IL CANE PASTORE TURKMENO
sikurt - sicurezza abitativa anticrimine
 
03/06/2017 - I cani negli stati del Tibet e Nepal



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Quel “gigantesco” Mastino del Tibet (Tibetan Mastiff): un'invenzione genetica per cinofili da web!

Al penultimo giorno del viaggio che feci alcuni anni fa in Mongolia, dopo una “dolorosa” settimana trascorsa nel cuore del deserto del Gobi alla ricerca dei pastori locali e dei loro cani anti lupo, mi sentivo un po’ spossato e quindi decisi di prendermi una pausa di relax. In compagnia dei miei due compagni di viaggio e del nostro amico mongolo Amraa di Ulan Bator, iniziammo a girovagare per la periferia della città alla ricerca di qualche ultimo cane da fotografare. Amraa mi disse che su una collina, non molto lontano dal luogo in cui eravamo, c’era un tizio che allevava alcuni Bankahar (così vengono chiamati i cani da pastore in Mongolia) e che li teneva tutti legati alle catene, poiché troppo aggressivi per essere lasciati in libertà. Amraa ci propose di condurci laggiù per vederli ma aggiunse ugualmente di non poterci garantire che quelle catene avrebbero resistito ai potenti strattoni dei cani, considerato che si trattava di ferraglia ormai vecchia ed arrugginita, probabilmente infragilita dal tempo.

 

 

La curiosità ci colse all’istante e poi, anche alla nostra età, quando ci si ritrova fra uomini lontani dalle famiglie, in qualche modo si ritorna ragazzi e ci si sente “goliardi”, tant’è che decidemmo subito di farci portare in quel luogo per vedere quei cani che lui descriveva come molto "feroci".

 

Non appena ci videro arrivare, seppur ancora a distanza, i vari Bankhar iniziarono ad abbaiare e ad agitarsi, a dire il vero le catene sembravano solide ma la precedente ammonizione di Amraa riuscì a condizionare la nostra sensazione di sicurezza, tanto da farci scendere dall’auto con un po’ di titubanza e sensazione di correre un rischio molto elevato. Quei cani si dimostravano molto aggressivi e, se solo avessero potuto liberarsi, sono sicuro che si sarebbero immediatamente avventati su di noi.

 

Io ero concentrato nel girare un filmato e scattar loro alcune fotografie, quando Amraa improvvisamente urlò ad alta voce: “Be careful!”. Si girò di scatto per scappare e, non vedendo che io mi trovavo alle sue spalle, dall’alto della sua statura di ex giocatore di basket, mi travolse riuscendo a sradicarmi letteralmente dal terreno e a “portarmi con sé” durante la sua plateale caduta. Per un istante io chiusi gli occhi d'istinto ma, non appena riaperti, vidi Amraa che in modo scomposto cercava di rialzarsi rapidamente per sottrarsi ad un cane di taglia gigante che ci stava raggiungendo. In pratica, noi non avevamo notato la presenza di quell'ulteriore soggetto, poiché lui era rimasto indifferente e coricato fino a quel momento nella sua cuccia. Durante la caduta, la mia macchina fotografica finì ad alcuni metri di distanza, mentre io, vedendo questo enorme cane avvicinarsi, mi stavo ormai rassegnando all’idea che, proprio in quel penultimo giorno del mio viaggio, non avrei potuto fare a meno di conoscere personalmente il “precario” ospedale di Ulan Bator. 

 

 

Invece andò tutto per il meglio e, con una fragorosa risata, Amraa mi rassicurò rapidamente esclamando: “No problem Ezio, don’t worry, this is not a Bankhar, this is a Tibetan Mastiff!”. Intendeva sottolieare la grande differenza fra i due cani: uno molto più piccolo ma autentico dei pascoli della Mongolia e quasi sempre dotato di un incredibile temperamento, l’altro un cane “creato” dai cinesi per soddisfare i sogni della cinofilia hobbistica, ingigantito con abbondante aggiunta di sangue di molossi europei (tipo l’attuale cane San Bernardo, il Mastiff inglese, quello spagnolo, etc.) ma spesso senza troppo carattere. In effetti, l’enorme cagnone mi si avvicinò e, dopo una indifferente annusata, ritornò impassibile a coricarsi nella sua cuccia mentre io, con il cuore in gola dallo spavento, riuscivo finalmente a rialzarmi e a recuperare la mia macchina fotografica.

