Onu: incombe un periodo prolungato di bassa crescita che minerà i progressi sullo sviluppo sostenibile

Indebolimento del commercio globale, investimenti bassi e crescenti tensioni geopolitiche. Rafforzare la resilienza e accelerare una transizione verde

[5 Gennaio 2024]

Il nuovo rapporto “World Economic Situation and Prospects 2024” (WESP 2024) pubblicato dalle Nazioni Unite prevede che «La crescita economica globale rallenterà dal 2,7% stimato nel 2023 al 2,4% nel 2024, con una tendenza inferiore al tasso di crescita pre-pandemia del 3,0%. Quest’ultima previsione arriva sulla scia di performance economiche globali superiori alle aspettative nel 2023. Tuttavia, la crescita del PIL più forte del previsto dello scorso anno ha mascherato rischi a breve termine e vulnerabilità strutturali».

Il principale rapporto economico dell’Onu presenta una prospettiva economica cupa a breve termine e avverte che «Tassi di interesse persistentemente elevati, ulteriore inasprimento dei conflitti, rallentamento del commercio internazionale e aumento dei disastri climatici pongono sfide significative alla crescita globale. Le prospettive di un periodo prolungato di condizioni creditizie più restrittive e di costi di finanziamento più elevati rappresentano forti ostacoli per un’economia mondiale gravata dal debito, mentre necessita di maggiori investimenti per rilanciare la crescita, combattere il cambiamento climatico e accelerare i progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)».

Presentando il WESP 2024, il segretario generale dell’Onu António Guterres ha cdercato di infondere fiducia: «Il 2024 deve essere l’anno in cui usciremo da questo pantano. Sbloccando investimenti grandi e coraggiosi possiamo promuovere lo sviluppo sostenibile e l’azione per il clima e mettere l’economia globale su un percorso di crescita più forte per tutti. Dobbiamo sfruttare i progressi compiuti nell’ultimo anno verso uno stimolo SDG di almeno 500 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti accessibili a lungo termine per investimenti nello sviluppo sostenibile e nell’azione per il clima».

Il WESP  prevede che in diverse grandi economie sviluppate, in particolare negli Stati Uniti, nel 2024 la crescita rallenterà a causa degli alti tassi di interesse, del rallentamento della spesa dei consumatori e dell’indebolimento dei mercati del lavoro e  sottolinea che «Anche le prospettive di crescita a breve termine per molti Paesi in via di sviluppo – in particolare in Asia orientale, Asia occidentale, America Latina e Caraibi – si stanno deteriorando a causa delle condizioni finanziarie più restrittive, della riduzione dello spazio fiscale e della debole domanda esterna. Le economie vulnerabili e a basso reddito si trovano ad affrontare crescenti pressioni sulla bilancia dei pagamenti e rischi per la sostenibilità del debito. Le prospettive economiche per i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, in particolare, saranno limitate dal pesante onere del debito, dagli alti tassi di interesse e dalle crescenti vulnerabilità legate al clima, che minacciano di indebolire e, in alcuni casi, addirittura di invertire i progressi realizzati rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile».

La buona notizia è che l’inflazione globale dovrebbe diminuire ulteriormente, dal 5,7% stimato nel 2023 al 3,9% nel 2024, ma «Le pressioni sui prezzi sono, tuttavia, ancora elevate in molti Paesi e qualsiasi ulteriore escalation dei conflitti geopolitici rischia di rinnovare l’inflazione – mette in guardia il rapporto – In circa un quarto di tutti i Paesi in via di sviluppo, si prevede che l’inflazione annua supererà il 10% nel 2024. Da gennaio 2021, i prezzi al consumo nelle economie in via di sviluppo sono aumentati complessivamente del 21,1%, erodendo in modo significativo i guadagni economici ottenuti in seguito alla ripresa post Covid-19. In un contesto di interruzioni dal lato dell’offerta, conflitti ed eventi meteorologici estremi, l’inflazione dei prezzi alimentari locali è rimasta elevata in molte economie in via di sviluppo, colpendo in modo sproporzionato le famiglie più povere».

Li Junhua, sottosegretario generale dell’Onu a capo del Department of Economic and Social Affairs (DESA), aggiunge che «L’inflazione persistentemente elevata ha ulteriormente ostacolato i progressi nell’eliminazione della povertà, con impatti particolarmente gravi nei Paesi meno sviluppati. E’ assolutamente imperativo rafforzare la cooperazione globale e il sistema commerciale multilaterale, riformare il finanziamento dello sviluppo, affrontare le sfide del debito e aumentare i finanziamenti per il clima per aiutare i Paesi vulnerabili ad accelerare verso un percorso di crescita sostenibile e inclusiva».

