Maternità, quanto pesa oggi la pressione sociale sulle donne?

Jessica Chia

Gustav Klimt (1862-1918), «Le tre età della donna» Gustav Klimt (1862-1918), «Le tre età della donna»

«L’unico parto attualmente previsto è quello del mio disco»: così ha risposto la cantante Annalisa, lo scorso settembre (l’album in questione è E poi siamo finiti nel vortice) dopo che si erano susseguite alcune illazioni su una presunta gravidanza, causa «pancino sospetto» mostrato sul palco dell’Rds Summer Festival. Le nozze con il marito Francesco Muglia, avvenute a giugno, hanno condito la restante fantasia.

C’è una lunga lista di donne celebri che almeno una volta si sono viste additare una gravidanza non veritiera. Per esempio, per restare in Italia, Elettra Lamborghini, la scorsa estate, ha risposto sui social alle notizie che giravano sul suo conto postando una foto con su scritto: «Stop asking women when are they getting pregnant» («Smettetela di chiedere alle donne quando rimangono incinte»). E poi le parole: «Ragazzi, vi prego basta! Che ossessione! (…) Vi ricordo sempre che ci sono persone che non ne possono avere, o che ci provano da anni e questa domanda è dolorosa».

«Sono solo ingrassata, ho preso 3-4 chili» è stata invece la risposta di Cecilia Rodríguez, bombardata come la sorella Belén sullo stesso tema. Anche Jennifer Aniston per anni è stata tormentata dai tabloid non solo sulle gravidanze che non arrivavano, ma è stata «accusata» di non aver mai dato figli ai suoi compagni a causa del suo egoismo e della sua smania di successo. Finché poi l’attrice in un’intervista al magazine «Allure», nel 2022, ha raccontato di averle provate tutte (tra cui la fecondazione in vitro), ma di non essere mai riuscita ad avere un figlio. E poi è toccato, a più riprese, anche a Michelle Hunziker, Vanessa Incontrada, l’attrice americana Zendaya Coleman, Laura Pausini, la modella Hailey Baldwin («Dannazione, non posso essere gonfia una volta e non essere incinta?»), e molte altre.

La psicologa e pedagogista Silvia Vegetti Finzi (Brescia, 1938)
La psicologa e pedagogista Silvia Vegetti Finzi (Brescia, 1938)

Uno schema dell’ossessione: basta un matrimonio o un famoso «pancino sospetto» sotto un abito attillato a far scattare la domanda: sarà incinta? Gli esempi con le donne del mondo dello spettacolo ci aiutano a vedere — in modo più semplice — quello che succede spesso alle donne che hanno superato una «certa età». Ne abbiamo parlato con la psicologa clinica e docente Silvia Vegetti Finzi, che al tema della maternità ha dedicato diversi libri (tra cui Il bambino della notte, Mondadori, 1990; L’ospite più atteso, Einaudi, 2017); e a cui abbiamo chiesto perché le donne siano ancora in balia di questo tipo di cliché: «Da una mia ricerca di qualche tempo fa, mi risulta che questo avvenga oggi soprattutto in provincia, non nelle grandi città. La mentalità collettiva si attende che dopo il matrimonio ci sia immediatamente una figliazione e un rinvio risulta alla maggior parte delle persone di una certa età incomprensibile. Non si rendono conto che per le giovani generazioni c’è una preferenza per il lavoro, l’autonomia, l’indipendenza, la carriera rispetto al diventare madre. E questa priorità rispetto alla realizzazione del sé risulta incomprensibile alla mentalità tradizionale».

Intorno ai 35 anni, oggi, si entra in quella fase della vita in cui tutti aspettano il fatidico annuncio. In cui la frase «ho una bella notizia» quasi mai viene associata all’inizio di un nuovo lavoro, l’acquisto di una casa, nuovi progetti di vita o di svago. Non per tutte, ma in molte donne questo genera ansia. Dispiacere, senso di smarrimento o di inutilità. Anche se tanto è cambiato — gli studi universitari, anni e anni di stage e precariato lavorativo, le relazioni instabili, un modo di vivere la vita pieno e senza limiti, rispetto a come facevano le nostre mamme, zie, nonne — c’è ancora uno «specchio sociale» che continua a rimandare indietro l’immagine di donne che non aspettano altro che quel «pancino sospetto». «C’è una pressione ambivalente — commenta Vegetti Finzi — che per le persone più obbedienti e legate alla mentalità del loro ambiente può indurre a ricercare una gravidanza. Mentre per altre personalità può suscitare una rivolta, una reazione tipo: questo è un fatto mio e me ne occuperò quando mi pare e piace a me».

«Ci sono degli studi per cui sappiamo benissimo che il desiderio dei giovani è di avere due o anche tre figli, ma poi di fatto le condizioni materiali, e anche culturali, portano a un rinvio se non addirittura a una negazione di questa richiesta, sentita come non aderente alle proprie esigenze e ai propri profondi desideri», dice ancora la psicologa. Che, sul tema del precariato, precisa: «Tutta la vita è diventata precaria, quella lavorativa, abitativa, sentimentale e questo non aiuta certo la procreazione. Sappiamo che nelle nazioni dove esiste l’assunzione definitiva o la sicurezza del proprio futuro, la natalità è molto più alta».

L’altro lato della medaglia è quello che ci ha raccontato Chiara Francini sul palco di Sanremo 2023 con il suo monologo sulla maternità: «E poi. E poi a un certo punto io mi sono accorta che il tempo passava e che se non mi sbrigavo io, forse, un figlio non lo avrei mai avuto. E se anche mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché anche quando ti decidi che è il momento giusto poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e tu, allora, rimani col dubbio di aver aspettato troppo, di essere una fallita». E allora eccolo lì lo «specchio sociale» che ti guarda: «Penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, non mi sono mai sposata e non ho avuto figli».

«Più si parla di maternità più si aiuta le donne a pensarci perché molte volte proprio questa possibilità, questa potenzialità viene rimossa a favore di richieste più urgenti, col pericolo che le cose importanti della vita passino mentre si è impegnati a fare altro — prosegue Vegetti Finzi —. Ogni giorno siamo prese da urgenze contingenti. La necessità rischia di diventare un destino, come in certi lavori in cui la pressione è cronica: così i tempi lunghi della maternità non stanno più al passo con la temporalità di ogni giorno».

Cosa dire, allora, delle parole usate dalla politica in questi ultimi tempi? Quanto pesano affermazioni come quelle pronunciate dalla senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni, che ospite di Coffee break su La7 ha detto, lo scorso 28 dicembre: «La prima aspirazione delle nostre figlie deve essere diventare madri. Non dobbiamo dimenticare che esiste la necessità, la missione, di mettere al mondo dei bambini». E poi: «La maternità torni a essere cool. Le diciottenni tornino a sposarsi e a mettere al mondo una famiglia».

Conclude Vegetti Finzi: «Queste esortazioni ottengono l’effetto esattamente contrario perché il desiderio di maternità nasce nell’intimità profonda delle donne e quindi tutte le esortazioni esteriori risultano controproducenti. Interrogo le adolescenti da una vita e posso dire che non ne ho mai conosciuta una che desiderasse il ruolo di casalinga, per esempio. Non c’è nessun pericolo di tornare indietro, ma c’è il pericolo di una stagnazione, cioè di non riuscire ad andare avanti e non voler tornare indietro».

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