La scuola dell’infanzia in Italia

ALESSIA ROSA

In Italia la scuola dell’infanzia accoglie il 92% (OECD, 2022) dei bambini e delle bambine tra i tre e i cinque anni. Sebbene non sia obbligatoria, la scuola dell’infanzia rappresenta insieme al nido, il primo step del percorso di istruzione formale che potenzialmente conduce gli studenti fino all’età adulta, ma è anche in qualche modo il primo incontro di bambini e famiglie con il sistema scolastico odierno. Come sottolineano Bandioli e Savio “Tutta la tradizione della pedagogia dell’infanzia a partire dai suoi esponenti classici (Rousseau, Fröbel, Pestalozzi, Montessori) intende la formazione dei bambini come sostegno alla crescita di tipo olistico, che integra gli aspetti emotivi, cognitivi e sociali dello sviluppo attraverso esperienze significative, guidate e promosse da adulti capaci di tenere conto delle peculiarità dell’età infantile, che non si riducono mai a tecniche di apprendimento di nozioni specifiche, ben che meno suddivise per materia” (2018, p.17).

Di durata triennale la scuola dell’infanzia fa parte del Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai sei anni (Decreto legislativo 65 del 2017). La legislazione e l’organizzazione di tale Sistema sono l’ultimo traguardo del percorso evolutivo che caratterizza questo specifico livello scolastico. Nato in risposta a istanze di tipo assistenzialistiche, il Sistema integrato 0-6, si pone oggi l’obiettivo di garantire ai cittadini più giovani, “pari opportunità di sviluppare le proprie potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento per superare disuguaglianze, barriere territoriali, economiche, etniche e culturali” (D.Lgs. 65/2017). In tale affermazione risiede il cuore di una proposta che mira parallelamente a finalità educative e didattiche attraverso processi di personalizzazione complessi, in cui ogni bambino può sviluppare i propri talenti e abilità nonché alla riduzione dei condizionamenti connessi alle più diversificate povertà educative.

Le ricerche condotte finora hanno a tal riguardo dimostrato che i bambini che hanno avuto l’opportunità di vivere esperienze educative di qualità nell’ambito della scuola dell’infanzia, hanno ottenuto, nei li- velli scolastici successivi, risultati migliori dal punto di vista linguistico, cognitivo (Peisner-Feinberg et al., 2001)[3] e socio-emotivo (Mashburn J., 2008). Nel periodo prescolare, infatti il bambino può potenziare quell’insieme di prerequisiti che favoriscono il successivo sviluppo degli apprendimenti (Duncan et al., 2003; Megan et al, 2006). “I prerequisiti degli apprendimenti si riferiscono quindi a quell’insieme di competenze, spontanee e/o acquisite, che coinvolgono specifiche funzioni cognitive, intrecciate con aspetti attentivi, motori e motivazionali, conosciute per essere alla base della successiva strutturazione delle conoscenze e degli apprendimenti formali” (Bonifacci, Tobia, 2017, p.39).

Non meno importanti sono poi le opportunità di sviluppo delle competenze socio-relazionali offerte dal Sistema 0-6. I bambini sviluppano le prime abilità di cui hanno bisogno per interagire e imparare dal mondo sociale attraverso i loro caregiver primari, che li aiutano a interiorizzare le regole sociali e ad adeguare il loro comportamento (Vygotsky, 1978). Successivamente all’interno delle realtà 0-6, esperiscono l’apprendimento in gruppo in specifici spazi sociali (Goodrich et al., 2015) in cui lo sviluppo delle competenze va da interazioni cooperative con i coetanei fino all’abilità di confortare e aiutare i compagni (Landy, 2009). Insegnanti ed educatori forniscono l’impalcatura e stabiliscono il tono dell’ambiente sociale in cui i bambini sviluppano la loro competenza sociale dando loro la struttura, fornendo risorse, ricompense e una guida, nonché strategie per sostenere le interazioni con gli altri (Hollingsworth e Winter, 2013).

