Popoli Terme, le sorgenti d’Abruzzo.

Dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua nasce l’anima.

Eraclito (1)

Popoli – Riserva Naturale Sorgenti del Pescara; Confluenza dei tre fiumi: Aterno, Pescara e San Callisto; Fontana dei mascheroni, in ghisa, realizzata nel 1905 dalla Fonderia Pignone Firenze – Foto e video Abruzzo storie e passioni

L’Abruzzo con i suoi parchi nazionali e regionali e le riserve naturali montane e marine è un vero e proprio set fotografico naturale. Un ricco patrimonio naturalistico che attrae fotografi professionisti o semplici appassionati, oltre agli amanti della natura incontaminata. Tante sono le mete ambite da un turismo “fotografico” proveniente anche da altre regioni e dall’estero.

Come i boschi del Parco Nazionale d’Abruzzo, nei quali, tra la ricca e rigogliosa vegetazione appenninica, spiccano i faggi più antichi d’Europa. Foreste primordiali recentemente dichiarate Patrimonio UNESCO.

Oppure i suggestivi scenari svelati ai visitatori dal Bosco di Sant’Antonio, una riserva naturale nel cuore del Parco Nazionale della Majella, frequentata da fotografi e turisti soprattutto nel periodo del foliage.

E che dire delle atmosfere senza tempo di Scanno e dintorni, scenari tanto cari a celebri fotografi internazionali, primo tra tutti il padre della fotografia moderna: Henri Cartier-Bresson. Non a caso uno degli articoli più seguiti di questo blog soprattutto dai lettori stranieri è “L’Abruzzo di Henri Cartier Bresson”.

Oltre a queste mete gettonate in Abruzzo ci sono tante riserve naturali altrettanto belle e interessanti. Nei precedenti articoli abbiamo visitato il Parco del Lavino nei pressi di Scafa (Pe) e La Riserva Naturale dei Calanchi di Atri, oggi conosceremo un altro gioiellino: la Riserva Naturale delle Sorgenti del Pescara, si trova alle porte di Popoli.

Come vedremo le limpide sorgenti affiorano a Popoli dopo un lungo percorso sotterraneo iniziato dal Gran Sasso. Nella seconda parte dell’articolo saliremo sul tetto degli Appennini simbolicamente per ripercorrere a ritroso il viaggio di queste sorgenti d’Abruzzo, prima però scopriamo le bellezze artistiche e storiche di quest’antica città ducale, ci fa da guida il popolese Bruno Di Tommaso, memoria storica di questi luoghi.

Popoli – Foto Abruzzo storie e passioni

Popoli,  la sorgente del fiume Giardino attraversa il paese – Foto Abruzzo storie e passioni

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Popoli, piazza della Libertà – Foto Abruzzo storie e passioni

La Chiave dei tre Abruzzi

Popoli è la città dell’acqua e del vento perché posizionata in una valle stretta tra le gole che portano il suo nome, “Gole di Popoli”, dette anche “Gole dei Tremonti”, e vicina ai corsi di fiumi e sorgenti: Aterno, Sagittario, San Callisto, Pescara, Giardino. Il suo territorio è lambito da due Parchi nazionali, Majella e Gran Sasso-Monti della Laga, ed è segnato da tre valli: Peligna, Aterno e la parte sud del Sagittario. Anche per questo Popoli è chiamata “La chiave dei tre Abruzzi”, in quanto anticamente l’Abruzzo “Ultra” e  l’Abruzzo “Citra”, rispettivamente al di là e al di qua del fiume Pescara, configurava proprio qui a Popoli un confine strategico, soprattutto per le vie tratturali e la transumanza.

Sempre qui a Popoli il fiume Aterno, che nasce dai monti nei pressi di Montereale, principalmente dal massiccio dei Monti della Laga, si congiunge prima con le acque del Sagittario, un fiume che nasce tra Villalago e il Lago di Scanno, quindi con le sorgenti del Pescara, le cui acque invece provengono dal massiccio del Gran Sasso.

Tra ponti, fontane, cisterne, acquedotti e terme, Popoli è la regina d’Abruzzo delle acque e delle sorgenti. Oltre a questo ricco patrimonio naturalistico, Popoli possiede un bellissimo centro storico, con interessanti palazzi, piazze e chiese. Non mancano le curiosità.

