Miuccia la Pasionaria.

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Brutto?

La rivoluzione è fatta. Ormai il resto della Milano Fashion Week non ha più motivo di essere: il Prada-pensiero basta e avanza.  Aveva ragione allora la Wintour, quando affermava di venire a Milano solo per la Miuccia?

Ma parliamo della collezione: destabilizzante e massimalista, come ormai consuetudine. Quale rivoluzione, quindi?

Abiti-manga è la mia prima impressione, però no ci sono anche i riferimenti allo sport (capirai, i calzettoni..). Abiti come campionari di textures  e varianti colori. E l’arte dove la mettiamo? Fosse la prima ad aver usato opere di artisti stampate sugli abiti..  Ma la signora dice di non voler fare né politica né arte, ma solo vestiti. Però afferma anche che  lo sanno tutti che io detesto i bei vestiti.  Allora potremmo dire semplicisticamente che questa è una collezione di brutti vestiti.

Ma nel teatrino della moda le cose semplici non hanno motivo di esistere. Allora succede che i brutti vestiti diventano un fatto culturale, un gesto di rottura, addirittura di coraggio.  E ci vuole coraggio certo a mettere in vetrina di questi tempi un tailleur che costa 110.000,00 euri.  Provocazione?  Grazie, abbiamo fatto il pieno.

Il caos, così come la biancheria al contrario, i murales e le contaminazioni, lo chic radicale della autentica borghesia, l’ironia un po spocchiosa..  Abbiamo già visto tutto.  Si può rivedere, non è un peccato. Semmai un peccato di presunzione è passarcelo per un punto e a capo.

Ma c’è un’ultima considerazione che mi gira per la testa sempre più prepotentemente: questi abiti ideologici, in cui la ricerca della stortura e del dettaglio spiazzante è diventata l’unica ragion d’essere, finiscono per avvicinarsi alla strada molto più di quanto chi li ha ideati vorrebbe (o forse no?).   Intendo la strada vera, quella affollata e raffazzonata delle domeniche pedonali. La chiusura del cerchio è un paragone che agli adepti risuonerà blasfemo: Prada come Desigual e Custo.

Questa si che mi sembra una provocazione interessante.

In definitiva il vero limite di Prada non è tanto la moda che propone (che dal punto di vista sociologico mi sembra anche molto interessante), né il pensiero o le dichiarazioni della stilista stessa, quanto piuttosto la folla di ideologi che la trasformano in un manifesto fin troppo serioso, concettualizzando, sminuzzando le esternazioni.   Dimenticando il concetto basilare: che un vestito è un vestito.