Marmol gravel 2022

Domenica 27 febbraio 2022 sono le sette del mattino quando esco di casa per incontrarmi con mia sorella: direzione Brecycling ciclofficina sede di registrazione di Marmol l’evento gravel per eccellenza del 2022. Dico così perché si svolge nelle mie adorate piste ghiaiose delle cave di marmo di Botticino e sull’altopiano di Cariadeghe. La traccia la conosco quasi interamente e so già per certo che sarà un successo. Inoltre il vento che ieri ha spazzato via ogni nuvola e l’aria gelida di questa mattina garantiscono cielo limpido e terso. I presupposti per una giornata spettacolare ci sono tutti. Giungiamo alla cicloffa con notevole anticipo, semplicemente perché Davide mi aveva garantito che sarebbe stato lì già per le sette. In realtà arriva “solo” alle sette e mezza, alza la serranda ed inizia ad organizzarsi. Le buste da consegnare ai partecipanti, però, le ha Niccolò (l’organizzatore nonché tracciatore del percorso) poco dopo arrriva anche lui con Annalisa (sua moglie) e si mettono subito all’opera. Così prima delle otto possiamo partire. Mia sorella è un po’ ansiosa, teme di metterci troppo a fare il percorso “inclusivo” e preferisce partire prima di tutti. In realtà è la prima volta che si iscrive ad un evento e la sua nuova bici “l’inesorabile” è stata forgiata dalle sapienti mani di Michele (FM Bike) solo due settimane fa, per cui ci sta ancora prendendo le misure, anche se le sensazioni sono state da subito ottime. Passiamo i primi 8km di trasferimento e iniziamo ad addentrarci nelle cave. La prima salita è quella della valle di Virle, ben nota ad entrambi.

Una salita corta (1,6km al 8%), ma abbastanza impegnativa, soprattutto nella fase iniziale dove la pendenza sale in doppia cifra più volte raggiungendo la massima di 14%. A quest’ora in inverno è ancora completamente in ombra e si sente, la temperatura crolla ben al di sotto dello zero (min. -4°C). Molto croccante! In questo modo però non ci si infanga essendo tutto ghiacciato. “Bisogna sempre trovare il lato positivo!” dico a Laura che mi scruta dubbiosa. Giungiamo in cima e prima di cimentarci nella discesa più scassata del percorso inclusivo (lo ha detto Niccolò) ci fermiamo per una foto all’Inesorabile e ad Esa baciate dal primo sole.

Inesorabile & Esa

Scendo davanti e cerco di non andare troppo veloce, mi fermo, mi volto, aspetto che ritorni vicino più volte. L’unica altra volta che aveva affrontato questo tratto in discesa con la vecchia bici lo aveva percorso a piedi. Ora procede lenta ma decisa, anzi direi Inesorabile. La fa tutta in sella ed è molto soddisfatta di sé.

Nel frattempo, ci raggiungono e superano Carlo e Gigi, due miei amici che partecipano al MADDA100 Challenge, sono i primi partecipanti dell’evento che ci sorpassano, una battuta veloce e la promessa di ritrovarci al ristoro. Alla fine della discesa una breve ma arcigna salita ci conduce nella parte più alta di Botticino Mattina (Gazzolo) Prima che la scalata finisca pieghiamo a destra ed iniziamo a godere del panorama delle cave di Nuvolera alla nostra sinistra e della pianura bresciana a destra.

Inizia la discesa su strada bianca da cava verso Nuvolera. La differenza tra una strada bianca e una bianca da cava è molto semplice, in quella da cava ci passano due bilici di traverso e la sabbia in realtà non è altro che polvere di marmo finissima, se è asciutta ti ritrovi tutto bianco come se fossi pronto per la panatura fritta, se è bagnata diventi un impasto appiccicoso pronto per la cottura al forno. In ogni caso la discesa è piacevole e ci consente di addentrarci nelle cave.

Usciamo dalle cave per dirigerci verso Paitone lungo stradine interne, l’aria è sempre frizzante, ma il sole di fine febbraio inizia a scaldarci. Alle 9:45 iniziamo la seconda salita di giornata, quella che ci porterà di fronte ad uno dei più bei monumenti lasciati dai cavatori, la cattedrale di marmo.

Salita breve, solo 1.5km con pendenza interessante per lunghi tratti in doppia cifra, ma con una caratteristica inconfondibile: per circa 300m oltre all’inclinazione, un “fantastico” lastricato con pietre grezze, sporgenti e sadicamente distanziate tra loro a rendere la scalata odiosa a chiunque. Entriamo nella boscaglia che fa da cornice al monte Budellone e ci ritroviamo di fronte a questa meravigliosa ed altissima parete di marmo abbandonata. Le tre cuspidi e le venature scure suggeriscono la divisione tipica in tre navate delle facciate delle cattedrali. Ci fermiamo per una sosta piacevole e per un set fotografico, altri concorrenti ci passano senza fermarsi di fronte a cotanta bellezza.

