La Paura dell'Autorità

La Paura dell'Autorità

La Paura della Autorita’ capita a molti e spesso non si tratta di ragazzini, ma di persone adulte che, camuffandola, se la portano dietro nella vita di tutti i giorni. Capita a molti di vivere  con forte disagio la presenza di una figura autorevole (e talvolta autoritaria). Può capitare di provare ansia all’idea di incontrare il capo o ci si mostra con un atteggiamento sottomesso e compiacente di fronte a chi viene considerato “superiore” a se stessi.  Tengo a porre in evidenza il concetto di superiorità VS inferiorià, in quanto una percezione implica necessariamente l’altra, come se la possibilità paritetica (la famosa posizione Ok-Ok) non fosse contemplata.

Alla base di questa posizione esistenziale (in cui qualcuno si sente – davanti a chi percepisce +) , non c’è nulla di oggettivamente riscontrabile, ma solo un vissuto personale. Certo, c’è chi può rispondere: “beh insomma lui è il mio capo”, e siamo d’accordo. Ma il vissuto individuale di fronte a una persona che occupa solo nell’organigramma una posizione superiore, è qualcosa che ci mettiamo noi e che deriva da una svalorizzazione del proprio senso di identità e di dignità personale: il proprio valore dipende da quello che pensano gli altri, dall’approvazione che riceveremo o meno da colui che organizzativamente occupa una posizione superiore, ma che come essere umano vale quanto valiamo noi.

Chi teme figure autorevoli, o chi gioisce del proprio valore in seguito all’approvazione ricevuta da tali “superiori”, ha una considerazione si sè scarsa ed è soggetto ad autostima instabile: essa infatti non dipende dalla dimensione dell’essere, ma è conclusione del risultato ottenuto (approvazione, complimento, incoraggiamento,…) collocandosi quindi su un piano del fare.

Da ciò si comprende perchè si parla di autostima instabile: se io vado bene e ho un senso/un valore perchè ho fatto bene, come mi sentirò quando farò male? Con buona probabilità profondamente inadeguato.

La dinamica intrapsichica è quella di chi vive queste relazioni come se fosse ancora un bambino di fronte ad un genitore. Si sente quindi imperfetto, immaturo, carente, piccolo davanti ad un genitore, potente, perfetto, grande. Attraverso il meccanismo della proiezione, questa persona vede nella figura del capo il suo ideale di perfezione che si è formato nel rapporto con i genitori (attenzione: i genitori agli occhi dei bambini sono perfetti anche nei loro difetti più grossolani, perchè sono l’unica fonte di amore e nutrimento fisico e relazionale). In questa proiezione capita di vedere l’altro come invece si vorrebbe essere nel proprio intimo,  o capita di sovrapporre l’immagine di un padre o di una madre perfetta o invasiva o potente o giudicante, di fronte alla quale non ci si è mai sentiti adeguati.

Questo perchè “quando guardiamo il futuro, lo affrontiamo osservandolo con gli occhi dietro la nuca”, e “ogni paura, prima di diventare paura, è stata una esperienza vissuta” (P. Spatola)

Ma la paura ha un senso: la natura ci ha dato le emozioni perchè ci servono.

La Paura in particolar modo ci mette in allarme verso un pericolo. In questo senso, se io cammino e incontro un leone, la paura è funzionale perchè mi porterà ad autoproteggermi, cambiando strada.

Quando la paura non è però rivolta ad una eventualità futura, ma è proiezione di un’esperienza angosciante passata che vediamo ricomparire di fronte a noi, senza alcun legame reale con il qui-e-ora, ecco che la paura diventa disfunzionale, perchè ci causa un impedimento nella nostra vita di adulti, per esempio non lasciandoci liberi di esprimere serenamente le nostre opinioni e la nostra energia costruttiva alla persona che percepiamo come giudicante e che quindi temiamo.

Il rischio inoltre è quello di dare luogo anche in questo caso alla profezia che si autoavvera: mostrandoci fragili e timorosi, la controparte non avrà la sensazione di trovarsi di fronte una persona consapevole del proprio valore, e percependo l’autosvalutazione che aleggia nell’aria, si sentirà invitato a svalutare a sua volta. Come risposta accetteremo la svalutazione come una giusta conferma del fatto che noi siamo poco, di fronte a lui che è tanto. In pratica, mettendoci nella posizione del Bambino verso il Genitore, ci tornerà indietro con una buona probabilità una reazone di un Genitore verso un Bambino, il che confermerà la nostra convizione di base, in un circolo vizioso ripetitivo e ogni volta più convincente sul nostro scarso valore percepito.

