Fare ombra
CC author=Sven Schlager

Fare ombra

Dopo un'estate calda e assolata fare ombra pare un gesto gentile. E per chi di noi ha un po' di sangue veneto nelle vene, l'ombra richiama quella freschezza e convivialità che assicurava il bicchiere di vino all'ombra del campanile di San Marco.

Ma quando gli alberi sono fitti e c'è poca luce, fare ombra non è proprio una bella cosa. Chi è nell'ombra e ha bisogno dell'energia del sole fa di tutto per emergere. In un mercato, in una organizzazione competitiva, c'è da sgomitare per uscire dall'ombra di chi ci sta davanti, per avere un posto al sole, per stare in prima fila, per emergere, per avere successo. Una fonte naturale di conflitti in cui giocarsi il posto, l'occasione, l'opportunità in competizione con il fratello nell'impresa di famiglia, il collega nell'organizzazione, il vicino nella comunità.

E qui allora ci vengono in aiuto tanti strumenti che anche noi che ci occupiamo di organizzazioni, di comunicazione, di negoziazione mettiamo a disposizione per una gestione efficace dei conflitti. Tutti strumenti preziosi che richiedono però un cambio di prospettiva se vogliamo che funzionino.

Qualunque strumento di composizione del conflitto ci chiede di abbandonare una prospettiva di scarsità, mors tua vita mea, e di abbracciare una prospettiva di abbondanza, che ci aiuti ad essere più generosi e meno paurosi di rimanere senza.

Ma non possiamo pensare di avere una prospettiva di abbondanza da soli, senza pensare a qualcosa più grande che ci contiene, che sia il progetto di famiglia, di impresa o di comunità a cui aderire o da proporre a chi ci sta attorno, imparando a sacrificare, mettere a rischio, l'io per il bene superiore del noi. Nella cultura orientale c'è l'immagine di noi come onde nell'oceano. Se ci percepiamo come onde cerchiamo a tutti i costi di resistere, di affermare la nostra identità, la nostra dimensione di onda. Se ci percepiamo come oceano, la nostra apparizione come onda è una semplice manifestazione dell'oceano di cui siamo parte.

Il bello è che la botanica ci insegna che anche gli alberi hanno molto più il senso della comunità, del bosco, di quanto noi riusciamo ad immaginare. Una rete di radici e di miceli connette le singole piante in un grande sistema distribuito su un ampio territorio. Segnali su possibili minacce vengono condivise dall'intero ecosistema, cos' come le piante madri fanno spazio alle piante piccole che crescono loro attorno.

Ora sta a noi capire quanto siamo disposti a metterci in gioco individualmente per assicurare il bene comune. Ma non basta che lo si faccia individualmente. Non possiamo risolvere la questione chiudendoci in casa, non possiamo tener fuori la peste isolandoci nel nostro castello. Siamo chiamati a vivere e testimoniare una visione comunitaria nella nostra famiglia, nella nostra impresa, nella nostra comunità.

Insomma, alla fine la domanda da farci è questa:

Siamo alberi o siamo foresta?

Sabrina Fantini

#Changemaker #Facilitatrice I Accompagno persone, team e organizzazioni a trasformare la diversità in fattore generativo I Innovazione collaborativa, Allineamento, Sviluppo strategico

7 mesi

Bellissima riflessione Luca, ispirativa, chiara, da tenere a mente ogni santo giorno. Provando a spostare lo sguardo di qualche grado ogni volta che ne abbiamo l'occasione, in quelle che sembrano piccole questioni quotidiane, ci si ritrova dopo un pò ad avere davanti a sè una prospettiva profondamente diversa, da alberi a foresta!

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