«Vi prego, fate sesso come atto politico»

Greta Privitera

Il titolo ha aiutato: «Fate più sesso, per favore». Una richiesta abbastanza bizzarra, soprattutto se in homepage del New York Times. Non un annuncio erotico, bensì un editoriale di Magdalene J. Taylor — giornalista e scrittrice che si occupa di temi sessuali — tra gli articoli più letti degli ultimi tre giorni del quotidiano americano (quasi duemila commenti sotto).

Taylor è preoccupata per alcuni dati emersi dal General Social Survey, storico istituto di ricerca made in Usa: nel 2021 più di un quarto degli americani non ha fatto sesso nemmeno una volta, in questa cifra quasi il 30% sono uomini sotto i 30 anni, un numero triplicato dal 2008. Sempre nel 2021, un quarto delle donne sotto i 35 anni non ha avuto rapporti sessuali. La giornalista ci dice al telefono: «Meno sesso, meno interazioni umane, più solitudine, uguale mondo orribile».


Da cosa è nata l’idea dell’articolo?
«Da qualche anno scrivo di sesso e anche del ruolo di internet nelle relazioni sessuali. Ho capito che la sessualità, soprattutto online, è un altro tentativo per trovare nuove connessioni, per non restare soli. Ho letto, visto e studiato che il sesso e la solitudine sono due temi estremamente collegati, ma pochi ne parlano».

Perché facciamo meno sesso?
«È un cliché, ma c’entrano internet e gli smartphone. Il sesso diminuisce e i cellulari aumentano. Diminuiscono anche gli amici, i rapporti sentimentali e le convivenze. Siamo più tranquilli ad avere connessioni sociali online e meno nella vita vera, ci sentiamo più protetti dietro lo schermo».

Pensa che sia un problema dell’Occidente?
«Penso che sia un problema globale, dove c’è tecnologia c’è poco sesso».

È una questione generazionale?
«No, tutte le generazioni fanno meno sesso, dalla Gen Z che è nata con gli smartphone, ai boomer. Ci sono dati che raccontano chiaramente questo calo drastico: negli anni Novanta quasi la metà degli americani faceva sesso una volta o più a settimana, ora non arriviamo al 40%».

Sembra che sia un problema che colpisce un po’ di più gli uomini.
«Sì, ma poco più. Le donne che fanno sesso raccontano di avere meno probabilità degli uomini di sentirsi soddisfatte. E più degli uomini le donne riferiscono sentimenti di rimpianto e infelicità dopo un incontro occasionale, e qui c’entrano le percezioni culturali. Entrambi i sessi trascorrono meno tempo con gli amici, sintomo dello stesso malessere culturale: un isolamento che sta distruggendo la vita sociale e, di conseguenza, la felicità delle società moderne».

Negli anni ha raccolto molte storie riguardo questo argomento, c’è qualcosa che ricorre nei racconti?
«La vita sociale è spesso online. Per esempio, i più giovani dicono di essere confusi su come “provarci” dal vivo. Molti ragazzi hanno interiorizzato un senso di fallimento che viene sia da alcune esperienze personali — non così strano quando si è adolescenti — e sia dall’idealizzazione del sesso».

C’entra la pornografia?
«Eccome. L’abuso della pornografia cambia la percezione del sesso. I giovani non si sentono all’altezza di quelle prestazioni iper performanti e c’è anche una mitizzazione del corpo della donna che gli uomini (soprattutto i ragazzi) desiderano solo se rispetta certi canoni (gabbie). La pornografia abbassa il desiderio nei confronti delle donne in carne e ossa, succede meno il contrario. Guardare il porno a casa, per alcuni, è diventato più rassicurante di un rapporto reale».

Quanto la pandemia ha influenzato questo atteggiamento?
«Questo calo delle interazioni personali dal vivo si registra da anni, ma di sicuro la pandemia ha velocizzato la discesa, ha dato l’ok a questo nuovo stile di vita che sta cambiando completamente le relazioni umane».

Alla fine del suo editoriale dice di fare più sesso come atto politico. In che senso?
«Il sesso non è una cosa che puoi controllare con una legge, quindi ognuno può fare qualcosa partendo dalla sua camera da letto. Se continuiamo a fare sempre meno sesso avremo sempre meno relazioni, meno famiglia, meno figli e meno amici. La mancanza di sesso è uno dei sintomi della fine delle condivisioni. Non è immediato collegare il tutto, ma meno sesso, meno relazioni che vuol dire meno conversazioni, meno scambi, meno arte, meno politica. Il rischio è diventare un mondo di persone più sole e più tristi: vi prego, fate sesso».

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