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Caccia al gusto

“…abbiamo stanato questa preda,
come tu hai ordinato. La nostra caccia non è stata vana.”
Euripide, Baccanti 434

Desiderio di accerchiare, stanare, catturare l’entità inafferrabile per eccellenza, Dioniso che, fra i tanti nomi, ha anche quello di Zagreus, Bacco cacciatore, dio dell’ebbrezza vitale indotta dal vino, elargitore di felicità e di una conoscenza più alta. Anche questo è La caccia, lo spettacolo ispirato alle Baccanti di Euripide, diretto e interpretato da Luigi Lo Cascio.
Quali prodigi possa operare il dono di Dioniso e quanto possa essere mutevole il gusto di ogni conquista-preda lo dimostra Giulio Terrinoni chef che, con piglio creativo e la divertita complicità del palato di Angelo Troiani (per una volta nella sola veste di gourmand), propone accostamenti inediti fra selvaggina, cacciagione e sapori marini. Come a voler liberare il tiranno Penteo dalla sua idea stereotipata del mondo e svelando ai gourmet nuove combinazioni di sapori, fuori da schemi e idee convenzionali.

L’intreccio di gioco e ferinità della caccia si manifesta già nell’amuse gorge, dove una coscetta di colombaccio e un totano tentacolare bramano, da una nuvola di patate, la torre di morbida burrosità sormontata da bottarga e carciofo crudo e rinascono nelle onde mediterranee del vino, perché nel vino è la verità, anche quella dei sapori.
La metafora della caccia allude all’ambiguo scontro tra persecutore e preda. Chi è preda e chi cacciatore fra Penteo, un re, un uomo “che non è fatto per il godimento” e  che non capisce e respinge Dioniso subendone contemporaneamente il fascino, e il dio Bacco che si presenta come uno splendido fanciullo capace di sconvolgere la mente come il Tadzio della Morte a Venezia di Thomas Mann?
Chi è cacciatore e chi preda, il colombaccio – offerto arrostito su una cialda di patate – o l’ermafrodita Marmora, pesce carnivoro, sfuggente e sospettoso? Tra i due, una scia di salsa alla Mugnaia e, come sassolini da seguire per arrivare all’uno e all’altra, saporite bacche di mirtillo.
La caccia a Dioniso viene data anche dal sommelier che lo onora con un vino profumato e dorato come i boccoli e gli “occhi lucenti” del dio nei quali “risplendono le grazie di Afrodite” (Euripide, Baccanti 236).

Dioniso è per gli Ateniesi il dio del teatro e il teatro che parla di Dioniso parla dunque anche di se stesso. Così Acquolina cita la propria vocazione marinara ma anche la capacità di indossare nuovi abiti di scena nel piatto dedicato dallo chef Giulio Terrinoni ad Assaggi di Teatro in carta dal 10 al 22 febbraio: le Pappardelle al nero di Seppia con ragù di cinghiale, pera cotta nel vino rosso e pecorino. Il piatto è sontuoso. È pensiero ed emozione, è gustosa sintesi culinaria dei temi della tragedia di Euripide: c’è la preda e vittima animale agognata da ogni cacciatore, c’è l’eco del mare solcato dalle navi con reti per catturare e alberi maestri come quello tramutato in vite da Dioniso, prima di giungere all’isola di Nasso e incontrare la futura sposa Arianna. E c’è il rito dionisiaco celebrato sia come ingrediente del piatto sia come nettare che lo accompagna: “l’umido succo d’uva che libera dal dolore gli infelici mortali, quando si inebriano con la linfa della vite, e dona il sonno, oblio dei mali quotidiani…” (Euripide, Baccanti 280).

Continua l’intensità di sapori, raccontata anche da Angelo Troiani che sulla selvaggina ricorda gli insegnamenti del suo maestro Igles Corelli “frollatura ridotta, marinatura quasi assente per far sentire la voce dell’animale e non nascondere ma esaltare il selvatico”. Come le donne di Tebe indossano un abito di scena trasformandosi in Baccanti, lo scorfano e il tordo (e come non pensare al tordo goloso di Esopo) si avvolgono in un fagottino di pane che ne custodisce i sapori combinati con cime di broccoletti e salsa alla cacciatora, in riuscito equilibrio tra l’elemento dolce e quello amarognolo. Su tutto le potenti note del vino rosso che fa volentieri superare i limiti della razionale sobrietà.

