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dialogo, educazione, formazione, rispetto, sentimenti, sesso
A scuola di rispetto di sé e degli altri
Qui, ormai, quando non si sa che pesci prendere, si delega alla scuola una funzione educante che viene negata dalla trasformazione della scuola stessa in azienda utile a formare un esercito di meri esecutori di quello che richiede il Dio Monoteista del Mercato, i burattini del futuro manipolati dalle forze, spesso divergenti, dei social e di una scuola che pretende di formare i futuri cittadini a forza di unità di apprendimento che risultano vuote, noiose e poco aderenti alla realtà del vissuto dei ragazzi e alle emozioni che brulicano nelle loro teste e nei loro ormoni. Ai margini, famiglie spesso assenti o in altre faccende affaccendate che lasciano i loro figli soli con i loro telefonini, le loro ambasce e i loro tentennamenti.
Introdurre ore obbligatorie di Educazione Sentimentale come già si è fatto con l’Educazione Civica e come si sta facendo in questi giorni con l’Orientamento al futuro significherebbe solo oberare gli insegnanti di altri impegni burocratici da assolvere senza convinzione e ammorbando gli alunni con altri messaggi che hanno lo stesso potere di convincimento dei bigliettini dei baci al cioccolato.
L’educazione al rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente in cui si vive, il senso di comunità e la capacità di superare i conflitti dovrebbero essere principi trasversali, impartiti con un costante dialogo educativo, con lo sviluppo del senso critico e, non ultimo, con la forza dell’esempio. Non si possono, per esempio, impartire lezioni di ascolto dell’altro e di democrazia in un ambiente autoritario né chiedere il rispetto delle regole arrivando in classe fuori orario e parlando al telefonino con l’amante, l’assicuratore o il personal trainer. Senza contare che nulla garantisce che un adulto che di mestiere fa l’insegnante sia egli stesso una persona sentimentalmente beneducata e adatta a impartire un’educazione all’affettività, all’eros, alle relazioni umane non reificate o alla sessualità consenziente.
E poi ci vorrebbe tanta letteratura e tanto teatro per sensibilizzare gli animi e far sviluppare la capacità di approfondire la conoscenza di se stessi e del mondo e sviluppare un’attitudine al pensiero critico e una propensione all’empatia.
Teatro fatto, magari; non solo letto pigramente. In modo che le parole possano attraversare i loro corpi e trasformarsi in realtà.
Un allestimento di Antigone, di Lisistrata, dell’Heautontimorumenos o della Casa di Bernarda Alba, un paio di ore di Romeo e Giulietta, della Celestina o di Casa di Bambola potrebbero educare ai sentimenti e alle contraddizioni della società e delle nostre pulsioni più di ore di teoria dei sentimenti o di letture degli obiettivi dell’Agenda 2030 o dei diritti degli uomini e delle donne.
Altrettanto interessante potrebbe essere creare con loro drammatizzazioni di situazioni critiche in cui siano chiamati a operare delle scelte e abituarli al dibattito rispettando i turni di parola; impegnarli in attività di gruppo in cui ognuno svolga il proprio ruolo nel rispetto dei ruoli e dei pensieri dell’altro.
Educare alla lettura potrebbe aiutarli a empatizzare, a vestire i panni dell’altro, a confrontare le proprie pulsioni e i propri sentimenti con quelle dei poeti e dei personaggi della narrativa; un modo per sentirsi meno soli e restare umani.
Fornire elementi di cittadinanza digitale li potrebbe aiutare a navigare in sicurezza e a capire i meccanismi dei social e magari anche quelli della pornografia.
Quanto all’educazione sessuale, ben venga, ma io la lascerei fare ai professori di scienza quando toccano il tema della riproduzione (cosa che già si faceva ai tempi in cui io frequentavo il liceo).
Si potrebbe fare molto, insomma, nella didattica quotidiana, senza legiferare dall’alto ciò che va fatto nelle singole realtà scolastiche e senza trasformare anche i sentimenti in un’altra materia soggetta a valutazione e impartita distrattamente, con scarsa convinzione e per forza di legge.
Magari farei anche ascoltare qualche canzone e chiederei loro di farmi ascoltare le loro. Sono certo che anche da lì potrebbe venire fuori un dialogo sincero, interessante, informale e formativo tanto per loro quanto per me, che resto pieno di dubbi su quello che andrebbe fatto e, soprattutto, su come farlo in una realtà che vedo sempre più allontanarsi dal mio modo di pensare e di sentire.
Anonimo ha detto:
Stimolanti, come sempre, le tue riflessioni.
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aitanblog ha detto:
Ti ringrazio molto anonim@ passante.
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Anonimo ha detto:
Sono disposta a mettermi in gioco e lo sto facendo chiudendo i libri per leggere una poesia o semplicemente per parlare un po’. Ma poiché non basta un’ ora a ingentilire alcuni animi refrattari anche ad alzare per un po’ la testa dai cellulari, tanto la prof. non sta spiegando, levate i trimestri, quadrimestri o pentamestri ed ogni forma di test o interrogazione scritta e orale.
Moduli formativi, di educazione civica ed UDA trasversali non ci aiutano e non aiutano i ragazzi. Dobbiamo cambiare registro, interroghiamo i ragazzi sui gesti gentili che hanno compiuto, sulla solidarietà profusa, magari partendo da una poesia o da una canzone. E come compiti a casa: dedicare tempo ad un anziano di famiglia, perché no aiutare la mamma in casa e il papà a fare la spesa. Potrebbe servire fare questo a scuola e non altro?
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aitanblog ha detto:
Secondo me serve, serve molto, soprattutto l’educazione alla gentilezza pratica di cui parli.
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Anonimo ha detto:
Come spesso fai, anche questa volta sei riuscito a fare un’analisi attenta e lucida della questione, ma soprattutto a dire in modo diretto e chiaro ciò che molti di noi insegnanti pensano.
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aitanblog ha detto:
Grazie assai per le tue gentili parole.
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guido mura ha detto:
Sottoscrivo. Non si può insegnare il rispetto, la gentilezza, l’empatia con un programma scolastico. In uno spirito insicuro, inadeguato o morbosamente aggressivo ogni attività formativa è destinata al fallimento. Una personalità sana non ha bisogno di studiare l’affetto o il comportamento: ha dentro di sé la positività e la capacità di ragionare. Chi normale non è non può essere normalizzato per legge. la conoscenza della bellezza, dell’arte, della letteratura può aiutare a sviluppare sentimenti positivi. Il teatro (vissuto, non semplicemente ascoltato) può servire a interiorizzare le dinamiche della vita e a superare difficoltà e dolore. Occorrerebbe una schiera di docenti motivati e appassionati, capaci nel comunicare e ricchi di conoscenze. solo così forse il mondo potrà cambiare.
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aitanblog ha detto:
Grazie molto per la tua interessante riflessione, Guido.
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cristina bove ha detto:
Sono d’accordo con te in tutto e credo anch’io che
“ci vorrebbe tanta letteratura e tanto teatro per sensibilizzare gli animi e far sviluppare la capacità di approfondire la conoscenza di se stessi e del mondo e sviluppare un’attitudine al pensiero critico e una propensione all’empatia.”
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aitanblog ha detto:
Grazie per l’attenzione e la condivisione.
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