Cosa c'è sul Tavolo?

Cosa c'è sul Tavolo?

Da lavoro, da ufficio, d’appoggio, da lettura, da disegno, da riunione, da salotto, da camera, da bagno, da cucina, da colazione, da pranzo, da the o caffè, da bar, da banchetto, da cerimonia, da ristorante, da falegname, da colorare, da riparare, da aggiungere o da togliere, da stiro, da arredamento ma anche fisso, prenotato o da prenotare, da gioco, da biliardo, da ping-pong, da scuola, da mensa, da notte o da giorno, da discussione, delle trattative, operatorio, di studio, di montaggio, di comando, di manovra, d’azzardo, rustico, tecnico, di incontro, di concertazione, del negoziato, di pace, antico o moderno, di design, apparecchiato, pronto, stabile o instabile, sporco o pulito, liscio o ruvido, di legno o di ferro, a ribalta, alto o basso, lungo o stretto, ovale, rettangolare o rotondo, reclinabile, anatomico, girevole, allungabile, ribaltabile, portatile, a cabaret, a nido, a farfalla, a fagiolo, con cassetto o senza, all'aperto, apparecchiato e quindi femminile (“tavola”), rotonda, calda, imbandita, che invita e che è pronta ma anche degli elementi, pitagorica, dipinta, tablet, tabella, da sci, da surf...

 Insomma, cosa sarebbe la nostra vita senza un TAVOLO?

Perché – vuoi riferito al maschile come componente di arredo o vuoi al femminile come posto per mangiare - il tavolo crea con le sue forme uno spazio attorno al quale, da soli o in compagnia, in piedi o seduti, tutto diventa spazio, tempo e luogo di incontro. E per questo intimamente legato al simbolo umano o del nostro essere.

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Perchè basta chiedere come lo tenete a casa o in ufficio per fare già subito una prima "psicologia" da tavolo. Come sappiamo il "come lo tieni" indica infatti l'approccio che ognuno di noi ha verso le cose che sono sul tavolo.

Ecco perché un tavolo non è affatto un oggetto o uno strumento senza identità ma un vero e proprio contenitore tridimensionale della nostra vita. Se non, in certi casi, del nostro modo di vedere le cose: vi ricordate tutti la famosa scena del noto professore che, in un attimo fuggente, invita gli allievi a salire sopra il tavolo per cambiare il punto di vista?

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Addirittura alcuni dicono che chi lo sogna è probabilmente una persona che “ci riflette sopra” prima di prendere una decisione. Per altri, quando sognato vuoto, può significare invece disavventure o litigi. O, nella realtà quotidiana delle nostre famiglie, chissà se questo diventa il sogno circa il fatto che... qualcuno lo ha finalmente pulito e sparecchiato! E se poi volete giocarlo al Lotto, segnatevi il 16, 30, 43 (nella Smorfia Napoletana va considerato invece il numero 82).

Chissà se è per questo che, secondo Giorgia Fantin Borghi, "tutte le grandi cose accadono intorno a un tavolo". Ma il tavolo, da buon "quadrupede", è anche un compagno fedele: in una poesia di Juan Carlos Galeano, "Con le sue quattro gambe il tavolo potrebbe andarsene dalla casa. Ma pensa alle sedie che lo circondano".

Eppure, a ben vedere, il tavolo è sempre stato un po' l’ultimo nelle grandi categorie dei complementi di arredo.

Nato in epoca greca come oggetto sul quale fare vita domestica o atti religiosi, a Roma la “tabula” (dove non a caso “ta” ci indica lo “stendere”) venne utilizzata molto spesso nelle “domus” anche se, come sappiamo, ai romani piaceva mangiare coricati sul famoso “triclinium”. Nonostante lo sfarzo e la sontuosità, fino al XIV secolo il tavolo continuò però ad essere considerato fondamentalmente un bene essenziale. E’ solo a metà del XVIII secolo che il nostro oggetto inizia ad avere forme più ricercate. Fino ad arrivare ai giorni nostri a divenire un vero e proprio oggetto artistico e di design: basti pensare al famoso Tulip disegnato da Eero Saarinen o ai tavoli realizzati da designer come Le Corbusier, Norman Foster o Alvar Aalto (qui sotto ne trovate alcuni!).

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E in ufficio?

Uffici...almente è nel 1700 che pian piano vediamo apparire il tavolo da scrittura dentro il quale, nel corso degli anni, si aggiunge la pratica di inserire dei cassetti. Ma è solo nel corso del XX secolo che, fatto “a piedistallo”, arriva il primo vero modello di scrivania da ufficio così come la intendiamo oggi. Di forma semplice, lineare e pratica (oggi diremmo “agile”), spesso aveva un cassetto centrale sotto il piano di appoggio e un pannello frontale con la funzione di sostenere la struttura o, per i più maliziosi, nascondere il lavoro agli occhi dell’interlocutore.

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Nell’ambiente di lavoro “taylorista” le scrivanie, come in una fabbrica, erano disposte su lunghe file molto semplici e senza troppo comfort: a quell'epoca il benessere sul posto di lavoro non era tutto sommato un aspetto importante per i vari datori di lavoro...

Collegandolo però all’idea di Produttività, con la nascita dei grandi uffici degli Anni ’30 il comfort del "desk" divenne importante e, di conseguenza, anche la qualità degli arredi da ufficio cominciò a migliorata con il lancio di nuovi prodotti iconici come, ad esempio, la nota scrivania in tubolare d'acciaio di Marcel Breuer.