“… e la fatica non è più fatica
quando invoco il dio Bacco.”
Euripide, Baccanti 67

Siamo all’epilogo. Tormentato da una forte inquietudine, Penteo vuole vedere a tutti i costi “le donne prese dalla dis-misura di Dioniso”, come scrive Massimo Donà nel bel saggio Filosofia del vino, e che danzano sui monti boscosi. Desiderio fatale (suscitato dal dio stesso) che, nell’annebbiamento della vista e delle facoltà percettive, trasforma il tiranno da cacciatore che guarda a preda che viene guardata. E ai riti delle Baccanti lo chef si ispira per il dolce, creando un cilindro di cioccolato di neoclassica eleganza e  irresistibile golosità, ricolmo e circondato dei nettari che i tirsi fanno scorrere:
“…chi era presa dal desiderio della bianca bevanda
scavava la terra con le dita e si dissetava
con fiotti di latte. E dai tirsi d’edera
stillavano dolci fiumi di miele.”
Euripide, Baccanti 704

Il gioco del vedere e non essere visto è del resto ben noto allo chef,  la cui apparente invisibilità è l’atto costante delle sue rappresentazioni culinarie.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a La caccia, uno spettacolo ispirato alle Baccanti di Euripide ed è diretto e interpretato da Luigi Lo Cascio


Assaggi di… caccia e pesca
Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro le Pappardelle al nero con ragù di cinghiale, pere al vino e pecorino


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta delle Pappardelle al nero di seppia con ragù di cinghiale, pere al vino rosso e pecorino dello chef Giulio Terrinoni

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Fotografie dello spettacolo La caccia di Luigi Lo Cascio

Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
in collaborazione con Arsial

per i Teatri Valle e Quirino

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Alla ricerca dell’animella gemella

“Guardo il mio volto nello specchio per sapere chi sono,
per sapere come mi comporterò tra qualche ora…”
Jorge Luis Borges, Deutsches Requiem

Uno è il protagonista, anzi due, de I due gemelli veneziani scritto nel 1747 da Carlo Goldoni in scena per la regia di Antonio Calandra e l’interpretazione di Massimo Dapporto. Uno è lo chef de Il Pagliaccio, anzi due, Anthony Genovese e Marion Lichtle, impegnati nell’interpretazione in cucina di questa commedia basata sulla profonda diversità caratteriale fra i due gemelli, il brillante Tonino e il rustico Zanetto che, separati dalla nascita, si trovano a Venezia  dando il via a una serie di esilaranti equivoci.
Caratteri e sapori simili oppure contrastanti sono anche quelli che si rincorrono nel giocoso concatenarsi di piatti e scene teatrali messi in scena da Il Pagliaccio dove lo chef, specchiandosi nell’opera goldoniana, sembra mostrare le infinite potenzialità e identità della sua cucina, perchè “qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento: il momento in cui l’uomo sa per sempre chi è” (Jorge Luis Borges, Biografia di Tadeo Isidoro Cruz). Come in un racconto di Borges, i piatti creano una serie infinita di universi gastronomici, sempre diversi e allo stesso tempo uguali, in un gustoso gioco di specchi senza fine.

Morbido e croccante
Nell’universo di sapori scomponibili e ricomponibili brillano i dorati semi di sesamo incastonati nel doppio croccante che avvolge i languidi Gamberi rossi crudi con riduzione di clementine e spuma di mascarpone piatto dedicato da Anthony Genovese ad Assaggi di Teatro. I sapori che caratterizzano il piatto, giocato sul contrasto fra consistenze morbide e croccanti e l’armonia di dolci sapidità, trovano il loro doppio nei freschi aromi di Macchia Mediterranea del Vermentino con i suoi pronunciati ritorni agrumati e la solarità di profumi.

Freddo e caldo
Lo specchio sembra carpire l’identità della Crema di burrata nella quale gli gnocchi di acqua di patate lavorati a freddo nuotano pigri insieme alle ostriche, sferzati  dal sapore deciso delle uova di trota. Le note marine dell’ostrica sono potenziate dal vino che sfuma l’intensa burrata e contemporaneamente la fa sembrare ancora di più burrosa.
Scarto e primizia
Si specchiano nel loro doppio perfettamente replicato le Animelle gemelle di agnello alla canna da zucchero, adagiate su focaccine al rosmarino, tiepido di rape e vivacizzate dai porri.

