MENU

27 Ottobre 2017

Ambiente e Territorio

Dieci cose da sapere sulla speleologia sostenibile

Foto: arch. Società speleologica italiana

Le linee guida per una speleologia sostenibile saranno presentate dalla Società speleologica italiana al festival “FinalmenteSpeleo”. A Finale Ligure, 1-5 novembre 2017

E’ importante conoscere alcuni principi base di quella che è possibile definire come “speleologia sostenibile”. Un tema sul quale ha lavorato con passione e competenza Giovanni Badino, noto speleologo e docente di fisica sperimentale all’Università di Torino scomparso lo scorso agosto, all’età di 64 anni. Nella grande eredità lasciata da quest’ultimo esploratore, anche un’autoregolamentazione, sintetizzata nelle «linee guida per una speleologia dall’orma lieve» – così l’ha definita – che sarà presentata dalla Società speleologica italiana (Ssi) in occasione del festival della speleologia FinalmenteSpeleo (Finale Ligure, 1-5 novembre).

Cos’è la speleologia sostenibile? Quali sono i corretti comportamenti? Attingendo alla guida, ecco – in dieci punti – un’anticipazione di alcune delle possibili risposte:

1) Grotte fragili – Non esistono criteri di valutazione sulla fragilità biologica di una grotta. Ma lo speleologo deve considerare tali le grotte inesplorate, quelle con correnti d’aria non percettibili, con poco scorrimento d’acqua e con intensa attività biologica.

2) La grotta non è un wc – Il rispetto dell’ambiente è una priorità. Per questo nessun rifiuto deve essere abbandonato, neppure quello prodotto dal nostro corpo. Rispetto alla discesa è quindi opportuno anticipare (o posticipare) ogni bisogno fisiologico.

3) L’importante è bere – Limitare l’abbandono dei rifiuti in grotta non significa dover rinunciare alla propria idratazione. È infatti raccomandabile bere adeguatamente (ma senza eccedere).

4) La pulizia è tutto – Per escludere ogni contaminazione, negli ambienti sotterranei è necessario evitare l’utilizzo del legno, ma anche di materiali e attrezzature che non siano state scrupolosamente pulite dopo un precedente utilizzo.

5) La grotta è come una ferrata – Per evitare rifacimenti e tempestate di chiodi, lo speleologo sostenibile utilizza spesso attrezzamenti fissi per rendere minima la propria impronta ecologica nell’ambiente. Proprio come se si trattasse di vie ferrate esterne.

6) E luce fu – La grotta è buia, certo. È quindi necessaria un’adeguata illuminazione, evitando però sistemi ad acetilene (che in molti paesi sono vietati). Meglio alternative elettriche a LED, decisamente più pratiche e meno inquinanti.

7) Il “limite” della ricerca scientifica – Durante le ricerche scientifiche devono essere evitati i comportamenti invasivi limitando i sovra-campionamenti (la raccolta necessita lo studio delle norme, visto che in molti paesi certe raccolte sono proibite) e non lasciando trappole incontrollate (o per tempi troppo lunghi).

8) L’elogio della lentezza – Spesso lo speleologo si trova a esplorare luoghi mai visitati. L’esplorazione va quindi vissuta con la calma necessaria (e il conseguente e necessario rispetto).

9) Frenare l’entusiasmo – Dimenticare il tutto e subito. In grotta ci sono dettagli che mai nessuno ha notato prima. È quindi necessario aumentare l’attenzione su quello che stiamo guardando. Non c’è niente che non possa essere rimandato alla visita successiva, perché la grotta sarà ancora lì.

10) Rispetto per l’esterno – L’attività esplorativa e di ricerca non riguarda solo le grotte, ma anche l’ambiente esterno circostante. Occorre preservare le aree naturalistica e nelle aree protette è necessario adeguarsi alle regolamentazioni esistenti. Da evitare la raccolta di piante protette.

Di questi temi si parlerà giovedì 2 novembre al raduno “FinalmenteSpeleo” (“Grotte, libero accesso? Speleo, libero arbitrio?”, ore 18.10, Sala Gallesio, Finalborgo – Finale Ligure).
Il programma completo degli appuntamenti