16 aprile 2020 - 08:46

Coronavirus nella Bergamasca: da Blello a Vedeseta, le piccole comunità con zero contagiati

Pochi abitanti, il lavoro vicino a casa e la posizione hanno aiutato alcuni comuni di montagna a difendersi Ad Averara sanificazione. Spesa a domicilio ovunque.

di Giuliana Ubbiali

Panoramica di Vedeseta Panoramica di Vedeseta
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Sembra di vederlo, il sindaco Luigi Mazzucotelli. «Faccio 18 chilometri, metto i guanti e scendo dalla macchina, apro il municipio dalle 3 alle 5, mi rimetto in macchina e cambio i guanti». Abita a Rota Imagna, e a Blello, il Comune che guida, ha detto all’unico impiegato di stare a casa. «Qui siamo a zero morti, da due anni, e zero casi di coronavirus», ripete il numero con il vocione fiero. Sono 2,18 chilometri quadrati di paese e 74 abitanti. «Un condominio — lo definisce —. Gli otto bambini che vanno a scuola a Berbenno sono a casa, i cinque o sei cittadini che lavorano fuori, anche. Gli altri hanno mucche e galline». Nessun albergo, nessun negozio, gli ambulanti degli alimentari e della frutta passano una volta alla settimana. «Comunque, abbiamo distribuito pacchi alimentari, buoni spesa e mascherine — fa presente —. L’unica mia preoccupazione è che venga sanificato il postamat: ai cittadini raccomando di usare i guanti». Alcune comunità si sono difese bene dal virus, per una serie di fattori come la posizione geografica e la ridotta popolazione. Non i soli, però, altrimenti tutti i comuni di montagna sarebbero nelle stesse condizioni.

Zero è anche il numero del sindaco di Vedeseta Luca Locatelli, 33 anni, in un paesino di 180 abitanti per l’80% anziani: «Non abbiamo nessun caso ufficiale, e che io sappia anche dalla dottoressa non c’è nessuno con la febbre. Una persona era andata in ospedale ma è tornata subito e sta bene. Forse, la nostra fortuna è che bar, ristorante, le imprese edili, tutti si siano fermati subito, e ho avvertito che nelle seconde case non salisse nessuno». Nel paese crocevia tra Lecco, San Giovanni Bianco e la Val Brembilla, sono state distribuite mascherine e gel igienizzante. Qui non sono gli abitanti a chiamare i volontari per la spesa a domicilio, ma il contrario: «Viene consegnata a trenta cittadini».

Ad Adrara San Rocco, 830 abitanti in collina, c’è un solo caso certificato, andato e tornato dall’ospedale. «Una o due persone sono a casa con l’ossigeno, altro non mi risulta», dice con cautela il sindaco Tiziano Piccioli Cappelli. Cerca di dare una lettura ai numeri, senza pretese scientifiche: «A gennaio abbiamo dovuto affrontare il dramma delle meningite e questo ha contribuito a creare un’attenzione maggiore. Sulla limitazione dei contatti può aver inciso anche il fatto che qui non viviamo in condomini ma in villette e che la maggior parte della gente lavora nelle aziende della zona, meno colpita di altre». Stare in casa resta la migliore precauzione. L’hanno cantato anche i bambini del Coro Arcobaleno, ciascuno ha inviato la sua parte in video da casa: uno dall’India, dove è tornato.

A Isola di Fondra, 175 abitanti, sono mancati una persona in visita ai fratelli e un maestro in pensione: «Andava a mangiare a Piazza Brembana, ma non so se sia collegato —, dice il sindaco Carletto Forchini —. Due anziani hanno l’ossigeno da mesi, ma non c’entra il Covid. Altri casi non mi risultano, siamo fortunati». Ma ha tremato per il raduno del trofeo alpino Nikolajewka: «Quel sabato sera eravamo 800 a mangiare sotto il tendone». Era il 22 febbraio, il giorno prima della bomba del virus: «Ho annullato la gara di domenica, ma abbiamo trascorso le due settimane dopo con la paura».

Ad Averara, 182 abitanti, non c’è nessun caso certificato. «Una persona era in quarantena, dopo contatti sul lavoro, una con sintomi lievi e una che ha un negozio fuori paese aveva l’ossigeno, ma ora stanno bene», precisa il sindaco Mauro Egman. La protezione civile sanifica davanti all’unico negozio e al cassonetto. «Per la fase 2 è importante che la linea sia chiara — dice —. Se si riempiono le seconde case, è un attimo che ripartano i contatti».

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