Dolce e salato
Come Platone nel Parmenide dimostra che l’uno è in realtà molti, sono ugualmente molteplici i sapori del lombo [*asterisco gourmet] di maiale iberico scottato sui carboni alla griglia, accompagnato dal dattero farcito e fritto, da un “curry rosso alle barbabietole” e dal ventaglio di gemelle fettine di funghi champignon.

Nel febbraio del 1969, a Cambridge, su una panchina davanti al fiume Charles, Borges incontra un uomo che ha la sua stessa voce e gli è più intimo di un figlio. L’uomo è Borges ventenne nel 1918, a Ginevra, seduto su una panchina davanti al fiume Rodano. Comincia così, con un ritorno al tema del doppio e ad atmosfere visionarie il Libro di sabbia di Borges e si conclude così l’avventura dei gourmand alla tavola de Il Pagliaccio, divenuto per un giorno curioso di oltrepassare lo specchio per scoprire l’altro da sè.

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a I due gemelli veneziani, uno spettacolo tratto da Carlo Goldoni per la regia di Antonio Calandra


Assaggi di… Gamberi rossi
Lo Chef Anthony Genovese dedica a I due gemelli veneziani i Gamberi rossi crudi, croccante al sesamo, riduzione di clementine e spuma di mascarpone


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta dei Gamberi rossi crudi, croccante al sesamo, riduzione di clementine e spuma di mascarpone dello Chef Anthony Genovese

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Ricette degli chef – pesce

Gamberi rossi crudi, croccante al sesamo,
riduzione di clementine e spuma di mascarpone

piatto dello Chef Anthony Genovese per il ristorante Il Pagliaccio – Roma
dedicato a I gemelli veneziani per “Assaggi di Teatro

[continua]

Ricette degli chef – pasta

Cappelli di pasta farciti di maiale nero casertano alle spezie d’Oriente e fonduta di parmigiano

ricetta dello Chef Alfonso Iaccarino per il ristorante Don Alfonso 1890
S. Agata sui due Golfi (NA)

[continua]

L’ultimo dei Merluzzi

– Io… io sono una bambina – rispose Alice, ma con qualche dubbio,
perchè si rammentava i molti mutamenti di quel giorno.
Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

La performance dedicata da Assaggi di teatro allo spettacolo interpretato da Stefano Accorsi e Lucilla Morlacchi Il dubbio per la regia di Sergio Castellitto, è realizzata dal ristorante La Rosetta con piatti pensati per piacere ai bambini. Roma gourmet pubblica l’intervista allo chef Massimo Riccioli registrata durante la performance da Ilaria della Croce che al progetto Assaggi di teatro ha dedicato la tesi di laurea del Master in Comunicazione.

Nella cucina troviamo molti elementi della psiche e parentali. Alcuni piatti che ricorderemo sempre sono il fritto di calamari, che lascia un segno di consistenza e croccantezza.
Anche i colori attivano la nostra attenzione e con i ravioli di spinaci e ricotta noi giochiamo su quei ricordi reinterpretandoli da adulti.
In questo caso abbiamo tre tipi di ravioli presentati in tre colori differenti: rosso, bianco e verde. Per condirli usiamo consistenze diverse di zucchine cotte in modi differenti e verdure fresche. Un piatto presentato come una colorata girandola e che decisamente non può passare inosservato essendo “baloccato”.

L’aver unito due forme d’arte in un progetto come Assaggi di Teatro è uno strumento che aiuta la lotta contro la perdita di cultura.
Possiamo fare un parallelismo tra l’insieme di sapori che portano a un nuovo sapore finale e una recita nella quale il regista decide i vari ruoli. Sarà poi il pubblico a decidere se il risultato sia gradito o meno.
In questo caso il piatto che La Rosetta dedica ad Assaggi di Teatro è una Frittura di gamberi merluzzo e calamari la cui panatura molto dorata e croccante gioca con l’immagine dei bastoncini del capitan findus, la rielabora e la trasforma in un piatto a base di pesce freschissimo, vivace e colorato come i lego.