 

 

Una delle prima cose che imparai in quel viaggio, fu quella che non esisteva offesa peggiore per i pastori della Mongolia, di voler paragonare uno dei moderni “Tibetan Mastiff” allevati dai cinesi, con uno dei loro mitici "Bankhar". Cani non troppo grandi, dotati di una statura raramente superiore a 60 cm e un peso di 40 chilogrammi ma ai quali la Mongolia doveva la “sopravvivenza” della sua pastorizia; senza di loro non sarebbe mai stato possibile allevare con profitto il bestiame lasciato pascolare in quelle steppe così tanto “infestate” dai predatori.

 

 

Nonostante ciò, nell’astratto mondo cinofilo da show, si continua a credere tutt’oggi che quei leggendari cani aborigeni chiamati "Bankhar" dai pastori mongoli, “Bhote Kukur” da quelli nepalesi e “Do-khyi" da quelli tibetani, siano della stessa razza di quell'animalone da 100 Kg. (in foto sopra) che gli inglesi oggi presentano ai concorsi di bellezza sotto il nome di Tibetan Mastiff, gli italiani sotto quello di “Mastino Tibetano” e in Cina sotto quello di “Zàng áo” o “Tzong ngou”. Soggetti che invece non hanno quasi nulla in comune con i veri cani aborigeni utilizzati dai pastori di quelle zone (in foto sotto un cane aborigeno tibetano), se non vagamente alcune tonalità di colore.

 

 

Non sapendo più come giustificare questa grande differenza fra la morfologia dei cani che vivono nei luoghi d’origine con la popolazione locale e quelli diffusi in tutto il mondo cinofilo metropolitano, sempre più popolato da appassionati di cani “strani” e “oversize”, si è cercato di inventare addirittura la favola che nella storia esistettero sempre due tipologie di Tibetan Mastiff: uno “dei nomadi", più leggero (a causa dello scarso nutrimento fornito dai padroni) e l’altro “da monastero”, molto più pesante (divenuto così per il suo abbondante nutrimento). Versione che risulterebbe subito ridicola a un qualsiasi esperto di cani anti lupo, essendo a conoscenza di quanto nutrimento abbiano sempre a disposizione molti cani da pastore dei nomadi, ai quali viene ancora tutt’oggi riservato ogni scarto di macellazione del bestiame, così come la possibilità di cibarsi degli animali morti durante le transumanze e la facoltà di cacciare la miriade di roditori e anfibi che si trovano ovunque lungo i pascoli in cui si conduce il bestiame a pascolare. Fin dai tempi più antichi (almeno 10.000 anni fa), il gregge fu sempre un’abbondante fonte di cibo per i cani da pastore, tanto da motivarli a seguirlo con grande interesse e a difenderlo con estrema gelosia dai predatori! Non esiste la minima relazione scientifica fra la "quantità" di cibo ingerito da un individuo e la sua "statura" raggiunta durante la crescita!

 

 

Se non fosse così, si dovrebbe pensare che il popolo africano dei Tutsi (comunemente chiamati Vatussi, in foto sopra) risulterebbe molto più alto di statura dei Pigmei (in foto sotto) solo perché avrebbe mangiato molto più cibo, quando invece è risaputo che i Pigmei si distinsero sempre nella storia come abilissimi cacciatori di animali da carne, così ricchi di amminoacidi basilari per la crescita di ogni essere vivente.

