Milano | Arredo Urbano – Il pavé: risorsa da preservare o problema da eliminare?

Articolo prodotto per Urbanfile e Affari Italiani Milano

A Roma i sampietrini, a Milano il pavé, una forte identità cittadina che andrebbe preservata o eliminata?

Lorenzo Viganò sul Corriere della Sera Milano del 5 aprile scorso scriveva: «Eppure le lastre di pietra e porfido, magari tagliate dalle rotaie del tram, danno anima e carattere a ogni centro storico, sono il suo maquillage. E toglierle…equivarrebbe a cancellare la storia di chi le ha calcate, rendendo anonime vie, piazze e strade. Semmai il problema del pavé è curarne la manutenzione.».

Il pavé nella parte centrale di largo Domodossola.
Siamo in Corso Vittorio Emanuele verso largo San Babila 1905-08

Dagli anni Cinquanta del secolo scorso, come abbiamo imparato osservando la città e la sua evoluzione, l’arredo urbano è pian piano peggiorato, lasciando il posto a oggetti più essenziali, moderni e soprattutto più economici (o così appare).

Negli anni a Milano sono lentamente spariti i bei lampioni in stile collocati un po’ in tutte le piazze e vie importanti della città, impiantati in quel periodo di storia  – dall’inizio del Novecento fino agli anni Trenta, quando l’arredo urbano e l’estetica stradale avevano ancora importanza. Poi la Seconda Guerra Mondiale ha cancellato parte di questo arredo urbano, che col tempo fu eliminato per oggetti più utili e di facile produzione (lampioni da autostrada, archetti o panettoni, ecc…).

Naturalmente parte dell’arredo urbano è anche il famoso pavé, il tradizionale tipo di pavimentazione stradale formato da cubetti o masselli di pietra o di porfido, utilizzato per la pavimentazione da esterni, sia privata che pubblica, perlopiù urbana. È apprezzato per la sua lunga durata e resistenza all’abrasione e perché, se ben posato, richiede poca manutenzione, come  si può notare da vie lastricate da almeno una settantina d’anni e ancora perfette come il primo giorno.

A Milano, il pavé così composto è comparso (nostra ipotesi perché non siamo riusciti a trovare informazioni dettagliate ufficiali, se non risalendo alle foto d’epoca e a domande ad esperti) all’incirca all’inizio del 1900, quando vennero stesi i primi binari per i tram elettrici. Infatti prima le strade avevano un selciato di terra battuta o con la rizzata lombarda (ciottoli di fiume e lastre in granito per i percorsi dei carri o delle carrozze). Per le strade asfaltate si dovette aspettare anche in questo caso, l’arrivo del nuovo secolo.

Le due tonalità della pietra utilizzata per i masselli (e un “dente” cariato, tipico rattoppo milanese)

Qui di seguito la nostra mappa che mostra le tre tipologie di pavimentazione in città: in asfalto o cemento, con masselli in pietra, con sampietrini e in rizzata. Per le aree pedonali la pavimentazione varia e comprende ogni tipologia di pavimentazione, prevalentemente in pietra.

Dove si trova la pavimentazione in pietre a Milano nel 2018 (potrebbero esserci delle mancanze, ma minime)

 

Come si evince dalle nostre mappe, le vie coi masselli sembrano molte ma alla fine sono effettivamente poche, soprattutto perché dal dopoguerra in poi si è lentamente asportata la pietra in favore dell’asfalto.

Va ricordato anche che molte vie di Milano, specie i grandi viali che seguono i bastioni, sono state lastricate in un composto di cemento, come possiamo vedere (e avevamo già visto in un nostro vecchio articolo) nei viali Gabriele D’Annunzio, Gian Galeazzo, Beatrice D’Este, Angelo Filippetti, Emilio Caldara o via Domodossola, per citarne alcuni. Sistema adottato con ogni probabilità negli anni Cinquanta ma poi abbandonato, anche se dobbiamo dire che molte strade, dopo quasi settant’anni non hanno mai subito un intervento.

Tornando al pavé in masselli di pietra, come dicevamo, venne posizionato inizialmente in presenza dei binari dei tram, dove serviva soprattutto a tenere i binari in sede e ad evitare le fessure che si creano sull’asfalto ai lati dei binari, poco sicure, oltre che antiestetiche (più volte segnalato, anche recentemente).

Binari e catrame, un brutto risultato
Una copia di un’immagine che mostra una pagina di un manuale per la posa del pavé nel 1925

I masselli del pavé, realizzato principalmente  in due tipologie di pietra, una tendente al rossiccio e una al beige-grigio, non vengono più prodotti o acquistati da prima della II Guerra Mondiale (in linea di massima), perciò le pietre che vediamo oggi sono le stesse da oltre ottant’anni, resistenti vero?

