20 agosto 2021 - 08:02

Le morti sospette all’ospedale di Piario: sei anni dopo l’accusa è maltrattamenti

Il fascicolo, chiuso da mesi, ha cambiato tre pm. Indagate l’infermiera al centro dell’inchiesta e la caposala

di Maddalena Berbenni

Le morti sospette all'ospedale di Piario: sei anni dopo l'accusa è maltrattamenti
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Nei mesi tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, Piario è stato un caso. Le perquisizioni nel reparto di Medicina. Le riesumazioni. Famiglie ributtate nel dolore. Un’infermiera al centro di dubbi a dir poco inquietanti. Anna Rinelli oggi ha 48 anni e ha ripreso a studiare. Nella sanità pubblica non lavora più. Dei sospetti di allora, con un’ipotesi di omicidio preterintenzionale per un numero imprecisato di pazienti uccisi col Valium, sono rimasti due fascicoli: uno tuttora aperto per somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica e un altro chiuso per maltrattamenti, in cui è indagata anche l’ex caposala Paola Bosio, 58 anni, di Oneta.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari riporta il nome del magistrato che in origine aveva coordinato il lavoro dei carabinieri della compagnia di Clusone, il pm Carmen Pugliese, andata in pensione a inizio 2020. Agli avvocati Veruska Moioli e Michele Cesari, per Rinelli, e Marco Zambelli, per Bosio, è stato notificato l’aprile scorso, quando era subentrato il pm Franco Bettini. Ora, dopo il recente trasferimento di quest’ultimo, se ne occupa la collega Emma Vittorio, che a questo punto dovrà decidere se chiedere il processo.

Rinelli non ha più parlato, mentre Bosio si è fatta interrogare, negando di avere omesso di intervenire sulla sottoposta. Secondo l’accusa, era a conoscenza sia dell’ammanco di Diazepam (Valium) e Midazolam (un sedativo più potente), spariti in quantità importanti in quel periodo dalla Medicina, sia che era la collega a somministrarli ai degenti. Bosio, peraltro, ha già rimediato una condanna in primo grado, a gennaio 2018, per uno stralcio del filone principale: era stata trovata in possesso di medicinali, garze, siringhe e altro materiale dell’ospedale (a 2 anni con pena sospesa in abbreviato). Anche lei ha lasciato l’Asst Bergamo Est. Sul fronte attuale, a sostegno della sua innocenza, ha fatto presente agli inquirenti che era stata sua l’iniziativa, insieme a un superiore, di presentare un esposto dopo la morte di un anziano, di notte: altri due, la mattina successiva, non si erano risvegliati ed erano sparite tre fiale di Valium. Era il 2 novembre 2015 e di turno c’era Anna Rinelli.

Per lei il quadro era stato ridimensionato già a giugno 2016, dagli stessi consulenti della Procura. Due medici legali e un tossicologo erano stati incaricati di eseguire l’autopsia su 5 pazienti morti e fatti riesumare in una giornata surreale, il 15 febbraio 2016, quando i carri funebri avevano fatto la spola tra i cimiteri e la camera mortuaria di Piario. Per i consulenti, non solo le dosi di Valium somministrate non sarebbero state letali, ma nemmeno avrebbero contribuito a peggiorare lo stato di salute dei malati. Al contrario, il trattamento attuato era risultato «corretto e progressivamente adeguato» alle loro condizioni, di per sé già critiche. È vero che tracce di Valium erano state individuate nel fegato e nei tessuti adiposi anche di malati (4 su 5) la cui terapia non lo prevedeva, ma per i consulenti non si poteva risalire a quanto ne fosse stato somministrato quando erano in vita. Non c’era, invece, Midazolam. Di fronte a tali conclusioni, per Rinelli il pm ha riqualificato l’ipotesi di reato in maltrattamenti, consistiti nel sedare 13 pazienti e, in due casi, anche nel contenerli con fasce addominali e polsiere. Sono passati sei anni e ancora in tribunale non se ne è parlato.

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