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Il tesoro archeologico di Corteolona

Sull'area di Cascina Castellaro c'era il palazzo di Liutprando. E i campi hanno giá restituito reperti

2 minuti di lettura
Frammento di pluteo con testa di agnello, sec. VIII (Pavia, Musei Civici). La grande corte di Cascina Castellaro e in fondo l’ex chiesa di S.Anastasio (foto V. Di Gregorio)  
 CORTEOLONA. Un tesoro archeologico di etá tardo-longobarda potrebbe essere sepolto nel territorio di Corteolona, nei dintorni di Cascina Castellaro (area in cui sorgeva il palazzo regio longobardo). Se ne è parlato nel corso di una conferenza alla quale ha partecipato anche Caterina Giostra, docente di Archeologia Medievale alla Cattolica e autrice dell'articolo che pubblichiamo. di Caterina Giostra Fonti scritte di VIII secolo narrano che Liutprando (712-744) re dei Longobardi che risiedeva nella capitale Pavia, volle a Corteolona un palazzo di campagna, insieme luogo di svago e di rappresentanza, dotato anche di terme. Si recó a Roma alla ricerca di pregiati materiali di spoglio quali marmi, colonne, mosaici e suppellettili in metalli preziosi; ma in seguito al viaggio, spinto da un rinnovato fervore religioso, il re rinunció alla costruzione delle terme, in favore della fondazione della chiesa e del monastero di Sant'Anastasio.  Dei materiali di pregio, che dovevano dare agli ambienti un'immagine grandiosa per l'epoca, in passato sono stati visti reimpiegati in paese o sono stati recuperati nei campi elementi architettonici in marmo, anche di provenienza egiziana, e frammenti di scultura particolarmente raffinata (conservati presso i Musei Civici di Pavia), preziosa testimonianza di quella importante temperie culturale che fu la 'rinascita liutprandea'.  Anche dopo la caduta del regno longobardo ad opera di Carlo Magno, in etá carolingia e ottoniana, il palazzo rimase residenza regia: sovrani e imperatori promulgarono leggi e provvidero alla stesura di numerosi diplomi dalla villa di Corteolona, indicata di volta in volta come villa nostra, palatium regium, curte imperiali, curte regia. Intorno al 900 Berengario I munì il complesso architettonico di mura con torri e di un fossato, per difenderlo dalle invasioni degli Ungari, gli stessi che nel 924 misero a ferro e fuoco Pavia (capitale del Regnum Italicum) e forse non risparmiarono neppure il palazzo e il monastero di fondazione regia a Corteolona.  Solo tra il 967 e il 972 Adelaide, moglie di Ottone I, donó l'intero complesso e le sue pertinenze al monastero di S. Salvatore di Pavia, decretando l'inizio di un lungo e graduale processo di decadenza dello stesso. Il sito fortificato compare nelle fonti fino al Trecento, quando viene chiamato castellarium: il nome è rimasto alla grande 'Cascina Castellaro', erede delle antiche strutture (non più conservate in alzato) e attualmente proprietá privata, in seguito alla soppressione napoleonica del monastero e alla conseguente privatizzazione dei fabbricati.  L'ampia corte della cascina e l'ex chiesa di Sant'Anastasio, attualmente in veste tardo-quattrocentesca, si presterebbero a uno scavo archeologico, dopo verifica dello stato di conservazione delle stratificazioni più antiche sotto terra. Lo straordinario interesse storico-archeologico del sito, di portata decisamente sovra-regionale, è dato dal suo carattere di unicitá, trattandosi dell'unica sede di potere altomedievale, per di più regia, localizzata e indagabile in estensione in Italia. Essa permetterebbe di documentare per la prima volta le espressioni auliche dell'architettura residenziale di etá tardo-longobarda, ancora sconosciute in Italia e con sporadici confronti rappresentativi in Europa. La ricerca dovrebbe poi allargare lo sguardo al territorio circostante, a partire dalle forme di insediamento di etá romana fino alla formazione del borgo e dei vicini istituti ecclesiastici (la pieve di Santo Stefano e il monastero di Santa Cristina) in etá medievale, per una migliore contestualizzazione dell'oggetto della ricerca; imprescindibili, infine, i rapporti di varia natura (politici, economici e sociali) e i legami con Pavia, a cominciare dai percorsi fluviali e terrestri che permettevano un agile collegamento fra le corti. Le cattedre di Archeologia Medievale dell'Universitá Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dell'Universitá degli Studi di Padova sarebbero interessate ad avviare un progetto di indagine archeologica e di studio del complesso e del suo territorio. L'augurio è che possano maturare le migliori premesse locali per riportare alla luce, con soddisfazione di tutti, i resti dell'antico palazzo dei 're pavesi'. *Ricercatrice Universitá Cattolica di Milano
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