Les Anarchistes 
FIGLI DI ORIGINE OSCURA (2002) 
Con un'intervista a Marco Rovelli 
 
 
 
 
PROLOGO 
 
Avventurarsi in una discussione sulla musica �impegnata� vuol dire entrare in un vero e proprio ginepraio, col rischio di uscirne a brandelli e senza uno straccio di conclusione. Ci limitiamo, allora, a dire cosa ci piace e perché, anziché perderci in polemiche che potete trovare su qualsiasi rivista musicale (magari negli angoli della posta, spesso più interessanti o, quanto meno, sintomatici, rispetto agli asettici o furbi �trattamenti� della critica...).
 
 
 
Diremo dunque innanzitutto che l�ago della bilancia per noi sta non tanto nel cosa si dice ma nel come viene detto, e che di dischi come London Calling, Puta�s Fever o Yo! Bum Rush The Show non ne escono ogni mese (anzi�..); che sentiamo la mancanza degli Assalti Frontali e non ci bastano i Bisca o i 99 Posse (tanto meno Manu Chao�.) per colmare quei vuoti; che i CCCP sono un discorso (troppo) a parte; che abbiamo apprezzato il progetto �Materiale Resistente� (se ne è parlato in altra sede su queste stesse pagine); che ci piace l�entusiasmo e il coraggio dei fratelli Severini come la singolare unicità di Francois Régis Cambuzat e della sua compagna Chiara Locardi, che il progetto dei Noir Désir è tra i più interessanti da noi scoperti in un ambito �rock� più �tradizionale�, che gli Africa Unite propongono, pur all�interno di una forma inflazionata come quella del �reggae�, un discorso umano e musicale interessante ancora oggi, a più di vent�anni dal loro debutto; che l�ultimo disco di Lalli ci ha fatto venir voglia di riscoprire i Franti; infine, che tra i nostri beniamini ultimamente si sono aggiunti un gruppo (o meglio, un �collettivo�) toscano che risponde al nome di Les Anarchistes.
 
Public Enemy
 
Francois Régis Cambuzat e la compagna Chiara Locardi, artefici del progetto 'L'enfance Rouge' 
 
La cover di un vecchio album di Claudio Lolli
Passiamo alla cronaca: il gruppo ha all�attivo un solo album, inizialmente autoprodotto, pubblicato un anno fa e vincitore del Premio Ciampi nella categoria �Miglior Debutto�, infine ristampato qualche mese fa dall�etichetta Storie di Note (la stessa che ha pubblicato la versione live de �Ho visto anche degli zingari felici� di Claudio Lolli con l�accompagnamento del Parto delle Nuvole Pesanti). 
Qual è la singolarità del progetto, unico, a nostro parere, ora in Italia? 
Innanzitutto l�innesto di una tradizione molto particolare, ovvero quello della canzone di protesta o anarchica, su una trama musicale capace di mescolare folk, jazz ed elettronica in maniera viscerale, dunque scevra da intellettualismi o nostalgie. Ne risulta un oggetto spesso straniante; per nulla fuori dal presente, eppure alieno rispetto a qualsiasi altra produzione �discografica� attuale. Ci piacerebbe definirlo un object trouvé, débordianamente, qualcosa che ti colpisce direttamente, senza mediazioni di sorta, e che pure va metabolizzato con pazienza, per apprezzarlo nelle sue sfumature e nel suo senso. E vi garantiamo che è difficile trovare qualcosa di simile, nel panorama musicale odierno, dove al massimo si può godere di (o inveire contro, a seconda dei gusti), una musica preconfezionata e piatta, oppure un �alternativismo� che sta diventando sempre più di maniera, anch�esso spesso privo di originalità, oppure troppo preso a coltivare e allargare il proprio orticello per accorgersi di qualcosa di differente dal citare influenze e, soprattutto, desiderosa di entrare nell�Accademia della Cultura più in virtù di un enciclopedismo di maniera (capace, peraltro, di citare e frullare di tutto: dal kitsch a Stockhausen�) che di creare un discorso personale o una cifra stilistica propria. 
Nei Les Anarchistes, insomma, si intravede una storia e un percorso �personale� forte (il che non significa monodirezionale� almeno per ora!) di cui da anni, almeno noi, sentivamo la mancanza. 
Ma veniamo al disco in questione. Innanzitutto il gruppo, composto da otto elementi.  Due voci, una maschile e una femminile, chitarre acustiche ed elettriche, basso, alto sax, flauto, trombone, tastiere e campionamenti, batteria, più alcuni ospiti che, lungi dal servire solo a dare �lustro� al progetto, danno un apporto fondamentale alla materia musicale rendendola ancora più magmatica e viva. Stiamo parlando di Raiss, voce e anima di quegli Almamegretta che negli anni �90 avevano prodotto un capolavoro come Sanacore, mescolando tradizione napoletana, dub giamaicano ed elettronica, virando poi con decisione verso la musica elettronica (Lingo), che qui riscopre tutto il carisma di un cantato in napoletano epico, dolente e sofferto (anima e cuore, insomma, e per una volta non è retorica: ascoltatevi la Tammuriata delle Mondine � che non è altro che la �Bella Ciao� di cui poi si sono appropriati i partigiani, e che qui viene proposta nella versione originale di canto di lavoro e sofferenza � e le Lacrime �e Cundannate); di Blaine L. Reininger dei Tuxedomoon, che col suo violino rende ancora più cupe il canto di galera Battan l�Otto e impreziosisce con un secco recitativo due brani musicati su parole di William Blake, The Mask of Anarchy e A song of Liberty (tra cavalcate di synth, chitarre e percussioni) e ridà linfa vitale alla vecchia O Gorizia tu sei Maledetta; del nostro fisarmonicista Antonello Salis, che doppia il proprio strumento con la sua voce, creando un effetto singolare in Su Fratelli Pugnamo da Forti e la più tradizionale Dai Monti di Carrara.  
Dopo un trittico dedicato a Leo Ferré (che proprio a Carrara tenne, alla fine degli anni �80, un memorabile concerto��), ovvero la traduzione de Gli Anarchici (è da un verso di questo brano che prende il titolo il disco), Tu non dici mai niente e Il tuo stile, la chiusa arriva con un brano strumentale con tanto di didjeridoo (Un Bolero per Goliardo), a ribadire l'atipicità del tutto. 
 