La peculiarità dei processi di apprendimento nella scuola dell’infanzia è che i processi educativi emergono e si consolidano attraverso proposte ludiche, fortemente connesse all’esplorazione dello spazio limitrofo e attraverso il coinvolgimento di volta in volta di tutti i sensi dei bambini. Tale opportunità, insita nella recente tradizione della scuola dell’infanzia, acquisisce poi maggiore importanza a fronte dei risultati delle ricerche in ambito neuroscientifico che hanno evidenziato come, l’età corrispondete alla scuola dell’infanzia, sia un periodo particolarmente propizio per i processi connessi alla neuroplasticità del sistema nervoso. La neuroplasticità può essere definita come un insieme di meccanismi e di processi attraverso i quali il sistema nervoso riorganizza la sua struttura, la sua funzione e le connessioni, fra neuroni e fra gruppi di neuroni, in risposta agli stimoli provenienti dall’ambiente  esterno o dall’interno dell’organismo stesso. Le ragioni a sostegno del valore a lungo termine dell’esperienza educativa proposta all’interno della scuola dell’infanzia, così come la potenzialità dell’età considerata, sono in sintesi sostenute da ricerche multi-prospettiche, impegnate in campi di analisi differenti, che giungono però ai medesimi risultati inerenti al valore della proposta educativa 0-6. Sulla base di tale sfondo teorico “garantire l’accesso all’educazione e cura della prima infanzia (ECEC) è una preoccupazione di primo piano per i decisori politici nazionali e dell’Unione europea che da anni si impegnano nell’elaborare politiche per i bambini più piccoli e per i loro genitori.

Il Pilastro europeo dei diritti sociali sottolinea a tal riguardo che i bambini hanno diritto all’educazione e cura della prima infanzia a costi sostenibili e di buona qualità” (Commissione europea/EACEA/Eurydice, 2019, p. 43). Dal punto di vista prettamente organizzativo, in Italia la frequenza delle scuole dell’infanzia statali è gratuita mentre sono a carico delle famiglie (e talvolta delle amministrazioni locali) le spese per il pasto, l’eventuale scuolabus, i servizi di pre-scuola o post-scuola, quando presenti, e richiesti dai genitori. L’orario di funzionamento della scuola dell’infanzia è stabilito in quaranta ore settimanali, con possibilità di estensione fino a cinquanta ore per la proposta di attività opzionali. Ogni famiglia può poi richiedere di usufruire di un tempo scuola unicamente antimeridiano di venticinque ore settimanali.

Tale opzione risponde alla volontà di andare incontro alle esigenze organizzative delle famiglie e soprattutto ai ritmi dei singoli bambini. Ad esempio, tale opportunità viene talvolta usufruita dalle famiglie dei bambini più piccoli quando le scuole per scelta, o necessità, non garantiscono il riposo pomeridiano. Un altro aspetto importante per la comprensione dei dati che andremo di seguito a presentare riguarda la composizione numerica delle sezioni, che va da un numero minimo di diciotto bambini a un numero massimo di ventisei, sebbene sia possibile raggiungere la quota di ventinove allievi (art. 9, D.P.R. 81/2009). Qualora invece sia presente un alunno con “disabilità in situazione di gravità” (art.5, D.P.R. 81/2009) il numero totale della sezione non può superare i venti allievi. Le sezioni possono infine essere organizzate in modalità omogenee o eterogenee per età. In entrambi i casi la sezione non deve essere pensata come una monade isolata dato che in molte realtà scolastiche vengono organizzate, in continuità o in specifici periodi, attività a classi aperte, creando gruppi di bambini provenienti da sezioni diverse.

In questo modo le docenti possono proporre attività laboratoriali progettate per età e/o piccoli gruppi e valorizzare le proprie competenze, abilità, propensioni e preferenze in relazione a specifici contenuti (lingua, tecnologie, psicomotricità e tanto altro). A tal riguardo è bene ricordare che come esplicitano le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012: “Il curricolo della scuola dell’infanzia non coincide con la sola organizzazione delle attività didattiche che si realizzano nella sezione e nelle intersezioni, negli spazi esterni, nei laboratori, negli ambienti di vita comune, ma si esplica in un’equilibrata integrazione di momenti di cura, di relazione, di apprendimento, dove le stesse routine (l’ingresso, il pasto, la cura del corpo, il riposo, ecc.) svolgono una funzione di regolazione dei ritmi della giornata e si offrono come “base sicura” per nuove esperienze e nuove sollecitazioni”. L’esperienza si configura dunque come educativa nella sua totalità ben oltre le schede e i disegni che adornano le pareti e le vetrate. Gli spazi esperienziali possono in tale prospettiva ampliarsi al di là delle mura scolastiche coinvolgendo le aree esterne delle scuole e gli spazi di prossimità.

(Testo tratto da “La piccola scuola dell’infanzia. Un complesso gioco di costruzioni tra scuole e territorio”, in Quaderni delle piccole scuole, Quaderno 5, 2023, pp. 7-10

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