscienza delle potenzialità espressive dell’immagine.
Nella fotografia in bianco e in nero riproduciamo un soggetto tridimensionale in due dimensioni e in una serie di sfumature di grigio. Siamo liberi di modificare l’intensità di queste sfumature intervenendo sull’esposizione e sullo sviluppo, usando filtri,e così via. L’obbiettivo della visualizzazione è quello di predeterminare l’esito di questi interventi fin dalla prima percezione del soggetto, in modo tale da definire il significato finale dell’immagine.
Il primo passo in direzione della visualizzazione, e quindi dell’interpretazione soggettiva, consiste nel valutare il mondo che ci circonda in termini di immagine fotografica. Dobbiamo esaminare ed esplorare quanto abbiamo davanti agli occhi per il suo significato, la sostanza, la forma, la struttura superficiale e il rapporto reciproco dei suoi valori tonali .
I problemi che affrontiamo visualizzando le fotografie sono di ordine sia teorico che pratico. Per primo bisogna prendere coscienza del soggetto in relazione al suo contenuto descrittivo e soggettivo. Bisogna cercare di vedere l’immagine finita attraverso la quale  si intende esprimerla concezione del soggetto, e percepiamo con l’occhio della nostra mente determinate tonalità della stampa in corrispondenza di determinati valori del soggetto, solo a questo punto iniziamo a compiere le operazioni tecniche necessarie a produrre la fotografia., che in parole povere sono: la misurazione delle luminanze del soggetto e l’uso di queste informazioni servono a determinare esposizione e sviluppo e l’individuazione di ulteriori possibili strumenti per controllare o modificare i valori sulla base dell’immagine visualizzata.


LUCE E PELLICOLA

La luce è il solo tipo di radiazione elettromagnetica a cui l’occhio umano è sensibile. Una simile radiazione va considerata nell’ambito di uno spettro continuo che comprende, oltre alla luce, onde radio, raggi X, raggi gamma e altre forme di energia radiante. Quanto caratterizza ciascuno di questi tipi di radiazione è la lunghezza d’onda, cioè la distanza che separa la “cresta” di un’onda da quella dell’onda successiva. Solo le radiazioni visibili vengono definite come luce, mentre tutte le altre sono indicate semplicemente come radiazioni. Le radiazioni visibili si trovano nella ristretta gamma di lunghezze d’onda che va da 400nm a 700nm circa. All’interno di questa fascia la lunghezza d’onda determina il colore della luce percepita dall’occhio umano, a cominciare dal viola, in corrispondenza delle lunghezze d’onda più corte , per proseguire in ordine crescente, con il blu, il verde, il giallo e il rosso. Oltre il limite estremo della zona rossa dello spettro visibile si trova quella invisibile dell’infrarosso, mentre le lunghezze d’onda più corte di quelle viole, ugualmente invisibili, sono chiamate ultraviolette. Sia le radiazioni ultraviolette sia quelle infrarosse, ma anche altri tipi di radiazioni, possono impressionare la maggior parte delle emulsioni fotografiche.


LUCE INCIDENTE E RIFLESSA

Quando la luce colpisce una superficie può da questa essere trasmessa, oppure può essere assorbita o riflessa. Se la materia di cui la superficie è composta è trasparente, come il vetro di una finestra, la maggior parte della luce verrà trasmessa;diversamente una parte andrà inevitabilmente persa con la riflessione e l’assorbimento. Un materiale traslucido, come il plexiglas bianco o la carta velina, ha una capacità di trasmissione molto bassa e diffonde la luce che lo colpisce mentre una superficie opaca trasmette solo le radiazioni non visibili. La quantità di luce che viene trasmessa, assorbita o riflessa, è sovente una funzione della lunghezza d’onda; se alcune lunghezze d’onda vengono trasmesse o riflesse da un oggetto in quantità maggiori rispetto ad altre, noi percepiamo un determinato colore per quell’oggetto.


Luce incidente

Gli oggetti che noi vediamo sono illuminati dalla luce incidente che proviene dal sole e dal cielo, oppure da sorgenti di luce artificiale. La luce incidente può essere misurata in foot-candle.
Uno dei sistemi più impiegati per determinare l’esposizione di una fotografia, è quello di misurare la quantità di luce che colpisce un soggetto servendosi di un esposimetro a luce incidente. Questi strumenti dispongono di un diffusore a semisfera o di un disco che copre la fotocellula allo scopo di fare una media di tutta la luce che la colpisce. L’esposimetro a luce incidente va esposto in corrispondenza del soggetto e, di solito viene orientato in direzione della fotocamera, in modo da consentire, con un’unica lettura, la valutazione di tutta la luce che va a colpire il soggetto da fotografare, qualunque sia la sua provenienza.


Luce riflessa

La maggior parte delle fotografie viene eseguita misurando la luce riflessa dal soggetto, piuttosto che quella che lo va a colpire.
Utilizzando un esposimetro a luce incidente si tralascia del tutto di misurare la luce che viene effettivamente riflessa  dal soggetto e che va a formare l’immagine sulla pellicola, e questo limita in misura notevole la possibilità di intervenire individualmente su determinate aree e di effettuare quanto è necessario per ottenere immagine creative.
L’unità di misura della luminanza di una zona del soggetto viene espressa in unità di candle-per-square-foot. La luminanza complessiva di una superficie è determinata dalla quantità di luce incidente e della sua proprietà di riflessione, cioè dal grado di riflettenza. La riflettenza di una sostanza viene espressa in una percentuale, indica la porzione di luce incidente che viene riflessa dallo stesso materiale. E’ a causa della riflettenza che noi percepiamo alcuni oggetti come bianchi e altri come neri, indipendentemente dal fatto che siano illuminati da una luce diurna o da una luce debole. In condizioni di luce incidente uniforme la gamma di luminanza di un soggetto è determinata dalla gamma delle riflettenze.