 

 

La curiosa versione che certi cani da pastore si presenterebbero più piccoli di altri, poiché privati del cibo necessario alla crescita, mentre quelli molto più massicci lo sarebbero diventati a suon di "super pappe", è un'invenzione sempre più in voga nel mondo cinofilo amatoriale, non di certo però in quello di chi il cane lo studia sotto il profilo pratico e/o scientifico. La verità è che, per fare aumentare sensibilmente la mole originale dei moderni mastini tibetani di taglia gigante, si è ricorso a più inseminazioni artificiali con sperma di molossi occidentali di grande taglia (creati con infinite consanguineità), per poi procedere con una mirata selezione della razza praticando nuovamente altri accoppiamenti  in consanguineità.

 

 

Credo inoltre di poter escludere il fatto che un tempo potessero esistere Mastini Tibetani più grandi di quelli dei pastori, cosiddetti “da monastero” (o "da catena") credo di poterlo escludere poiché, pur visitando alcuni monasteri sulle montagne tibetane, mai nessuno si dimostrò informato su questo particolare, né mi mostrò cani di taglia gigante tenuti alla catena, né tanto meno mi riferì di allevare o possedere cani al di fuori di alcuni soggetti randagi che si erano avvicinati spontaneamente, tipo quello presente nella foto sopra, immortalato sul piazzale di un monastero di buddisti tibetani.

 

A dire il vero, non è che in Nepal e in Tibet mi aspettassi di trovare soggetti molto diversi da quelli che ho incontrato nei villaggi e nei pascoli dove sono presenti i pastori con il bestiame. In tutte le zone di quel mondo ancora poco emancipato, la "storia" dei cani è sempre la stessa, sia di quelli presenti nei pascoli sia di quelli presenti nei villaggi. In quei luoghi i cani si accoppiano liberamente fra loro senza alcun controllo da parte della popolazione, la quale ha ben altri problemi esistenziali da affrontare ogni giorno, piuttosto che cimentarsi nell'isolare le femmine durante i periodi dei calori e programmarne gli accoppiamenti!

 

 

I miei tanti viaggi fatti precedentemente nei territori medio asiatici e balcanici mi hanno insegnato che gli autentici cani da pastore di quelle zone (gli stessi dai quali la cinofilia moderna ha saputo trarre abilmente le storie più affascinanti per pubblicizzare i loro lontani parenti allevati in città), assomigliano ben poco (sia morfologicamente che di carattere) a quelli proposti dalla cinofilia da show, sempre ricca di immaginazione. Gli “alabai” turkmeni che si incontrano nel Karakum Desert a protezione delle greggi, sono molto diversi da quelli pubblicizzati e venduti tutt’ora in molti allevamenti occidentali; i cani utilizzati dai pastori dell’Anatolia contro i lupi, hanno ben poco a che vedere con quelli allevati a Kangal, paesino turco situato nella provincia di Sivas, che crea soggetti ad hoc, pronti per essere esportati verso un redditizio mercato metropolitano che adora i cani di taglia gigante.

 

 

Stessa cosa si dica per i cani da pastore del Caucaso provenienti dalla Russia che si vedono sulle passerelle dei concorsi di bellezza, si tratta di animali completamente diversi dai veri Georgian Nagazi (in foto sopra) che i pecorai e mandriani utilizzano su quelle montagne, per non parlare della differenza che passa fra i cani da pastore di Ciarplanina presentati su molti siti web e quelli che invece lavorano nei pascoli della Macedonia.

 

In pratica, ad un pubblico urbano interessato a cani sempre più “strani”, con i quali poter innanzitutto giocare e scattare fotografie da postare sui social, non piacciono i soggetti autentici, fatti come la Natura li ha concepiti, forse perché troppo “normali”!

 

 

Per vendere più cuccioli a noi occidentali, gli allevatori hanno dovuto inventarsi cani esagerati, sui quali ricamare storie altrettanto inverosimili, creando razze e leggende che non trovano però il minimo riscontro nella storia del vero cane da pastore che lavorò per millenni al fianco dell’uomo.

