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La caduta di Alfianello del 1883
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Un racconto d'un certo fascino tratto dal libretto
di Ferruccio Rizzati "Dal cielo alla Terra", stampato nel 1906

 

contributo di Maurizio Eltri
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Il 16 febbraio 1883, alle ore 2 e 40 minuti dopo il mezzoggiorno, ad Alfianello, circondario di Verolanova, provincia di Brescia fu udita una spaventosa detonazione, seguita da un rumore paragonabile a quello di un treno ferroviario saltellante sulle rotaie, e da un sordo tonfo.
Le invetrate delle finestre delle case a un miglio intorno tremarono: a Brescia, a Cremona, a Piacenza, a Mantova, a Verona, si penso' allo scoppio d'una polveriera; da Capriano del Colle al Ponte della Gazza alle Fornaci, avvenne nel suolo un movimento sussultorio come per terremoto. Un contadino, che si trovava a raccogliere legna a 150 metri di distanza, e che allo spaventevole rumore, al traballamento improvviso del suolo, cadde a terra tramortito, pensando "si subissasse il creato", narra, che, avendo levato gli occhi al cielo, vide una massa caderne, seguita da un pennacchio di fumo, e simile ad un fumaiuolo divelto da un tetto. Altri notarono una lieve commozione nel sottile strato di nubi che in quell'ora copriva il cielo... Pochi minuti appresso una folla grandissima aveva invaso un campo di trifoglio, dove, a circa 300 metri al S. O. d'Alfianello, scorgevasi una buca profonda 70 cm, e nella quale un uomo avrebbe potuto agevolmente introdursi. In fondo ad essa, in parte coperto dal terreno smosso, si vedeva un enorme sasso, che fu subito, allargando la buca, messo allo scoperto. Intanto la folla cresceva. Accorrevano anche i due fratelli Bonetta, affittuari di quel campo, detto Foresta, e, scorgendo il grave danno che toccava al trifoglio nascente, viste inutili le preghiere perche' fosse sgombrato, data mano ad una leva di ferro, si diedero con lena febbrile a fare in pezzi il masso caduto dal cielo, aiutati in questa opera vandalica da due larghe fenditure laterali che vi si scorgevano, perche' fosse piu' agevolmente asportato. Ond'e' che non si hanno notizie esatte, ne' sulla forma, ne sul peso esatto della meteorite, i frammenti della quale andarono a ruba. Tuttavia dal racconto, che io recatomi sul luogo per incarico avutone dal professore Luigi Bombicci, direttore del Museo mineralogico di Bologna, ebbi dai molti che lo videro, credetti poter desumere ch'esso aveva forma irregolarmente conoide, con qualche analogia con quella dei caratelli toscani, della capacita' di 25 litri.
Le sue dimensioni approssimative risulterebbero di 75 cm d'altezza e di 60 cm per la massima larghezza. Quanto al peso, dall'esame dei frammenti acquistati poi dal Bombicci e di quelli venduti sul luogo, dall'aver appreso che due grossi frammenti, pesanti almeno 30 kg ciascuno, furono l'uno buttato in un torrente da un contadino stanco di portarselo sulle spalle, fatto l'altro in minutissimi frammenti, dal suo peso specifico, dal volume, si puo' valutare a 200 kg incirca. Quando, mezz'ora dopo la sua caduta, la meteorite fu fatta a pezzi, essa era ancor calda alla superficie, mentre nella sua parte interna era fredda. Era tutta coperta da una sottile crosta brunastra, sparsa di numerose e notevolissime cavita' emisferiche: alcune di queste, sur uno dei piu' grossi frammenti, gia' posseduto da certo Rocco Ferrari alla casa detta Tira, a pochi metri dal luogo della caduta, e che pesava circa 14 kg, alto 26 cm, largo 20 cm, grosso 15 cm, e precisamente