Recensione
La grande estasi di Robert Carmichael

La grande estasi di Robert Carmichael: visiona la scheda del film Reduce da feroci polemiche in patria come all’estero (si narra di masse di persone che sono uscite indignate dalle sale cinque minuti prima della fine), La grande estasi di Robert Carmichael (The great ecstasy of Robert Carmichael) è la promettente opera prima del ventisettenne Thomas Clay che cerca, come tanti altri hanno provato a fare prima di lui, di indagare la banalità e gratuità del Male, del gesto insano e violento che può sgorgare da situazioni apparentemente calme e pacifiche.

Seppur didascalico in alcuni schematismi (le reiterate trasmissioni televisive nelle quali si parla della guerra in Iraq e le lezioni dell’insegnante che analizza alcuni dei più famosi war movie oltre a proclamare banali pistolotti sulla funzione dei media nel mondo contemporaneo) e assai carente nella gestione e direzione degli attori (il gruppo dei giovani è assai superiore ai colleghi anziani e alcune linee di dialogo gridano vendetta), il film brilla di luce vividissima sotto molti aspetti tecnici. Dalla splendida fotografia di Yorgos Arvanitis allo stile maturo del filmaker, in grado di evitare facili primi piani in favore di lente, plasticissime carrellate laterali e di riprese in campo medio lungo che raggiungono il massimo dell’efficacia nelle due scene focali del lungometraggio.

Pochi tagli e ritmo lentissimo con il pezzo di bravura nel piano sequenza dello stupro off screen, interrotto da un intervento, se possibile, ancora più agghiacciante.

Si gioca dalle parti, ovviamente, de L’Arancia Meccanica e Funny Games ma senza nessun ammiccamento allo spettatore: la tecnica gelida e controllatissima di Thomas Clay induce l’audience a rilassarsi e prepararsi a un resoconto sui piccoli guasti di gioventù visto fin troppe volte in molteplici occasioni fino a quando l’orrore non irrompe dallo schermo sorprendendo sia per la freddezza del punto di vista sia per la ferocia della messa in scena.

Senza nulla voler spoilerare (e nessuna descrizione potrebbe farlo), lo stupro condotto completamente fuori campo su un fragoroso tappeto di musica techno e il massacro finale tenuto sempre a una certa distanza di camera sono alcune fra le visioni più dure che ci sia capitato di vedere in questi ultimi anni, alla faccia di ostelli, motoseghe e colline occhiute, a dimostrazione che effetti speciali e secchiate di sangue non coincidono quasi mai con orrore, violenza, terrore e resa finale.

Il fatto che l’autore non emani giudizio di sorta e impedisca catarsi e facili spiegazioni di ordine psico-sociologico rende l’esperienza ancora più dura; tempo e mestiere permetteranno al giovane cineasta di liberarsi di certe tendenze intellettualoidi (la seconda guerra mondiale e Churchill sovraimpressi al massacro e altre lungaggini didascaliche sparse per tutto il film…) permettendogli di confermarsi come regista da tenere d’occhio in un’Europa sempre più in grado di giocare un ruolo di primissimo piano in molta cinematografia di genere.

Daniel Spencer presta volto, furia repressa e una certa attitudine “mod” e riesce a dar vita a un credibile Robert Carmichael e la colonna sonora contribuisce in maniera rilevante alla resa finale del film, fra techno e musica classica.

La grande estasi di Robert Carmichael: un piccolo gioiellino da scoprire e guardare con molta attenzione, in grado di interessare chiunque sia convinto che l’orrore non si nasconde solo nei radioattivi deserti statunitensi.


Titolo: La grande estasi di Robert Carmichael
Titolo originale: The Great Ecstasy of Robert Carmichael
Nazione: Gran Bretagna
Anno: 2005
Regia: Thomas Clay
Interpreti: Daniel Spencer, Miranda Wilson, Lesley Manville, Zoey Campbell, Anne Devlin, Danny Dyer, Mick Larkin

Recensione del film La grande estasi di Robert Carmichael
Recensione scritta da: Elvezio Sciallis
Pubblicata il 07/07/2011


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