Piccoli ma non fessi: la città unica oltre Cosenza e Rende

Castrolibero e Montalto non ci stanno a recitare un ruolo marginale. Compresa Mendicino, che e ha sempre la carta Pandosia da giocare. Nessuno vuole prendersi i debiti degli altri. E nemmeno diventare periferia dell'area urbana

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Un lenzuolo troppo corto per coprire i territori e, soprattutto, chi li abita.
L’area urbana di Cosenza risulta problematica non solo nella sua versione “minima”, che comprende il capoluogo, Rende e Castrolibero, ma persino in quella maxi che, a seconda delle scelte politiche, dovrebbe estendersi o a nordest, in direzione Sibari, o a sud, verso il Savuto.

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Franz Caruso, sindaco di Cosenza (foto Alfonso Bombini)

Si badi bene: non sono scelte neutrali. Mirare a sud significa avvantaggiare Cosenza e i Comuni sulla vecchia via del mare (Dipignano e Carolei) e alle pendici del Monte Cocuzzo (Mendicino e Cerisano). Puntare a nord, invece, vuol dire riproporre la centralità di Rende, che farebbe leva sulla vicina Montalto e ridimensionerebbe non poco il capoluogo.
Non è un caso che, durante la campagna elettorale di settembre Franz Caruso abbia rilanciato l’idea di “area vasta” o “area urbana allargata”, cioè estesa ai paesi a sudest.

Ed è certo che anche il recente braccio di ferro sull’ospedale – che i rendesi vogliono nei pressi dell’Unical e i cosentini a Vaglio Lise – sia motivato dalle stesse dinamiche.
L’area vasta puntellerebbe l’ipotetica “Grande Cosenza” a Sud e le eviterebbe il confronto diretto con Rende, che al momento sarebbe micidiale per la città dei bruzi.
Una geopolitica su scala provinciale, non meno pericolosa di quella vera, perché chi perdesse la sfida sarebbe condannato allo spopolamento, dovuto all’aumento delle tariffe e al calo dei servizi.
Ovviamente, i conti si fanno con gli osti, cioè i sindaci di tutti i comuni potenzialmente interessati.

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Il sindaco di Rende, Marcello Manna (foto Alfonso Bombini)

Il ruggito di Orlandino

Il nodo cruciale dei due modelli di area urbana è Castrolibero, che ha ancora molto da dire, visto che è uno dei territori più ricchi del Sud come reddito pro capite.
Castrolibero è incuneato tra Cosenza e Rende, con cui confina senza alcun ostacolo fisico: solo la segnaletica chiarisce in quale Comune ci si trova.
Orlandino Greco – attuale vicesindaco ed ex sindaco di Castrolibero, ex presidente del Consiglio provinciale di Cosenza ed ex Consigliere Regionale – esprime una preoccupazione non proprio trascurabile: la sua cittadina potrebbe essere schiacciata dalle due importanti dirimpettaie. Anche a livello economico: «Rende», spiega Greco, «è in predissesto e Cosenza ha un dissesto importante, difficile da risolvere in breve». Perciò il dubbio è lecito: tutto ciò che si trova attorno rischierebbe di essere risucchiato dai passivi delle due città leader.

Grande Cosenza? Niente fusioni a freddo

Per Orlandino è, quindi, inutile ipotizzare «fusioni a freddo, come nei casi di Corigliano-Rossano o dei Casali del Manco, che mi sembrano situazioni fallimentari, visto che parliamo di territori caratterizzati da importanti disparità fiscali e tariffarie interne e tuttora agitati da campanilismi duri a morire».
Secondo Greco l’area urbana dev’essere disegnata «cerchi concentrici e non, come ipotizzava Sandro Principe, a linea retta». L’ipotesi del vicesindaco è piuttosto chiara: un nucleo basato su Cosenza, Rende e Castrolibero che attrarrebbe tutto ciò che lo circonda in maniera virtuosa.

L’ex consigliere regionale e leader di Idm, Orlandino Greco

No al modello Principe

Già: «Il modello di Principe darebbe una certa baricentricità a Rende, ma trasformerebbe tutto il resto, a partire dal capoluogo, in una periferia». Il modello di Greco, al contrario, «farebbe perno su Cosenza e rispetterebbe tutti».
In quest’ottica, Castrolibero avrebbe fatto già dei passi importanti per due fattori almeno: il Psc e il sistema dei trasporti pubblici. «Noi abbiamo integrato l’Amaco nel nostro territorio e abbiamo impostato il Piano strutturale comunale in modo da poterci allineare subito a un progetto urbanistico condiviso». Ma questo progetto non può essere sviluppato nel breve periodo: «Occorre partire dalla condivisione dei servizi per dare uguali chance a tutti gli abitanti del territorio, perché non serve a nessuno una città enorme ma piena di periferie poco servite».

Caracciolo tira a nord

Montalto Uffugo è stata considerata a lungo un satellite della “Grande Cosenza” per via della sua “eccentricità”: non sfiora neppure il capoluogo, ma è collegata solo a Rende attraverso Settimo.
Pietro Caracciolo, il sindaco della cittadina che ispirò “I Pagliacci” a Leoncavallo, è consapevole di questa particolarità e, ovviamente, tira a nord. «Ripeto quel che ho già detto per l’Ospedale, che deve sorgere a Rende: nella nostra zona verrà realizzato un secondo svincolo della A3, inoltre sono in fase di realizzazione il ponte che unirà ancor di più le nostre zone industriali e sono in cantiere molte iniziative che faranno di Rende e Montalto le aree più infrastrutturate della provincia».

