II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO /C

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,1-11)

Trasformare una vita annacquata
in ebbrezza di vita

Quello delle nozze di Cana è un brano famoso visto che lo avremo ascoltato o letto tantissime volte, ma proprio per questo motivo rischiamo di non comprenderne la reale bellezza e profondità spirituale. Innanzitutto si tratta di un episodio riportato solo dall’evangelista Giovanni il quale, a differenza dei suoi colleghi sinottici Marco, Matteo e Luca, non ha la preoccupazione di narrare la vicenda storica di Gesù ma di spiegare il significato profondo della Rivelazione. Ecco perché quello delle nozze di Cana non è il classico racconto di una festa ma lo scenario ideale per l’inizio della missione di Gesù. Ogni elemento del brano, perciò, acquista un significato particolare e illumina ognuno di noi sulle caratteristiche del ministero di Gesù.

Vale la pena, allora, soffermarsi su questi particolari per cogliere in pieno quello che l’evangelista Giovanni oggi vuole affidarci.

Innanzitutto bisogna valutare il contesto scelto da Gesù per rivelare la sua gloria: una festa. Il primo messaggio per noi è che l’incontro con Dio è una festa, è gioia, è una danza, è un sorriso, è bellezza indescrivibile. Il Dio di Gesù invita l’umanità ad una splendida festa di nozze in cui lo sposo è Gesù stesso. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi. Che splendida notizia!
Ma allora – scusate – perché molti pensano alla fede come al più triste dei funerali? Perché fatico così tanto a testimoniare ai giovani in cerca di senso che l’incontro con Gesù è un’esperienza straordinaria?
La sfida del cristianesimo in questo terzo millennio consiste nel passare da una fede crocifissa ad una fede risorta, perché la gioia cristiana è una tristezza superata, è partecipare al banchetto nuziale che inizia qui e finirà nell’eterno cuore di Dio.

Ora vediamo i personaggi e gli elementi del racconto.

Gesù è lo sposo che celebra le nozze con la Chiesa, sua sposa, che in questo brano è simboleggiata da Maria, la donna della vera fede. Nei vangeli Maria parla in poche occasioni e in questa lo fa perché per prima si accorge che manca il vino e chiede al Figlio di intervenire. Maria è modello per i cristiani, i quali devono sempre avere la capacità di capire cosa manca nella loro vita e in quella di chi li circonda. Ogni cristiano deve affidare a Gesù le proprie mancanze e quello che manca al mondo per continuare la sua festa, per continuare ad essere felici. Maria si impegna a favore degli sposi, dell’umanità, affinchè la loro festa continui insegnando anche a noi a spenderci in prima persona per ottenere da Gesù di cambiare lo stato attuale delle cose. La risposta che Maria riceve da Gesù potrebbe sembrare scortese ma va letta nel contesto. Nel Vangelo di Giovanni c’è una propensione verso l’«ora» che è quella della croce e della risurrezione. In questo brano, Maria con la sua richiesta sembra voler anticipare l’appuntamento fissato dal Padre. Ecco perché Gesù dirà che non è ancora giunta la sua ora. In quest’ottica la Vergine accetta un apparente rifiuto ma, allo stesso tempo, ci mostra un modo straordinario di pregare fatto di poche parole ma con il cuore aperto al Figlio. Inoltre non prega per sé ma per le esigenze degli altri, attendendo, in una contemplazione d’amore, l’effetto della sua tenerezza per tutti noi.

Maria si rivolgerà, poi, ai servi, figura centrale del racconto: sono quelli che tengono in piedi il matrimonio fra Dio e il suo popolo, quelli che – con fatica e senza capire – obbediscono, che perseverano, che non mollano. Sono quelli che, a differenza degli altri, hanno la consapevolezza del miracolo e sanno riconoscere, nelle difficoltà, la gloria di Gesù. Il loro gesto fedele porterà frutto e rianimerà la festa. Sono coloro che si sentono come animali in via di estinzione perché vivono con coerenza la loro fede impegnandosi in ambito ecclesiale o civile. Ma la loro fedeltà è necessaria al miracolo del vino nuovo!

Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell’amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato. Simbolo della fede e dell’entusiasmo, della creatività, della passione che a volte vengono a mancare. «Non hanno più vino» è l’esperienza che tutti abbiamo fatto, quando ci assalgono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia e le case senza festa. Il vino che hanno bevuto finora i commensali del banchetto di Cana è annacquato e non dona più gioia. Un po’ come la nostra fede che a volte rischia di essere annacquata, stanca, distratta, travolta dalle contraddizioni e dalla quotidianità. Non a caso l’acqua sporca usata per le abluzioni è raccolta in sei anfore di pietra, a indicare il rapporto imperfetto (per gli ebrei era sette il numero perfetto) e impietrito fra Dio e Israele, fra Dio e l’umanità. Ma la svolta sta in quel «qualsiasi cosa vi dica, fatela», cioè nel seguire quello che Gesù ci ha insegnato, nell’obbedire a quella legge dell’amore spiegata sula croce. Allora si riempiranno le anfore vuote del cuore, si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice.

Gesù farà proprio di quell’acqua sporca il primo e il modello di tutti quelli che Giovanni chiama “segni” e che rivelano Gesù come il Messia che inaugura la nuova alleanza. Non dovremmo aver paura di offrire a Cristo la nostra acqua sporca. Lui ne farà un vino nuovo e abbondante per una rinnovata ebbrezza di vita.

Buon cammino, insieme.
Posted by:don Ivan Licinio

Classe 1983, sacerdote della Prelatura territoriale di Pompei dal 2011. Attualmente Vice Rettore del Pontificio Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario e Incaricato del Servizio per la Pastorale Giovanile. Autore di diverse pubblicazioni, il mio ultimo libro è "Se anche la fede è tra le Stranger Things" - Una serie TV per ogni stagione della gioventù, edito da Effatà editrice.

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