Nell’occhio del ciclone

L’uragano Trump aveva affermato nella scorsa primavera che “i cambiamenti climatici non rappresentano un problema” sfilando gli Stati Uniti d’America dal Programma Internazionale per la riduzione delle emissioni in atmosfera.

Ed ecco che la natura fa arrivare pronta la sua risposta: due uragani, questa volta veri e senza parrucchino biondo o bellissime donne al seguito, hanno devastato, e continuano a farlo, un pezzo del Continente americano e a pagare il prezzo più alto sono, come di solito accade, le fasce sociali più deboli, quelle più indifese e già poste ai margini.

La forza della natura ha cancellato interi quartieri periferici, spazzato via baraccopoli, messo in fuga centinaia di migliaia di persone che vagano, nella gran parte dei casi, senza mezzi e senza meta.

Anche quel poco che serviva a sopravvivere non c’è più.

Ma anche in questi casi emerge il doppio volto dell’America: alle immagini che arrivano dal Messico e da Cuba, si sovrappongono quelle di una Miami deserta, con un aspetto quasi spettrale, difficile da ingoiare nell’immaginario collettivo e le foto, diffuse dai media, delle ville milionarie (tra le quali una delle tante ville di Trump) che rientrano nell’area a forte rischio quasi che, di fronte ad una tragedia di tali dimensioni l’attenzione si dovesse concentrare su questo.

Il Presidente Trump si è recato nei luoghi del disastro senza neanche mostrare imbarazzo per lo strappo internazionale sulle questioni ambientali.

E, soprattutto, senza avere chiaro un piano di gestione della fase post disastro.

La promessa è fra le più facili e prevedibili: farà arrivare una pioggia di dollari che avrà l’effetto, come sempre succede nei programmi di ricostruzione, di arricchire e rafforzare le solite lobby che dalle tragedie traggono linfa vitale.

Alle fasce più deboli, invece, non resta che ripartire da zero, dal nulla che è rimasto.

Ma Irma e Harvey, i due uragani, avranno la forza di convincere Trump che è urgente, non solo necessario, rivedere le politiche sul clima?

Qui ventum seminabunt et turbinem metent! (chi semina vento raccoglie tempesta) verrebbe di dire, anche se, certo, a seminare non è stato e non è chi oggi paga il prezzo più alto.