Attualmente si stima un tasso di estinzione mille volte superiore rispetto a quello naturale

La sesta estinzione di massa potrebbe finire per investire anche la specie umana

Per il Darwin day, dal Wwf il nuovo rapporto “Effetto domino: salvare le specie per non estinguerci”

[12 Febbraio 2024]

Nel corso degli oltre 3 miliardi di anni in cui si è sviluppata la vita sulla Terra un’innumerevole quantità di specie animali e vegetali è sorta per poi perire ed evolversi in nuove forme, nel corso dell’eterno ballo tra vita e morte. Una sorte che, in ogni caso, toccherà anche agli esseri umani.

La nostra specie si presenta però come l’unica che si sia mai data tanto da fare per accelerare il rischio della propria estinzione. A ricordarlo è oggi il Wwf, lanciando un nuovo report dall’esplicativo titolo Effetto domino: salvare le specie per non estinguerci.

La tempistica non è causale, perché proprio oggi ricorre il Darwin day, ovvero la giornata in cui tutto il mondo celebra il padre dell’evoluzionismo, Charles Darwin.

«La perdita di una specie – ricorda nel report il Wwf – causa un effetto “domino” che favorisce l’estinzione di altre o il degrado degli ecosistemi che da questa dipendono con danni che si ripercuotono fino noi umani. Stiamo vivendo la sesta estinzione di massa, a causa del tasso di scomparsa di specie così accelerato: oggi si stima un tasso di estinzione mille volte superiore al tasso di estinzione naturale».

Si tratta di una realtà ormai accettata dalla comunità scientifica di riferimento, così come dall’Onu, e sta avanzando a velocità maggiore rispetto a quella che portò all’estinzione i dinosauri. Basta guardarsi attorno per avere un assaggio degli effetti.

Il nuovo rapporto del Wwf spiega in particolare il ruolo cruciale delle specie viventi per il mantenimento dei cosiddetti ‘servizi degli ecosistemi’, che hanno permesso alle nostre civiltà di svilupparsi e prosperare: il 35% della produzione agricola, ad esempio, è legata all’impollinazione da parte degli insetti (api, farfalle, falene, bombi, coleotteri) ma in Europa e Nord America quasi il 50% delle specie esistenti è in grave declino e un terzo è in pericolo di estinzione; sempre in materia di sicurezza alimentare, un’altra minaccia arriva dal degrado della qualità del suolo, che ha colpito un terzo della superficie terrestre, causato da deforestazione, sfruttamento dell’agricoltura industriale, inquinamento ed effetti della crisi climatica. Dal 1950 a oggi, oltre il 35% dei terreni adatti alle colture è stato degradato.

Anche la funzione della mitigazione dei cambiamenti climatici fornita dagli oceani è favorita dai loro abitanti, dai più maestosi come balene, squali, tonni, fino al minuscolo fitoplancton.

«La perdita di biodiversità può farci ammalare – aggiungono dal Wwf – Ce lo hanno mostrato la diffusione della pandemia da Covid o di altre malattie trasmesse da patogeni che hanno colpito l’uomo come conseguenza dalla distruzione degli ecosistemi e dell’insostenibile gestione delle specie».

Per provare a invertire rapidamente la rotta, secondo la Convenzione sulla diversità biologica dobbiamo proteggere in modo efficace entro il 2030 almeno il 30% delle terre emerse, delle acque dolci e dei mari e restaurare almeno il 30% degli ecosistemi degradati.

A sostegno di questi obiettivi, il Wwf lancia oggi la nuova campagna Our nature, puntando alla tutela e al ripristino di specie e habitat chiave per raggiungere la ‘zero perdita’ di specie e habitat naturali entro il 2030. Con due capisaldi: potenziare la protezione e il restauro degli habitat, e al contempo rafforzare la protezione e il ripristino di specie chiave.