Il Quotidiano di Sassari

Nasce nel 1998 per contrastare La Nuova, ma ha breve vita

La breve vita del Quotidiano di Sassari, l’ennesimo tentativo di contrastare La Nuova Sardegna in casa propria visto che ogni sforzo dell’Unione Sarda era risultato inutile.

Per cercare di contrastare lo strapotere della Nuova Sardegna nel nord, l’editore Nicola Grauso aveva cercato di investire sulla redazione e sul marketing dell’Unione Sarda, ma ogni sforzo era risultato vano. La conferma dell’affezione viscerale alla propria testata e un’avversione psicologica verso il capoluogo e tutto ciò che rappresentava, in qualche modo lo si poteva verificare in ogni manifestazione. Nello sport in occasione dei rari derby calcistici tra Torres e Cagliari o in altre discipline, nell’esasperazione dei confronti politici all’interno di medesimi partiti dove si scontravano gli interessi tra nord e sud. Ma la prova decisiva che nulla poteva fare L’Unione per smuovere le copie nel capoluogo turritano si vedeva  in concomitanza di qualche sciopero del giornale concorrente. In quelle occasioni, in assenza in edicola della Nuova, a Sassari L’Unione non riusciva a vendere che poche decine di copie più del solito. In tutta la Provincia il giornale cagliaritano raramente superava il migliaio di copie totali, aumentando la diffusione solo in rari giorni per eventi eccezionali di cronaca o sportivi. Si trattava nel caso di picchi nell’aumento in percentuale, ma numeri inconsistenti in termini assoluti.

Dunque, a Sassari, Alghero e Olbia, La Nuova ha sempre rappresentato un bastione invalicabile, lasciando qualche spazio solo nelle zone di confine come il Marghine Planargia (Macomer e Bosa) o dall’altra parte Siniscola, San Teodoro e i paesi costieri della Gallura e Baronia che d’estate si affollano di turisti anche cagliaritani. In questo quadro Grauso tenta un’ultima carta in un momento per lui e per la testata particolarmente difficile, in cui in qualche modo doveva contrastare lo storico competitor. Non potendo usare L’Unione come ariete, visti inutili, costosi e in perdita tutti i passati tentativi, pensa ad un “cavallo di Troia”, cioè ad un giornale autenticamente locale nella testata, nei giornalisti e nelle notizie,  che potesse attirare i lettori sassaresi più scontenti politicamente e quindi più disponibili a fare la scelta in edicola. Così nasce il secondo quotidiano a Sassari. Grauso ci mette i soldi, individua un gruppo di validi professionisti che già avevano lavorato per lui, ingaggia alcuni giovani volonterosi per raccogliere notizie quartiere per quartiere e a caccia di scoop scomodi per La Nuova. Una volta individuati i giornalisti, trova la sede, fornisce le tecnologie e i tecnici, lancia una campagna marketing aggressiva e cala sul tavolo l’ultima carta della secolare sfida.

Così nasce il secondo giornale di Sassari (1998)

Il 3 febbraio del 1998 arriva in edicola II Quotidiano di Sassari. Il direttore è Alessandra Raggio, vicedirettore  Mario Mossa, caporedattore  Angelo Fancello: i tre, insieme al giornalista di Tcs Antonello Lai, sono anche soci della cooperativa che pubblica il giornale. Formato tabloid, prezzo di copertina  500 lire, Il Quotidiano si propone di insidiare il monopolio della Nuova nel capoluogo del Capo di Sopra e lo manifesta già dalla scelta della sede: la redazione è in via Porcellana, sfacciatamente quasi di fronte al “nemico”. In squadra alcuni professionisti esperti come Antonio Cossu Rocca, Mauro Piredda e, nella fase iniziale, il veterano della Nuova Nanni Piredda che lavorano fianco a fianco con alcuni giovani ma già esperti giornalisti (Angelo Santoro, che in seguito approderà a Studio Aperto, e Paolo Casu, già all’ufficio stampa del Comune di Sassari) e alcuni esordienti o quasi, destinati ad approdare all’Unione Sarda (Marco Noce, Giuseppe Meloni e Celestino Tabasso, che avevano già debuttato sul settimanale Ottopagine diretto da Riccardo Sanna). Sbarazzino e irriverente, nei suoi oltre tre anni di vita Il Quotidiano si fa notare anche per le briose pagine di cultura e spettacoli guidate da Alfredo Murtula e per iniziative senza precedenti come i fischietti allegati al quotidiano per coprire di fischi il sindaco Anna Sanna durante la “Faradda” dei Candelieri.

Il giornale è fatto bene, agile, aggressivo, sicuramente piace e si ritaglia una fetta di lettori. Certo, non spaventa La Nuova, ma spesso riesce a pungere e a farle male con qualche scoop e diverse inchieste. Ma i numeri, dalle cinquemila copie iniziali di distribuzione e un migliaio di vendite, progressivamente calano senza mostrare possibilità di un’inversione di tendenza. Soprattutto non si vedono prospettive di sfondare e neppure di creare uno zoccolo duro tale da consentire di raggiungere il break even utile alla sopravvivenza. I costi diventano insostenibili, mentre crescono i debiti per la carta e per le spese vive. Non si pagano più i collaboratori e anche gli stipendi arrivano, se arrivano, in ritardo. Grauso, in difficoltà con L’Unione per le sue vicende politiche e giudiziarie, chiude i cordoni della borsa. La tenacia della direttrice Raggio e del suo ormai ristretto staff non bastano più a mantenere in piedi un quotidiano. E’ la fine. Il quotidiano chiude il 24 aprile 2001, dopo tre anni di una faticosa quanto esaltante esperienza per chi aveva sfidato il monopolio della Nuova.

