Rogo ad Alfianello, sigilli ai rifiuti

di Mara Rodella

Sotto sequestro circa cento metri cubi nel capannone della Rpf: accertamenti sulle cause e sui materiali

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Il prossimo passo sarà quello di fare luce sulle cause del rogo, oltre che sulla «natura» dei materiali che ai tecnici di Arpa, arrivati l’altro ieri sul posto, sono apparsi «irregolari». Capire, cioè, che cosa abbia innescato il maxi incendio divampato nel capannone della Rpf, azienda che ha sede ad Alfianello e si occupa della raccolta e del trattamento di rifiuti speciali non pericolosi, perlopiù plastici, destinati al riciclo.

Il sostituto procuratore Benedetta Callea, con un provvedimento d’urgenza, ha disposto la convalida del sequestro emesso in prima battuta proprio da Arpa: i sigilli sono stati affissi a circa cento metri cubi di rifiuti stoccati nello stabilimento, che vanno analizzati. Un atto dovuto, per confermarne (o meno) la regolarità grazie a una serie di accertamenti e campionamenti mirati. Ma approfondite analisi saranno condotte anche su parte del materiale andato in fumo, o meglio, non completamente. A non essere poi ancora del tutto chiara è l’origine delle fiamme: individuarla spetterà ai carabinieri del Noe, ai tecnici di Arpa e agli operatori nel Nil (nucleo investigativo antincendi) dei Vigili del fuoco. Improbabile l’autocombustione, viste le temperature invernali e la natura dei rifiuti.

Il rogo si è sviluppato nella notte fra martedì e mercoledì, per fortuna in un momento in cui nel capannone non c’era nessuno: per spegnerlo i Vigili del fuoco hanno lavorato oltre dodici ore. In mattinata sul posto è accorso anche il personale di Arpa, per valutare eventuali danni sotto il profilo ambientale. L’incendio, però, era già sostanzialmente domato. Per questo non è stato possibile condurre le rilevazioni necessarie a esaminare la qualità dell’aria, nonostante non sia possibile escludere con certezza durante il rogo si sia dispersa anche diossina. Certo è che i tecnici Arpa hanno prontamente provveduto a bloccare lo scarico nelle condotte meteoriche delle acque (sporche) di spegnimento e degli schiumogeni, carichi di residui dell’incendio, disponendone la raccolta e lo smaltimento in un’autobotte per evitare ulteriori contaminazioni. Di quelle acque, quindi, hanno prelevato alcuni campioni finalizzati alla ricerca di sostanze inquinanti.

Verso mezzanotte il primo allarme da via Mazzini, dove ha sede il capannone e dove sono rimaste sette squadre dei Vigili del fuoco, salvo poi darsi il cambio per oltre una giornata. La colonna di fumo è rimasta visibile per ore a chilometri di distanza. Ieri sono continuate le operazioni di bonifica.

11 febbraio 2022 (modifica il 11 febbraio 2022 | 09:54)