Solo gli sciocchi pensano che si possa vivere senza Dio

di Corrado Gnerre

L’esistenza di Dio è una verità dimostrabile con la ragione. Si tratta di una convinzione che la teologia cattolica ha sempre affermato. D’altronde è presente già nell’Antico Testamento laddove si afferma, nel libro della Sapienza, che, attraverso l’osservazione della natura, si arriva all’esistenza del Creatore. Dunque, la Chiesa Cattolica ha sempre tenuto fermo questo punto, tanto è vero che il Concilio Vaticano I ha sentenziato che deve considerarsi fuori della Chiesa colui che dovesse credere che la ragione umana non possa dimostrare l’esistenza di Dio.

Però, su questo argomento (l’esistenza di Dio) c’è da aggiungere qualcos’altro. C’è da aggiungere quanto l’uomo abbia esistenzialmente bisogno di Dio. Possiamo dire che a riguardo vi è anche una prova esistenziale. Ovviamente non è una prova determinante come quella razionale; è una prova che più che dimostrare l’esistenza dimostra quanto l’uomo abbia bisogno di Dio per poter realizzare pienamente e felicemente la sua vita. Dunque, si sbaglierebbe certamente se si volesse sostituire l’argomento razionale con quello esistenziale, piuttosto è importante “fortificare” la prova razionale con quella esistenziale.

L’argomento esistenziale non è persuasivo quanto quello dimostrativo razionale, perché non è detto che se si desidera qualcosa, questa automaticamente esista; ma tale argomento è importante per due motivi: perché ci fa capire quanto sia naturale pensare a Dio e perché come solo con Dio si possa raggiungere la felicità, cioè la pienezza della vita.

“Chi ha Dio, ha tutto”

Si racconta che un giorno un uomo andò da san Pio da Pietrelcina lamentandosi per la sua povertà. Evidentemente tante faccende economiche non dovevano andare come dovevano. Il Santo lo ascoltò e poi disse: “Chi ha Dio, ha tutto!”

Può darsi che questa frase san Pio l’abbia pronunciata in un altro contesto e non rispondendo all’uomo da cui sopra, ciò non toglie che è una frase che dice ciò che di più vero non può esistere. Cosa valgono le cose rispetto a Dio? Cosa vale la ricchezza materiale rispetto a Dio? Cosa vale la salute rispetto a Dio? Nulla. Perché solo Dio è l’Infinito e solo Lui può dare senso a tutto.

Diciamo una banalità: un pomodoro che non sia un pomodoro, non è un pomodoro; così un formaggio che non sia un formaggio, non è un formaggio. Insomma, una sostanza che non sia una sostanza, non è una sostanza. E ciò vale per Dio. Dio o è tutto o non è. E proprio perché Dio è l’assoluto, Dio vale più di ogni altra cosa e più di tutte le cose messe insieme. Quindi, se si ha Dio si ha tutto. La logica è logica.

La poetica del Leopardi per capire il bisogno di Dio

E’ talmente logico (cioè evidente) ciò che abbiamo appena detto, che ogni uomo se è onesto intellettualmente (cosa, purtroppo, per nulla scontata) non può non capire quanto l’uomo abbia bisogno di Dio.

Prendiamo il grande Leopardi. La sua poetica si esprime fondamentalmente in due tematiche: l’attesa come unica soddisfazione e la solitudine cosmica.

Iniziamo con la prima (l’attesa come unica soddisfazione). Facciamo questo esempio: siamo affamati, torniamo a casa e invece di trovare un bel piatto di maccheroni con la sua giusta “curvatura”, ci fanno trovare un piatto con una sola foglia d’insalata, per giunta scondita. La reazione è prevedibile: una forte insoddisfazione. Un’insoddisfazione che scaturisce da una sproporzione: da una parte la grandezza della fame, dall’altra la piccolezza della risposta (una semplice foglia d’insalata). Fuor di metafora: se al posto del piatto di maccheroni ci mettiamo l’infinito, capiamo che qualsiasi cosa che non è tale non può soddisfare il desiderio più profondo dell’uomo. Ogni uomo desidera l’infinito, perché l’uomo è fatto per l’infinito. Giustamente sant’Agostino, che era vissuto com’era vissuto, dopo la conversione scrive che l’uomo è inquieto fin quando non riposa in Dio. Leopardi questo lo dice, ma, a differenza di sant’Agostino, non ha la risposta; anche se poi terminerà la sua vita ricevendo i sacramenti… forse grazie al luminoso esempio di suo padre, quel conte Monaldo Leopardi, convinto scrittore cattolico, a cui il figlio Giacomo si sentì sempre profondamente legato. Ma –dicevamo- Leopardi, pur non avendo la risposta, afferma con grande onestà intellettuale che l’uomo ha bisogno dell’infinito e ogni cosa che possa conquistare su questa terra -e di questa terra- non potrebbe mai pienamente soddisfarlo. Anzi, una volta che avrà raggiunto un simile obiettivo, si accorgerà che esso è ben poca cosa. Ne Il sabato del villaggio il poeta di Recanati questo dice. Il sabato è più bello della domenica, perché la domenica, una volta arrivata, si mostra incapace di soddisfare il cuore. Dunque, l’unica soddisfazione è l’attesa e non il raggiungimento di ciò che ci si è prefissato di raggiungere. Scrive nei Pensieri (LXVIII): “il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole meravigliosa dei mondi, è trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, e patire mancamento e vòto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana”.