La nostra Sommelier Francesca Tradardi abbina il piatto a un vino bianco con profumi delicati, sapore elegante e piacevolmente fruttato, perfetto con la dolcezza del pesce e la granella croccante della panatura. Grazie alla bassa gradazione alcolica, un bicchiere può essere bevuto anche dai bambini.

Un altro piatto che propongo sono le vongole, abbinate a crostini di pane. I bambini le trovano molto divertenti, anche perchè possono mangiarle con le mani.

La chiusura è affidata a un dolce e per la gioia dei palati infantili proponiamo un semifreddo al torrone che unisce due golosità, gelato e torrone e col quale si può concedere ai bambini un sorso dorato di passito.

Lo studio e la ricerca della verità e della bellezza rappresentano una sfera di attività in cui è permesso di rimanere bambini per tutta la vita.
Albert Einstein, Il lato umano

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro
si ispira a Il dubbio, interpretato da Stefano Accorsi e Lucilla Morlacchi per la regia di Sergio Castellitto, tratto dall’opera del Pulitzer John Patrick Shanley


Assaggi di… pesce
Lo Chef Massimo Riccioli dedica a Il dubbio la Frittura di pesce in panatura croccante


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta della Frittura di pesce in panatura croccante dello Chef Massimo Riccioli

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Ricette degli chef – pesce

Frittura di gamberi, merluzzo e calamari

ricetta dello Chef Massimo Riccioli per il ristorante La Rosetta – Roma
dedicata allo spettacolo Il dubbio di Sergio Castellitto per “Assaggi di Teatro

[continua]

Ritratto di signora con clementine

“Io non sono una donna, sono un mondo.”
Gustave Flaubert, La tentazione di Sant’Antonio

Se ognuno è soggetto solo per se stesso e nella sua realtà solo se stesso può cogliere, l’altro è sempre mistero. Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso scrive che agli occhi degli uomini questo mistero diventa flagrante nell’altro femminile. Sfinge, angelo o demone, la letteratura, il teatro e il cinema sono popolati di miti femminili e fra questi brilla quello cinematografico di Mrs Robinson-Anne Bancroft, intramontabile icona di fascino interpretata da Giuliana De Sio ne Il laureato di Teodoro Cassano.

Mrs Robinson è una donna bella, vitale e affascinante, ironica verso se stessa e il proprio matrimonio, privo ormai di alcuna corrispondenza di carne e di anima. La sua sensualità è distante da quella dell’infantile Lolita, della “peccatrice” Moll Flanders o dell’amante Duras. Seppure in ribellione con perbenismo della società borghese in cui vive, è lontana anche delle eroine stendhaliane, che scacciano la noia del mondo con i loro sogni, desideri, gioie ed emozioni. Eppure Mrs Robinson è una donna che strappa al sonno, è carne, bocca, chiave, porta, ponte per il giovane protagonista maschile, è come una Beatrice che inizia Dante-Benjamin all’al di là.
È un omaggio alla seduzione la tavola imbandita da Anthony Genovese che trasforma Il Pagliaccio in una Petite maison pari per raffinatezza a quella dove il libertino Marchese de Trémicour uscito dalla penna di Jean Francois de Bastide mette in scena le sue schermaglie amorose e “attende al varco” la ritrosa convitata, facendo calare dal soffitto un tavolo ricolmo di cibi e vini irresistibili.

La spudorata sensualità della burrata con ovetto di quaglia in pastella punteggiata da uova di salmone come da efelidi, si protende verso le scioglievoli carezze della terrina di fegato grasso in crosta di pop-corn, servita con stuzzicanti mele cotogne e gelato al pan di spezie accese di godimento puro dal vino passito.
Ed è forse una citazione alla sofisticata eleganza Mrs Robinson e al Cantico dei Cantici (“I tuoi capelli sono greggi di capre… La tua guancia è un melograno… i tuoi seni sono due pavoni… C’è latte e miele sotto la tua lingua”) la provocante polpa di Astice blu, esibito nudo del carapace, arrostito e sfumato allo Sherry Oloroso, a colloquio con un saporoso frappè al latte di capra con gelsomino e citronella e voluttuosi sorsi di vino.