 

 

Un caso eclatante di questa manipolazione genetica è ciò che una parte del mondo cinofilo presenta oggi sotto il nome di “autentico Mastino del Tibet”. Per non essere da meno dei Russi e di molti altri, anche i cinesi si sono "inventati"un loro “cagnone” di fattezze gigantesche, mai esistito prima nei pascoli e villaggi tibetani, ma incredibilmente affascinante per questa nuova categoria di cinofili da web, così sempre facilmente impressionabili dalla mole dei cani, dal loro peso, dalle leggende e specialmente dai fotomontaggi...

 

 

Sulle strade principali che da Lhasa (la capitale del Tibet) portano verso le montagne è facile incontrare molti cinesi che, al fianco di banchetti colmi di collane, braccialetti e altri tipici souvenir per turisti, espongono uno o più esemplari di Tibetan Mastiff, con i quali è possibile scattare alcune fotografie al costo di un dollaro.

 

 

Si tratta di cagnoni dalla morfologia simile a quella di un leone senza alcuna vitalità, animali inermi accucciati su un tappeto a copertura di cataste di pietre (tipo i pappagalli sul loro trespolo!), pronti a compiacere le carezze di qualsiasi turista e spesso sofferenti per la respirazione faticosa vista l’inadeguata genetica, così poco compatibile con l'altitudine alla quale sono costretti a vivere da chi li alleva per business.

 

 

Alla domanda su chi siano questi cani enormi, i cinesi rispondono prontamente: “Antichi mastini del Tibet!”, manifestandosi subito disponibili a vendere un cucciolo e ad organizzare un breve tour nei paraggi, sia per vedere altri soggetti (sempre al costo di uno o due dollari ogni cane da fotografare), sia per visitare alcuni penosi allevamenti, puzzolenti quanto ben organizzati per l’esportazione di qualche enorme soggetto verso l’occidente. Vere e proprie prigioni per animaloni artefatti e sofferenti, costretti a produrre cuccioli dietro le sbarre, sul cemento e fra le loro lordure fino all'ultimo giorno di vita. (Guarda il VIDEO).

 

 

Non sono di certo i pastori nepalesi o tibetani, né tanto meno quelli mongoli, a voler sostenere questa artefatta versione “storica” proposta dai cinesi ai turisti di passaggio, considerato che i loro cani (i veri Mastini del Tibet), si riprodussero da sempre in libertà come semplici meticci durante il lavoro dei pascoli, conservando nel tempo una morfologia molto più contenuta, tanto da risultare idonea a superare le continue fatiche di chi vive e lavora su quelle impervie montagne himalayane.

 

 

Chi proverà a recarsi in Nepal o in Tibet e avrà modo di conoscere di persona gli Sherpa, i famosi portatori di origine tibetana (uomini estremamente minuti quanto incredibilmente coriacei, capaci di portare su per le montagne dei pesi elevatissimi, fissati al capo tramite una fascia che gli attraversa la fronte), capirà facilmente per deduzione quali dimensioni siano appropriate, e quindi autentiche, per i cani da pastore che da secoli accompagnano le greggi su quelle montagne!

 

 

A conferma di quanto sto scrivendo, va anche sottolineato che il lupo tibetano (una sottospecie del lupo grigio), pur essendo considerato un lupo di grande mole, non è un animale di peso superiore ai 45 kg. per i maschi e 40 Kg. per le femmine, quindi, se non si vuole far finta di ignorare quanto sostenuto da tutti i biologi del mondo, ovvero che le origini del cane vadano unicamente ricercate nella spontanea domesticazione del lupo, non è immaginabile che su quelle montagne himalayane abbia potuto aver origine un cane dal peso di 100 Kg.!

 

 

Chi non vuole sentire ragioni sulla versione che il nuovo Mastino del Tibet sia stato completamente ricostruito nelle gabbie degli allevamenti (prima dai cinesi e poi dagli occidentali), per creare un soggetto così grande da stupire le folle (e trovare facili acquirenti), prova spesso ad appellarsi a quanto compare scritto sul libro “Il Milione”, nel quale Marco Polo li descriverebbe cani “alti come un asino e potenti come un leone nelle fattezze e nella voce”.

