Ricordo ancora quando negli anni 80 scoppiò il boom delle tastierine elettroniche.
Dopo gli anni 70, durante i quali possedere un moog o un sintetizzatore era privilegio di pochi benestanti, era giunto il momento di concedere a tutti il beneficio di possedere una tastiera elettronica che non fosse un giocattolo, a prezzi abbordabili.
Yamaha e soprattutto Casio furono le prime case a produrre oggetti meravigliosi come il VL-1, MT-65 e tutta la gamma PortaSound.
Erano piccoli capolavori di elettronica giapponese che permettevano, oltre ad una serie di suoni piuttosto elevata e qualitativamente buona (rispetto a quanto fino ad allora questo genere di strumenti offrisse) anche, e soprattutto, un’ampia gamma di ritmi ed armonizzatori elettronici.
In pratica, era possibile fare un brano musicale completo con uno strumento più piccolo di una chitarra elettrica.
Un gruppo tedesco, sparito velocemente,
Trio, fece addirittura un N°1 (Da Da Da, I Don’t Love You, You Don’t Love Me) servendosi della più piccola creatura di casa Casio, la VL-1.
Nel 1983 i nostri Krisma, dopo la firma con l’americana Atlantic, realizzarono un disco con la collaborazione di Arto Lindsay (Lounge Lizards) interamente suonato da una MT-65 (
Nothing To Do With The Dog / Fido).
Insomma, negli anni 80, fare musica era diventato ufficialmente alla portatata di tutti. Con quei piccoli marchingegni bastava mettere un dito sulla tastiera e, comunque andasse, usciva qualcosa di compiuto.
Quel tipo di hardware portò, com’era inevitabile, a raffinare moltissimo l’industria degli strumenti musicali, tant’è che verso la fine del decennio ne fu invasa l’intera discografia. Non esistevano più dischi pop suonati da strumenti tradizionali e, cosa ben più strana, nessuno li cercava o voleva. Fare dischi era diventato facilissimo. Erano nati sequencer e batterie elettroniche sempre più raffinati. I batteristi, per non rimanere disoccupati, si trovarono spesso nell’esigenza di sostituire il proprio kit acustico con uno elettronico (chi non ricorda gli orridi pad esagonali della
Simmons?) perché nessuno voleva più il suono della batteria acustica nei propri dischi o concerti.
Poco dopo arrivarono i computer e visto che non era ancora facile usarli regolarmente in concerto, se ne sfruttarono le potenzialità realizzandone alcuni che facessero solo musica. Nacquero i primi “Micro Composer” della Roland. L’MC-500 è stato tra i più utilizzati nella metà degli anni 80 al quale veniva spesso abbinata una tastiera Yamaha DX-7 che, dopo una fortunatissima e vendutissima edizione, arrivò in commercio con una versione 2-FD, dove “FD” sta per “Floppy Disc”, a sottolineare il fatto che, finalmente, qualsiasi cose fosse generata dalla tastiera poteva essere salvata su un pratico dischetto da 3 pollici.
Mi piace pensare a quel periodo come all’alba dell’attuale “Computer Music”. Qualche anno più tardi, all’inizio degli anno 90, cominciavano a vedersi i primi PC nelle sale di registrazione e quando la profezia di Bill Gates (provvedere affinché in ogni casa ci sia un Personal Computer) cominciò ad avverarsi, avvenne l’inevitabile evoluzione della specie.
Oggi basta davvero un computer.
All’inizio del nuovo secolo cominciò a farsi sentire un nuovo modo di definire la Computer Music e la Laptop Music identifica il fatto che per crearla bastano i 35 centimetri di un computer portatile.
In realtà il Laptop è fondamentale ma non sufficiente. Come immaginerete, l’hardware non basta. Sono necessari dei software che, nella maggior parte dei casi, sono in grado di suonare, registrare, produrre e masterizzare un disco con pochi passaggi.
Ma. E’ evidente che non basta nemmeno questo e un po’ di talento non guasta.
Il guaio della Computer Music consiste proprio nel fatto che, davvero, oggi fare musica è facilissimo. Ciò che rimane difficile (e comunque raro) è farla bene o, quanto meno, fare cose interessanti, nuove e originali.
Ad ogni modo, se vi va di mettervi in gioco, sappiate che i software più completi vanno da Pro-Tools di Digidesign, autentico Standard di registrazione che trovate nella maggior parte degli studi professionali, fino a Reason di Propellerheads che ne rappresenta la più competitiva alternativa domestica.
Certo, sono prodotti sofisticatissimi e, per questa ragione, anche molto cari ma se avete voglia di cimentarvi nella Computer Music esistono prodotti molto più semplici e soprattutto economici come Mixcraft di Acoustica (circa 40 euro, si scarica dalla rete), Music Maker di Magix (circa 100 euro la versione DeLuxe) o anche GarageBand di Apple, di serie su qualsiasi computer Mac.
Assieme è possibile sperimentare tutta una serie di Plug-In (spesso compatibili con tutti i software e le piattaforme) che permettono di utilizzare campionatori, effetti, emulatori e quant’altro.
Dentro al vostro computer, con il ragionevole utilizzo di spazio su disco, potete creare la vostra nuova identità sonora, inventarvi un nuovo passatempo e, chissà? Divetare il nuovo Brian Eno!
Oggi sono qui per dare una dritta a tutti i futuri braianini della storia, segnalandovi un sito dal quale è possibile scaricare decine di software musicali di tipo Freeware (un applauso alla parola “gratis”!) tra i quali potete scegliere ed installare quello (o quelli) che maggiormente fanno al caso vostro. Si chiama, niente di più esplicito,
FREE MUSIC SOFTWARE ed è già diventato il mio sito preferito.
Credo che ci perderò il sonno nelle prossime settimane.