CITTÀ SENZA ANIMA.
Sempre meno a misura d’uomo il degrado delle città evidenzia immagini ed aspetti desolanti.


Non è possibile restare insensibili o non provare disagio dinanzi allo spettacolo, sempre più spesso squallidamente vario e movimentato, che offrono le strade delle nostre città. Sul palcoscenico che è la strada si recita a soggetto ogni giorno lo spettacolo anche crudele e spietato della vita.
Vi alberga non solo la sporcizia materiale ma anche, e quel che è peggio, la sporcizia morale. Le testimonianze di povertà sono diffusamente presenti. I marciapiedi sono sempre meno spazi aperti al cittadino e sempre più luoghi dove si scaricano le rabbie, le tensioni e le frustrazioni provocate dalla società moderna, sempre più luoghi liberi per l’ostentazione e l’esercizio di pratiche di mercificazione e di degradazione.
Luoghi senza legge di aggressioni, furti, scippi, rapine, ricatti ed estorsioni, atti di vandalismo, violenza contro le persone, spaccio e uso di sostanze stupefacenti, di regolamenti di conti, di truffe, di racket e territorio di drogati, di barboni e di alcolizzati. Come non provare angoscia, sofferenza interiore, davanti a fenomeni come il bullismo contro un giovane indifeso, le percosse ad una persona anziana, l’assassinio di una giovane donna. E la crudeltà della cronaca nera sgomenta ed atterrisce, costringendo a chiudersi oltre che nelle proprie abitazioni sempre più anche in sé stessi, privando ognuno del gusto di una sana attività ricreativa all’aperto e della visione del bello delle nostre città. Le periferie poi rappresentano la condizione morale, culturale e sociale, dei nuovi poveri; sono i nuovi ghetti in cui prospera l’emarginazione, l’alienazione, il degrado della dignità. Tutto ciò, purtroppo, non costituisce la proiezione di un film che termina con la parola fine, bensì la pesante realtà fatta di violenza, aggressività, brutalità ed egoismo di persone che uccidono anche per stupido protagonismo, che rapiscono a scopo di riscatto, che compiono reati anche per desiderio di rischio e di avventura.
Su questa desolante e squallida visione del mondo e dell’uomo va riscoperto l’impegno di un nuovo umanesimo che elevi e non degradi l’uomo nelle sue qualità migliori. E la costruzione di questo impegno ci riguarda tutti. Nessuno, ai vari livelli di partecipazione sociale, può dire “ma io non ritengo di essere interessato”.
Tanta violenza trova la sua linfa vitale nella crescita distorta della società in fase di sviluppo, nella sovrappopolazione, nell’alienazione, nell’infanzia troppo solitaria e repressa, nell’ingiustizia e nella discriminazione sociale, nel malo esempio di amministratori corrotti, nell’ambiente poco accogliente familiare e sociale.
Serve, pertanto, indubbiamente, la presenza di una politica di recupero di una ‘generazione in crisi’ ed una maggiore partecipazione sociale con un maggiore rispetto dell’uomo e delle norme che ne regolano la civile convivenza, ma serve anche una maggiore presenza familiare, nel cui ambito ritrovare il coraggio, di un esercizio pieno della funzione educativa intesa quale educazione: alla capacità d’ascolto, al pensiero critico, alla libertà, a sapere gestire il conflitto, alla legalità, indispensabile per costruire personalità mature in grado di affrontare la complessità della vita sociale di oggi che impone di dare risposte positive e forti alle esigenze di crescita umana ed alle domande di senso che i ragazzi propongono.
Funzione quella educativa che molti genitori tendono oggi a rifiutare o ad esercitare sempre meno, così non preparando alla vita e non consentendo ai giovani di costruire la fiducia in sé stessi e nel futuro, di fatto la propria consistenza psicologica oltre che la capacità di assunzione di responsabilità.


Eduardo Terrana
Giornalista-saggista-conferenziere internazionale su diritti umani e pace
Proprietà letteraria riservata

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Pubblicato anche su Verso – spazio letterario indipendente