Riflessione diffusa e speculare

La luce riflessa ha di solito la caratteristica di essere diffusa, il che significa che i riflessi provenienti da una superficie uniforme o finemente lavorata riverberano in maniera pressoché uguale in tutte le direzioni. Le superfici lucide come quelle degli specchi forniscono invece riflessi speculari, il ch significa che la maggior parte della luce della sorgente viene riflessa in un raggio. Il riverbero della luce solare sulla cromatura di un’automobile è un esempio. Ogni superficie che appare lucida può riprodurre alte luci speculari come quelle determinate da sostanze cristalline come ghiaccio, sabbia o la neve .

  

COLORE

Quella che noi definiamo luce è di solito una miscela di radiazioni di differenti lunghezze d’onda, all’interno dello spettro visibile. La luce bianca è composta dalla somma di tutti i colori dello spettro Le differenze nel colore della luce possono causare uno slittamento nei valori dell’immagine e modificare i risultati nell’uso di filtri colorati anche con le pellicole in bianco e nero.
Quando la luce viene riflessa, superfici bianche o grigie effettivamente neutre non modificano la
distribuzione delle lunghezze d’onda presenti nella luce incidente. La maggior parte dei materiali non è neutra e tende a riflettere alcune lunghezze d’onda più di altre, assumendo così il colore che viene riflesso in misura maggiore. Una superficie che riflette una più elevata porzione di una determinata lunghezza d’onda e assorbe le altre, offrirà all’occhio colori più vivi: una maggiore saturazione di colore. La maggior parte dei colori che troviamo in natura hanno un livello di saturazione cromatica relativamente basso, ma determinati pigmenti artificiali possono rappresentare colori quasi puri, privi di sfumature.


COMPOSIZIONE DELLA PELLICOLA

I componenti fondamentali delle moderne pellicole fotografiche erano in uso già prima dell’inizio di questo secolo, anche se da allora sono stati introdotti molti perfezionamenti. L’interazione principale sulla quale si basa la fotografia bianconero è la riduzione chimica in argento metallico dell’alogenuro d’argento esposto alla luce. Il termine alogenuro d’argento si riferisce al gruppo di composti formati da argento e bromo, cloro e iodio. I cristalli di alogenuro d’argento esposti alla luce vengono segnati in modo da ridursi, durante lo sviluppo, a particelle d’argento metallico nere.
Le parti della pellicola che sono state esposte a una grande quantità di luce disporranno, dopo lo sviluppo, di un grande deposito di argento ridotto, a cui si farà riferimento col termine di elevata densità; le zone della pellicola esposta con poca luce disporranno, al contrario, di poco argento, saranno cioè di bassa densità. Dato che l’immagine sulla pellicola è negativa, le zone che appaiono scure corrispondono alle zone luminose del soggetto.
I minuscoli cristalli di alogenuro d’argento sensibili alla luce sono distribuiti in un’emulsione di gelatina, depositata su un supporto o base. L’emulsione viene stesa sul materiale di supporto in uno o più strati sottilissimi e perfettamente uniformi. Il materiale di cui è costituito il supporto deve essere forte e trasparente. Oggi è usato il tricetato di cellulosa, una sostanza ininfiammabile. Attualmente viene sempre più usata una robusta base di poliestere, in particolare per le pellicole piane. Sul lato posteriore della base possono essere stesi altri strati allo scopo di prevenire le graffiature e l’incurvamento della pellicola e per impedire la formazione di aloni.


SENSIBILITA' DELLA PELLICOLA

Ogni pellicola ha una particolare sensibilità alla luce, stabilita al momento della fabbricazione. Una determinata pellicola necessita di una specifica quantità di luce per produrre la prima densità utile, e quantità di luce maggiore forniscono densità maggiori. La regolazione del tempo d’esposizione e dell’apertura del diaframma permettono di assicurarci che la quantità di luce che proviene dal soggetto e raggiunge la pellicola rientri nella gamma di luminosità in grado di produrre incrementi di densità visibili. Dobbiamo quindi disporre di una misura della sensibilità della pellicola, cioè della sua rapidità. Nel tempo sono stati impiegati diversi sistemi ma oggi i più diffusi sono la scala ASA e la scala di origine tedesca DIN. Entrambi i sistemi sono ora confluiti in un unico standard internazionale, denominato ISO, ma i numeri e i valori che caratterizzano la sensibilità sono rimasti gli stessi. La rapidità ASA di una pellicola è rappresentata da una scala aritmetica nella quale il raddoppio della sensibilità viene indicato dal raddoppio del numero ASA. A ogni raddoppio numerico, l’esposizione necessaria per una determinata ripresa è ridotta alla metà. La scala DIN, invece che aritmetica, è logaritmica, e quindi il raddoppio della sensibilità viene indicato incrementando di 3 unità il precedente valore attribuito alla pellicola. L’intervallo di un terzo di diaframma che intercorre fra un valore ASA e quello successivo, corrisponde quindi, sulla scala DIN, a un aumento o a una diminuzione di un unità.
Il valore ISO è stato adottato per unificare tutte le scale esistenti. Non è una scala calcolata, è solo una riscrittura contemporanea della due scale ASA e DIN.


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