Popoli, piazza della Libertà, Torre dell’Orologio, Chiesa di San Francesco – Foto Leo De Rocco

Il sagrato della chiesa di San Francesco, costruita nel 1480 nei pressi di un convento francescano fondato nel XIII secolo, è custodito da due leoni in pietra i quali reggono gli scudi ducali dei Cantelmo e sorvegliano la bella piazza della Libertà sulla quale risaltano la settecentesca Torre dell’orologio e una fontana realizzata nel 1905 dalla Fonderia Pignone di Firenze, decorata con 4 mascheroni somiglianti a satiri dalle cui bocche zampilla l’acqua cristallina proveniente dalle vicine sorgenti.

La facciata è divisa in due stili, romanico (XIV sec.)  e barocco (restauro del 1688), ed è impreziosita da 9 statue e un rosone realizzato nel ‘400, uno dei più belli d’Abruzzo, sul quale sono scolpiti i simboli degli evangelisti: l’aquila rappresenta Giovanni, il toro Luca, il leone Marco e infine l’angelo rappresenta Matteo. Al centro lo stemma dei duchi di Popoli, i Cantelmo, riportato anche sul prospetto del campanile, che rispecchia l’assetto architettonico della facciata della chiesa.

All’interno della chiesa, a navata unica e in stile barocco, si fa notare nella cappella dedicata a San Francesco un paliotto composto da maioliche colorate blu-celeste, ocra e giallo, con fantasiosi motivi floreali che ricordano l’acqua e le onde del mare. L’autore è il ceramista Paolo Fraticelli di Torre de’ Passeri (1720 circa), lo stile è quello della prestigiosa scuola ceramica di Castelli.

In quell’epoca alcune famiglie di Castelli, un paese incastonato sulle falde del Gran Sasso teramano, famoso in tutto il mondo per le ceramiche, si stabilirono a Torre de’ Passeri e diedero vita alla ceramica Torrese, similmente accadde nella vicina Bussi sul Tirino, terre ricche di acqua e argilla.

Insieme al paliotto di Popoli propongo in questo articolo un confronto fotografico con altri due paliotti abruzzesi, vere e proprie rarità: uno decorato con maioliche di Castelli, raffiguranti ventisette Santi e riferimenti alla città dell’Aquila; l’altro lavorato sul cuoio, inciso, dipinto e dorato, dedicato a San Lorenzo.

Per il prezioso paliotto di Nicola da Guardiagrele rimando all’articolo “Arte orafa abruzzese, il corallo di Giulianova”; mentre per le ceramiche: “Le antiche Ceramiche di Castelli, il museo Acerbo di Loreto Aprutino“, in questo blog.

Popoli – Chiesa di San Francesco, paliotto d’altare con maioliche di Torre de’ Passeri -– Foto Abruzzo storie e passioni

L’Aquila – Oratorio di Sant’Antonio dei Cavalieri de’ Nardis, paliotto maiolicato – in basso: Paliotto di San Lorenzo – Foto Leo De Rocco

Popoli – Chiesa della Santissima Trinità, “Macchina Sacra”, scultura barocca attribuita a Giacomo Colombo; Palazzo Ducale Cantelmo e cortile d’onore con la botte in pietra da dove anticamente su mesceva acqua e vino – Foto Leo De Rocco

Maestosa si presenta la settecentesca chiesa dedicata alla Santissima Trinità,  posta in cima a una monumentale scalinata che termina, come in un simbolico incontro tra i due antichi poteri, civile e religioso, proprio davanti al Palazzo Ducale dei Cantelmo, costruito dai duchi nel 1480.

Il palazzo presenta un androne d’accesso al cortile d’onore a pianta trapezoidale, con loggia a tre arcate e finestre rinascimentali. Curiosa la botte in pietra addossata su una parete del cortile. Il manufatto presenta due fori, si racconta che durante le feste rinascimentali organizzate dal duca Restaino Cantelmo da quei fori mescevano acqua e vino. La mia guida turistica Bruno mi racconta che dopo alcune ricerche da lui effettuate presso l’Archivio di Stato a Napoli ha ritrovato la lista degli invitati che all’epoca il cerimoniere del duca compilò in occasione di una di queste feste rinascimentali. Tra gli invitati di spicco nella lista c’erano: Federico duca di Montefeltro e sua moglie Eleonora Gonzaga; i marchesi d’Avalos; Napoleone Orsini, conte di Raimondo; Filippo Colonna, duca di Tagliacozzo; Vittoria Colonna moglie di Ferrante d’Avalos, Signora di Pescocostanzo e marchesa di Pescara.

