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Galasso, il maestro che serve per le tante speranze bellunesi

Il tecnico della Dolomiti del presidente Sovilla, ancorchè giovane, ha una grande esperienza anche internazionale da atleta

Luca Maciga
3 minuti di lettura

BELLUNO

Giulio lo sciabolatore. Giulio Galasso, allenatore in forza alla Scherma Dolomiti, è stato un personaggio di spicco nel mondo della sciabola. Classe 1987, friulano di nascita ed ormai bellunese d’adozione, il suo curriculum sportivo è di tutto rispetto. È stato atleta agonista di scherma dal 1999 al 2014, con un palmares importante. Dal 2000 in poi ha partecipato a numerosi campionati italiani ed ha ottenuto vittorie e piazzamenti prestigiosi anche in campo internazionale: quinto posto in Coppa Europa a squadre, prima piazza per due anni consecutivi in Coppa Italia a squadre, secondo nella gara di Coppa del mondo “satellite” a squadre a Gent in Belgio. Per 6 anni ha militato nella A1 di sciabola, primo e secondo classificato nel campionato italiano a squadre A2 e secondo nel campionato a squadre serie B1. Questi risultati li ha ottenuti quando militava nella Gemina di Udine. Nel 2008 ha conseguito il diploma di istruttore regionale di scherma alle 3 armi e nel 2015 quello nazionale. Dal 2010 è arbitro nazionale. Dal 2018 Galasso lavora con la società del presidente Giovanni Sovilla e da allora allena i ragazzi, coadiuvato da Erica Cerentin e da Francesco Sartore.

Però i suoi inizi sportivi non hanno avuto davvero niente da spartire con la scherma, visto che è riuscito ad essere anche cintura nera di karatè...

«Da quando avevo quattro anni ho iniziato a praticare nuoto e karatè, fino ai 14 anni; però io in realtà ho sempre voluto fare scherma. Quando avevo 13 anni i miei genitori hanno cambiato lavoro e finalmente hanno potuto accompagnarmi in una palestra dove si allenavano gli atleti della Gemina di San Giorgio di Nogaro, struttura che fra l’altro era vicina a casa. Il primo anno ho fatto sia scherma e sia karatè; poi, dall’anno successivo, mi sono concentrato sulla scherma. I risultati sportivi ci hanno messo un po’di anni ad arrivare, perché ho iniziato tardi per praticare uno sport a livello competitivo».

Ci racconta l’esperienza della Coppa Europa?

«È stata una mia rivincita personale. Avendo sempre avuto la passione per la scherma, riuscire ad arrivare a questi livelli, che sono comunque piccoli, è stata una grande soddisfazione per me. La competizione si svolse a Padova; arrivammo quinti su dodici squadre, anche se potevamo fare meglio. In quell’occasione io ero agli sgoccioli della carriera, inoltre avevamo svariati atleti molto giovani».

Oltre a quest’evento, ci fu anche la partecipazione alla gara di Coppa del mondo “satellite” U23 a Gent in Belgio ed a Budapest….

«Questi sono circuiti aperti oltre che agli under 23 anche agli assoluti. Poi, in base ai risultati, fanno un ranking diverso da quello della Coppa del mondo tradizionale. A Gent, il secondo posto a squadre è stata una grande soddisfazione».

In ambito nazionale, invece, ci fu la vittoria della Coppa Italia sei anni fa...

«In quell’occasione ho affrontato il più forte dell’altra squadra, che era l’Ariccia. Questo atleta aveva sconfitto pesantemente un mio compagno di squadra tempo prima. Io, in quella frazione, l’ho sconfitto con un 5-1 secco e gli altri miei compagni acquistarono fiducia».

Ha mai gareggiato con atleti importanti del panorama italiano?

«Le gare nella scherma prevedono che, quando ci si qualifica nelle varie gare, si incontrano sempre quelli più forti. Quindi capita di affrontare grandi olimpionici come Aldo Montano, Diego Occhiuzzi e Luigi Tarantino. Questo è successo anche a me. Poi, in questo ambiente, ci si conosce tutti ed il bello è che, finita la gara, si esce e si mangia insieme. È come un terzo tempo del rugby. Questo capita anche con li stranieri in gare internazionali».

Ha iniziato presto la carriera da allenatore?

«A 18 anni ho iniziato ad affiancare i miei maestri alla Gemina durante i ritiri, poi ho fatto altrettanto alla Fenice di Trieste, sostituendo il mio maestro quando era assente. All’epoca mi era stato affidato un gruppo di ragazzini da crescere sportivamente sotto la mia supervisione».

Come mai ha scelto di collaborare con la Scherma Dolomiti?

«Mi hanno offerto la possibilità di gestire la palestra in modo autonomo, come volevo io, e questo per me è stato un grande piacere. È nato un bel rapporto con il presidente Sovilla che mi ha dato carta bianca ed io sto ricambiando. Sono stato accolto a braccia aperte, c’è stata fiducia e si è creato un bell’ambiente, mi sono sentito a casa. Con la Scherma Dolomiti ho reimpostato il lavoro ed ho portato quello che mi hanno insegnato i miei maestri e quello che facevo prima alla Gemina. Va detto che quella realtà ha attualmente quattro atleti in nazionale italiana, due in nazionale croata e tre in quella venezuelana, fra i quali Michela Battiston che si è da poco qualificata per le olimpiadi di Tokyo».

Secondo lei c’è possibilità di crescita per la Scherma a Belluno?

«Assolutamente sì. Basti pensare che, prima che arrivassi io, in questa società è cresciuta Martina Favaretto che ha vinto molto, anche in competizioni nelle quali era sfavorita. C’è poi Federico Sovilla che ha fatto grandi cose quando era più giovane. Questo giusto per fare qualche nome, ma si potrebbero citare anche altri atleti». —



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