LA SCHEDA di SARA BERTUCCIOLI

Dai fasti degli anni '30 al declino dei '70
le colonie marine tra cura e vacanze

Oggi sono spesso ruderi in riva al mare, ma le colonie hanno un'importante storia alle spalle. Nate nell'800 per i bambini affetti da malattie tubercolari, durante il fascismo si sono trasformate in luoghi di propaganda, per poi recuperare la spinta prettamente sociale nel dopoguerra. Con il boom economico si sono svuotate, ma ora potrebbe esserci una rinascita

Le colonie nascono come ospizi marini alla fine dell'800 per ospitare bimbi affetti da malattie tubercolari: il mare e il sole avevano funzione curativa sui piccoli tanto da essere definiti 'antitubercolari'. La funzione terapeutica prosegue anche negli anni trenta, in pieno regima fascista, quando a quella sanitaria si aggiunge la funzione educativa e di propaganda. Se nel 1927 i bambini ospitati erano 54 mila dopo undici anni il numero arrivò a quota 772 mila in 4.357 colonie sparse su tutto il livello nazionale, ma concentrate soprattutto sul litorale toscano e romagnolo. Strutture imponenti progettate dai migliori architetti del tempo che avevano carta bianca: l'unico obiettivo era quello di comunicare la modernità intesa come valore dell'avanguardia e del regime. Così si realizzarono costruzioni dalle forme futuristiche come la colonia Figli italiani all'estero a Cattolica, disegnata da Clemente Busiri Vici, che adesso ospita l'Acquario Le Navi e la Varesina di Milano Marittima con la maestosa rampa, ora ridotta a poco più di un rudere sulla spiaggia, il complesso di Calambrone in Toscana e la Fara a Chiavari. Le colonie diventano il modo di sperimentare il linguaggio architettonico in chiave funzionalista e razionalista.

Il dopoguerra.
Eliminata la funzione propagandistica, le colonie ebbero una nuova vita dagli anni cinquanta quando si optò per la funzione sanitaria e ricreativa, ma anche di risollevamento dei ragazzi dagli effetti del conflitto bellico.

La costruzione delle colonie fu inarrestabile. Senza pretese architettoniche come quelle realizzate nel trentennio, le colonie assomigliano più ad alberghi 'alla buona'. Gestiti da enti pubblici, religiosi e aziende, come nel caso di quelle a Ponente a Cesenatico. Queste strutture fanno parte di una bonifica di tutto il litorale con lotti svenduti a poche lire.

Il declino
. Verso la fine degli anni settanta si assiste alla dismissione e abbandono delle strutture che avevano ospitato fino a quel periodo centinaia di migliaia di piccoli provenienti da tutto il paese. Se negli anni novanta alcune resistono ancora, come la Monopoli di Stato di Milano Marittima, la maggior parte viene inesorabilmente lasciata andare alle intemperie delle stagioni e al degrado.

Le cause sono da cercare nell'aumento del reddito delle famiglie a seguito del boom economico,  quindi alla capacità delle famiglie di organizzarsi e scegliersi autonomamente dove passare le vacanze a cui segue anche una diversa percezione del soggiorno in colonia, definita quasi come una 'vergogna'.

Il crollo demografico e i tagli che i comuni furono obbligati a fare alla spesa sociale hanno creato il resto. Ciò che rimane adesso sono città deserte: dove una volta il silenzio era associato ai riposini pomeridiani e spezzato dalla vivacità dei piccoli ospiti, ora è tutto un mutismo irreale sottolineato dagli ingressi murati delle strutture.

Mappatura. Nel 1986 l'Istituto per i beni culturali dell'Emilia Romagna realizzò una mappatura delle colonie presenti sulla riviera romagnola. Da Marina di Ravenna a Cattolica vi erano 246 colonie marine, di cui l'1,2 per cento costruito prima del 1915 (gli Ospizi Marini), il 14,6 per cento tra le due guerre e l'84,2 per cento nel secondo dopoguerra. Un patrimonio pari a 2.451.855 metri cubi e 1.497.454 metri quadri di superficie di pertinenza. Già in quegli anni era stato lanciato 'il grido d'allarme' degli urbanisti curatori della catalogazione per trovare una soluzione allo stato di abbandono delle colonie e contro una riqualificazione basata solamente sulla conversione in ricezione turistica.

Negli ultimi anni l'interesse e la salvaguardia di queste strutture è aumentato tanto che l'associazione Italia Nostra, grazie a una mostra itinerante in tutta Italia, cerca di mappare le colonie costruite nel ventennio e sconosciute ai più.

La difficile riqualifica. Sul litorale romagnolo solamente poche colonie sono state convertite in scuole o hanno mantenuto la loro destinazione d'origine. Se per quanto riguarda quelle costruite nel dopoguerra non è necessaria la conservazione delle strutture e quindi è più facile l'abbattimento, la via per una riqualifica di quelle storiche è più difficile, vincolata dalla Sovrintendenza.

Tanti i progetti di riqualifica che si sono susseguiti negli anni. Tra quelli andati a buon fine c'è quello di Calambrone (Pisa) dove il complesso delle ex colonie costruite in epoca fascista è diventato un centro con grand hotel e centri benessere. Stessa sorte per l'ex colonia Dalmine a Riccione divenuto l'hotel Le Conchiglie con la struttura rimasta simile all'originaria. Mentre proseguono i lavori in corso ormai da decenni alla colonia Augusto Murri di Rimini e alla Novarese che diventerà un centro benessere e grand hotel, ma i cui lavori sono bloccati a causa della crisi. Di diverso avviso è Cesenatico, la cui nuova amministrazione ha puntato tutto sulla riqualifica dell'intera Città delle Colonie di Ponente e Levante. Ma anche qui i problemi non sono pochi. Le delibere sono state approvate, ma dei lavori nemmeno l'ombra e il degrado aumenta di anno in anno.

Stessa sorte per le altre colonie sparse per il territorio nazionale. Se la Fara di Chiavari dovrebbe essere trasformata in albergo a cinque stelle, l'Olivetti di Pietra Ligure è un enorme struttura abbandonate ed è di giugno una manifestazione dei cittadini in difesa della colonia per convertirla in un bene pubblico e non in albergo. Un capitolo a sé è quello delle colonie montane concentrate soprattutto tra la Toscana e la Liguria. A parte la IX Maggio a Poggio di Rojo, in Abruzzo che è diventata sede della facoltà di ingegneria de L'Aquila, le ultime rimaste sono ruderi presi d'assalto dai ravers come quella di Rovegno.

Il boom. Mandare i figli in colonia forse non è più solo una minaccia per i bambini più discoli, ma sta tornando in auge. Cambiano i nomi, la parola che ricorda camerate e fascismo non viene più usata ed è sostituita da sinonimi inglesi. E' il caso di Eurocamp a Cesenatico, soggiorni sportivi per ragazzi da tutta Europa oppure del complesso delle strutture gestite dalla provincia di Trento che addirittura ne sta ristrutturando altre due. Una vacanza che tutto compreso costa dai 160 euro ai 990, a differenza dei servizi offerti e del tipo di colonia. Un prezzo che in alcuni casi viene coperto dalle amministrazioni pubbliche o dai privati per le famiglie in difficoltà.

20 agosto 2012

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