Dando per buona la tesi del Cremlino, secondo la quale Evgenij Prigozhin sarebbe davvero caduto vittima di uno sfortunato incidente aereo, le esequie del capo della Wagner tendono in queste ore a fare più rumore della sua stessa vita ardimentosa. Soprattutto dopo la conferma dei funerali, che si sono tenuti in forma privata secondo quanto i riferito canali Telegram affiliati al Gruppo Wagner, precisando che coloro che desiderano salutarlo potranno visitare il cimitero di Porokhovskoe a San Pietroburgo.

Dal modo in cui si sarebbero svolti (o non svolti) i funerali del mercenario più temibile di Russia si sarebbe potuto comprendere che aria tira a Mosca in fatto di golpe, destino delle “altre Wagner” e futuro dei rapporti tra Vladimir Putin e il partito della guerra.

Putin, il grande assente

C’era da aspettarselo, in effetti. Perché mai il neozar avrebbe dovuto omaggiare con un ultimo saluto l’uomo che aveva osato attentare all’ordine costituito? Nelle ultime ore si erano inseguiti una serie di rumor e indiscrezioni che volevano Putin pronto a compiere un istrionico gesto di perdono politico verso lo chef che lo ha tradito poco più di due mesi fa. Una mossa che avrebbe avuto una sorte di effetto smacchiatore su un ritratto da dittatore spietato e sanguinario, per giunta sospettato di essere il mandante della morte stessa di Prigozhin. Tuttavia, presenziare le esequie sarebbe equivalso a “perdonare” in qualche modo l’alzata di testa dell’ex collaboratore fidato, trasmettendo un cattivo messaggio ad accoliti e sottoposti: ovvero che lo zar possa anche “passare oltre”. E chissà quale sarebbe stata la reazione di diversi ex collaboratori stretti caduti in disgrazia, magari pronti ad appellarsi allo stesso tipo clemenza, sperando in una chance, da vivi: vedasi il caso del generale Surovikin, “detenuto in attesa di giudizio”.

Per cui, meglio lasciare uno spazio bianco, riempito solo da una sorta di necrologio recitato all’indirizzo dell'”uomo di talento ma dal destino difficile”. Qualcuno ha paragonato l’imbarazzo per questo morte (presunta) ingombrante alla scomparsa, un anno fa, di Mikhail Gorbaciov: i due erano più che due antagonisti, perfino protagonisti di mondi distanti nel tempo. In quell’occasione Putin salvò capre e cavoli limitandosi a una visita privata alla salma dell’ultimo leader dell’Urss, evitando che i suoi omaggi potessero assumere una sfumatura politica o potessero essere mal interpretati. Prigozhin, invece, non era un ex leader, ma un mercenario sanguinario, con il quale-tra l’altro-Putin non ha mai gradito troppo farsi ritrarre, onore che ha invece concesso a Ramzan Kadyrov fin dall’inizio della sua carriera.

Il luogo della sepoltura

Un cimitero non è come un altro, e in Russia ancora di più. Anzi, gli uomini “dal destino difficile” come Prigozhin solitamente vengono sepolti in luoghi segreti per evitare di farne dei martiri. Anche a questo proposito le voci che si erano sovrapposte in queste ore volevano il fondatore del gruppo Wagner sepolto oggi a San Pietroburgo, nel cimitero di Serafimovsky. A riferirlo i media locali, che hanno parlato a lungo di un notevole dispiegamento di forze dell’ordine davanti al cimitero e dell’installazione di metal detector. Quello di Serafimovsky non è un cimitero qualsiasi. Da luogo di sepoltura per i diseredati, finì per ospitare i morti dell’assedio di Leningrado dal 1941 al 1944. Qui vengono celebrate ricorrenze gloriose come il Giorno della Vittoria (9 maggio) o il ritiro dall’Afghanistan (15 febbraio), ma soprattutto vi sono sepolti anche i genitori del presidente russo, oltre che molti soldati e funzionari del ministero della Difesa, sportivi o vittime di tragedie nazionali.

Poteva un traditore essere sepolto proprio qui, in un luogo ove la sua tomba diverrebbe facile meta di pellegrinaggio di nostalgici e sostenitori? Difficile che il Cremlino acconsentisse senza battere ciglio, adducendo alla “libera scelta” dei familiari di Prigozhin. Quella che invece è apparsa subito come una notizia certa è stata la cerimonia funebre (nel cimitero Nord di San Pietroburgo) di Valery Chekalov, il capo della logistica della Wagner, che sarebbe morto nello stesso presunto indicente in cui avrebbe perso la vita Prigozhin. Nessuna annuncio ufficiale, nessuna cerimonia pubblica, tantomeno accesso per i giornalisti. Il luogo della sepoltura del ei fu leader della Wagner Pmc diventa, dunque, in queste ore espressione paradigmatica del conflitto tra la burocrazia della guerra russa e il sentimento patriottico, impegnato nel sostegno morale all'”operazione speciale”.

Chi potrebbe essere al funerale di Prigozhin?

Per un leader caduto un disgrazia come Prigozhin, l’immagine che viene immediatamente alla mente è quella di una cerimonia riservata a pochi familiari, sottotono, quasi nascosta, in un angolo defilato di un cimitero di second’ordine. Un ritratto decadente che ricorda vagamente la scena finale di K-19, quando i comandanti Vostrikov e Polenin (Liam Neeson e Harrison Ford) si ritrovano dopo anni dai fatti, a celebrare i loro compagni, quasi di nascosto e senza gloria alcuna, in un cimitero deserto. E così è stato.

