Terra bruciata. Come sarebbe il mondo senza il Protocollo di Montreal sul buco nell’ozono

Il Protocollo di Montreal contro i CFC ci ha salvato (per ora) anche da un riscaldamento globale di 2,5° C

[19 Agosto 2021]

Secondo lo studio “The Montreal Protocol protects the terrestrial carbon sink”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori britannici, statuinitensi e neozelandesi, «Senza il divieto globale di CFC saremmo già di fronte alla realtà di una “Terra bruciata”».

I dati dello studio sugli impatti del Protocollo di Montral prove rivelano che «Se avessimo ancora usato le sostanze chimiche che distruggono l’ozono come i CFC, la capacità critica del pianeta di assorbire il carbonio dall’atmosfera avrebbe potuto essere gravemente degradata, facendo salire le temperature globali».

La nuova modellazione del team internazionale dipinge un quadro drammatico di un pianeta Terra, che, senza il Protocollo di Montreal, sarebbe stato bruciato, che gli scienziati chiamano il “Mondo evitato” e lo o studio evidenzia «Un nuovo netto legame tra due importanti preoccupazioni ambientali: il buco nello strato di ozono e il riscaldamento globale».

Il team di ricerca, guidato da Paul Young della Lancaster University, rivela che «Se le sostanze chimiche che distruggono l’ozono, che più notoriamente includono i CFC, fossero state lasciate incontrollate, il loro utilizzo continuato e maggiore avrebbe contribuito all’aumento della temperatura globale dell’aria di ulteriori 2,5° C entro la fine di questo secolo» e lo studio dimostra che .«La messa al bando dei CFC ha protetto il clima in due modi: frenando il loro effetto serra e, proteggendo lo strato di ozono, proteggendo le piante dall’aumento dannoso delle radiazioni ultraviolette. (UV). Essenzialmente, questo ha protetto la capacità delle piante di assorbire e trattenere l’anidride carbonica dall’atmosfera e quindi ha impedito un’ulteriore accelerazione del cambiamento climatico».

Il team di ricerca ha sviluppato un nuovo modelling framework, mettendo insieme i dati sull’esaurimento dell’ozono, sui danni alle piante causati dall’aumento dei raggi UV, sul ciclo del carbonio e sui cambiamenti climatici e questo nuovo modello mostra il futuro alternativo di un pianeta nel quale l’utilizzo dei CFC avrebbe continuato a crescere di circa il 3% all’anno. E si sarebbe trattato di un mondo da incubo: La continua crescita dei CFC avrebbe portato a un collasso mondiale dello strato di ozono entro il 2040; Entro il 2100 ci sarebbe stato il 60% in meno di ozono sopra i tropici. Questo impoverimento al di sopra dei tropici sarebbe stato peggiore di quanto mai osservato nel buco formatosi sopra l’Antartide; Entro il 2050 la forza dei raggi UV del sole alle medie latitudini, che comprendono la maggior parte dell’Europa, compresi l’Italia, Il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’Asia centrale, sarebbe più forte che negli attuali tropici; Lo strato di ozono impoverito avrebbe visto il pianeta e la sua vegetazione esposti a una quantità molto maggiore di raggi UV del sole.

Alla Lancaster University  ricordano che «Le piante assorbono l’anidride carbonica (CO2) attraverso la fotosintesi e gli studi hanno dimostrato che grandi aumenti dei raggi UV possono limitare la crescita delle piante, danneggiando i loro tessuti e compromettendo la loro capacità di intraprendere la fotosintesi. Questo significa che le piante assorbono meno carbonio. Meno carbonio nella vegetazione si traduce anche in meno carbonio che rimane stoccato nel suolo, che è ciò che accade a molta materia vegetale dopo la sua morte. Tutto questo sarebbe successo su scala globale».

I modelli dei ricercatori dmostrano che «In un mondo senza il Protocollo di Montreal la quantità di carbonio assorbita da piante, alberi e suolo sarebbe crollata drasticamente nel corso di questo secolo. Con meno carbonio nelle piante e nel suolo e più che rimane nell’atmosfera sotto forma di CO2».

Complessivamente, senza il divieto del CFC del Protocollo di Montreal, entro la fine di questo secolo: ci sarebbero stati 580 miliardi di tonnellate in meno di carbonio stoccato nelle foreste, nell’altra vegetazione e nel suolo. A seconda dello scenario futuro delle emissioni da combustibili fossili, ci sarebbero 165 – 215 parti per milione di CO2 in più nell’atmosfera rispetto alle attuali 420 parti per milione di CO2, cioè ben il 40 – 50% in più. Un’enorme quantità aggiuntiva di CO2 che avrebbe contribuito a un ulteriore riscaldamento di 0,8° C a causa dell’effetto serra creato.

Anche le sostanze che riducono l’ozono, come i CFC, sono potenti gas serra e ricerche precedenti hanno dimostrato che il loro divieto ha impedito che contribuissero al riscaldamento globale. Lo studio evidenzia che «Entro la fine di questo secolo, il solo effetto serra dei CFC avrebbe contribuito a un ulteriore riscaldamento globale di 1,7° C. Questo si aggiunge al riscaldamento di 0,8° C appena quantificato, derivante dalla CO2 in più che sarebbe derivata dalla vegetazione danneggiata, il che significa che le temperature sarebbero aumentate complessivamente di 2,5° C»

Young sintetizza: «I nostri nuovi strumenti di modellazione ci hanno permesso di indagare sulla Terra bruciata che avrebbe potuto esserci senza il divieto del Protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono. Un mondo in cui queste sostanze chimiche aumentassero e continuassero a rimuovere il nostro strato protettivo di ozono sarebbe stato catastrofico per la salute umana, ma anche per la vegetazione. L’aumento dei raggi UV avrebbe notevolmente ridotto la capacità delle piante di assorbire carbonio dall’atmosfera, il che significa livelli di CO2 più elevati e un maggiore riscaldamento globale. Con la nostra ricerca, possiamo vedere che i successi del Protocollo di Montreal vanno dalla protezione dell’umanità dall’aumento dei raggi UV alla protezione della capacità di piante e alberi di assorbire CO2. Sebbene possiamo sperare che non avremmo mai raggiunto un mondo catastrofico così come lo abbiamo simulato, questo ci ricorda l’importanza di continuare a proteggere lo strato di ozono. Esistono ancora minacce del tutto immaginabili, come l’uso non regolamentato dei CFC».

Il pianeta ha già sperimentato un rapido riscaldamento di 1° C rispetto alle temperature preindustriali. Anche se in qualche modo fossimo riusciti ad arrivare a  lee emissioni di CO2 net zero, l’ulteriore aumento di 2,5° C ci avrebbe portato a un aumento di 3,5° C che è di gran lunga superiore all’aumento di 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali che molti scienziati vedono come la soglia di sicurezza per evitare alcuni degli effetti più dannosi del cambiamento climatico.

Un altro autore dello studio, Chris Huntingford delll’ UK Centre for Ecology and Hydrology, conclude: «Questa analisi rivela un notevole legame, attraverso il ciclo del carbonio, tra le due preoccupazioni ambientali globali del danno allo strato di ozono e del riscaldamento globale».