Una cosa del genere la dice anche Montale nella raccolta Ossi di seppia quando paragona la condizione dell’uomo a quella del gabbiano del mare, il quale vedendo uno scoglio vi atterra, ma poi, non rimanendo soddisfatto di ciò che ha raggiunto, ne vede un altro e, come se gli sembrasse più bello, decolla per poterlo raggiungere: Sotto l’azzurro fitto del cielo, qualche uccello di mare se ne va, né sosta mai perché tutte le immagini portano più scritto ‘più in là’.

Passiamo al secondo tema della poetica leopardiana (la solitudine cosmica). Il poeta di Recanati dice chiaramente che l’uomo è solo. Non si tratta di una solitudine così come solitamente la si può intendere, bensì di una solitudine causata dalla consapevolezza che nulla può dare significato al proprio vivere. L’uomo può essere anche fisicamente insieme a tante  persone, ma è sempre irrimediabilmente solo. Solo, perché nessun uomo può essergli risolutore del mistero della sua vita. Ogni uomo è solo e non può illudersi di trovare nell’altro una risposta d’infinito se l’uomo stesso è segnato da una costitutiva precarietà.

E allora si capisce bene perché la poetica del Leopardi può essere importante per dimostrare la verità cattolica. Importante, perché dà la possibilità di capire quanto l’uomo possa solo nell’infinito trovare l’appagamento adeguato al suo essere; e quindi come solo Dio possa costituire il “compagno” decisivo per la vita di ognuno. Come abbiamo già detto, Leopardi è interessante perché è onesto. Sa di non avere la Risposta, ma sa anche che, senza la Risposta, l’uomo non può vivere bene. Poeti come lui, Pavese e altri, sono molto diversi da tanti “intellettuali” contemporanei che pretendono affermare che la Risposta non solo non ci sarebbe, ma che, proprio senza la Risposta, l’uomo vivrebbe meglio. Qui vi è la menzogna. Solo uno stolto può affermare che l’uomo è autosufficiente. Molte volte sentiamo dire che solo il cretino non dubita, perché solo il dubbio sarebbe intelligente. Ora, oltre al fatto che già una simile affermazione è un’affermazione che non tollera nessun dubbio, va detto a chiare lettere che è proprio il contrario. La stoltezza non sta nell’affermare la certezza, ma nel convincersi che l’uomo possa essere risposta-a-se-stesso. Einstein amava dire ai suoi studenti: “E’ la meraviglia, non il dubbio, la fonte vera della conoscenza.”

Leopardi si colloca nell’intelligenza di quella posizione umana capace di capire che senza l’infinito l’uomo non può vivere. Quella posizione umana che demolisce qualsiasi illusione tipicamente moderna secondo cui l’uomo possa essere soluzione a se stesso. Una posizione onesta a cui dovette contribuire –come abbiamo già detto- anche la grande stima e il grande affetto che conservò sempre per suo padre. Una posizione che fu ripagata da una morte tranquilla, dopo essersi riconciliato con il Signore: confessandosi e comunicandosi.

La questione di Dio come la questione più importante

Ed ecco perché la questione di Dio è la questione più importante. Solo una sciocca antropologia di stampo materialista può affermare che non sia così. Tant’è che l’ateismo materialista è in un certo qual modo la più chiara dimostrazione della contraddizione che ha in sé quella antropologia. Chesterton dice giustamente: “Se non ci fosse Dio, non ci sarebbero gli atei” Il che –aggiungiamo- significa che solo l’uomo può essere ateo, ma perché? Perché ha in sé costitutivamente l’idea di Dio. Era anche quello che affermava il grande sant’Anselmo di Aosta con la sua famosa prova apriori. Qualcuno pensa che sant’Anselmo con quella prova volesse davvero dimostrare l’esistenza di Dio. No, voleva piuttosto dimostrare l’inconsistenza dell’ateismo attestando la connaturalità dell’idea di Dio nell’uomo, per cui l’onere della prova non spetterebbe a colui che volesse affermare l’esistenza di Dio, bensì a chi lo volesse negare.

Senza Dio: la disperazione

Dostoevskij è chiaro: senza Dio, c’è solo la disperazione. Ed è così. Concludiamo con alcune sue parole: “Già la sola idea costante ch’esista qualcosa di infinitamente più giusto e più felice di me, mi riempie tutto di smisurata tenerezza e di gloria, oh, chiunque io sia, qualunque cosa abbia fatto. All’uomo assai più indispensabile della propria felicità è sapere e ad ogni momento credere che c’è in un certo luogo, una felicità perfetta e calma, per tutti e per tutto… Tutta la legge dell’esistenza umana consiste solo in ciò che l’uomo possa sempre inchinarsi dinanzi all’infinitamente grande. Se gli uomini venissero privati dell’infinitamente grande, essi non potrebbero più vivere e morrebbero in preda alla disperazione”.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri

 

 

 

 

 

 

 

 


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1 Comment on "Solo gli sciocchi pensano che si possa vivere senza Dio"

  1. Caro Corrado,
    a proposito di Logica come non citare la famosa Scommessa di Pascal sull’esistenza di Dio:
    “Se Dio esiste, si ottiene la salvezza. Se ci sbagliamo, si è vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere.”

    Cari Saluti,
    Francesco

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