Il 5 settembre del 1981 il nostro paese abolì la legge che permetteva agli stupratori di evitare il carcere sposando le loro vittime. Era il cosiddetto matrimonio riparatore. Solo quarant’anni dividono l’Italia di oggi, che parla di smart working e connessione iperveloce, da quella del 1981 quando, finalmente, l’articolo 544 fu abrogato.
C’erano voluti vent’anni di discussioni da quando Franca Viola, rapita e violentata da Filippo Melodia, era diventata la donna più famosa d’Italia rifiutando il matrimonio riparatore. Una norma patriarcale che risaliva addirittura alla Bibbia.
«L’uomo che è giaciuto con lei darà al padre di lei cinquanta sicli d’argento; ella sarà sua moglie, per il fatto che egli l’ha disonorata, e non potrà ripudiarla per tutto il tempo della sua vita».
Deuteronomio
Ma né Franca né la sua famiglia si piegarono a questa norma ignobile.
«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto. L’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce».
Franca Viola
Negli anni seguenti molte altre ragazze, ispirate da Franca, rifiutarono di sottostare al matrimonio riparatore finché, nel 1981, la legge 442 lo abolì definitivamente. Solo quarant’anni fa, eppure ancora meno ci separa dal 1994, l’anno in cui finalmente l’Italia trasformò lo stupro da reato contro la morale a reato contro la persona. Una reliquia dell’origine fascista del codice Rocco che affermava di fatto che lo stupro non offendeva il corpo della donna ma andava a ledere una generica pubblica moralità.
Oggi le donne sono costrette a questa pratica (in forme diverse) in 20 paesi, come rivela l’ultimo report UN Population Fund (UNFPA), My body is my own:
- Algeria
- Angola
- Bahrain
- Bolivia
- Camerun
- Eritrea
- Gaza
- Guinea Equitoriale
- Iraq
- Kuwait
- Libia
- Filippine
- Repubblica Dominicana
- Russia
- Serbia
- Siria
- Tagikistan
- Thailandia
- Tonga
- Venezuela
Una opinione su "Il matrimonio riparatore: quando le italiane sposavano il loro stupratore"