Come dicevamo, il Comune da anni cerca di rimuovere questi masselli dalle strade cittadine, anche perché le esigenze moderne, il traffico e i ciclisti sembrano tutti contro la presenza della pietra.

Il problema è come molte altre cose dell’arredo urbano, la manutenzione, sì, perché dobbiamo dirlo, non ci sono più le maestranze di un tempo che sanno come posare i masselli, e così le pietre, spesso rotolano sollevandosi e causando non pochi problemi, come nelle due foto qui di seguito.

Perché diciamo questo? Perché come si può vedere in molte vie dove il pavé non viene toccato da decenni, forse persino da più di cinquant’anni, la pavimentazione è perfetta, poi ci sono vie dove si è intervenuto di recente, come via Lodovico il Moro ad esempio o in Viale san Michele del Carso, dove spesso le pietre rotolano sotto le automobili, rompendo coppe dell’olio o guai peggiori.

Cosa piacerebbe a noi di Urbanfile? Anzitutto vorremmo che tutte o quasi, le strade del centro città, quelle all’interno della cerchia dei bastioni, per intenderci, fossero tutte lastricate in masselli di pietra o sampietrini, soprattutto le vie poco trafficate. Ci piacerebbe che i masselli tornassero lungo i binari come un tempo, almeno nella parte centrale. Ci piacerebbe vedere i luoghi di pregio, e le piazze monumentali nuovamente lastricate con le pietre, e non a frazioni come si può vedere oramai ovunque.

In quanti casi si vedono strade col pavé affogato poi nel catrame, cosa brutta a vedersi e sicuramente anche pericolosa.

Altra situazione che si trova spesso e che ci ricorda la sciatteria di questa città è la presenza di vernici sulle pietre di precedenti segnali stradali spostati o cancellati, quando basterebbe utilizzare delle macchine abrasive che eliminino ciò che non serve. Di seguito due immagini che mostrano la confusione visiva oltre che estetica di più segni verniciati sui masselli e cancellati male.

Stesso discorso va fatto per la manutenzione delle vie coi sampietrini, i cubetti di porfido, che man mano vengono mordicchiati dall’asfalto, più facile da stendere ma che richiede una maggiore manutenzione.

Di seguito un campionario di masselli in città ben posati e mal posati oppure catrame dove c’erano i masselli.

 

Naturalmente ci sono comitati e pagine Facebook pro e contro la presenza dei masselli. Contrari sono soprattutto i ciclisti e motociclisti costretti a percorrere queste strade cittadine veramente difficoltose a causa delle pietre spesso sconnesse o traballanti.

Così come ci sono persone che stanno cercando di supportare un miglior uso della pavimentazione in pietra. Qui una petizione per chi voglia salvare il pavé in pietra.

Per l'utilizzo delle immagini scrivere a info@dodecaedrourbano.com

19 commenti su “Milano | Arredo Urbano – Il pavé: risorsa da preservare o problema da eliminare?”

  1. Da ciclista urbano (part-time) mi congratulo per l’articolo, davvero centrato.
    Una sola postilla: gli attuali sconquassi non sono solo conseguenza della scarsa qualità delle maestranze posatrici di oggi. Ma soprattutto del drammatico aumento del peso medio dei veicoli.
    La sciagurata moda dei suv, pesanti almeno il 30 per cento in più di un’auto equivalente e con ruote e sospensioni che consentono di viaggiare a 60-80 orari sui selciati, porta a sollecitazioni enormi dei tratti pavimentati con esiti documentati dalle vostre foto. Sarebbe ora di associare ai limiti di velocità anche quelli di peso. Perché può avere senso il transito di un furgone da consegne che pesa 3mila chili ma non lo ha quello di un Range Rover che pesa 2300 chili vuoto e senza rifornimenti.

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    • non credo che dipenda dai mezzi che ci transitano sopra, la pressione esercitata a terra da SUV e di poco maggiore rispetto a quella di vetture più tradizionali (le pressioni passano dai 2.2 bar ai 2.8 non tali da giustificare quello che dici) Se fosse quello, allora un autobus dovrebbe creare dei crateri (pressioni arrivano anche a 8-9 bar)
      Il pave cosi come è tenuto è brutto da vedere oltre che rumoroso (inquinamento acustico) pericoloso perché allunga gli spazi di frenata (ha uno scarso coefficiente d’attrito soprattutto con la pioggia). insomma va contro tutti gli sforzi fatti per un trasporto più sicuro e meno inquinante.
      i san pietrini sono più estetici per altro.

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    • Adesso, va bene tutto, ma dare ai SUV anche la colpa delle condizioni del pavé…………

      Non so quanti anni hai tu, ma io ne ho abbastanza per ricordarmi che era già ridotto così negli anni 80, quando i SUV, o “gipponi” come si chiamavano allora, erano un’assoluta rarità.

