Piste della memoria: Morano, il circuito addormentato in riva al Po

Gli appassionati italiani di «archeologia automobilistica» hanno un «Sacro Graal» chiamato Autosprint, il settimanale che dagli anni Sessanta racconta ogni settimana il mondo delle corse. Nei ruggenti anni Settanta il mitico Marcello Sabbatini, il direttore per antonomasia, lanciò la bellissima iniziativa editoriale dell’«annuario», ovvero un numero speciale che a fine anno raccoglieva tutto sulle gare dell’annata appena trascorsa. Proprio su Autosprint Anno a partire dal 1973 potete trovare tra gli autodromi italiani quello di Casale Monferrato, con relativi record per numerose categorie. Poi, dal 1977, più nessuna notizia dell’autodromo piemontese. Non una tabella, non una foto, non una notizia di gare. Come se il piccolo e nuovo tracciato fosse praticamente dissolto nel nulla o inghiottito dalle acque del Po che gli scorre accanto. Per conoscerne la storia, occorre tornare al 1973.

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          I box ed il rettilineo dell’autodromo di Casale Monferrato appena nato            (Copyright sconosciuto)

Inaugurato dalla Formula 1

Il 19 Marzo di quell’anno il silenzio tra i pioppeti in località Morano Po, sulle rive del fiume, è rotto dal rombo di un 12 cilindri Ferrari. Alla guida di una 312 B2 da Formula 1 c’è il pilota titolare Arturo Merzario, chiamato all’inaugurazione ufficiale di un nuovo autodromo il cui nome è dato dal centro abitato più famoso della zona: Casale Monferrato. C’è molta gente soddisfatta quel giorno al «varo» del nuovo nastro d’asfalto e lo stesso pilota comasco si dice ben impressionato dopo avere fissato il record della pista in 1’01″100 alla media di 145 km/h.  Il nuovo autodromo è lungo 2460 metri, largo 11, spezzato da 8 curve (6 a destra e 2 a sinistra) e viene percorso in senso orario. Il tracciato sembra avere tutto per sfondare: seppur abbastanza breve e piatto si rivela essere molto vario ed interessante, con curve di raggi differenti, una cornice paesaggistica incantevole ed una posizione geografica molto felice essendo facilmente raggiungibile da Milano e Torino, oltre che da Francia e Svizzera. Le impressioni sono poi velocemente corroborate dalla prova dei fatti: da subito l’Italiano di Formula 3, il Challenge Ford Escort Mexico e il prestigioso Giro Automobilistico d’Italia fanno tappa in riva al Po, seguiti dai campionati auto svizzeri (essendo valido il divieto per le competizioni in circuito chiuso in terra elvetica). Anche il settimanale Quattroruote inizia ad essere una presenza fissa dalle parti di Morano per le prove in pista delle vetture stradali recensite in un epoca in cui il modernissimo centro di Vairano era ancora lungi dall’essere realizzato. A seguire un breve filmato dedicato alla giornata inaugurale dell’impianto piemontese:

Una crescita costante

La crescita del circuito di Casale procede a gonfie vele: nel secondo anno di vita (1974) si disputano diciassette eventi con 2151 piloti impegnati in pista e 100000 spettatori complessivi  Nelle due stagioni successive si continua con la tendenza positiva e sbirciando tra gli elenchi iscritti si possono trovare nomi che negli anni seguenti avrebbero guadagnato notorietà mondiale come Piquet e Patrese, tanto per citarne due. Visto l’andamento più che positivo si avviarono gli studi per dei piani di allungamento del tracciato fino a quattro chilometri totali per portare in Piemonte anche competizioni a carattere internazionali. Nessuno poteva immaginarlo, ma delle prospettive così luminose avrebbero rappresentato solamente il preludio ad una brusca fine per il piccolo impianto. Con una data ben precisa: 18 agosto 1977.

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          Progetto mai realizzato di allungamento del circuito di Morano Po        (Copyright Guido De Carli)

Assassinio di una pista

Per capire cosa sia successo quel giorno va fatta una doverosa premessa: il circuito si snoda in un territorio di confine tra 2 comuni: il già citato Morano sul Po e Pontestura, il cui centro abitato è quello che in realtà si trova più vicino alla pista. Negli anni Settanta non ci si poneva di certo il problema dei motori troppo silenziosi: gli scarichi erano liberi ed i motori ruggivano possenti quasi quotidianamente in riva al «grande fiume» guareschiano portando preziosi introiti ai gestori della struttura. Mentre il comune di Morano era favorevole al potenziamento del circuito, gli abitanti di Pontestura manifestavano il loro dissenso per il rumore continuo. Da qui ebbe inizio una storia tutta italiana, purtroppo nel senso più negativo del termine. L’indotto positivo in termini di turismo ed introiti per il territorio nel lungo termine non sembra essere una ragione sufficiente per favorire l’attività di pista nemmeno di autodromi come i «grandi» Imola e Monza anche al giorno d’oggi, figuriamoci per una piccola struttura come quella piemontese all’epoca. Il sindaco di Pontestura decise allora di agire assecondando le lamentele dei suoi cittadini in quell’estate del 1977 e lo fece in modo rapido ed efficace. Ovvero mandando una ruspa a rimuovere un tratto di asfalto rendendo inagibile la pista. Agendo in pieno periodo di ferie, senza troppi clamori, mentre la maggior parte degli italiani si stava godendo le vacanze. Per l’Autodromo di Casale era già iniziata la fine. Per i quattro anni successivi le discussioni continuarono a protrarsi per riportare in funzione la pista, nel 1980 si procedette alla riasfaltatura dell’anello e nel 1981 sulla stampa specializzata si parlava ancora di una imminente riapertura. Purtroppo non sarebbe stato così.

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Formule al via sul circuito di Casale: immagine ben presto diventata storica        (Copyright sconosciuto)

Non scenda l’oblio

Il circuito è caduto da allora nel più totale abbandono, allagato dalle acque del Po nelle fasi di piena eccezionale, coperto dalle erbacce e con le infrastrutture piombate in uno stato di degrado tale da renderne impossibile il riutilizzo. La torre di controllo che permette la visione totale del tracciato è oramai uno scheletro di metallo e cemento dove solo una stinta scritta «Fiat-Abarth» resiste come un reperto archeologico del lontano passato fatto di gare e motori. Oggi la pista è ancora lì, completa e visibile ma in un terreno dichiarato Parco Fluviale, fatto che ne rende la riqualificazione altamente improbabile da un punto di vista burocratico. Le istanze per una riapertura si susseguono ancora oggi in una regione come il Piemonte che è culla dell’automobile in Italia ma è priva di un suo circuito. Esiste anche un gruppo Facebook di appassionati che chiede la riapertura dell’ Autodromo di Casale preservandone la memoria storica, ma ad oggi la pista vive solo nella loro infinita passione. Che, statene certi, non farà mai morire quel piccolo autodromo sbocciato dal nulla tra i pioppeti del Po e subito svanito, lasciando in bocca il sapore amaro di ciò che stava per essere ed invece non sarebbe mai stato.

abarth05Le finestre ormai prive di vetri del corpo box aprono la vista sul tracciato illuminato dal sole. Come un luminoso futuro immaginato e mai concretizzato per l’Autodromo di Casale (Copyright sconosciuto)

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