Sembra fremere di desiderio l’ostrica mentre si prepara insieme a calamaro, topinambur, cubetti di vitella e verdure a essere irrorata da un delicato consommè speziato. Il piatto, chiamato “Vietnam, un paese dove non sono mai stato”, è un’armonia di sapori di mare e di terra, sostenuta dal vino di mare per eccellenza, il Vermentino.
Si gioca con le diverse consistenze nell’ultima pagina della partitura salata, un piatto dove i sapori impetuosi della sella di cervo si congiungono alla sferzata dolce-aspra del tamarindo, alla casta dolcezza delle sfoglie di mele e patate dorate e a un carnoso cipollotto al caffè destinato a riaccendere ogni desiderio sopito.

Ecco Marion Lichtle tendere la sua rete voluttuosa con il brioso sorbetto allo Champagne e rabarbaro e la penetrante tenerezza del Riso al cioccolato fondente e granita di clementine piatto dedicato da Anthony e Marion ad Assaggi di Teatro. Finale inebriante, goduto con un calice di passito che con la sua veste fra oro vecchio e ambra e il gusto elegante e persistente con note speziate di chiodi di garofano e miele, fa eco al brindisi cantato nei versi della celebre colonna sonora di Simon & Garfunkel che fece da leit motiv al film “The graduate” e ripresa anche nello spettacolo in scena al Quirino:
“And here’s to you, Mrs Robinson
Jesus loves you more than you will know
God Bless you, please, Mrs Robinson
Heaven holds a place for those who pray…”

Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a Il laureato , uno spettacolo di Teodoro Cassano (dal film di Mike Nichols) interpretato da Giuliana De Sio


Assaggi di… Cioccolato e clementine
Lo Chef Anthony Genovese dedica a Il laureato il Riso al cioccolato fondente e granita di clementine


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta del Riso al cioccolato fondente e granita di clementine degli Chef Marion Lichtle e Anthony Genovese

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet, ETI Ente Teatrale Italiano, Assessorato alle Politiche della Cultura e della Comunicazione del Comune di Roma
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Elogio dello scarto

“…di sicuro, di tangibile, non c’è che la pelle”
Curzio Malaparte

Si parte dalle bestialità commesse dagli uomini negli anni drammatici della guerra quando – scrive Marco Baliani, regista de La pelle – “milioni di esseri umani sono stati ridotti a oggetti, a cose, privati di identità e di anima”. Crudeltà registrate in maniera ancora attualissima da Curzio Malaparte per il quale La pelle è difesa primaria da parte degli esseri umani che “compiono cose meravigliose e cose orrende, non già per salvare la propria anima, ma per salvare la propria pelle”.

Si passa per il regista Peter Greenaway che nel film Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante rivela gusti forti e mescola banchetti raffinati e cannibalismo, sintesi e apice osceno di ogni fisicità divorata, come la malapartiana “bambina … distesa sulla schiena in mezzo al vassoio, sopra un letto di verdi foglie di lattuga”.
Infine l’evocazione della fame delineata ne La pelle e i sontuosi convivi del visionario regista inglese, si scontrano e incontrano nella cucina romana del Quinto quarto che trasforma in prelibatezze gli scarti, le parti di animale avanzate dai tagli dei macellai e che trovano una grande interprete nella chef Agata Parisella.

Fegato, pajata, milza, polmoni, cuore, lombatello, testina, zampi, coda, granelli, rognone, animelle, schienali, torcioli, trippa alimentano la cucina romana povera e popolare, nata a Testaccio intorno al Mattatoio, vicina alla cucina del Ghetto e rinnovata da chef  sensibili come Agata Parisella che nel cuore dell’Esquilino, al ristorante Agata e Romeo, coniuga tradizione e innovazione creando un percorso storico e poetico tra sapori di antica tradizione romanesca e modernità.
L’esordio è affidato a un piatto nel quale le consistenze croccanti e acidule dei carciofi incrociano fatalmente quelle morbide e dolci dell’animella, “la ghiandola situata dietro lo sterno dei bovini e per via di questa sua collocazione paragonata a una piccola anima” scrive la chef in una bella pagina del libro “Agata e Romeo” pubblicato dall’editore Cucina & Vini, dove si ricorda come “alle animelle la tradizione popolare attribuisce prerogative afrodisiache propizie alle tenzoni amorose”. Il sommelier le avvolge nei profumi di frutti rossi e ciliegia del vino rosso che, vellutato e morbido, accoglie nella sua rotondità anche i rigatoni con la pajata, l’intestino tenue del vitello tanto amato dagli “scortichini”. Siamo lontani dal manifesto futurista che mette al bando la pastasciutta e la sapidità del piatto, per il quale Agata impiega la pajatina d’agnello, più delicata e digeribile, è irresistibilmente stuzzicante.