      Come dice giustamente l’articolo, il vero problema è che in molti casi non si fa manutenzione, praticamente dalla ricostruzione postbellica, a parte aver versato (male) un po’ di catrame nelle fughe, e non solo per il pavé… ci sono in giro ad esempio certi spartitraffico d’antan, come in piazzale Baracca, che gridano vendetta per quanto sono conciati.

      A questo problema tipicamente milanese/italiano della manutenzione carente si affianca l’altro, altrettanto tipicamente milanese/italiano: l’assoluta mancanza di una pianificazione o almeno di un approccio, di un criterio di gestione. Come si vede bene anche dalle cartine, si mantiene il pavé su strade di scorrimento o su vie periferiche che non hanno assolutamente niente di storico, mentre antiche vie super storiche sono asfaltate (e archettate e panettonate e con i marciapiedi asfaltati con il catrame colato sui cordoli…)

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      • Non voglio fare polemiche gratuite. E condivido al 100 per 100 quello che dice anonimo.
        Poiché però un esame di Strade in Poli l’ho fatto, invito a guardare in controluce gli assi Disciplini/S. Vito e S. Maurilio, sistemati da pochi anni e da un’impresa ragionevolmente seria (non i disperati di corso Italia, giusto per citare una via limitrofa). In entrambi i casi è evidente il cedimento in corrispondenza della carreggiata dei veicoli (spanciata dorso di mulo) dovuto all’eccessivo peso medio dei veicoli in transito sul sottofondo del selciato.
        Aggiungo, giusto perché ci si capisca. Parliamo di “gipponi”: il Pajero L040 prodotto dal 1981 al 1990 pesava 1600-1800 kg. L’attuale Pajero MY2018 pesa 2100-2300 kg. Ovvero 500 chili in più, senza neppure entrare nel valutare il peso di una station wagon equivalente né la frequenza dei gipponi nella composizione del traffico in centro città.

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        • Per onestà bisognerebbe anche vedere quanto pesava il FIAT 900T delle consegne del fiorista negli anni 80 e quanto pesano le centinaia di furgoni di Amazon, DHL, UPS, SDA ecc ecc di oggi…

          Le auto sono indubbiamente più pesanti di 30 anni fa. E’ vero. E’ anche vero che forse in Area C nel 2013 ne girano un po’ meno che negli anni 80 quando mi ricordo che era un vero incubo di traffico (ed il pavè di Corso di Porta Romana una schifezza tale e quale a oggi)

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          • I pulman turistici a 3 assi e due piani che ci sono adesso vanno abbondantemente oltre i 200 quintali. Negli anni 80 si parlava di un terzo e sicuramente di turisti a Milano ce n’erano meno.

            200 quintali in una botta sola su un pavè squinternato fanno probabilmente dei danni.

          • Totalmente d’accordo. Però i furgoni dei corrieri (pesanti 3.500 chili a pieno carico se a norma) svolgono una funzione precisa e, comunque, è in progetto (e in parte in attuazione anche a Milano) l’uso di veicoli più leggeri e compatibili col centro città, poco tempo fa su via Dante c’erano addirittura tricicli a pedali di DHL…
            Suv e grandi (e pesanti) berline non hanno altro motivo che la moda.
            Per capirci: la Mini del 1959 pesava 620 chili; oggi il milanese imbruttito con la mini One porta sulle strade 1150 chili almeno; ma se opta per la versione suv Countryman il peso sale a 1340-1500 chili.

  2. Bello il pavè e grande articolo.

    O si trova un sistema per mantenerlo nel 21 secolo come si riusciva a fare nel 1920, oppure va fatto sparire dalla città. A meno che parallela non mi mettano una ciclabile/motizzabile/scooterabile in asfalto.

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  3. Mi concentrerei sui marciapiedi.

    Dare dignità ai marciapiedi in pietra ringiovanisce anche ua brutta strada, sia in catrame sia in pavè rattoppato.

    Eliminare il catrame dai marciapiedi del centro .

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    • Bravo, io opterei per utilizzare il pavè solo in strade pedonali ma soprattutto su tutti i marciapiedi del centro ed utilizzare l’asfalto per le carreggiate.

      Solo per fare due esempi, a Torino e Cagliari i marciapiedi del centro storico sono lastricati con grossi lastroni in pietra molto simili al nostro pavè, evidentemente si può fare.

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  4. Di queste cose si dovrebbe occupare il sindaco , ma è impegnato a salvare il mondo , il pavé , strade , marciapiedi ridotti male sono una scelta della giunta di Milano che destina soldi in altri modi , il pavé non si tocca

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    • In realtà Sala aveva posto il tema del pavè in uno dei suoi primi interventi quando annunciò la candidatura.