Ai lati della chiesa della Trinità svettano i campanili gemelli, l’altro è quello della chiesa dei Santi Lorenzo e Biagio. Bruno mi racconta che nella cripta della chiesa della Santissima Trinità furono rinvenuti 8 corpi mummificati risalenti al XVIII secolo.  Il ritrovamento è stato documentato nel 2001 dal National Geographic durante la serie televisiva “The Mummy Road Show”. Su richiesta è possibile visitare la cripta e una delle 8 mummie.

Il castello dei Cantelmo, la famiglia ducale dal 1269 feudatari del paese dell’acqua e del vento, si intravede sull’altura che domina piazza della Libertà. L’antico maniero, oggi restaurato, fu costruito tra il 1000 e il 1015 per volontà del vescovo valvense Tidolfo, sul monte laddove vi era una torre documentata già dal IX secolo posta a difesa dell’abbazia di San Clemente a Casauria. I Cantelmo non abitarono mai nel fortino, utilizzato solo come torre di avvistamento.

Decido di raggiungerlo. La base di partenza si trova nei pressi della chiesa della Santissima Trinità. È un sentiero ben tenuto, immerso nel verde, tra querce e rovi. Si sale zigzagando fino al castello da dove si gode un bellissimo panorama. Il Castello Cantelmo è uno dei simboli di Popoli, le sue torri si vedono anche di notte grazie a un sistema di illuminazione.

E proprio di notte, ma alla luce delle torce, nel Castello di Prezza (Aq), nella vicina Valle Peligna, fu fatto prigioniero un conte normanno, tale Hugues Maumouzet, nome italianizzato di Ugo di Gerberto detto il “Malmozzetto”, un avventuriero fedele a Roberto “il Guiscardo” (l’astuto) conte di Puglia e Calabria e zio di Ruggero II d’Altavilla, primo re di Sicilia, colui che farà costruire il famoso Castello di Rocca Calascio.

Ugo Malmozzetto, talvolta riportato anche come Ugone, nell’ambito delle conquiste normanne di nuovi territori longobardi mise a ferro e a fuoco buona parte dell’Abruzzo, compreso Popoli e l’abbazia di San Clemente a Casauria, da lui semidistrutta (nel 1076 circa) al punto che i monaci, come racconta il Chronicon Casauriense, risultarono dispersi.*

Questo Malmozzetto andava fermato. Fu attirato con un tranello nel Castello di Prezza facendogli credere che era atteso da una bella contessa, la giovane figlia (secondo altre fonti, la sorella) del signore di Prezza. Ma giunto sul posto il Malmozzetto fu “accoppato”.

Un inserviente (altre fonti riportano il fratello) della contessa riuscì a fare prigioniero l’irascibile conte, in quel momento distratto dalle grazie della contessina. La vicenda ricorda la storia di Giuditta e Oloferne. Così nel 1097 finì la storia del Malmozzetto e con lui anche le sue scorribande sul territorio abruzzese.

* (Per un approfondimento: “Abbazia di San Clemente a Casauria”, in questo Blog)

Popoli, il castello in lontananza visto dal colle delle terme – Foto Abruzzo storie e passioni

Popoli, Castello Cantelmo – Foto Leo De Rocco

A sinistra il portale della Taverna Ducale, a destra quello della Taverna Nuova che reca lo stemma del Comune e la scritta “Universitas populi transeuntium commoditati 1574” (la Taverna a beneficio dei passanti 1574) – Foto Abruzzo storie e passioni

Taverna Ducale e Taverna Nuova – Foto Abruzzo storie e passioni

Taverna Ducale di Popoli, dettaglio – Foto Leo De Rocco

Le storie medievali come quella accennata evocano atmosfere affascinanti che qui a Popoli diventano tangibili giunti al cospetto della Taverna Ducale, preziosa testimonianza di architettura medievale, unica in Abruzzo.

In questo storico edificio i duchi di Popoli controllavano e gestivano il commercio delle merci esigendo un pedaggio per il transito di persone, animali e merci. Durante la transumanza dagli altipiani aquilani scendevano a valle insieme ai pastori milioni di pecore dirette verso il sud, le pianure pugliesi in particolare. L’attraversamento della “chiave dei tre Abruzzi” era una tappa obbligata. L’antico e strategico tracciato della Tiburtina Valeria, che si sovrapponeva a tratti con le vie tratturali, attraversava il borgo medievale di Popoli passando a ridosso delle chiese della Santissima Trinità, San Lorenzo e San Biagio, quindi scendeva in direzione della chiesa di San Rocco.