Raiz dal vivo con gli Almamegretta 
 
Blaine L. Reininger, violino e tastiere nei Tuxedomoon, formazione a cavallo tra avanguardia, new wave e jazz
 
 
 
 
 
 
Antonello Salis, fisarmonicista, tra i più apprezzati jazzmen nostrani 
Si tratta, dicevamo, di un lavoro che ha ben poco a che fare con la nostalgia, bensì con la passione per una musica che sicuramente appartiene a quella che è stata la �canzone di lotta�, soprattutto quella più legata alla tradizione anarchica. Eppure, il modo in cui tutto questo materiale (storia, passione, ideologia) viene �trasfigurato� in musica è assolutamente unico, non ci stanchiamo di ripeterlo. 
Tra i solchi di questo album troviamo un'urgenza espressiva che riesce a farsi mediazione senza rinunciare alle proprie istanze primarie, dover il canto di protesta e la ricerca sul suono non entrano in contrasto, e la passione passa anche attraverso la tecnica.  
Abbiamo accorpato a questo lungo articolo un'intervista a Marco Rovelli, cantante del gruppo, allo scopo di avere ulteriori direttrici per capire un lavoro di difficile collocazione in un panorama musicale come il nostro, troppo ancorato a vecchie posizioni, in alto come in basso, a destra come a manca.  
Sperando che, almeno questa volta, un progetto così fresco e vitale , non venga frantumato o assimilato come troppe volte abbiamo visto accadere nel mondo della musica. 
 
 
 
Cover di un vecchio album di Leo Ferré
 
 
Les Anarchistes, da sinistra: Nicola Toscano, Booz, Max Guerrero, Alessandro Danelli, Mauro Avanzini, Lauro Rossi, Marco Rovelli, Mirko Sabatini 
 
Tracklist:  
1 - Tammuriata delle Mondine - including Bella Ciao 
2 - Sante Caserio 
3 - Il Galeone 
4 - Battan l'otto 
5 - Lacrime 'e Cundannate 
6 - Su fratelli pugnamo da forti 
7 - The Mask of Anarchy 
8 - Les Anarchistes 
9 - Tu non dici mai niente 
10 - Il tuo stile 
11 - Dai monti di Carrara 
12 - Un dì discenderemo 
13 - O Gorizia tu sei maledetta 
14 - Un bolero per Goliardo 
Formazione: 
Nicola Toscano � chitarre 
Booz � basso 
Mauro Avanzino � alto sax, flauto 
Max Guerriero � keyboards, prog, grooves 
Lauro Rossi � trombone 
Alessandro Danelli � voce 
Mirko Sabatini � Batteria 
Marco Rovelli � voce 
 
Ospiti: 
Raiz � voce in �Lacrime �e Condannate� e �Tammuriata delle Mondine� 
Blaine L. Reininger � violino e voce 
Antonello Salis � fisarmonica e voce 
Cristina Alito � voce in �Il tuo Stile� 
Anna Granata � voce in �O Gorizia� 
Danilo Grandi � contrabbasso in �Su fratelli pugnamo da forti� 
Byron Smith � percussioni e didjeridoo 
Mauro Balestri - batteria
 
Intervista a Marco Rovelli 
 
Innanzitutto i concerti: come stanno andando? Avete aggiunto altri brani a quelli contenuti nel disco? 
 