      Purtroppo il Sala entusiasmante di allora si è diciamo così “appannato” per correr dietro ai variegati pezzetti della sua maggioranza, ma spero che prima o poi torni ad essere “in forma”. E affronti il problema arredo urbano nella sua interezza (come han detto anche altri il problema non è solo pavè si o pavè no, ma tutto l’insieme, ad esempio – soprattutto – i marciapiedi)

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  5. Il pavè in qualità di arredo urbano storico va mantenuto altrimenti tra 30 anni ci troveremo a dover votare un referendum se ripristinarlo o meno. ( un po’ come per i navigli di oggi.. )
    Certo è che il pavè deve essere mantenuto in ottime condizioni e purtroppo il povero pavè di Milano si trova alla mercè dei 3.7 milioni di abitanti che gravitano su di essa quotidianamente dalla città metropolitana.
    Invece di discutere se è meglio togliere o lasciare il pavè nel centrostorico di questa città , non sarebbe piu’ costruttivo discutere o meno se tassare con 1 euro ogni veicolo che giornalmetne entra a Milano ? Questo risoverebbe il problema della manutenzione del pavè ( ci sarebbero piu’ risorse a disposizione ) e molti altri problemi come inquinamento , traffico etc.etc.etc.

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  6. Bello, ma per me ha fatto il suo tempo. Va bene conservarlo in qualche via o piazza, specialmente se pedonale come è per le strade d’epoca napoleonica in acciottolato e lastre di granito, ma niente più.
    Una pavimentazione stradale, molto prima che bella, deve essere sicura e funzionale per chi la usa e per chi ci vive, sostenibile e possibilmente pratica ed economica nella posa e nella manutenzione. Il pavé era probabilmente la soluzione più adatta oltre un secolo fa, oggi sono certo che esistano materiali di gran lunga migliori, senz’altro per la sicurezza e il comfort di chi percorre le strade (innanzitutto in bicicletta) e in silenziosità per chi ci abita.
    La bellezza di Milano è, molto prima che nelle sue pietre, nella sua attitudine al cambiamento, nella sua apertura al nuovo, nella sua capacità di cambiare e innovarsi sempre: Quando hanno posato il pavé hanno eliminato le strade in acciottolato, oggi penso sia tempo di sostituire il pavé con pavimentazioni dei nostri tempi, senza farne un feticcio. E quanto all’estetica delle strade, per me è cento volte più efficace l’eliminazione dello stuolo di latta che occupa ogni pertugio lecito e illecito, la piantumazione di alberi, la creazione di aiuole e la cura dell’arredo urbano che non il pavé.

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  7. Tra i tanti vantaggi del pavé (masselli o cubetti) il maggiore e il più “attuale” è quello di non diventare mai un rifiuto da smaltire.
    Il pavé non è solo riciclabile ma qualcosa di più: è riutilizzabile praticamente all’infinito nella stessa funzione. Dato infatti che i blocchi di pietra hanno un grosso spessore (10-20 cm) non vanno in frantumi quando rimuovo una vecchia pavimentazione: come, invece, ad esempio, accade alle lastre in pietra di piccolo spessore che si usano all’interno degli edifici.
    In questo senso è un materiale molto moderno perché dà luogo ad un’economia sostenibile a ciclo chiuso, requisito che oggi si dovrebbe richiedere a tutti i materiali: in primo luogo, direi, quelli impiegati, in enormi quantità, per le pavimentazioni stradali.
    Un altro problema urbano “moderno” per il quale la pietra naturale, può e deve essere usata il più possibile rispetto all’asfalto è quello delle cosiddette “bolle termiche”.
    Infine la pietra naturale che si usa per le pavimentazioni stradali può sempre essere fatta tornare pulita a piacere perché, a differenza del calcestruzzo e del bitume, non assorbe in profondità e in modo irreversibile alcun tipo di materiale inquinante o semplicemente antigienico.

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  8. Il problema vero del pavé a masselli è la posa (non la manutenzione). Un tempo esistevano cooperative specializzate (posatori e selciatori) che preparavano un letto di posa costipato a mano con pestelli alti due metri. Quando è arrivato De Corato ai lavori pubblici, si sono fatte le gare al massimo ribasso e la qualità della posa è tracollata. Oggi anche volendo posatori accurati non si trovano più, quel tipo di posa non è neanche a listino quindi per non perderci i lavori vengono fatti male. Tutto qui il problema

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  9. Aggiungo che non è vero che i masselli abbiano sostituito i precedenti ciottoli di fiume (rizzada). Questa è una pavimentazione tipica delle sole città di fiume (Pavia o Ferrara, per dire), quando fu introdotta a Milano nella seconda metà dell’ottocento ci furono proteste (recuperabili sui giornali dell’epoca). Credo che i masselli siano precedenti, introdotti credo dagli austriaci

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