 

 

Non va però dimenticato che sulle origini dell’antico libro “Il Milione” non si hanno ancora oggi certezze, se non quelle che si tratti di un testo redatto più volte nella storia (con probabili variazioni), partendo dalla prima versione curata da Rustichello da Pisa, che dopo il 1295, si "pensa" avesse trascritto quanto raccontato dalla viva voce del famoso viaggiatore.

 

 

Anche qualora fosse vero che Marco Polo avesse usato tale espressione, è molto probabile che lo stesso non avendo mai visto prima cani di una statura superiore ai 60cm, ritenne normale adottare un paragone così esagerato, considerato anche quanto scoperto successivamente sulle origini del cane dalla ricerca scientifica.

 

 

Fatto sta che in questo viaggio organizzato con i miei due compagni Daniele e Roberto, ho avuto modo di incontrare centinaia di cani e di intervistare altrettanti abitanti locali, situati sia sul versante nepalese dell’Himalaya che su quello tibetano, ma nessuno mi ha mai parlato di animali più grandi di un qualsiasi altro normale soggetto da pastore presente in altri stati dell’Asia centrale.

 

 

Anzi, più di una volta mi è capitato di dover viaggiare per ore su un fuoristrada con lo scopo di poter conoscere soggetti, a detta della guida, molto più grandi di altri visti in precedenza, per poi arrivare sul luogo e constatare che la parola “grande” significava qualche centimetro e chilo in più di quelli incontrati fino a quel momento, senza però mai superare i 65/70 cm di altezza e i 40/45 chilogrammi di peso.

 

 

Non solo nei villaggi del Nepal e del Tibet è praticamente impossibile trovare soggetti di grossa statura ma la stazza media di quei cani è spesso addirittura inferiore a quella di un qualsiasi altro comune cane da pastore. I risultati della stessa ricerca effettuata nei pascoli e nei villaggi del versante nepalese dell' Himalaya, ci hanno sempre confermato quanto ho scritto fino ad ora. La popolazione del Nepal, chiama il cane da pastore locale, quello da impiegare per la difesa del bestiame contro i predatori, con il nome di “Bhote Kukur”, dove "Kukur" sta per "cane", mentre "Bhote" significa "del Tibet". Tutti i nepalesi sono pronti a confermare che il cane da pastore fu importato nella storia dalle popolazioni arrivate dal Tibet e la sua taglia non fu mai più grande di un qualsiasi altro cane aborigeno esistente in Asia centrale, nulla a che vedere con quanto prodotto oggi negli allevamenti cinesi ed esportato in tutto il mondo.

 

 

Per chi vive la propria cinofilia come un semplice passatempo (oggi sempre più accessibile a tutti per la possibilità di navigare sul web, pur rimanendo seduti in poltrona), è probabile che il termine “mastino” possa far pensare ad un cane di grossa taglia, dotato di un fisico molto possente. In realtà però, come sostenuto più volte nei suoi scritti dal noto cinofilo Mauro Salvador, erudito studioso di cinotecnia e scrittore di più libri sui molossi da presa, il termine “mastino” sta invece a significare semplicemente un cane che si "occupa di fare la guardia al bestiame", molto diverso da un altro soggetto utilizzato per condurre gli animali. 

 

 

Tutto ciò senza fare alcun riferimento alla sua mole che, specialmente nel caso dell’AUTENTICO Mastino del Tibet (piaccia o no ai vari appassionati della razza), sia in Mongolia, che in Nepal o in Tibet, corrisponde ad un animale di dimensioni addirittura più contenute di quello comunemente diffuso in altre parti del mondo. 

 

 

Cosa comunque ben poco importante per i pastori che con i cani ci lavorano da sempre poiché, per saper difendere un gregge dai predatori, ciò che conta è unicamente il loro carattere!!

 

Cliccare QUI per vedere il filmato sui cani aborigeni del TIBET.

 

Cliccare QUI per vedere il filmato sui cani aborigeni del NEPAL.

 

 

 

 

 

 

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