Ripartiamo, una brevissima e ripida salita ci consente di immetterci su un’altra strada per cavatori che scende verso Gavardo. Qualche zig-zag attraverso i campi ed eccoci arrivati alla prima, vera e lunga salita: Marzatica. In realtà a seconda del percorso scelto “Inclusivo” o “Hardcore” la salita ha lunghezza diversa. Se per gli “inclusivi”, tra cui mia sorella, una volta arrivati a congiungersi con l’asfalto del Tesio la salita sarà quasi terminata per gli “hardcore” si proseguirà con brevi interruzioni fino ai quasi 900m del crinale della polveriera. Prometto a Laura di aspettarla a Marzatica prima della parte più dura. Il primo chilometro è già piuttosto impegnativo con punte di pendenza di 17%, io provo a salire lentamente, ma Laura deve salire a piedi sugli strappi più duri.

Altri iscritti ci sorpassano, qualcuno mi saluta, io rispondo, ma, confesso, a volte non riesco ad associare il volto ad un nome. Qualcuno in particolare mi saluta con più calore, mi scervello, ma solo guardando i dati di Strava scoprirò che era Matteo con cui avevo ampiamente conversato alla partenza della Jeroboam di Franciacorta di settembre (scusa ancora Matteo!). Mia sorella mi raggiunge, ci salutiamo, per ora le nostre strade si dividono qui, ognuno proseguirà con il suo passo. Mi aspetta il terribile muro di “Amaro Gregario”, sì perché su questa rampa di 1.8km che porta a Costa Strubiana è stata istituita una cronoscalata che premierà i migliori uomo e donna. Non ci sono altre parole se non “cementata assassina” per definire quegli 800m a pendenza costantemente attorno a 20%. Arrivato alla cascina un centinaio di metri attraverso il campo coltivato consentono di prendere fiato prima dell’ultima rampa, che anche se più dolce è con fondo sterrato un pochino più smosso. La giornata oggi è straordinaria per quanto riguarda il meteo e quando si arriva al di sopra della vecchia cava Strubiana la vista sul lago di Garda e sul monte Baldo ripaga di qualsiasi tipo di fatica, io peraltro oggi sono particolarmente soddisfatto perché non ho messo il piede a terra per la prima volta nel salire.

In tanti si fermano a godere del panorama, fregandosene un po’ del tempo della cronoscalata. Riparto, mi immetto sull’asfaltata che sale da Gavardo verso la frazione di Tesio. Ancora due chilometri abbondanti con strappi attorno al 20% e tratti in cui rifiatare. Se si va cercando una salita incostante ed a tratti quasi impossibile questa lo è di sicuro. Al bivio per Serle inizia l’unica parte che non ho mai percorso in bici. Il temibile giro attorno alla polveriera. Niccolò ha dichiarato sul “Garibaldi” che ci sarà da camminare per circa mezz’ora. Quindi da qui in poi ogni momento è buon per prendere la bici a spalla.

In realtà scopro che i primi 2km sono percorribili in sella a parte un paio di strappi oltre il 15% su terreno molto smosso, che io ed altri abbiamo percorso a piedi, ma che alcuni, di slancio, sono riusciti a scavallare in sella. Una volta vicino alla recinzione del perimetro della polveriera la situazione degenera per tutti e si è costretti a condurre la bici a mano per quasi 700m su un bellissimo sentiero escursionistico che passa vicino a numerosi roccoli di caccia dai quali si ha una vista magnifica sui monti e sulla Valsabbia. In particolare, a me, colpisce ed incuriosisce il crinale che da monte Magno porta a monte Ere. Lo vedo lì davanti a me, duecento metri più in basso, quasi mi sembra di toccarlo e guardo le linee dei suoi sentieri territori delle mie ultime scorribande ghiaiose in preparazione di questa camminata.

Al grande roccolo sotto il monte Olivo sembra esserci un gravel party, tutti si fermano, si sdraiano, si godono il sole ed il paesaggio dopo la lunga escursione a piedi. Questo è il popolo “ghiaioso”, quello che io adoro, che se non si può pedalare: “beh ci arrivo a piedi, ma io quel panorama dalla cima lo voglio vedere!” Si riparte, ancora un piccolo traverso su traccia pedonale e finalmente si rivedono le strade forestali. La particolarità delle strade delle Cariadeghe è che sono costruite su suolo carsico e quindi il fondo è spesso per non dire sempre su pietra vagamente ricoperta da terra e sabbia, ecco perché sia la salita, sia la discesa risultano sempre più ostiche di quello che i freddi numeri di pendenza dicono. Finalmente siamo a Casinetto, in una bellissima piana, uno dei miei luoghi preferiti, raggiungibile anche con bdc (https://ilmog.blog/2017/12/19/allenarsi-in-salita-dinverno-si-puo-alle-cariadeghe-e-ci-si-diverte/). Ora entriamo nel classico circuito gravel dell’altopiano, una bellissima strada sassosa che dalla pozza del Ruchì porta sino a Valpiana passando dal prato della Carlina, un avvallamento immerso nel nulla più totale, senza rumori, in cui all’alba in pieno inverno ho visto il mio gps segnare anche -11°C. Infatti, anche oggi, nonostante il sole e l’orario, siamo oltre mezzogiorno, l’aria è frizzante è la temperatura è scesa attorno ai 3/4°C. La fermata fotografica in questo luogo è improcrastinabile.