La Taverna Ducale di Popoli fu costruita tra il 1373 e il 1377 dal duca Giovanni Cantelmo e in seguito ampliata dal duca Fabrizio. Sulla facciata, tra bifore e portali gotici, ci sono gli scudi della loro nobile casata, insieme a quella dei d’Angiò e altri imparentamenti.

Gli scudi sono intervallati da figure allegoriche: un drago, una cicogna, un fiore con otto petali, una dama musicista. In totale 8 sono gli scudi e 7 le figure. Curiosa la figura dell’uomo con i genitali in mostra (foto sopra). Si racconta che fu un’idea del duca, la sua risposta sotto forma di scherno ai cittadini che non di rado manifestavano malumore nei confronti della famiglia ducale, giudicata avida e tirchia. Non a caso nel 1574 i cittadini costruirono a nome della universitas (il municipio), proprio a fianco della Taverna Ducale, una propria taverna chiamata Taverna Nuova.

I Cantelmo, originari della Provenza, giunsero in Italia al seguito di Carlo d’Angiò, così come accadrà con i d’Avalos, marchesi di Vasto, originari della Spagna, arrivati in Italia al seguito di Alfonso d’Aragona (prima metà del XV sec.) successore dei d’Angiò alla Corona di Napoli. Sarà appunto Carlo d’Angiò a donare il feudo di Popoli ai Cantelmo (1269).

Nel medioevo i contadini vassalli dei Cantelmo e i pastori transumanti dovevano recarsi nella Taverna Ducale di Popoli per sottoporre al controllo obbligatorio i prodotti agricoli, il bestiame e le merci, ma soprattutto per pagare le relative decime. Pagavano una decima parte di ciò che producevano e trasportavano.

Anche gli altri viandanti che trasportavano merci e animali dovevano passare da qui. Lungo il cammino dei tratturi abruzzesi, giunti a Popoli, luogo di incontro tra la citata Tiburtina e le vie tratturali provenienti dall’altopiano di Navelli e dalla valle del Tirino, pastori e viandanti, persino i pellegrini, venivano informati dai soldati a guardia dell’antica dogana sulle regole vigenti nel territorio. Chi lo desiderava poteva pernottare nella Taverna Ducale in quanto l’edificio fungeva anche da locanda-albergo.

La dogana di Popoli con il suo posto di guardia e il sistema di controllo sui viandanti del tempo, pellegrini, pastori, merci e animali, ricorda una scena esilarante del cinema italiano, quella della dogana toscana nel film “Non ci resta che piangere” (1984) nella quale un soldato doganiere chiede ripetutamente: “Chi siete, da dove venite, cosa portate, sì ma quanti siete? Un fiorino” ai due protagonisti del film: Saverio (Roberto Benigni) e Mario (Massimo Troisi) piombati come in un viaggio a ritroso nel tempo in pieno Rinascimento.

Al controllo dei solerti doganieri della Taverna di Popoli non sfuggivano nemmeno le prostitute. Sulla facciata oltre agli scudi troviamo scolpita una curiosa “regola” (foto sotto), disposta dal duca don Fabrizio Cantelmo, nella quale tra l’altro si avvisa:

“Per ciascuna donna meretrice che passasse grana dieci”

Queste storie intriganti non potevano lasciare indifferente Gabriele d’Annunzio, il quale durante un suo viaggio a Popoli, ispirato dalla storia dei duchi Cantelmo, darà vita nel suo romanzo “Le Vergini delle Rocce” (1895) al personaggio di Claudio Cantelmo, un nobile romano erede e discendente della famiglia ducale di Popoli.

(* Per un approfondimento: “Autunno abruzzese, gli antichi Tratturi”, in questo Blog)

Massimo Troisi e Roberto Benigni nella scena della “dogana, un fiorino” nel film “Non ci resta che piangere”, 1984 – a destra: le regole scolpite sulla facciata della Taverna Ducale di Popoli – Foto Leo De Rocco

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Andrea Cantelmo (Pettorano sul Gizio, 1598 – Alcubierre, 1645) in una incisione del fiammingo Paulao Pontius, 1647

Popoli –  Torre campanaria della chiesa di San Francesco, in basso l’ingresso al chiostro dell’ex convento francescano; stemma dell’Ordine francescano; dettagli del centro storico con l’insegna, datata 1574, di un calzolaio – Foto Abruzzo storie e passioni

Popoli Terme – Corso Gramsci, sulla destra la casa natale di Corradino D’Ascanio – Foto Leo De Rocco

Le dimensioni del corso principale di Popoli non sembrano quelle di un paese, è intitolato ad Antonio Gramsci. Su questo corso si affacciano alcuni palazzi importanti, tra questi il palazzo dove nacque Corradino D’Ascanio (Popoli, 1891 – Pisa, 1981), l’ingegnere inventore del prototipo dell’elicottero, ma anche della iconica Vespa Piaggio, simbolo della creatività italiana nel mondo.