Il rapporto evidenzia che  i mercati del lavoro globali hanno registrato una ripresa disomogenea dalla crisi pandemica: mentre Pesi come Cina, Brasile, Turchia e Russia segnalano un calo della disoccupazione, globalmente aumenta il gap di genere e c’è un’elevata disoccupazione giovanile. il rapporto fa notare che «Nelle economie sviluppate, i mercati del lavoro sono rimasti resilienti nonostante il rallentamento della crescita. Tuttavia, in molti Paesi in via di sviluppo, in particolare in Asia occidentale e Africa, i principali indicatori occupazionali, compresi i tassi di disoccupazione, devono ancora tornare ai livelli pre-pandemia. Il gap occupazionale di genere a livello globale rimane elevato e i gap retributivi di genere non solo persistono, ma per alcuni lavori si sono addirittura ampliati».

A livello globale, il calo della partecipazione delle donne alla forza lavoro al 47,2% nel 2023 (rispetto al 48,1 nel 2013) e l’elevato tasso di NEET (non occupati, non iscritti a istruzione o formazione) del 23,5% tra i giovani evidenziano sfide di lungo periodo.

Il 2023 ha visto il peggioramento delle condizioni meteorologiche estreme, inclusa l’estate più calda mai registrata dal 1880, che ha portato a devastanti incendi, inondazioni e siccità in tutto il mondo. Il rapporto ricorda che «Questi eventi hanno impatti economici diretti, come danni alle infrastrutture, all’agricoltura e ai mezzi di sussistenza. Gli studi hanno previsto perdite sostanziali per l’economia globale a causa del cambiamento climatico. Ad esempio, alcune stime suggeriscono una potenziale riduzione di circa il 10% del PIL globale entro il 2100, considerando eventi come il crollo della calotta glaciale della Groenlandia. Altri modelli indicano che senza la mitigazione del riscaldamento globale, i redditi medi globali potrebbero essere inferiori del 23% entro il 2100».

Mentre i paesi sviluppati hanno continuato a indirizzare investimenti in settori sostenibili e tecnologici come l’energia rinnovabile e le infrastrutture digitali, i Paesi in via di sviluppo si trovano ad affrontare sfide come la fuga di capitali e la riduzione degli investimenti diretti esteri. Si prevede che la crescita degli investimenti globali rimarrà bassa a causa delle incertezze economiche, degli elevati oneri debitori e dell’aumento dei tassi di interesse. Il Rapporto avverte che «Gli investimenti nel settore energetico, in particolare nell’energia pulita, stanno crescendo ma non a un ritmo sufficiente per raggiungere l’obiettivo emissioni net zero entro il 2050.

Per il WESP è necessaria una cooperazione internazionale più forte per stimolare la crescita e promuovere la transizione verde: «I governi dovranno evitare consolidamenti fiscali autodistruttivi ed espandere il sostegno fiscale per stimolare la crescita in un momento in cui le condizioni monetarie globali rimarranno rigide. Le banche centrali di tutto il mondo continuano ad affrontare difficili compromessi nel trovare un equilibrio tra obiettivi di inflazione, crescita e stabilità finanziaria. Le banche centrali dei Paesi in via di sviluppo, in particolare, dovranno utilizzare un’ampia gamma di strumenti di politica macroeconomica e macroprudenziale per ridurre al minimo gli effetti di ricaduta negativi della stretta monetaria nelle economie sviluppate. Sono urgentemente necessarie iniziative di cooperazione globale solide ed efficaci per evitare crisi del debito e fornire finanziamenti adeguati ai Paesi in via di sviluppo. I Paesi a basso e medio reddito con situazioni fiscali vulnerabili necessitano di una riduzione del debito e di una ristrutturazione del debito per evitare un ciclo prolungato di investimenti deboli, crescita lenta ed elevati oneri per il servizio del debito. Inoltre, i finanziamenti globali per il clima devono essere massicciamente incrementati. Ridurre – ed eventualmente eliminare – i sussidi ai combustibili fossili, dare seguito agli impegni finanziari internazionali, come l’impegno di 100 miliardi di dollari a sostegno dei Paesi in via di sviluppo, e promuovere il trasferimento di tecnologia sono fondamentali per rafforzare l’azione per il clima a livello mondiale».

Il rapporto sottolinea «Il ruolo sempre crescente delle politiche industriali per rafforzare l’innovazione e la capacità produttiva, rafforzare la resilienza e accelerare una transizione verde» e conclude chiedendo un’azione urgente per affrontare queste diverse sfide   e «Una cooperazione globale rafforzata, in particolare in settori come l’azione climatica, il finanziamento dello sviluppo sostenibile e l’affrontare le sfide della sostenibilità del debito dei Paesi a basso e medio reddito. E’ essenziale una maggiore cooperazione globale».