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60 INNI OMERICI


citamente che Ermete tese sulla lira sette corde. Ora, siccome, secondo la tradizione, inventore della lira a sette corde sarebbe stato Terpandro1, che fiorì intorno al 676 a.C., la composizione dell’inno dovrebbe di necessità cadere dopo questa data.

Ma, in verità, a tempo di Terpandro la lira a sette corde esisteva già da secoli: la vediamo chiarissimamente rappresentata sui monumenti cretesi. Sicché, questo argomento, che poté sembrar capitale, è da riporre tra i ferri vecchi.

Anche fu osservato che la leggenda d’Apollo è esposta nella forma medesima che ricorreva nell'«Antiope» di Euripide. Sicché Euripide avrebbe già conosciuto l’inno (vedi ed. del Gemoll, pag. 240).


  1. Strab. 618 Τέρπανδρος ἀντὶ τῆς τετραχòρδου λύρας ἐπταχòρδῳ χρησάμενος. Ma le parole di Strabone, che del resto sono suscettibili anche d’una larga interpretazione, sono derivate dal notissimo brano dello stesso Terpandro: Σοί δ’ἡμεῖς τετράγηρυν ἀποστέρξαντες ἀοιδὰν ἑπτατόνῳ φόρμιγγι νέους κελαδήσομεν ὕμνους. Ora, da questi versi non si può affatto ricavare la conclusione che fino a Terpandro ci fossero soltanto lire a quattro corde, e che egli per primo ne inventasse una a sette corde. Avvenne in Grecia ciò che è avvenuto sempre per ogni elemento delle costituzioni musicali, e quindi anche per gli strumenti: che cioè le forme più antiche seguitano a sopravvivere anche quando sono già apparse e trionfano le più moderne. Già in tempi antichissimi esistevano lire a sette corde; ma i compositori ligi alla tradizione classica, seguitavano ad attenersi a quella a quattro corde, cioè alle melodie che si svolgevano nell'àmbito d’una quarta (si veda il mio studio sui modi greci nel volume «Nel regno d’Orfeo»), Terpandro, invece, più vago di novità, abbandonò lo strumento arcaico, e si attenne a quello, pure antichissimo, che la Grecia classica aveva accolto da meno tempo.