La trippa, piatto povero per eccellenza tradizionalmente cucinato il giovedì, è quella autentica alla romana, con menta e fagioli. Sfida l’appetito anche la parata di carnose pajatine d’agnello rosolate e abbinate con intelligenza alle acri puntarelle condite con la tipica salsa d’acciuga, il “pane del mare” dei vecchi liguri che dalla bagna cauda piemontese al Lazio spicca un saporito salto ben descritto da Nico Orengo.

Il capitolo dei secondi si chiude con il piatto simbolo della cucina povera: la coda alla vaccinara, un tempo cucinata soprattutto nel Rione Regola che pullulava di mandriani e conciatori di pelli ai quali la coda si dava come integrazione della paga. Quei “vaccinari” e “scortichini” che la portavano in osteria per farla cucinare, ai nostri giorni avrebbero un indirizzo sicuro nel ristorante Agata e Romeo dove la Coda alla vaccinara con purè di sedano rapa è il piatto dedicato da Agata Parisella ad Assaggi di Teatro. La accompagna un vino rosso che – spiega il sommelier – “si apre al naso a una declinazione di sensazioni verdi di peperone e pomodoro, coronate da tocchi di cannella e chiodi di garofano”, sapori speziati che nel piatto si mescolano con quelli dolci regalati da pinoli, uvetta e pregiato cacao.

Dopo le verdure in pinzimonio nell’olio nuovo, un sorso di vino smussa gli angoli dolorosi e puntuti della narrazione malapartiana e la sovrappone nella memoria alle descrizioni di un grande innamorato di Roma, Pasolini. La stessa energia violenta e cruda, lo stesso distacco di anatomista, la stessa passione dell’uomo vinto dal destino… ma questa è un’altra storia.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… teatro

si ispira a La pelle, uno spettacolo di Marco Baliani dall’opera di Curzio Malaparte


Assaggi di… Coda
Agata Parisella dedica a La pelle la Coda alla vaccinara


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta della Coda alla vaccinara di Agata Parisella

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Assaggi di Teatro 2008-2009 è un incontro di gusto fra Roma gourmet e l’Ente Teatrale Italiano per i Teatri Valle e Quirino
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Ricette degli chef – carne

Coda alla vaccinara con purè di sedano rapa

ricetta della Chef Agata Parisella per il ristorante Agata e Romeo – Roma
dedicata allo spettacolo La pelle di Marco Baliani per “Assaggi di Teatro

[continua]

Un baccalà da acquolina

“L’antidoto più efficace alla paura della fame è il sogno.”
Massimo Montanari, La fame e l’abbondanza

Il sogno della tranquillità e del benessere alimentare, dell’abbondanza e dell’opulenza. Il sogno di un paese di cuccagna dove il cibo sia inesauribile e accessibile, come nella favola francese dove
“di spigole, di salmoni e di aringhe
son fatti i muri di tutte le case;
le capriate sono di storioni,
i tetti di prosciutti
e i correnti di salsicce.
[…] ogni giorno è festa o domenica,
quattro Ognissanti, quattro Natali,
e quattro Candelore per anno…”
Li fabliaus de Coquaigne ispira lo chef Giulio Terrinoni che insieme ad Assaggi di Teatro festeggia la stella che da quest’anno brilla sul ristorante Acquolina e per tutti gli appassionati di pesce imbandisce una tavola delle feste… da sogno gourmand.