Ma nel caso del capo dei mercenari, il problema era anche di ordine burocratico. Non solo per via dell’opportunità della partecipazione di Putin o meno, ma a causa di quella medaglia di “Eroe della Russia” della quale Prigozhin si fregiava. Un’onorificenza che avrebbe come conseguenza i funerali di Stato solenni. Un’onta che Putin non avrebbe mai permesso, nemmeno se fosse la stessa legge a prevederlo. Si sarebbe trattato di una imbarazzante concessione che avrebbe fatto perdere ogni credibilità residua alla Difesa russa.

Ma spulciando i canali Telegram vicini al gruppo dei mercenari, c’era anche chi era pronto a giurare che i fedelissimi di Prigozhin sarebbero stati pronti ad organizzare un funerale pubblico in grande stile, di concerto con i familiari, in occasione del quale seppellire altri membri della Wagner caduti in guerra: una sorta di cimitero di Gettysburg in salsa mercenaria che rappresenterebbe un grande smacco al Cremlino. Un’idea da cui i servizi di sicurezza russi rifuggono, soprattutto nell’ottica di non pompare il lutto dei nostalgici che chiederanno giustizia (o vendetta?). Le esequie pubbliche, ormai pericolo scampato, tuttavia non potranno arginare la compassione con cui certi angoli di Russia stanno rispondendo alla morte del maestro concertatore dei Wagner: la via Varvaka a Mosca disseminata di fiori, candele, messaggi e peluche per un uomo che tutto era tranne che un eroe pacifista, la dice lunga sull’eredità che Prigozhin lascia ai suoi fedayyin.

Omaggio floreale al capo della Wagner Evgenij Prigozhin a Mosca. Foto: EPA/MAXIM SHIPENKOV.

L’atteggiamento dei media sui funerali di Prigozhin

Se l’obiettivo deve essere quello di spegnere l’incendio dei fedelissimi, è comprensibile che i media russi stiano comprendo la notizia il minimo indispensabile. Sulla Tass, la celebre agenzia di stampa russa, le notizie sulla morte di Prigozhin cominciavano a invecchiare. Oltre alla “conferma” del test del Dna sui corpi ritrovati, l’agenzia ha ripreso per diverse ore, pedissequamente il comunicato di Peskov che sgombrava il campo sulla partecipazione di Putin ai funerali. E ad oggi, ben altre notizie sono in cima alla top 10. Stessa cosa per Ria Novosti, che ha preferito dare spazio ad altre vicende, pompando addirittura la propaganda sull’allargamento dei Brics con un op-ed a firma di Alexander Dugin.

Interessante è invece la postura scelta da Tsargrad Tv, la piattaforma del miliardario Konstantin Valer’evič Malofeev, a sua volta sponsor mediatico proprio di Dugin. Qui viene proposta quasi una lista di Frequently Asked Questions a proposito del mistero del funerale di Prigozhin, attorno al quale vengono fatte supposizioni e congetture quasi come se si trattasse di un media indipendente ed esterno ai fatti. Ma è da questa fonte che apprendiamo che almeno da ieri, un certo numero di wagneriti avrebbe iniziato a radunarsi attorno al Cimitero Nord di San Pietroburgo, lì dove sarebbe stata avvistata anche Alena Mozhar, ex dipendente di Prigozhin. Lo stesso Malofeev avrebbe scritto di suo pugno un coccodrillo di primo piano per il leader della Wagner, descrivendolo come il “creatore di una leggenda”, “un vero patriota della Russia, terribile per i nemici e scomodo per i burocrati”, ma anche un “eroe inquieto che si è fermato in tempo”.

Le tensostrutture allestite presso il cimitero di San Pietroburgo. Foto: EPA/ANATOLY MALTSEV.

La segretezza (o meno delle esequie)

L’aspetto pubblico delle esequie di Prigozhin sembrava essere l’unico dettaglio a restare ancora in sospeso. Da un lato, la necessità di non farne un martire, dall’altro quella di controllare le deviazioni eversive del lutto dei sue fedelissimi. E ancora, il nodo “funerali solenni”, un’onta per il Cremlino. Tuttavia, la data del funerale, almeno secondo quanto dichiarato dal portavoce Peskov ieri, sarebbe comunque stata resa pubblica. E così invece non è accaduto. Nel resto del Paese, a Rostov come a Ekaterinburg, sono spuntati memorial e altarini colmi di foto, rose e garofani rossi. Ai quattro angoli del cimitero settentrionale di San Pietroburgo erano sono stati collocati dei gazebo con copertura nera, quasi come se una cerimonia dovesse tenersi da lì a poco. Le forze di sicurezza era sono state rinforzate, ma ancora non era chiaro per chi o per cosa.

Un memoriale informale per Prigozhin a Mosca. Foto: EPA/MAXIM SHIPENKOV.

Quello che è certo è che la trasformazione in eroe nazionale è già in corso, checché ne dicano le alte sfere. Immagine che il golpe non ha scalfito, anzi, ne è stato addirittura catalizzatore. Una popolarità che sembra travalicare quella del Cremlino e del suo algido leader, così poco pop. Di Prigozhin, invece, riecheggiano ancora le immagine della “resa”, quando sorridente, veniva acclamato dalla folla a poche ore dal fallito golpe, come il guerrigliero inacciuffabile. Una mitopoiesi fulminea, se si pensa a quanto poco tempo è passato dalla venuta allo scoperto e alla conferma del legame con la Wagner, e la morte. Un tentativo che Putin porta avanti da vent’anni con risultati non comparabili. “Andremo all’inferno e saremo i migliori anche lì” , amava ripetere Prigozhin. Ammesso che sia davvero morto, ci sta riuscendo benissimo.

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