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Patrizia MelloWritten by: Progetti

Architettura & Rivoluzione: la torre di Tatlin 100 anni dopo

Il Monumento alla Terza Internazionale di Vladimir Tatlin, commissionato da Lenin al Dipartimento di Belle Arti della Russia bolscevica, compie un secolo e continua a far parlare di sé

 

«Io non so quanto voi siate radicali o quanto io lo sia. Certamente io non sono abbastanza radicale;

detto questo, ciascuno deve sempre provare ad essere radicale tanto quanto la stessa realtà»

(Lenin)

 

Molti gli architetti e artisti che hanno provato a confrontarsi con l’estro creativo di Vladimir Tatlin (Mosca, 1885-1953), artista “costruttivista” che, a partire da meticolosi studi sui materiali e sul relativo rapporto con lo spazio reale, è approdato all’architettura trasformandola in un volano di propaganda politica e allo stesso tempo esistenziale. La rivoluzione è inscritta a chiare lettere nella forma a spirale della torre che si erge alta e maestosa sul profilo di Pietroburgo neutralizzandone ogni più piccola ambizione costruita. Alta circa 400 metri, sfruttava la sincerità di materiali nuovi come il ferro e il vetro per cambiare l’idea di un’architettura ingessata e muta, tramutandola in uno strumento di comunicazione potente. «Il ferro è forte come la volontà del proletariato, il vetro è trasparente come la sua coscienza», scriverà poi El Lissitzky. Si tratta, infatti, di uno scheletro strutturale che all’interno contiene delle funzioni. Non un monumento, quindi, come la Torre Eiffel a cui certamente s’ispira, ma un’architettura nuda, audace e svincolata dalla retorica di muri, affacci e divisori. Tre volumi vetrati ruotano all’interno della spirale sospesi con cavi d’acciaio, esposti al tempo senza inibizione: un cubo, una piramide, un cilindro. I tre volumi ospitano i locali per le riunioni dei diversi organi dell’Internazionale e avrebbero dovuto ruotare sui propri assi seguendo ritmi diversi. Il cilindro (destinato ad adunanze e congressi) doveva compiere una rotazione all’anno, la piramide (destinata agli organi amministrativi ed esecutivi) una volta al mese, il cubo (adibito all’informazione e alla propaganda) una volta al giorno. Il risultato è l’immagine di un’enorme macchina con ingranaggi e parti in movimento, progettata per generare la rivoluzione mondiale. Non si trattava perciò della ben nota scelta tra “architettura o rivoluzione” ma di un’architettura rivoluzionaria.

Salutata da Vladimir Majakovskij come “il primo oggetto di Ottobre”, complessivamente la forma della torre esprimeva in termini simbolici le aspirazioni utopiche del Comunismo e le forze dinamiche del percorso intrapreso. L’apparato scheletrico rappresentava un distillato di nuove tecnologie, evocando insieme le torri di trivellazione petrolifera, gli alberi di una nave, le gru, gli alberi delle miniere… Un progetto talmente audace da mettere tra parentesi anche il nostro presente, mentre l’unica parola adatta è “futuro”: quello sempre agognato e mai raggiunto.

Tatlin aveva imparato la lezione partendo dai primi rilievi (e controrilievi) realizzati, dove riusciva a far parlare i materiali come fossero attori su un palcoscenico. Spazio reale e materiali interagivano fino a trasformare il vuoto in un mistero di forza plastica e bellezza pura. “Ammirate il trucco!”, c’è scritto alla porta d’ingresso della prima mostra di rilievi di Tatlin che si tenne a Mosca nella primavera del 1914, dove l’artista aveva usato una rete metallica e vetro fumè in una delle composizioni esposte che fu percepita dal pubblico come la rappresentazione di una sala da tè di notte… In questo senso, appunto, è la stessa realtà ad essere “radicale” quanto “utopica”, secondo i principi di quel “realismo utopico” che sta alla base di molti dei progetti sviluppati in quegli anni in Russia, mentre il termine “costruttivismo” fu usato per la prima volta dal critico Nikolay Punin proprio a proposito dei rilievi di Tatlin, personaggio lontano da qualsiasi ambizione intellettuale ma perfettamente aderente alla figura dell’artigiano-ingegnere-artista.

Il Monumento alla Terza Internazionale non fu mai realizzato restando allo stadio di modello, mentre la sua carica innovativa scatenò molte discussioni e, nel tempo, è diventato un segno chiaro di evoluzione dell’umanità attraverso l’architettura, esibendo il potere della costruzione in senso lato. Un’architettura che conquista nella sua disarmante e avvolgente plasticità.

Un primo modello della torre, realizzato in grande scala, fu presentato a Pietrogrado nel novembre 1920 e successivamente a Mosca a dicembre dello stesso anno durante l’VIII Congresso dei Soviet; nel 1925 fu esposta all’Expo di Parigi e nel 1930 a Leningrado. Il modello originale è andato distrutto mentre tante, ovunque sparse in vari musei, le repliche e le varianti di artisti e architetti per confrontarsi con questa opera-simbolo. Tra le apparizioni più recenti, quella nel cortile della Royal Academy of Arts di Londra nel 2012.

Nel tempo Tatlin si dedicherà al progetto di oggetti utili, tecnicamente emancipati e futuribili: da una stufa a una serie di abiti, alla mitica macchina volante “Letatlin” ideata tra il 1929 e il 1932 su modello del volo degli uccelli e dei prototipi di Leonardo, sempre proteso a cogliere l’essenza del presente per restituirla in veste utopica in un futuro prossimo. Lo stesso motivo per cui quella “torre proletaria” continua ancora oggi ad affascinare. In essa, infatti, è racchiuso un mondo sempre pronto a sbocciare con il solo ingegno del fare.

La spirale in realtà racchiude un futuro latente che appartiene a tutti: l’aspirazione a che si formi un mondo nuovo, “politicamente corretto”, dove tutto si svolge alla luce del sole, dove tutti noi siamo rappresentati e abbiamo diritto di parola. La società e il quotidiano, nel loro condensare desideri e valori, possono assumere una veste fantastica.

Autore

  • Patrizia Mello

    Si interessa di teoria, storia e critica del progetto contemporaneo, argomenti su cui svolge attività didattica e ricerca, pubblicando numerosi articoli e saggi, e organizzando convegni. Tra le sue pubblicazioni: “Progetti in movimento. Philippe Starck (1997); “L’ospedale ridefinito. Soluzioni e ipotesi a confronto” (2000); “Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano” (2002); “Ito digitale. Nuovi media, nuovo reale” (2008); “Design Contemporaneo. Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture” (2008); “Neoavanguardie e controcultura a Firenze. Il movimento Radical e i protagonisti di un cambiamento storico internazionale” (2017); “Firenze e le avanguardie Radicali” (2017); "Twentieth-Century Architecture and Modernity: Our Past, Our Present" (2022)

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Last modified: 18 Febbraio 2019