Un personaggio straordinario Corradino D’Ascanio, sulla sua biografia si potrebbe scrivere la trama di un film. Non ancora diciassettenne Corradino progettò un deltaplano che costruì da solo, utilizzando le lenzuola prese di nascosto dal letto di sua madre, e col quale coronò il suo primo sogno da genio visionario qual era: volare. D’Ascanio volò da un colle sopra Popoli alzandosi per circa 15 metri. In un’epoca che per l’areonautica era pionieristica.

Il deltaplano di Corradino D’Ascanio, 1906, per gentile concessione ad Abruzzo storie e passioni dall’ing. Ezio D’Amato – Foto Abruzzo storie e passioni

Era il 1906, solo tre anni prima i fratelli inventori americani Wilbur e Orville Wright montarono il primo motore su un aliante: il “Flyer”, nasceva così l’areoplano. Qualche anno dopo Corradino D’Ascanio firmò il prototipo del primo elicottero. Per la prima volta al mondo, nel 1930, un elicottero si alzò in volo. L’elicottero era quello progettato da D’Ascanio, il volo di prova si tenne all’aeroporto di Ciampino. (Sulla storia di Corradino D’Ascanio vedi l’articolo dedicato. Link al termine di questo articolo).

Anche i primi telefoni privati apparsi a Popoli furono quelli installati dal geniale D’Ascanio, e questo sembra davvero un episodio di un film. Fidanzato con una bella ragazza popolese, Paola, nel 1917 per poter parlare con l’amata (anche di notte), Corradino installò due telefoni, uno a casa sua e l’altro a casa di Paola. Erano telefoni a batteria, Corradino li alimentò collegandoli alla rete elettrica della illuminazione pubblica. Cosa non si faceva per amore…

E mentre D’Ascanio progettava la Vespa un altro abruzzese, un certo Luciano Di Lello un calzolaio nato a Villa Santa Maria, nel chietino, il paese degli chef conosciuto in tutto il mondo, confezionò con le sue mani il primo casco al mondo.

Era fatto di cuoio e Luciano lo ideò per proteggere i ciclisti dopo aver assistito ad un incidente in cui rimase coinvolto suo fratello. L’invenzione del Di Lello, come quella di Corradino D’Ascanio, è documentata, nel 1904 alla Esposizione Campionaria Internazionale di Firenze il suo progetto, che comprendeva anche un giubbotto protettivo (gonfiabile, sempre in cuoio) fu premiato con la medaglia d’oro al merito. Abruzzo terra di inventori, è il caso di dire.

*su D’Ascanio vedi l’articolo “Corradino D’Ascanio, genio visionario”, in questo Blog)

Popoli, casa natale di Corradino D’Ascanio – Foto Leo De Rocco –  a destra: L’elicottero a una sola elica progettato da Corradino D’Ascanio nel 1949 – Corradino D’Ascanio davanti al suo elicottero presso le Officine pescaresi Camplone, 1926

Le sorgenti d’Abruzzo

Popoli – Lavatoio pubblico, Fontana Cantelmo, distrutti dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale. Il lavatoio è stato ricostruito nel dopoguerra – Foto Leo DeRocco

A due passi dal bel centro storico di Popoli ci immergiamo in una vera e propria oasi ricca di vegetazione ma soprattutto di acqua, come del resto tutta la città di Popoli con le sue oltre 60 fontane, un vero e proprio record. La Riserva Naturale delle Sorgenti del Pescara è una delle riserve storiche abruzzesi e una tra le più importanti aree sorgive d’Italia. I popolesi me ne parlano con orgoglio mentre li incontro passeggiare a piedi o con le bici all’interno dell’oasi naturalistica.

Le numerose risorgive d’acqua di questa Riserva, che è anche Oasi WWF, immettono acqua dal basso verso la superficie e, mi informano qui le guide, danno origine a spettacolari formazioni naturali chiamate “polle”. In questa area se ne contano almeno 60.

