RepIdee, Prodi e Zuppi sui segni della pandemia: "Violenza su tassa di successione di Letta dice che società non è cambiata"

In piazza Maggiore a Bologna l'ex premier e il vescovo della città, che sulla 'nota verbale' del Vaticano sul ddl Zan ha spiegato: "Era comunicazione interna che doveva restare tale. Se uno voleva il conflitto, sparava una cannonata diversa"
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"La violenza con cui è stata accolta la proposta di Letta sul finanziamento della dote ai 18enni dimostra che la società non è cambiata con la pandemia". Non c'è forse evento più bolognese di "Governare la Polis", che in piazza Maggiore ha visto protagonisti l'ex premier Romano Prodi e il cardinale e vescovo della città, Matteo Maria Zuppi. Un dialogo, quello moderato dal direttore de L'Espresso Marco Damilano, che ha messo al centro della discussione la buona politica, le difficoltà dell'amministrare, l'evoluzione che gli spazi urbani stanno vivendo. E i mutamenti nelle coscienze portate dalla pandemia. Ma ce ne sono stati?

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"Il cambiamento non è scontato - ha spiegato il Professore - anche se abbiamo detto più volte che saremo migliori. Dalla sofferenza a volte veniamo travolti e tiriamo fuori il peggio di noi, senza accorgerci che dai grandi problemi come la pandemia si esce tutti insieme. Si può anche uscirne rafforzati, ma dobbiamo sceglierlo con decisione. Risintonizzandosi con gli altri senza pensare solo alle proprie passioni. Serve un po' di romanticismo per fare scelte decisive che influenzeranno il futuro. La pandemia è un evento che cambierà molte cose - ha sottolineato - in America Biden sta facendo una rivoluzione interna che Obama e Clinton hanno solo sognato. Anche se non si può dire lo stesso in politica estera. In Italia dobbiamo diminuire le ingiustizie subite dalle minoranze, capire se è nella coscienza di tutti. Ma la polemica sulla tassa sull'imposta di successione proposta da Letta fa sembrare che tutto sia fermo a prima".

Di scelte l'Italia ne ha fatte e ne dovrà fare molte. La prima, a livello europeo, è stata il Recovery Fund. Che in Italia viene tradotto nel Pnrr approvato dalla Commissione europea. "Il passo in avanti fatto dall'Europa è straordinario - ha spiegato Prodi - non solo per la quantità, ma per la qualità. Gli Usa hanno investito tre volte tanto. Ma che questo cambiamento mondiale sia nato in Europa è estremamente importante. Il vero punto interrogativo è capire se questo spirito resterà. Molto dipenderà da come i Paesi sfrutteranno le risorse messe a disposizione". L'Italia, primo beneficiario del Recovery fund, è "interessante", per Prodi. "Abbiamo fatto un Pnrr saggio, dall'ambiente alle infrastrutture - ha sottolineato - ma serve cambiare le dinamiche produttive, altrimenti non ci sarà alcuna rivoluzione. Non la si può comprare, dobbiamo partecipare tutti come sistema. E dialogando con gli altri Paesi europei: qui nasce il problema, perché le grandi aziende tech vanno in Germania. Dobbiamo aumentare la nostra capacità attrattiva". Sfiorata la Presidenza della Repubblica, Prodi analizza l'imminente corsa al Colle. "Dipenderà da Draghi. Ma serve capire come Paese dove sarà più efficace il suo lavoro. Abbiamo bisogno di continuità e in questo l'Europa ci aiuta, ma serve un governo forte per non lasciare la palla sempre agli altri".

In piazza Maggiore si è poi affrontato il tema della crisi della fede. "La Chiesa rischia di essere irrilevante - ha detto Zuppi - anche se le statistiche sui credenti non sono tutto. Alcune scelte di papa Francesco sono importanti per i cattolici, e per tutti. La cristianità è finita, ripartiamo dall'essere evangelici, dal parlare con tutti, dal riprendere le relazioni con tutti. Essere una minoranza creativa che parla di futuro. Non difendiamo i bastioni, abbiamo tanto da lavorare per superare le difficoltà della Chiesa. La pandemia ha portato nuove domande, dobbiamo trovare insieme le risposte".

Che senso ha avuto invocare il Concordato per provare a bloccare il ddl Zan? Per cardinale Zuppi la "nota verbale" del Vaticano era una comunicazione interna che doveva restare tale. Se fosse stato un conflitto tra le due parti del Tevere, avrebbe avuto altri toni. Se uno voleva aprire un conflitto, avrebbe sparato una cannonata diversa. Probabilmente a qualcuno ha fatto comodo così. L'identità di genere è una discussione antropologica complicata che pone tante domande, Bassetti su Repubblica ha invitato a fare una legge che dia risposte". D'accordo Prodi, rimasto colpito "dalle medesime parole usate da Draghi e Parolin, tutt'altro che conflittuali".

Guardando più a sinistra, il Professore ha parlato del Pd. "C'è una crisi mondiale della democrazia. Una vittoria di Trump sarebbe stato il colpo del ko. Il Pd con tutti i suoi problemi è ancora l'unica struttura che, nonostante tutto, ha ancora un po' di politica al proprio interno. Ma si deve tornare a parlare di contenuti, il dibattito politico oggi non c'è. Le persone non sanno cosa seguire. Letta sta provando a riportare i contenuti tra gli iscritti".

In conclusione, Prodi ha risposto a una domanda di Damilano su Conte. "Questa lite nei Cinque Stelle sulla Giustizia mi ha sorpreso. Pensavo si fossero stabilizzati dopo l'uscita di scena di Di Battista. Nel momento in cui il Movimento sembrava avere stabilità, è scoppiato un altro personalismo. I partiti che non hanno un programma e degli obiettivi finiscono male. È quello che deve evitare il Pd, fuggire dai personalismi".