Solo a Roma


Una volta amavo Roma/perché ero giovane/e sapevo percorrere le colonne di Venere/la via Appia dalla notte all’alba/dormivo al Colosseo/e ammiravo i Caravaggio nella chiesa/senza dover pagare per la luce/Ora sono stanco a Roma/forse perché sono più vecchio/e ho perso il mio amore per l’antica bellezza/Ora so solo bere nei bar (Gregory Corso)

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Beth Hillel , la magia di Channukka

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Progetto Dreyfus   L’ORO DI ROMA

Mia nonna lo implorò: “No, per favore, la fede no. E’ l’unica cosa che mi resta”. Mortificato ma deciso, mio nonno ribatté: “Non essere testarda, lo sai che lo stiamo facendo per noi e per i nostri figli. Consegnati questi 50 chili, ci lasceranno stare”.

Il 27 settembre del 1943 gli ebrei consegnarono negli uffici della Comunità ben più di 50 chili d’oro, come era stato chiesto dai tedeschi in cambio della loro incolumità. Non servì quella parte inviata dal Vaticano, riuscirono con le loro forze. Ma si trattò soltanto dell’ennesimo inganno nazista. L’oro se lo presero, ma un mese dopo, portarono via anche 1024 ebrei.

La maggior parte di loro non tornò più a casa. Bambini, donne, uomini. Giovani e anziani. Sani e disabili.

 

 

 

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Elena Pia Boni Questo e’ l’edificio che ospita la mia scuola. Un edificio storico e molto bello. Costruito a meta’ degli anni ’20 durante il periodo fascista nel cuore della Citta’ Giardino a Montesacro. Tutta la zona era fatta di villette circondate da verde, alberi da frutta, pini, fiori. Doveva ospitare la piccola borghesia impiegatizia, ministeriale. Intorno anche le case popolari per i ferrovieri in particolare. La via Nomenana doveva collegare il quartiere a Porta Pia. Criteri di assetto urbano eccellenti. E la scuola era uno dei punti nevralgici. Venne poi intitolata a Don Bosco. In quel quartiere e in quella scuola durante la Resistenza avvennero episodi memorabili raccontati da Fenoglio in Primavera di bellezza. Con i ragazzi ho lavorato ad un progetto di Memoria. Non e’ molto cambiata. Ha visto avvicendarsi generazioni di studenti. Tanti docenti. Gagliarda resiste alle ristrutturazioni interne. Voglio bene a questa scuola. La raggiungo a piedi ogni mattina da molti anni. Ormai i miei studenti, i primi hanno dei figli, sono uomini e donne adulti. Ne incontro molti quando giro per il quartiere. E sono quella professoressa temuta e stimata ( cosi’ ha detto l’ altro giorno un giovane che attuera’ un progetto di teatro nell’ istituto). Non so…forse e’ cosi’ per molti. Insegno tanta grammatica, i classici, ho seguito tanti progetti. Chiedo ai miei studenti impegno e studio. Dicono che sia ” severa”. Io voglio loro molto bene. A tutti. Anche ai piu’ discoli. Un augurio di cuore a tutti loro. Continuo a credere nel valore dello studio. L’eta’ forse si fa sentire. A volte sono stanca. Ma mai di vedere loro quando attenti seguono, si interessano, vigilano e pensano. Un grande abbraccio ragazzi! Siate solidali fra voi sempre. Abbiate ancora fiducia

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 Tiziana Ficaccivero   Roma – A Piazza Remuria (San Saba) conosciuta perché si dice che è il punto in cui Romolo uccise Remo per divergenze sul luogo dove fondare la città, c’è un piccolo giardino attrezzato con giochi donati da parenti e amici in memoria di Eva Landsberg-Lewin (1909-2006). Nata a Poznan (oggi Polonia) in Germania, che lascia per sfuggire al nazismo nel 1933 recandosi negli Stati Uniti. Durante la guerra è stata comandante nel servizio sanitario pubblico, assegnata al soccorso e al reinserimento degli sfollati dall’Europa. A Washington lavora in cliniche pediatriche, A Roma, dove arriva nel 1958 insieme al marito funzionario della Fao, continuerà a lavorare al policlinico come pediatra. Si potrebbe lavorare per dedicarle il giardino?Nel rione alcuni toponimi sono dedicati ai militari “che si opposero all’invasore” (a pochi metri c’è il parco della Resistenza dell’8 settembre che custodisce anche i nomi di molte donne alle quali è dedicato un cippo in ottone circondato da rose) , le targhe dedicata a Renato Baruffi e Luciano Donati partigiani del rione, a Romeo Rodrigues Pereira ufficiale dei carabinieri trucidato alle Fosse Ardeatine, al poeta russo V.. Ivanov che qui abitò, all’artista Vittorio De Sica che abitò e morì in Via Aventina. Nel link che allego la testimonianza della dott. Eva Landsberg Lewin al Museo dell’Olocausto di Washington