Queste acque limpide e cristalline permeano le rocce calcaree e dal Gran Sasso percorrono un lungo tragitto sotterraneo (il percorso dura circa un mese) fino ad arrivare, anzi ad affiorare, qui a Popoli. La portata d’acqua è notevole: ben sette mila litri al secondo! Una portata tale che in estate porta il fiume Pescara ad essere il più grande tributario dell’Adriatico subito dopo il fiume Po.

Le specie animali censite sono oltre 100, tra esse: l’airone rosso, l’airone cenerino, il martin pescatore, il cormorano e numerose specie di anatre. Inoltre, mi spiega una guida del WWF, sono presenti specie rarissime, come la lampreda di ruscello (presente nell’intero versante adriatico solo in questa Riserva) e altre importanti specie come il gambero di fiume, la Rovella e lo Spinarello.

L’eccezionale limpidezza dell’acqua fa sì che il processo di fotosintesi si attivi fino a ben cinque metri di profondità, dando vita ad una rigogliosa vegetazione sommersa.

Nella cittadina è presente anche un rinomato centro termale.

Aggiornamento 2023: a seguito di un referendum indetto il 7 maggio 2023, la città di Popoli ha cambiato nome in “Popoli Terme

Popoli Terme – confluenza tra il fiume Aterno (a destra) e il fiume Pescara (a sinistra) – Foto Leo De Rocco

Popoli – Riserva Naturale Sorgenti del Pescara – Foto Leo De Rocco

L’acqua, nell’antichità un “bene sacro e prezioso, e oggi?

Allegoria dell’acqua, Filippo Comerio, 1780 – Fondazione Cavallini Sgarbi – Foto Leo De Rocco

Popoli è il regno dell’acqua. Che rapporto avevano con questo prezioso elemento naturale gli antenati dei popolesi, le antiche popolazioni Italiche dei Peligni? In questa seconda parte faremo un breve excursus sulla storia dell’acqua nell’antichità e sulle criticità nella società contemporanea.

Per il filosofo greco Talete di Mileto l’acqua è il principio di tutte le cose. Gli antichi greci consideravano l’acqua come l’elemento naturale primario, la massima armonia tra il cielo e la terra: la pioggia come parte di un ciclo vitale infinito. Per gli antichi l’acqua aveva un significato di sacralità, un “quid divinum et arcanum.”

Dal palazzo di Cnosso all’Alhambra di Granada, fino alle ville pompeiane, l’acqua abbelliva giardini e riempiva preziose vasche decorate con bellissimi mosaici grazie a raffinati sistemi di ingegneria idraulica. I romani in questo erano insuperabili. (Vedi in questo blog l’articolo “Parchi e giardini. Raffaele de Vico, l’architetto del paesaggio”, link al termine di questo articolo).

Nell’antichità l’acqua era un bene considerato talmente prezioso da superare il mero significato materiale. Era un elemento sacro da preservare e rispettare, celebrare e mitizzare. Una forma di rispetto per la Natura e la vita stessa.

I Marsi ad esempio consideravano sacro il fiume Giovenco, all’epoca principale immissario di quello che era il terzo lago più grande d’Italia: il Lago Fucino. (Vedi “Viaggio nella storia del Fucino, da Pescina a Capistrello”, link al termine di questo articolo)

L’Aquila – Fontana delle 99 cannelle e Fontana Luminosa, opera di Nicola D’Antino, 1934 – Foto Leo De Rocco

Pescina, il fiume “sacro” dei Marsi: il Giovenco – video Leo De Rocco

Gran Sasso d’Italia – Foto e video Leo De Rocco

Nelle società contemporanee l’antico significato di “sacralità” dell’acqua è stato sostituito dal moderno concetto di sfruttamento delle risorse naturali, con poca attenzione per la conservazione, tutela e rispetto per l’ambiente.

Siccità, inquinamento delle falde acquifere, sprechi, riduzione dei ghiacciai, fenomeni meteorologici estremi, a queste preoccupanti conseguenze hanno portato quelle moderne concezioni di sviluppo che pongono lo sfruttamento indiscriminato e il profitto davanti al rispetto per l’ambiente e in generale per la natura del nostro pianeta. Si pensi ad esempio al taglio annuale di migliaia di ettari della Foresta Amazzonica.

Recentemente l’Università Statale di Milano ha lanciato l’allarme per la drastica riduzione, circa il 30% negli ultimi 50 anni, dell’unico ghiacciaio dell’Europa meridionale e dell’intero Appennino: il ghiacciaio del Calderone situato nel territorio del comune di Pietracamela tra le guglie del versante teramano del Corno Grande (2912 metri).