Le feste hanno sempre rappresentato riti di reintegrazione: vivi, morti e divinità celebravano la propria unicità ogni anno, di nuovo, attraverso la festa collettiva, il culto e il pasto. Pasto che Acquolina fa precedere da una colorata e saporita tavolozza di amuse gorge sulla quale spiccano gazpacho con polpettina fritta di Rana pescatrice, guazzetto di pomodoro con pesce Bandiera, polenta al nero di Seppia con ricotta, bottarga e un’Alice impanata in crosta di pistacchio e salsa di soia che pare disegnata dall’architetto Frank Ghery.
Le fresche note marine del Vermentino annunciano la parata di pesci crudi dalle carni delicate e insaporite con estro: carpaccio di Ombrina, Triglia con pepe rosa e salvia, gambero rosso al pepe, Scampi al Campari, Spigola e fichi secchi, Pezzonia con capperi, cipolla rossa,  olive taggiasche e sale Maldon. E intanto sulla tavola imbandita a festa arrivano le pizze con pomodoro e alici, i grissini alla salvia e al nero di seppia, il pane con paprika ed erba cipollina, la treccia di latte e olive taggiasche, il cornetto di cacio e pepe. Tanti e diversi, a ricordare che chi condivide il pane con qualcuno diventa suo “compagno”. Il termine deriva infatti dal volgare companio, composto da cum/com (insieme con) e panis (pane) e letteralmente significa dunque “compagno di pane”.

Degni dei raffinati gusti di Lucullo sono poi il Polpo cotto nel barattolo con castagne, pere e fegato grasso accopagnato da fichi e frutta secca la cui dolcezza è prolungata  dai profumi diel vino bianco e la delicatissima frittura di pesce accompagnata dai sorbetti al melone bianco e al peperone.
Alle feste Giulio Terrinoni pensa presentando la variazione di Baccalà, disseminata su un anello di ceramica sfuggito all’orbita di qualche pianeta. Il pesce dei Vichinghi mostra i suoi mille volti: tartara di Baccalà con ricotta di pecora e ananas croccante, bastoncino di Baccalà in crosta di cereali, passatina di cecino rosa di Reggello con Baccalà mantecato e gnocchetti “di Fiuggi” croccanti, Baccalà in umido con la sua trippa, pinoli, uvetta e pomodoro, tortino di Baccalà e patate con anello di cipolla in tempura e bagna caoda moderna, trippa di Baccalà alla romana. Il pesce del Baltico regna sul menu delle feste di Acquolina e Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro il Baccalà mantecato su crema di lenticchie abbinato a uno Chardonnay di forte mediterraneità che, in perfetto equilibrio tra forza ed eleganza, riesce a fondere i caratteri del mare e della terra presenti anche nel piatto.

La cuccagna ittica prosegue con Rana pescatrice avvolta in melanzana su guazzetto di frutti di mare e crostino con patè di fegato di coda di rospo, ben sgrassata da sorsi saporiti e ricchi di Chardonnay e strozzapreti fatti in casa di poetica complessità grazie a Mazzancolle, guanciale di cinta senese, cecino rosa e aromatiche carezze di Vermentino.

Apoteosi golosa con “aspettando Ciacco”, uno strudel di mele e salsa di zabaione al moscato e con l’arrivo di “Ciacchetto”, ossia cremoso al cioccolato, cannolo di castagna, dolce di mele, ricotta e cioccolato bianco e torta di arancia con quenelle di cioccolato e finocchio. Sapori intensi ma delicati, da prolungare con i sorsi dolci e appaganti di un passito, generoso di dorate profondità e aromaticità di zafferano.
Il mondo della fame, da cui nasce il medievale mito della cuccagna è decisamente anche un mondo dell’abbondanza e dell’ostentazione che vive, in occasione delle festività, momenti di prodigalità del cibo con valenza rituale e propiziatoria. I piatti ideati da Acquolina ribadiscono, con la loro ricchezza e varietà, che alla tavola delle feste tutti si percepiscono come una grande comunità e, partecipando al rito, si assicurano aiuto reciproco e solidarietà.
Maria Luisa Basile


Assaggi di… Baccalà
Giulio Terrinoni dedica ad Assaggi di Teatro il Baccalà mantecato


Assaggi di… gusto
Scarica gratuitamente la ricetta del Baccalà mantecato dello Chef Giulio Terrinoni con il vino in abbinamento

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Puntarelle tempestose

Roma gourmet non acquista nè consuma alcun alimento o bevanda la cui pubblicità strumentalizza il corpo delle donne, offendendone la dignità