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Tuttavia, è solo negli anni '40 che i designer hanno iniziato a prestare attenzione al "posto di lavoro". George Nelson, designer di Herman Miller, con la sua Workstation moderna lanciata nel 1947 fu tra i primi a lanciare un design carismatico nei mobili per ufficio. Un trend che continuò ad evolversi negli Anni '50 con l'avvento del “Burolandschaft” che - un dentro l'idea di un nuovo "panorama lavorativo" ante '68 - ha segnato l'arrivo di un posto di lavoro più “sociale” o collaborativo e in grado di incoraggiare una maggiore interazione tra le persone.

Il concetto di Action Office, sviluppato nel 1964 da Robert Prost, portò successivamente alla nascita dei mobili per ufficio modulari al fine di creare postazioni di lavoro sempre più flessibili e confortevoli.

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Arrivando velocemente agli Anni '90, il “boom” dell’informatica fece invece arrivare nei luoghi di lavoro spazi sempre più aperti e con toni luminosi associati fino ad allora solo all'interior design della casa. E' da qui che si iniziò a pensare a spazi flessibili, con pareti mobili, tavoli pieghevoli e sedie impilabili che - ancora oggi - sono popolari nei nuovi “smart offices” ispirati ai New Ways of Working. Dove ci si è aperti anche alle “clean-desk policies” o alle App che ti consentono di prenotare una postazione non essere più assegnata ma “liquida”, ibrida e condivisa un pò come le auto, le case o gli altri servizi della “new economy”. Ecco allora che il tavolo diventa anche un amletico "essere" o "non essere": pensiamo alle "daily stand-up" davanti a una "kanban board" dove può esserci o non esserci.

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Sulla "psicologia da ufficio" è stato scritto molto. Attorno al nostro tema, ad esempio, è ormai dimostrato che le persone che lavorano ad un tavolo ordinato e organizzato tendono ad essere più convenzionali, legati a ciò che ci si aspetta da loro, generosi, inclini al cibo sano. Mentre quelle che prediligono un piano caotico amano l'essere originali, anticonformisti o liberi dalla tradizione.

Ma il tavolo da lavoro, ovviamente, non può non esserci anche in fabbrica! Come “luogo di produzione”, magari vicino ad un moderno braccio robotico, il tavolo / postazione oggi diventa tutt’uno con il processo “lean” così dando all’operaio la chance di svolgere il proprio compito sì rapidamente ma anche mantenendo alti gli standard di qualità. Pensiamo alle note "5 regole" del Sistemare e Organizzare, Controllare l'ordine e la pulizia creati, Standardizzare e Migliorare e poi Sostenere nel tempo.

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Anche in questi contesti l'ergonomia non può più essere considerata solamente un fattore di spesa o di "ordine". Come sappiamo, lavorare in maniera ergonomica comporta innumerevoli vantaggi sia in termini di produttività, di salute ma anche di motivazione o "engagement" dei collaboratori. Un aspetto da non sottovalutare in tempi di carenza di personale specializzato!

Un ultimo passaggio: a casa!

Se per molti l’ufficio - per 2 o 3 giorni alla settimana - è ormai “di casa”, ecco che il tavolo torna ad essere uno dei mobili “smart” a cui pensare anche all’interno delle nostre “Smart Homes”.

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Post pandemia, il tavolo infatti torna ad essere un elemento sociale e aggregativo e, per questo, sempre più al centro dell’habitat. Non solo per decorare o appoggiare su di esso cibo o oggetti ma anche, appunto, per lavorarci sopra! E magari in maniera condivisa: da un lato con i figli impegnati a fare i compiti e dall’altro con il coniuge che fa una video-call dal proprio PC.

Come ripensare allora lo "smart desk" domestico? Sicuramente alzabile in altezza o allungabile / accorciabile: una caratteristica questa che, non tutti sanno, risale al XIX Secolo nell’area rurale che c'è fra Toscana ed Emilia Romagna. Fu infatti proprio qui che si andò a sviluppare l’idea di mettere sull’unico (non per ragioni di spazio, bensì economiche) tavolo di casa due “allunghe” che potevano essere estratte al bisogno. Così da ospitare parenti o amici. Ma anche tutti quei colleghi contadini che durante l’anno si avvicendavano per la “battitura” o la “vendemmia”.

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Un tavolo domestico dunque ancorato alle tradizioni ma anche nuovo “mobile” da spostare o trasportare in casa. Quindi un tavolo pensato e disegnato per essere nomade come chi vive nel mondo VUCA, e per questo leggero, modulabile, un po' minimalista, a uso promiscuo vita/lavoro e, perché no, realizzato in chiave ESG con materiali sostenibili e “puliti”.  

E quindi, da ultimo, un nuovo oggetto funzionalmente bello grazie a una relatività della sua forma fatta per “servire” le persone così come in un moderno “Smart Office”.

Insomma, quante cose possiamo ancora oggi fare con un tavolo!
Marco Muzzi

Head of procurement Italy and Switzerland / Energy Manager presso GXO Logistics, Inc.

2 anni

A me piace pensare al tavolo come ad un punto attorno al quale, tutti con pari dignità e pari valore, ci troviamo per confrontarci.... Cucina, sport, politica, cultura, vita quotidiana, qualsiasi argomento, io mi confronto con te

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