Ghiacciaio che dá vita alla sorgente del fiume Mavone, il maggiore affluente del Vomano e che formava in primavera un lago proglaciale, il Lago Sofia, completamente sparito tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso in concomitanza della costruzione del Traforo del Gran Sasso.

Quello che rimane del ghiacciaio abruzzese è oggi classificato come “nevaio perenne”, tecnicamente “Glacieret” o “Glacionevato”, ovvero un ghiacciaio di dimensioni ridotte con un limitato o assente movimento verso valle.

Il capitano alpinista Francesco De Marchi, il primo uomo a scalare il Monte Corno, la vetta più alta del Gran Sasso d’Italia e dell’Appennino

Sono lontani i tempi in cui l’ingegnere militare, con la passione dell’alpinismo, Francesco De Marchi (Bologna, 1504 – L’Aquila, 1576) scalando per la prima volta nella storia il Gran Sasso, alla non più giovanissima età di 69 anni, annotò sul suo diario le ottime condizioni del ghiacciaio del Calderone.

“Qui (sul Monte Corno) è dove vi è sempre la neve, alta quindici o venti piedi, e più di ogni altro luogo (dell’Appennino) qui neve e ghiaccio stanno perpetuamente. E quest’è una quantità d’un grosso miglio di lunghezza e di larghezza più di mezzo miglio.”

Quella di De Marchi fu una impresa storica in quanto compiuta ben due secoli prima della nascita dell’alpinismo come disciplina sportiva e turistica, tradizionalmente riconducibile all’agosto 1786 quando venne scalato il Monte Bianco.

Sul Gran Sasso Francesco De Marchi ci arrivò nell’agosto 1573, apparentemente un tempo per noi lontano, ma per gli scienziati è invece un tempo brevissimo se parametrato all’inizio della riduzione del ghiacciaio Calderone, avvenuta in maniera lenta dall’800 ma sempre più veloce in questi ultimi decenni.

I corsi d’acqua carsici dell’intero comprensorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga sono fondamentali per le sorgenti che affiorano a Popoli.

Valle dell’Orfento – video Leo De Rocco

Altra criticità la rete idrica regionale, che in generale risulta in pessime condizioni a tal punto che l’Abruzzo (tranne la provincia di Teramo) è ai primi posti nazionali per dispersione di acqua potabile: ne perdiamo più della metà.

Dovremmo ritrovare la nostra primordiale consapevolezza di essere “parte” dell’universo, non al di sopra di esso. I nostri antenati, compreso le popolazioni italiche peligne che anticamente abitavano Popoli a guardia delle sue valli e delle sue acque, consideravano sacri e inviolabili gli elementi naturali della Terra, considerate “divinità” in quanto portatori e garanti della vita sul pianeta e della sua continuità. Noi “moderni” dovremmo cercare di riconciliarci con la Natura, per rispettarla e valorizzarla.

L’Abruzzo con i suoi numerosi parchi e riserve naturali è sulla buona strada. Popoli Terme con le sue sorgenti circondate da boschi e sentieri, nei quali è piacevole passeggiare, fare trekking ed escursioni in mountain bike, è un esempio virtuoso.

Copyright testo/foto/video – Riproduzione riservata – derocco.leo@gmail.com – ultimo aggiornamento gennaio 2024

Ringrazio Bruno Di Tommaso, servizio di guida turistica, anche per scuole, tel. 339.6925690 e Andrea Di Pasquale/ Bike For Fun.

Pictures, it is forbidden to use any part of this article without specific authorisation – Foto e video (compreso copertina) Leo De Rocco: Riserva Naturale delle Sorgenti del Pescara, Popoli, settembre e novembre 2015, giugno 2022; L’Aquila e Pescina giugno 2015 e ottobre 2022. Tutte le foto sono protette da copyrightNote: 1) Eraclito, Frammenti, Mondadori editore 1980 – Fonti: W.W.F. info/itinerario presso Riserva Naturale Sorgenti del Pescara – Pierre Aube, “Ruggero II di Sicilia, un normanno nel Mediterraneo” Edizione Payot 2001; “Bussi, il paese che aspetta la bonifica che non c’è (e il telo sopra i veleni” Dacia Maraini, Corriere della Sera 23 settembre 2019.

For the English version, please refer to the end of this page.