Il ricordo della direttrice

Anni dopo Alessandra Raggio passata all’Unione Sarda, dove ha continuato con successo la carriera redazionale a capo della sede di Oristano, così ricordat quella faticosa quanto entusiasmante avventura direzionale: «Niki  Grauso ci ha mollato dopo pochi mesi: sul Quotidiano ha investito solo 200 milioni, oltre a mettere a nostra disposizione il suo team per l’avvio dell”azienda (basti pensare che il nostro progetto grafico era stato fatto dal grande Piergiorgio Maoloni), il resto lo abbiamo fatto noi, con la concessionaria di pubblicità diretta da mio fratello: 800 milioni l’anno, tirati su solo dalla nostra cooperativa. Eravamo sempre 300 milioni sotto, all’anno: 30 milioni al mese, il costo della stampa, che non riuscivamo a pagare.
Ma gli accordi con Grauso erano quelli: non avremo pagato fino all’entrata dei contributi previsti dalla legge 416, dopo tre anni di attività. Abbiamo resistito per quasi tre anni, pagando gli stipendi sempre (a volte un po’ in ritardo), ma solo come collaborazioni continuative. Per venire incontro alla cooperativa tutti i giornalisti si erano dimessi, ma continuavano a scrivere. Dopo il fallimento l’Ordine gli ha fatti diventare tutti professionisti. Giustamente. E hanno potuto continuare a lavorare con successo in altre testate, soprattutto all’Unione. Niki ha avuto un merito, farci capire di cosa eravamo capaci:  il problema è che ci ha sbattuto su un treno in corsa e lui è sceso dopo sei mesi.

Dopo la vendita dell’Unione, Sergio Zuncheddu era succeduto a Grauso. Inizialmente il nuovo editore sembrava tollerarci, mantenendo gli impegni presi con Grauso, poi ha iniziato a farci una lunga guerra chiedendoci tutti gli arretrati della stampa, circa 400 milioni (una lettera al mese, inviata dall’avvocato dell’Unione alla nostra cooperativa, nella quale intimava di interrompere la stampa se non avessimo saldato il conto). Una delle nostre pagine più crude era stata quella contro Sergio Zuncheddu: titolo in prima  “Il signore della carta”, in quel numero accusavamo il neo editore dell’Unione di conculcamento della libertà di stampa.
Da tempo il centro stampa di Elmas remava contro il Quotidiano di Sassari. Non bloccava la stampa, ma tirava un numero di copie insufficiente che non ci dava più diritto ai contributi previsti dalla  416.
Era  una manovra per ucciderci, proprio quando stavamo cominciando a crescere: basti pensare che l’estate prima del fallimento avevamo fatto il giornale “panino” con la Stampa, che ci riteneva molto più forti dell’Unione sul nostro territorio.
Poi il fallimento, per 30 milioni di contributi arretrati. Il giudice non ci ha permesso di dilazionare l’importo, il nostro piccolo fido bancario non ci permetteva di saldare subito l’intera cifra: ai 30 si erano aggiunti altri 30 di mora. Uno scandalo».

La “legge” della Nuova e dell’Unione

Sin qui il racconto della direttrice Raggio che fu giornalista e amministratrice del giornale, instancabile, dinamica e persino spregiudicata pur di riuscire a tenere a galla la sua “creatura”. Sicuramente fu una grande esperienza per tutti coloro che credettero nell’iniziativa e che lavorarono con entusiasmo e abnegazione in redazione e tipografia. Oggi la maggior parte di loro ha fatto carriera e sono diventate firme autorevoli, a cominciare dalla stessa Raggio.

Tuttavia da quella vicenda si evince che la “legge” della Nuova e dell’Unione ancora una volta ha vinto sul campo. E questo spiega perché i progetti di quotidiani nazionali (come la stessa Repubblica o Il Corriere della Sera) di aprire redazioni ed edizioni regionali a Sassari e Cagliari non siano mai partiti. Contrariamente a quanto avvenuto nella penisola dove i due grandi gruppi italiani e Il Messaggero di Roma, nelle regioni del Centro Italia, hanno avviato con successo edizioni regionali con giornali “panino”, ottenendo buoni risultati di vendite e pesanti effetti sulle testate storiche locali. Ma in Sardegna ogni strategia di diffusione per penetrare nel mercato saldamente nelle mani dei due quotidiani sardi ha sempre sconsigliato avventure editoriali ad alto rischio. Almeno in questo campo, forse l’unico, la Sardegna è riuscita a far valere la propria originalità con le storiche testate locali, radicate e organizzate capillarmente sul territorio. Questo sino a oggi.

L’ultimo numero in edicola del giornale

Con l’attuale crisi dell’editoria e con gli scenari che vanno prospettandosi per il prossimo futuro, non si può prevedere cosa possa avvenire. Già si parla di investimenti arabi nel turismo, nello sport, nell’edilizia e nel turismo. Non ci sarebbe da stupirsi se i petrodollari arrivassero per finanziare il settore dei media nell’Isola. Del resto, come abbiamo visto, con Rovelli già avvenne qualcosa di simile. I tempi sono cambiati, le coscienze e gli scenari. Ma niente si può escludere in un panorama dell’informazione globale e del business internazionale. Anche la Fiat è diventata americana.

Fonti:

Estratto aggiornato dal volume “Dalla linotype al web…”, Cuec 2014

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