Proprio mentre sto per ripartire dopo le mie didascalie ecco che arriva Giovanni (Psycle ciclofficina), ci eravamo visti mercoledì in negozio ed era esaltatissimo, non vedeva l’ora di “raidare nelle cave”, ed anche molto preoccupato per le salite assassine. Subito un selfie di amicizia! Ripartiamo lungo la guidabile e veloce discesa a Valpiana. Giovanni mi stacca scendendo “a cannone”. Nel frattempo, si è unito al gruppetto Paolo, iscritto anche lui al MADDA100challenge, durante la discesa confabuliamo e scopro che fa parte della ghenga della Critical mass di Brescia quindi amico di Davide (Brecycling) che ci ha ospitato alla partenza. Oltrepassato Castello di Serle, ritorniamo sullo sterrato su una forestale che conduce nella zona di cave al confine tra Serle e Nuvolera. Paolo tendenzialmente gira in Franciacorta e non è mai venuto nelle cave, gli preannuncio il grande spettacolo che si troverà di fronte non appena usciremo dal bosco e ci ritroveremo in campo aperto o meglio in cava aperta. Lì ritroviamo Giovanni fermo a fotografare gli immensi squarci bianchi delle montagne che oggi con il sole e il cielo terso sembrano luccicare di luce propria.

Ora un lungo rettilineo asfaltato con pendenza in doppia cifra ci attende, ma avviso i miei compagni di viaggio che a metà dobbiamo fermarci per un ultimo sguardo dall’alto sull’intero anfiteatro di cava. In fondo mi sono portato il teleobiettivo oltre che per fotografare le Alpi anche per immortalare le ruspe.

Siamo a fondo valle non ci resta che affrontare l’ultima salita di questa affascinante Marmol, il temutissimo Crosal. Io lo ho già percorso come ultima vera asperità alla Jeroboam dopo più di 100km e con già nelle gambe la Corna di Sonclino e il monte Ere. Ne serbo un ricordo confuso, a metà fui rapito da un impulso fotografico alla cava sottostante e dovetti poi proseguire a piedi.

Io, Giovanni e Paolo lo attacchiamo insieme, dopo poco il 38×42 di Giovanni lo costringe a salire a piedi mentre io e Paolo continuiamo a frullare i nostri rapporti più agili. Odo una voce urlare: “Ma c’è anche il Mog!”, mi volto, è Dada arroccato su un blocco di marmo che fotografa e sprona gli avventurieri, rispondo: “Ti saluto meglio dopo!” (intendendo al ristoro di lì a poco). Svettiamo anche sul Crosal, questa volta niente soste fotografiche e tutta in sella. Scendiamo lungo la bella forestale che porta in via Calango dove è posto il ristoro ospitato dagli alpini di Botticino.

Ritrovo mia sorella che mi aveva telefonato proprio mentre salivo il Crosal per dirmi che era arrivata. Mangiamo pane e salamina, pasta e fagioli, beviamo birra, ma soprattutto incontro un sacco di amici e di clienti, sì perché io ho il brutto vizio di essere troppo amico dei miei clienti. Oltre a Davide di Brecycling (sponsor dell’evento) c’è anche l’altro Davide di B3L (anche lui sponsor) ci sono Alberto ed Emanuele di State of Bike, c’è persino Luca di Shimano (collega più che concorrente), c’è Roberto di (TiTiCi) qui, però, in veste di sponsor con (Velodromo cafè), ritrovo Carlo e Gigi e come promesso facciamo due chiacchiere, come anche successivamente con Dada. Ritrovo il Biella e non lo riconosco, dopo averlo torturato per mezza salita del Sonclino alla Jeroboam di Settembre (scusa ma avevi gli occhiali ciclamino che ti rendevano irriconoscibile), c’è persino Filippo stradista doc da gare in circuito che in inverno si prende una pausa con giri ghiaiosi. Ah, c’è anche Niccolò, che arriva con quelli forti (tipo Mattia De Marchi), il Deus ex machina, di questo evento, traccia splendida (ma quello io lo sapevo già!), festa goduriosa, gente scialla (come si dice in questi casi). Peccato dover essere andati via così presto, ma il dovere di bravi genitori imponeva a me e Laura di tornare dai nostri figli.

Grazie Negot.cc!

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