Suoniamo un po' dappertutto: teatri, piazze, centri sociali, castelli... devo dire che la maggior parte delle volte il pubblico è sempre molto 'presente', 'risponde' a i nostri richiami... qualcosa, insomma, passa. Tra gli ultimi concerti, particolaremente emozionante è stato quello al Festival Ferrè, alla presenza della moglie di Leo.  
Brani nuovi: da diverso tempo facciamo l'Inno a Oberdan, canto risorgimentale in versione quasi-ska... Poi (e queste risalgono in realtà al primissimo concerto della vita de Les Anarchistes) il recitato di Ferrè 'La violenza e la noia' su un free-jazz, e la Marsigliese dei lavoratori. Ad Arezzo Wave presenteremo 'Il maggio di Belgrado', una canzone che abbiamo composto su un testo scritto per noi dall'amico Erri De Luca (con qualche aggiunta da parte mia). Poi lavoreremo compiutamente su pezzi nostri, per i quali ho scritto i testi. 
 
Quando e come è nato il progetto Les Anarchistes? 
 
Quello che c'è scritto sul sito (www.lesanarchistes.com) è vero (le osterie, i tavoli di marmo, e tutto il resto)... Ti rimando lì... 
 
Raccontateci il percorso di questo disco, dalla sua prima pubblicazione fino alla riedizione con la Storie di Note e il Premio Ciampi.... 
 
Non saprei che dire, il disco va bene, credo che abbia buone vendite (ma non sono informato), certo è che ha avuto ottime recensioni sulle pagine di moltissima stampa, specializzata e non, fatto certo inatteso inzialmente. 
 
La cosa che più ci ha impressionato di questo lavoro è il vostro impegno in una doppia direzione: da un lato, un recupero di una certa tradizione, secondo coordinate che potremmo addirittura definire 'storiografiche' , dall'altro la 'costruzione' di una musica che si discosta da quella tradizione e che affonda a piene mani nella contemporaneità; questo duplice lavoro, tuttavia, non ha trasformato la materia in un qualcosa di 'artificioso', o, peggio, 'accademico'; si sente, insomma, che non si tratta di nostalgia ma che c'è un amore e una passione soprattutto per il presente. L'unico paragone che mi viene in mente è quello con il progetto de L'enfance rouge di Francois Cambuzat. Voi che ne pensate? Ci sono musicisti con cui scorgete un'affinità forte? 
 
Sulla passione hai perfettamente ragione...Per il resto, è difficile trovare qualche musicista con cui spartire affinità, siamo un'orchestra talmente composita che è difficile darci un'identità precisa, e per scorgere affinità occorre prima darsi un'identità... (siamo una 'comunità senza identità' per rubare -detournare - le parole di Débord)... 
 
Le collaborazioni con Raiss, Reininger e Salis, lontano dall'essere degli 'special guests', si integrano perfettamente con il vostro lavoro. Come sono nate e si sono sviluppate queste collaborazioni? 
 
Amicizie, casualità, intersezioni... il sublime caso dell'Anarchia... 
 
Oltre alla tradizione anarchica italiana e Leo Ferré, avete recuperato anche William Blake e Percy B. Shelley... una sorta di 'Internazionale anarchica'? Quali sono i motivi di queste scelte? 
 
Amo Blake in maniera smisurata, e quando è venuto Blaine e abbiamo pensato di impegnarlo non solo nel  violino, ma anche nel 'recitarcantando', è stato naturale pensare a quel Genio anarchico... Poi la poesia di Shelley è stata quasi una scelta obbligata. 
 
Cosa prevedete per il vostro futuro? Avete già in mente qualcosa per il successore di 'Figli di origine oscura'? 
 
Abbiamo in cantiere un progetto che realizzeremo nei prossimi mesi, un cd/libro tematico sugli 'universi concentrazionari', ossia gli spazi fisici di reclusione e costrizione: i lager dunque, ma anche i manicomi, le carceri, i campi di lavoro... Non sarà però un cd de Les Anarchistes, perchè ci saranno contributi di molti artisti, a cominciare da Giovanna Marini. Per il vero secondo cd bisognerà attendere - lo dico a fiuto - un annetto.
 
 
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