Ambiente

Parrocchetti femmine

Capita di vederli volare tra le fronde. Basta fare una passeggiata che subito saltano all’occhio questi uccelli, tanto insoliti per i nostri parchi cittadini. Sono diversi anni che invadono le città europee e nordamericane. Ora si cominciano a notare anche a Bologna. Appena dieci anni fa i parrocchetti dal collare erano rari mentre oggi, nella sola area metropolitana, sono più di 500. Sono persino finiti al centro di recupero per la fauna selvatica Otus della Lipu che dal 1990 soccorre gli animali selvatici di piccole dimensioni e soprattutto volatili. Oggi assieme ai colombi, qui, arrivano anche questi verdissimi e assordanti pappagalli che, a differenza degli altri, dopo il recupero non vengono reimmessi in natura in quanto specie aliena. A loro è dedicata una speciale voliera dove restano in attesa di qualche adozione.

«La specie è in forte espansione e negli ultimi dieci anni le osservazioni nella sola provincia di Bologna sono quasi decuplicate», spiega Camilla Gotti, ricercatrice del Dipartimento monitoraggio e tutela ambiente e conservazione della biodiversità all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Non è facile ottenere una quantificazione precisa. Uno dei modi per riuscire ad avere una stima è quello di contare i cosiddetti roost, ovvero raggruppamenti sugli alberi che questa specie mette in atto per passare la notte. Un’indagine mirata nel 2021 ha individuato trenta roost. La specie è segnalata come nidificante a Bologna città, Ozzano, Casalecchio, Budrio, Granarolo, Castenaso, Castel Maggiore».

Originari degli altopiani di Africa e Asia sono i parrocchetti più diffusi in natura. Grazie alla loro adattabilità e resistenza alle basse temperature hanno potuto invadere molti Paesi europei e gran parte del Nord America. Superano i quaranta centimetri in lunghezza e pesano circa 150 grammi. Portano una livrea verde smeraldo tendente all’azzurro e un becco rosso acceso. I maschi presentano una vistosa striscia nera con sfumature rosa sul collo, da cui il nome. Possono vivere anche quarant'anni. Sono in grado di imparare suoni, versi e diverse parole anche se, tra i pappagalli parlanti, in questo non sono i migliori. Sono invece bravissimi nei vari giochi di abilità. Riescono ad aprire chiavistelli, ad aggirare la maggior parte degli ostacoli a protezione delle colture. I loro becchi possono perforare qualunque sacco di stoccaggio. Specializzati nel problem solving. Alcuni contadini in Puglia hanno notato che in periodi di siccità erano riusciti a procurarsi dell’acqua, bucando i tubi per l’irrigazione.

Estremamente socievoli, si tengono in contatto con continui vocalizzi che talvolta sovrastano perfino il rumore delle cicale. Formano stormi molto numerosi che possono contare fino a 100 esemplari. Sono tendenzialmente sedentari. In effetti, qui da noi sono arrivati grazie alla commercializzazione di uccelli esotici. Sfuggiti accidentalmente o liberati volontariamente si sono riprodotti velocemente formando colonie numerose. «Gli impatti che la specie può arrecare nel territorio che invade sono di svariata origine – spiega Gotti – Uno di quelli più gravi è legato al fatto che i parrocchetti nidificano in cavità già esistenti con conseguente competizione con le specie autoctone per l’occupazione dei siti riproduttivi». Alcuni studi hanno evidenziato declini nelle popolazioni e nel successo riproduttivo di alcune specie autoctone che nidificano dentro dei buchi in concomitanza con l’espansione dei parrocchetti nella stessa area. «Gli esempi in questo senso non mancano – continua la ricercatrice – l’upupa in Israele, la tortora delle palme e il Lanius collaris in Sud Africa e la nottola gigante a Siviglia, per citarne alcune». Il loro successo è dovuto, in parte, al fatto che iniziano a riprodursi molto presto rispetto alle specie autoctone assicurandosi così migliori siti riproduttivi. Ma anche la loro indole da veri guerrieri è uno strumento alquanto persuasivo. «I parrocchetti dal collare sono molto aggressivi – puntualizza Gotti – Sono stati registrati diversi attacchi nei confronti di specie autoctone per difendere sia i nidi sia i siti di alimentazione. A Siviglia sono stati osservati diversi episodi di aggressione a carico dell’autoctono grillaio. Attacchi simili, a volte anche letali, sono stati riscontrati a carico di pipistrelli come la nottola comune, in Olanda, dello vespertilio smarginato in Germania. In Francia e in Turchia, sullo scoiattolo rosso».

Nel Belpaese il problema sembra essere più contenuto, ma rischia di peggiorare velocemente. «In Italia – spiega la ricercatrice – il confronto dell’occupazione dei nidi prima e dopo l’invasione del parrocchetto dal collare ha suggerito una potenziale competizione con l’assiolo dove, dopo l’insediamento dei parrocchetti, gli assioli sono stati costretti a utilizzare aree di riproduzione non ottimali. Analogo impatto sembra esserci a carico dei rondoni comuni nell’Italia settentrionale. «A oggi non esistono, a livello nazionale, significative azioni di gestione o controllo della specie – conclude Camilla Gotti – Per ora, non c’è nessuna legge che ne regoli il commercio». Sarebbe invece importante riuscire a limitarne l’espansione nei territori di nuovo insediamento ora che i numeri sono ancora contenuti. Per questo motivo risulta di fondamentale importanza la sensibilizzazione della popolazione sugli impatti della specie per scoraggiare nuovi rilasci intenzionali in libertà. Così, anche i verdissimi strilloni entrano a pieno titolo nell’anagrafe faunistica emiliano-romagnola come la tartaruga americana, proprietaria indiscussa del laghetto dei Giardini Margherita e di ogni corso d’acqua nelle vicinanze, il gambero della Louisiana, colonizzatore di fossi e canali della Bassa, il mostro del Po, pesce siluro recente vincitore del record mondiale per dimensioni, per non parlare della grande tendenza di quest’estate, il famosissimo granchio blu che rischia di lasciare le nostre coste senza vongole.

 

Nell'immagine esemplari femmina e maschio di Parrocchetti dal collare (Psittacula krameri). Foto: Pixabay