Cultura

Venerdì Santo, un tuffo nel passato con un racconto della festa e della processione

La Redazione
Oggi si svolgerà la tradizionale Processione dei Misteri, e questo ha dato lo spunto per creare una storia di piacevole lettura
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Ancora un racconto dal sapore tradizionale quello che qui presentiamo, scritto da Vincenzo D’Avanzo: oggi, venerdì santo, si svolgerà la tradizionale Processione dei Misteri, e questo ha dato lo spunto per creare una storia di piacevole lettura che ci fa tuffare nel passato.

Festa Gesù di misericordia

Don Antonio era un ricco proprietario terriero ma alquanto prepotente. Si era fatto quella proprietà facendo il fattore a un nobile del territorio. Era l’uomo di fiducia e usava questa fiducia per rubacchiare a destra e a manca e farsi in tal modo il suo “fondo pensione”. Accondiscendente era con i mezzadri con i quali al momento del raccolto si metteva d’accordo per derubare di comune accordo il proprietario, che, a demerito suo, non andava mai a visionare i suoi possedimenti. Tuttavia don Antonio aveva preso a cuore il figlio di un suo mezzadro: un giovane piacente e prestante, Giacumein, che egli utilizzava per i compiti più difficili. Il padre di Giacomo oltre ad essere mezzadro era assunto con il figlio peri lavori in campagna. Arrivata la settimana santa Giacumein chiese a don Antonio di non farlo andare a “stè foure” perché aveva dei servizietti da fare in Andria. Don Antonio gli venne incontro affidandogli per quella settimana delle commissioni da svolgere nei dintorni della città. Giacumein abitava nelle vicinanze della chiesa di Crist d msercordie reit a r Criuc[1]. Il venerdi di Passione prima delle Palme Giacumein aveva partecipato alla processione di quel quartiere e aveva approfittato per chiedere a don Rccard, u prevt d la chies, di affidargli in consegna una di quelle croci pesanti che in Andria è d’uso portare in processione il venerdi santo. Tutti i pomeriggi egli nella sacrestia della chiesa si lucidò la croce, la illuminò tutt’intorno con lucine colorate e sul lato corto ci mise un bel pennacchio che si era portato da Monte Sant’Angelo l’anno prima che aveva organizzato un pellegrinaggio a san Michele con tutti gli amici su una serie di traini tutti addobbati. La processione “d l Mstirr[2]” doveva passare davanti alla fidanzata in via Manthonè e lui voleva fare bella figura con lei. Già si immaginava la gioia d Filumein quando l’avrebbe visto insieme alle amiche sul balconcino della casa. Anche perché la fidanzata la sera precedente, facendo i “Sepolcri”, nella chiesa di san Nicola si era vantata per le due ciotole di grano germogliato che stavano proprio al fianco della Eucarestia. Allora infatti per addobbare l’esposizione della Eucarestia si usavano i germogli di grano e non i fiori costosi. Ma un pericolo lo aspettava proprio il Venerdi santo. Per la contentezza dal giorno prima aveva cominciato a farla vedere a qualche amico, anzi ne aveva scelto uno che gli doveva dare il cambio durante la processione. Con l’amico aveva fatto patti chiari: su via Manthonè la croce la devo portare io. La mattina del venerdi santo Don Antonio lo manda a chiamare e cominciò a fargli un discorso alquanto contorto: se ca t so vliut semb bein, ca nan v so fatt manghè cherr cha abbsgnoive. Mou ma da fe tiue nu piaciair. Tiue si rmois ad Andrie e t si prparoit la crauc, figghm invece a mniute a ste four a nan avaviut u timb. Moue a da fè u piaciair d dall’ad-idd la crauc cha pou t rgalaisc[3]. Giacumein che man mano lo sentiva parlare si innervosiva sempre di più a quel punto rispose: don Andò, pu rspett cca teng p sgnrei u piaciair nan tu pozz fè, egghia passè da nand a la cois d zitm p la crauciangudd[4], disse tutto d’un fiato. Don Antonio azzppè