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Pietro Caracciolo, sindaco di Montalto Uffugo

Morale della favola: la “Grande Cosenza” dovrà comunque servire tutto il territorio provinciale, che è uno dei più grandi del Paese «e l’area a nordest è l’unica veramente baricentrica sia verso lo Jonio sia verso il Tirreno». Montalto, in altre parole, è una gemella siamese di Rende, che mira ad approfittare dei vantaggi della città sorella: l’Università innanzitutto, ma anche la zona industriale, prossima alla fusione territoriale con la propria. Il blocco Rende-Montalto darebbe non poco filo da torcere.

Carolei non vuole essere periferia della Grande Cosenza

Carolei, all’estremo opposto di Montalto, sconta un grosso fallimento urbanistico e un dissesto recente, subito e tamponato alla meno peggio da Francesco Iannucci, sindaco dal 2017.
Il fallimento si chiama Vadue, la grande frazione residenziale che ha avvicinato il paese all’ingresso sud di Cosenza, tra piazza Riforma e viale della Repubblica. Negli anni ’80 Vadue era considerata la “zona dei ricchi”, ora è diventata una periferia quasi priva di servizi, in cui solo l’edilizia privata, basata su ville e palazzine, mantiene qualche ricordo del passato glorioso e delle promesse mancate.

Francesco Iannucci, sindaco di Carolei

La diffidenza è il minimo. E Iannucci la esprime non troppo tra le righe: «In linea di principio sarei d’accordo», spiega il sindaco. Ma il problema è il “come”. Già: «Cosa guadagnerebbero in concreto gli abitanti di Carolei e dei paesi a Sud dall’area vasta? Se a questo progetto corrispondesse un’idea di sviluppo, si proceda pure, altrimenti non converrebbe a nessuno diventare periferia di un’area che avrebbe il suo centro ad almeno dieci chilometri di distanza». Meglio iniziare da una condivisione dei servizi e poi chi vivrà vedrà.

La geopolitica di Dipignano

Una cosa è sicura: Gaetano Sorcale, docente universitario di Relazioni internazionali, si intende di geopolitica e diplomazia. E le applica come può per favorire Dipignano, di cui è sindaco da poco più di un anno.
Dipignano confina con Cosenza attraverso Laurignano, nel cui territorio ricade una parte di Molino d’Irto, l’antica zona industriale di Cosenza.
A dirla tutta, Laurignano sembra una frazione del capoluogo, «visto che su 1.800 residenti più di mille sono cosentini».

Gaetano Sorcale, sindaco di Dipignano e docente universitario

Secondo il sindaco l’estensione a sud dell’area urbana darebbe grosse possibilità non solo al suo Comune, ma anche alla stessa Cosenza: «Nel nostro territorio potrebbe passare benissimo il secondo svincolo sud della A2, che decongestionerebbe il traffico cittadino, diventato problematico dopo le trasformazioni urbanistiche dell’era Occhiuto». Inoltre, la maggiore disponibilità di territorio di Dipignano «consentirebbe uno sviluppo equilibrato dell’area, che si potrebbe bilanciare a sud».
Tuttavia, secondo Sorcale, non sarebbe un processo di breve periodo: «Occorre uno sviluppo per fasi: iniziamo a mettere assieme i servizi, a progettare assieme lo sviluppo urbano e la grande città verrà da sé».

In alternativa c’è Pandosia

Se la “Grande Cosenza” dovesse risultare problematica, nessuna paura: ci sarebbe sempre Pandosia, il progetto lanciato da Mendicino circa otto anni fa.
Si tratta di un maxicomune che comprenderebbe nove paesi per un totale di circa 30mila abitanti. Un secondo Casali del Manco, ma più grande che aggancerebbe una buona fetta di Appennino al capoluogo.

Antonio Palermo, sindaco di Mendicino

Già, spiega Antonio Palermo, il sindaco di Mendicino: «Il mio territorio non è solo parte dell’area urbana ma è anche un elemento fondamentale delle Serre Cosentine».
Pertanto «non siamo obbligati a diventare una periferia ma possiamo sempre scegliere se e come diventare “grandi”». Ovvero: se nessuno garantisce lo sviluppo equilibrato della “Grande Cosenza”, possiamo sempre creare una realtà più vasta che ci consentirà economie di scala piuttosto importanti.
Proprio in quest’ottica deve essere interpretato il sostegno dato da Palermo all’idea di realizzare l’Ospedale a Vaglio Lise: «Se parliamo di grande città, il capoluogo deve essere baricentrico, altrimenti è un nonsenso». Sui tempi e modi di questa realizzazione, Palermo si allinea agli altri sindaci: «Iniziamo con la gestione comune dei servizi e poi si vedrà».

Lucio Di Gioia, sindaco di Cerisano

Cerisano ha già l’aria buona

Il meno interessato sembra essere Lucio Di Gioia, il sindaco di Cerisano, che non ha confini diretti con Cosenza.
«Il nostro vantaggio è essere un borgo in mezzo alla natura, che consente una buona qualità di vita», spiega il primo cittadino. Quindi «entrare in un’area più vasta può essere utile solo se ne ricavassimo più servizi di migliore qualità». Per il resto, «diventare una periferia non ci serve».

Quattro case e un forno

Rende e Cosenza duellano per chi deve essere la prima della classe. Gli altri diffidano. Forse perché, sussurrano i maligni, la fascia tricolore piace a tutti, anche se consente di amministrare a malapena le famose “quattro case e un forno”.
O forse perché, alla fin fine, i campanili piacciono a tutti. La vera sfida sarà la costruzione dal basso della grande città. E, date le premesse, non sarà un processo breve né facile.

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