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English Version

Popoli, the Springs of Abruzzo

The Earth gives birth to the water; the water gives birth to the soul. (1)


Natural Reserve of the springs of the Pescara River - Popoli, November 2015

Natural Reserve of the springs of the Pescara River – Popoli, November 2015


The Natural Reserve of the springs of the Pescara River is a natural oasis of rare beauty, one of the historical reserves of Abruzzo and one of the most important spring areas of Italy.

In the Reserve, which is also a WWF Oasis, there are several springs of water, which bring water from the bottom to the surface, thus giving rise to spectacular natural formations: the pools (le polle). In this area, one can count at least 60 of them.


Natural Reserve of Springs of the Pescara River - Popoli, November 2015

Natural Reserve of Springs of the Pescara River – Popoli, November 2015 – Ph Leo De Rocco


The crystal clear waters of this Natural Reserve, located on the outskirts of Popoli (province of Pescara), originate mainly from the highest mountain range of Abruzzo and of the Apennines, the Gran Sasso of Italy.

These waters permeate the limestone cliffs and move underground from the Gran Sasso through a lengthy journey of as many as 30 days to arrive at Popoli, where they emerge in a naturalistic context which is -to say the least- fascinating, with a remarkable span of seven thousand litres per second! So great is the scale, that in summertime the Pescara River is the largest tributary of the Adriatic Sea, only after the river Po.

The animal species counted here are more than 100; amongst them, the following can be found: the purple heron, the grey heron, the kingfisher, the Cormorant and many species of ducks. There are also rare species, such as the brook lamprey (only in this Reserve within the entire span of the Adriatic Sea) and other important species such as crayfish, the South European roach (Rovella) and the three-spined stickleback.

The exceptional water clarity causes the photo-synthetic process to develop up to five meters deep, thus creating a flourishing underwater vegetation.


Dukes of Cantelmo's Residence - Popoli, September 2015

Dukes of Cantelmo’s Residence – Popoli, September 2015 – ph Leo De Rocco


Almost all cities in the world have their parks and public gardens, but very few can boast of having a park with the springs of a river. The beautiful town of Popoli has indeed this privilege. The park/reserve is located just outside this town of Abruzzo and its inhabitants, the “Popolesi” (i.e. the citizens of Popoli), rightly talk about it with pride, as we meet them wandering (on foot or by bike) in the naturalistic oasis located just a few minutes away from the city centre.


Fountain of the 99 Spouts, sec XIII-XV - L'Aquila, June 2015

Fountain of the 99 Spouts, sec XIII-XV – L’Aquila, June 2015 – Ph Leo De Rocco


For the Greek philosopher Thales of Miletus, water was the principle of all things. The ancient Greeks considered it as the primary natural element, the greatest harmony between heaven and earth: the rain was seen as part of an infinite life cycle.

For the ancients the water had a significance of sacredness, something divine and mysterious (quid divinum et arcanum). From the Palace of Knossos to Alhambra in Granada, the water adorned gardens and filled precious tanks, thanks to sophisticated systems of hydraulic engineering.

In ancient times, the water was considered to be a natural resource so precious that it overcame the mere material meaning: the water was also a sacred element that had to be preserved and respected, as a form of respect for nature and life itself.

A natural element to celebrate and mythicise. In modern societies, the old sense of the sacredness of the water has been replaced by the modern and cool concept of resource exploitation, with little attention to conservation and the environment. Global warming, climate change, drought, pollution of aquifers, glaciers depletion, extreme weather: the modern concepts of development that put the indiscriminate exploitation and profit before the respect for the environment and nature have led to these harmful consequences.

The State University of Milan has recently issued a warning for the drastic reduction (of approximately 30% over the past 50 years) of the only glacier in southern Europe and in the Apennines: the Calderone glacier of Abruzzo, on the Gran Sasso.

These troubling scenarios should make us all think that we live in a fast-paced society, where we are often dragged into something like a perverse vortex.

We should stop and try to regain our primal essence, the awareness of being part of the Universe and not above it. We should reconcile with nature, before it is too late, as our ancestors did, who considered the natural elements of the earth as sacred and inviolable.

Leo De Rocco

derocco.leo@gmail.com


Copyright – All rights reserved – This article and the pictures shown on this website are private. It is thus prohibited to retransmit, disseminate or otherwise use any part of this article without written authorisation. – Photos (including cover): Natural Reserve of the Pescara River Springs, Popoli, November and September 2015; L’Aquila, June 2015 – Footnotes: 1) Heraclitus, Fragments, Mondadori editore 1980 – Sources: W.W.F. info/itinerary for the Natural Reserve of the Pescara River Springs


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