sulla faccia che, secondo le asserzioni di molti, era rivolta al basso, rappresentavano abbastanza bene l'impronta di una piccola mano avente due pollici; tanto che molti, e prima il curato d'Alfianello, il quale della grandezza e della perfezione di Dio doveva avere una ben meschina idea, credettero riconoscervi l'impronta della mano divina... La crosta, inegualmente sottile, inegualmente scabra, rugosa, increspata, presentava sul margine delle accennate cavita', e sugli angoli dell' irregolare poliedro, notevoli orli di fusione. La massa intera era di color grigio cenere, sparsa di piccolissime particelle luccicanti, di ferro, di ferro nickelifero, di ferro magnetico, ecc. Qua e la' si scorgevano delle piccole geodine, aventi un diametro da 2 a 3 mm, tappezzate di minutissimi cristallini brillanti, color di bronzo, e contenenti per lo piu' un nucleo d'aspetto argentino. Queste particelle metalliche s'ossidavano facilmente al contatto dell'aria, circondandosi di larghe aureole di ruggine color rosso mattone. La proporzione della parte metallica magnetica rispetto alla massa litoide fu trovata di circa 6,80%.
Tagliatane una scheggia sottile, e resa trasparente, la struttura ne apparve brecciforme. Il suo peso specifico fu trovato dal Bombicci oscillante fra 3,470 e 3,510; dal prof. Pantanelli: 3,548. il Cavazza ne fece una prima analisi, ottenendone i seguenti risultati: silice 45,100; magnesia 23,381; ossido ferrico 28,102; solfo nei solfuri 3,700; fosforo,sodio, nickelio, tracce d'alluminio, manganese, cobalto, rame, calcio e potassio. Un grammo d'aerolito ridotto in polvere finissima, dopo essere stato privato delle geodine metallifere, e dopo lunga ebollizione nell'acido cloridrico fumante, diede al Cavazza 14 cc di idrogeno libero. Il Messien fece una accuratissima analisi chimica del meteorite, dalla quale risulto' che conteneva inoltre del cromo. La direzione del bolide pare fosse da N.N.E. a S.S.O., identica cioe' a quella del bolide che origino' nel 1856 la meteorite caduta a Trenzano, presso Brescia. I frammenti dell'aerolito d'Alfianello furono venduti a prezzi notevolissimi dai contadini che li possedevano. I piu' esigenti ne domandavano ugual peso d'argento. La media dei prezzi fatti a chi ne fece acquisto sul luogo, fu di una lira al grammo. Il prof. Bombicci ne acquisto' oltre a 25 kg. Alcuni frammenti d'un'arenaria macigno, sparsa di pagliuzze di mica argentina, sapientemente lisciata su una superficie tinta poi di nero, furono venduti per frammenti della meteorite... Si pretese pure da taluno, che certi pezzi di scoria di fucina, trovati presso il luogo della caduta, fossero d'origine meteoritica. Queste scorie furono rinvenute a 700 metri all'O. d'Alfianello il 19 febbraio, e si assicura che l'erba sotto ad esse era bruciata. Il pezzo maggiore pesava 960 gr. Se ne parlo' molto, e se ne chiesero prezzi esorbitanti, sino a che l'analisi rivelo' la loro vera origine. Si disse infine che fossero caduti contemporaneamente all'aerolito d'Alfianello, due altri aeroliti a Leno a 12 Km di distanza. Ma non furono rinvenuti e, d'altronde, il fatto stesso e' molto dubbio. Mineralogicamente, la meteorite appartiene al tipo piu' comune: consta di silicato di magnesia, di ferro metallico, di ferro nickelifero, e di pochi altri minerali di minore importanza.

Alcuni pezzi della meteorite di Alfianello (collez.Eltri)
La foto ritrae una sezione e 4 frammenti della meteorite di Alfianello. [collezione Maurizio Eltri]
I tratti bianchi e neri a destra misurano un centimetro. *** Maurizio Eltri.



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