u cappidd nderr: chiamm attant, disse perentorio. Giacumein sapeva che il padre avrebbe ceduto e allora fece lui una proposta di mediazione. Disse a don Antonio che non importava che faceva brutta figura con l’amico poteva consentire che il figlio del fattore facesse da secondo con lui. Ma l’arrogante disse che doveva apparire che la croce l’aveva fatta il figlio e questi non poteva andare in processione con un dipendente. A quel punto Giacumein disse: m dspioic, circm n’olta cause ma stu piaciair na u pozz fè[5]. Don Antonio se ne andò minacciando sfracelli e Giacumein non disse niente al padre per non irritarlo. Il pomeriggio con l’amico si caricarono la croce e andarono subito al Purgatorio per la processione. Arrivarono prima degli altri per occupare il primo posto e godere della completa visibilità. Per la maggior parte della strada fu l’amico a portare la croce perché Giacumein doveva arrivare fresco a via Manthonè che era l’ultima strada da percorrere. E così fu, sfrecciò davanti alla fidanzata fresco come una rosa e la fidanzata ebbe da parlare di Giacumein per tutta la serata con le amiche e i parenti. L’unica nota stonata fu quando la mamma di Giacumein, che era andata lì per la processione, disse: ci bell figghm! Immediatamente rintuzzata dalla mamma della fidanzata: crrò tinn da doic a la figghia maie? Meno male che un’amica chiuse la discussione: so bell ieun i l’olt. Al che la fidanzata la prese a ridere: ehi, uagnè, non t fe mnoie brtt pnzir, Giacumein ia u moie. E scoppiarono tutti a ridere. Fu in quel momento che arrivò Giacumein tutto felice per l’impresa compiuta. Per tornare presto dalla fidanzata aveva chiesto di lasciare la croce nella chiesa dell’Annunziata per il giorno dopo, giorno in cui comparvero le prime nuvole. Infatti il pomeriggio quando andò da don Antonio per riscuotere la settimana si sentì salutare con: moue mange cpodd. Li per lì non ne capì il senso e fu una fortuna perché così la Pasqua si presentava serena: infatti quel giorno dovevano portare u cungirt bunn alla fidanzata e fissare la data delle nozze. Il temporale scoppiò la sera del lunedi quando si ritirò il padre e la madre dalla processione d l’Anglicch all’Annnzioit: pcchè si mangoit d rspett a don Andonie. E il figlio raccontò per filo e per segno quello che era accaduto. Si fatt bunn, piur a maie crr steie saup au stomch[6]. Però moue nama de da fè a trvè nout patriun pcchè cdd ha lcnzioit a taie i ioie so ditt ca nan g vaich mang ioie. Il padre sapeva di che pasta era fatto il figlio. Questo atteggiamento dignitoso del padre a difesa del figlio ebbe i suoi effetti. Dopo una settimana don Antonio li mandò a chiamare e chiese loro scusa. In realtà si era reso conto che sul lavoro erano una garanzia e non ne poteva fare a meno.

Giacumein si sposò a maggio e don Antonio mise a disposizione la sciarretta buona per il corteo degli sposi.


[1] Gesù di misericordia dietro alla Croci

[2] Dei Misteri (la traduzione “dei mestieri” è stata una storpiatura successiva)

[3] Sai che ti ho voluto sempre bene e non vi ho fatto mancare quanto necessario. Ora mi devi fare un piacere. Tu sei rimasto in Andria e hai potuto preparare la croce. Mio figlio invece è venuto in campagna e non ha avuto modo di preparare la sua. Fagli il piacere di dare a lui la croce tua.

[4] Per tutto il rispetto che ho per voi questo piacere non lo posso fare. La processione passa davanti alla fidanzata mia e io devo passare con la croce addosso.

[5] Mi dispiace, chiedimi un’altra cosa, ma questo piacere non te lo posso fare.

[6] Hai fatto bene, pure a me quello sta sullo stomaco. Però adesso ci dobbiamo trovare un altro lavoro perché quello ha licenziato te e mi sono licenziato anch’io.

venerdì 14 Aprile 2017

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