Le paludi costiere invase dai maiali selvatici sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici

Senza l’eradicazione totale dei maiali selvatici o la reintroduzione dei loro predatori naturali, le paludi non sopravviveranno

[18 Marzo 2022]

Secondo lo studio “A Large Invasive Consumer Reduces Coastal Ecosystem Resilience by Disabling Positive Species Interactions”, pubblicato recentemente su Nature Communications  da un team di ricercatori statunitensi e olandesi, «Le paludi costiere che sono state invase da maiali selvatici si riprendono dai disturbi fino a tre volte più lentamente rispetto alle paludi non invase e sono molto meno resistenti all’innalzamento del livello del mare, alla siccità estrema e ad altri impatti dei cambiamenti climatici»

Uno degli autori dello studio, Brian Silliman della Nicholas School for the Environment della Duke University, spiega che «In circostanze normali, nel tempo, le paludi possono gestire e riprendersi dalla siccità o dall’innalzamento del livello del mare, ma non esiste una rete di sicurezza in atto per le invasioni di maiali. Le paludi invase dai maiali si riprendono più lentamente dalla siccità, sono meno resistenti all’erosione e disperdono l’anidride carbonica nell’aria, mentre i maiali trasformano vaste aree della palude in stagni fangosi. Sulla base dei dati dei nostri esperimenti, il nostro modello di recupero dai disturbi suggerisce che il recupero completo della palude potrebbe richiedere dagli 80 ai 100 anni in più».

I maiali selvatici, come i cinghiali, sono predatori famelici con un’insaziabile fame di ribbed mussels (Geukensia demissa), una cozza molto comune ed ecologocamente importante nelle paludi salmastre del sud-est Usa. Queste cozze, che si nutrono di minuscole forme di vita marina, «Riciclano parte della loro dieta nel fango palustre come nutrienti concentrati che alimentano la crescita delle erbe palustri. Le erbe ricambiano il favore ombreggiando e proteggendo le cozze. Questo “mutualismo palustre” avvantaggia l’intero ecosistema aiutando a stabilizzare la palude dall’erosione, proteggendola dalla siccità e fornendo habitat ad altre specie come granchi e lumache. A differenza di altri molluschi che si insinuano nel fango o nella sabbia, tuttavia, i ribbed mussels crescono insieme in cumuli che punteggiano la superficie del territorio palustre, rendendoli facili bersagli per i maiali.

Il principale autore dello studio, Marc Hensel , che lo ha condotto quando era borsista post-dottorato alla Duke e all’università del Massachusetts Boston (UMB), e che ora è uno scienziato del Virginia Institute of Marine Science, sottolinea: «Abbiamo scoperto che quando i maiali invadono una palude salata, i ribbed mussels vengono sradicati dall’area. Calpestando i bordi delle zone paludose in recupero e distruggendo i cumuli di cozze che sono un hotspot per la biodiversità, i maiali selvatici disabilitano totalmente le interazioni positive chiave che hanno reso le paludi così resilienti ai cambiamenti climatici».

Lo studio è stato finanziato dalla NOAA National Estuarine Research Reserve  e oer realizzarlo e documentare come i maiali selvatici influenzano le paludi nel sud-est degli Stati Uniti, i ricercatori  hanno utilizzato una combinazione di esperimenti e rilievi sul campo, con droni e modelli matematici. Gran parte della loro ricerca è stata condotta nella Sapelo Island National Estuarine Research Reserve, dove nel 2012 hanno osservato per la prima volta gli impatti dei maiali selvatici nelle paludi dopo un’intensa siccità durata più di due anni.

Hensel evidenzia che «Di solito, la siccità costringe l’erba palustre a ritirarsi nelle zone ricche di cozze e, quando le condizioni di siccità si attenuano, quelle zone formano i nuclei per una rapida ripresa post-siccità. Tuttavia, dalle immagini dei droni abbiamo visto che alcune paludi semplicemente non si stavano riprendendo, e questo perché quelle paludi erano state invase da maiali selvatici che prendevano di mira specificamente a quelle stesse aree ricche di cozze».

Esperimenti sul campo a lungo termine hanno dimostrato che «Il tasso di recupero post-siccità di queste erbe era tre volte più lento nei siti in cui erano presenti i maiali. Molti dei siti avevano ancora ampie distese di vegetazione irregolare anni dopo la fine della siccità». Silliman aggiunge; «Se le cozze non ritornano, o se lo fanno ma i maiali continuano a esaurirle, la palude potrebbe rimanere irregolare e disturbata per sempre».

E Hansel pone un tema che è motivo di discussione anche in Italia, soprattutto nelle isole e nelle aree ecologicamente sensibili invase dai cinghiali introdotti dai cacciatori: «Senza un’eradicazione totale dei maiali selvatici o la reintroduzione dei loro predatori naturali, le interazioni positive che hanno mantenuto le paludi sudorientali finora resilienti ai cambiamenti climatici non saranno più in grado di tenere il passo. Tutti gli ecosistemi costieri nel sud-est sono ora minacciati perché il numero di maiali selvatici sta esplodendo in tutta la regione. Entro il 2025 sono previste popolazioni di suini stabili in ogni contea lungo il Golfo del Messico e le coste atlantiche».

Silliman conclude: «Questa scoperta evidenzia un territorio  costiero mutevole che è più frequentemente modellato da grandi organismi che hanno ruoli unici negli habitat marini».