E’ possibile però relazionarsi diversamente, rendendosi consapevoli che le figure autoritarie fanno timore non per quello che in realtà sono, ma per quello che rappresentano ai nostri occhi.

Il percorso di conquista di autostima e autorevolezza ai nostri stessi occhi, è un processo per tappe e questi post non hanno che lo scopo di accendere una lampadina interiore, facendoci considerare alternative poco presenti nella nostra spiegazione univoca dei fatti. Il supporto del counseling potrebbe aiutare concretamente a esplorare le strade che questa lampadina comincia a rischiarare dentro di noi.

Ma intanto possiamo chiederci: chi ci ricorda quella persona che tanto ci intimorisce?

Lucia Violi

Psicologa, formatrice, consulente organizzativa. Counselor, Coach. Sviluppo capitale umano. Terapia Ipnotica.

8 anni

Rispondo a quelli che già me lo hanno chiesto più volte : Sl', tutti gli articoli scritti su www.nonsolocounseling.com sono scritti e ideati da me, a meno che la firma non sia di qualcun altro. Lo scopo è diffondere la cultura di uno spazio relazionare protetto dal segreto professionale e dall'okness di base. Se vi vengono dubbi, il mio numero è scritto ovunque. Anche qui! 392.2242212. Ci sediamo e parliamo un po', guardandoci negli occhi. Ricevo in studio a Milano, in Skype per chi è impossibilitato, vengo in aziende o in associazioni che sentono curiosità o bisogno, ho un telefono sempre acceso (almeno su whatsapp) e una mail controllata in tempo reale. Non diamo alla timidezza o alla diffidenza troppo potere sulle nostre scelte. Perché potrebbero essere scelte che ci cambiano la vita in meglio. ALLORA CONDIVIDI QUESTO POST CON TUTTI GLI AMICI INTERESSATI AL SENTIRSI MEGLIO. Grazie. Lucia Violi

Lucia Violi

Psicologa, formatrice, consulente organizzativa. Counselor, Coach. Sviluppo capitale umano. Terapia Ipnotica.

8 anni

Condivido, il "dipende da noi" non é un farsi carico di colpe, ma un sorridere con soddisfazione alle nostre potenzialità. Grazie Michele.

Michele Pan

LAGO People Manager at Lago Spa

8 anni

Personalmente ritengo che per tutte le cause citate, serva chiarire a chi legge che tutti noi abbiamo nel nostro interno tutto ciò che ci serve per vivere felici e sani. Come detto, la vita esteriore è lo specchio della nostra vita interiore, e quindi se qualcosa fuori non funziona come vogliamo, serve lavorare dentro di noi. Ma questo è un vantaggio, non uno svantaggio, perché è solo su di noi che abbiamo veramente potere. E lo abbiamo qui e ora. Pertanto serve amarsi ed accettarsi ora così come si è, e una volta fatto questo è possibile scegliere cosa cambiare di quello che non ci va. L'auto-accettazione e l'auto-approvazione fanno miracoli nella propria vita. Buona giornata a tutti.

Lucia Violi

Psicologa, formatrice, consulente organizzativa. Counselor, Coach. Sviluppo capitale umano. Terapia Ipnotica.

8 anni

Certamente si. Grazie dei suoi stimolanti interventi.

Lucia Violi

Psicologa, formatrice, consulente organizzativa. Counselor, Coach. Sviluppo capitale umano. Terapia Ipnotica.

8 anni

Certamente cultura, educazione e genetica interagiscono. Forse l'interazione è il nucleo originario di ogni risultato. Così come il malessere è certamente possibile interazione fra un "eccedere" in autorità esercitata e vissuto di chi sente di subirla. Ma anche il termine "eccesso" ha la sua ragion d'essere nel confronto. Cosa è eccessivo per me? Quando diventa eccessivo? Qual è il livello oltre cui si supera il limite? Eccessivo rispetto a cosa? Cosa facciano o debbano fare i coach dipende da molte variabili, fra cui in primo luogo l'identità della persona che ritiene di aver bisogno di supporto e la natura del committente. Ma proprio perchè credo nella visione sistemica, stento a credere che possa esserci un lato che prevarica senza un lato che attribuisca al prevaricare un potere così grande da definire il proprio valore. Perché poi alla fine è quello che ci affligge: non la sfuriata a voce alta, ma il tornare a casa sentendo accanto a noi il senso di fallimento.

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