La corsa che riscatta le colf di Hong Kong

di Elena Tebano

Le vie della lotta di classe sono infinite. E in epoca di globalizzazione imperante passano sempre di più per le intersezioni i nazionalità e provenienza. Lo dimostra a perfezione la storia di Jaybie Pagarigan, raccontata dal Nyt: 39 anni, filippina, per sei giorni a settimana pulisce, cucina e fa commissioni per i suoi datori di lavoro, una famiglia di Hong Kong. Pagarigan, però, non è «solo una colf», perché il settimo giorno indossa tuta e scarpette e corre.

Succede a moltissime delle 380 mila domestiche straniere che lavorano nella città: «Durante la settimana la gente ti dice “Oh, sei una collaboratrice domestica”» sintetizza Fredelyn Alberto, 30, anche lei filippina. «Il fine settimana, sulle piste, ti dicono «Oh, sei una brava maratoneta”. È meraviglioso».

La corsa così è diventato una sorta di «improbabile livellatore» in una società profondamente diseguale, in cui le colf straniere sono discriminate per legge e vengono costrette a vivere e lav0rare in condizioni indegne (spesso non hanno neanche una stanza tutta per loro e devono dormire nei bagni o negli sgabuzzini). Per Pagarigan è così importante che la mattina si sveglia alle 4,30 per andare ad allenarsi, prima di iniziare la sua giornata lavorativa alle sei. E poi corre di nuovo dopo che ha finito di dare cena alla famiglia per cui lavora.

È un esempio di determinazione e volontà senza pari. Con il limite che — a differenza della «vera» lotta di classe — offre un riscatto individuale ma non incide sulle durissime condizioni di lavoro che le lavoratrici filippine sono costrette a subire, non solo a Hong Kong.

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