Milano, 17 ottobre 2017 - 12:39

Sorpresa: l’acustica del teatro di Epidauro non sarebbe così perfetta...

Una ricerca universitaria «demolisce» una delle leggende meglio tramandate dell’architettura classica: quella della perfetta trasmissione di voci e e musiche nel teatro (IV secolo A.C.) non lontano da Atene dove amava esibirsi anche Maria Callas

Il teatro di Epidauro Il teatro di Epidauro
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Tutto un grande bluff (forse). Classici, storici e guide turistiche (e magari anche il «passaparola» degli spettatori che per secoli si sono seduti sulle sue gradinate) ce lo hanno magnificato come un esempio di perfezione acustica e e architettonica. L’affermazione più citata (e certificata anche da autorevoli ricerche universitarie) era pressappoco questa: se qui cade una moneta, il suo tintinnio viene udito perfettamente, dal proscenio sino all’ultima fila in alto. Insomma: meglio di qualunque altro teatro al mondo, vecchio e recentissimo. In questo caso siamo però nell’antichità. Quarto secolo Avanti Cristo. Per l’esattezza siamo in Grecia: la città è quella ancora esistente di Epidauro, nell’Argolide. L’Egeo è di fronte e Atene non è nemmeno troppo lontana. Il teatro progettato da Policleto il Giovane è ineguagliabile, si è sempre sostenuto, per la capacità di propagare suoni e voci: questo grazie all’armonia di proporzioni e all’impiego di materiali, tra cui una pietra calcarea particolare che assorbirebbe — ha sancito il risultato di uno studio pubblicato nel 2007 dall’Università della Georgia — le impurità sonore a bassa frequenza, lasciando filtrare solo le voci degli attori, i canti dei cori e le note di strumenti musicali. Adesso però un altro studio universitario — citato dal quotidiano The Guardian — ci racconta un’altra verità. Vale a dire che l’acustica perfetta vantata da secoli non sarebbe poi così perfetta.... E tanti saluti alle certezze di Maria Callas convinta che qui, in questo «trono» millenario, la sua voce venisse valorizzata in modo insuperabile.

La ricerca di sir Mortimer Wheeler e del dottor Constant Hak

A «demolire» le antiche certezze sono stati sir Mortimer Wheeler, archeologo britannico, e Costant Hak, professore ordinario all’Eindhoven University of Technology. Nel corso di una lunga e imponente sperimentazione che ha visto l’impiego di 20 microfoni sistemati in 12 parti diverse del teatro, i ricercatori hanno stabilito — tramite 2.400 registrazioni — che il suono non sarebbe così perfettamente propagato lungo la fila di scalinate.
Il teatro ancora oggi può ospitare 14.000 persone nelle 55 gradinate che lo compongono (21 aggiunte dai romani, per la verità). Dietro il palcoscenico compare la maestosità di una boscaglia e di una catena montuosa, scenografia che a suo modo è parte integrante dell’impianto. Da due millenni la leggenda del teatro è stata inscalfibile: ogni suono, anche il più lieve, qui veniva propagato (ne era appunto convinta anche la Callas che cantò più volte sulla pietra di Epidauro) senza alcuna variazione dal basso verso l’alto, perfettamente udibile alle orecchie di ogni spettatore.

Tante le spiegazioni ipotizzate

Tante le teorie che si erano susseguite per spiegare il fenomeno unico: un’architettura elegantissima che permetteva ai rumori di non disperdersi. Una capacità andata magari oltre le intenzioni dei progettisti. Insomma: non una formula matematica - se ci si passa l’espressione - precisa, ma piuttosto fortuna frammista a classicheggiante sapienza costruttiva. Altri avevano ipotizzato un clima e un gioco dei venti favorevoli. Anni fa arrivò la spiegazione grazie a uno studio dei ricercatori dell’Istituto di Tecnologia della Georgia: si stabilì che era la pietra calcarea delle gradinate a fare da filtro, eliminando la bassa frequenza dei suoni.

La sapienza dei greci

Wheeler e Hat hanno però smontato ogni certezza: a partire dal tintinnio della moneta: udibile sì nelle vicinanze del palcoscenico ma nemmeno poi tanto (ha drasticamente sancito la sperimentazione) a metà gradinata. Anche voci e musiche, là in alto sul «loggione», non sarebbero giunte così nitidamente.
Ma allora, perché questa leggenda che si è tramandata per 25 secoli? Altri studiosi tra cui Bruno Fazenda, esperto di ricerche acustiche all’Università di Salford, e Damian Murphy, professore di elaborazione delle teorie del suono musicale a York, sostengono che la ricerca di Wheeler e Hat abbia «smontato» il mito di Epidauro per come il suono viene trasmesso oggi. Ma non c’è alcuna certezza — sostengono — su quali fossero, ieri, le conoscenze degli antichi greci in tema di acustica. Non è escluso che utilizzassero sistemi rudimentali di amplificazione, tra cui l’utilizzo di specie di «megafoni» — dei grossi corni — sistemati sul palcoscenico. Strumenti di cui oggi si è persa traccia. Insomma: il mistero resta...

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