Commenti
Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Foto non eccezionale di Piazza Remuria

foto di Tiziana Ficaccivero.
Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Maria Pia Ercolini è una richiesta realista? Abitando nei pressi so che molti la ricordano con piacere. Sono anche passati i canonici dieci anni

Maria Pia Ercolini

Maria Pia Ercolini Sì, assolutamente sì. Il mio consiglio: prendi contatto con il Municipio e presentati già con la richiesta pronta da inviare alla Commissione toponomastica. Barbara Belotti ti può aiutare a preparare la richiesta in modo conforme, ma torna il 12. Scrivile in privato su fb.

Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Bene , ti ringrazio molto e il 12 sarà la prima cosa che farò. Ho già dalla mia un paio di consiglieri dell’1 (sono del pd che ne municipio 1 sono maggioranza) e anche alcune maestre della scuola davanti (elementare Leopoldo Franchetti) e abitanti della mia via. Ti ringrazio per l’aiuto e l’approvazione

Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Costeggiando viale Giotto lungo le Mura Aureliane, al civico 5 la riproduzione di Guernica. Era la casa di Lello Cenciarelli, partigiano della difesa di Roma, (note sul rione)

foto di Tiziana Ficaccivero.
Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Questa è la storica sezione dei socialisti di San Saba in via Giotto. La sezione faceva parte del Comitato di Liberazione Nazionale, zona S.Saba Aventino Ardeatino., costituitosi il 4 maggio del 1945. Operativo soprattutto per le questioni legate agli alloggi popolari (icp). Ma anche per dichiarare il 25 aprile festa nazionale

foto di Tiziana Ficaccivero.
Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Via di Villa Pepoli è una bella strada privata di San Saba., un quartiere che ha scorci e planimetrie in regola per sembrare un posto perfetto per vivere. Il nucleo centrale del quartiere ruota intorno a piazza Bernini, dove le case di mattoncini di coAltro…

foto di Tiziana Ficaccivero.
Tiziana Ficaccivero

Tiziana Ficaccivero Questo è il retro dell’ufficio postale di via Marmorata, fra i quartieri Testaccio e Aventino ed è ritenuto un capolavoro dell’architettura modernista europea, progettato nel 1933 da Adalberto Libera, architetto a cui dobbiamo anche il Palazzo dei CongAltro…

foto di Tiziana Ficaccivero.
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piazza della quercia

 A DEBITA DISTANZA… Piazza della Quercia senza la quercia era impensabile. Seccato, per malattia o azione dell’uomo, il vecchio e stentato leccio che era stretto da automobili e motorini, ora ho potuto constatare che il nuovo leccio ha molto spazio attorno, ed è stato drasticamente potato. Speriamo bene… Le novità sono due: una notevole zona di rispetto delimitata da colonnine di ferro, che tiene a debita distanza il parcheggio (che sinceramente io non avrei consentito in una piazzetta così piccola che per di più ha accanto la piazzetta Capodiferro col cinquecentesco palazzo Spada). Altra piccola novità: il cerchio di ferro che alla base del leccio separa il terreno vergine dal selciato ha un diametro insolitamente grande. Bene. Ho preso la foto stretto tra due scooter… Piazza Capodiferro e palazzo Spada sono alle mie spalle, o meglio dietro la spalla sinistra. (Nico Valerio)

Nathalie Naim  La passerella trasparente per la sfilata di Fendi che recentemente ha restaurato il monumento restituendolo dopo 17 mesi di lavori al suo splendore.

Circola in questi giorni assetati lo spot dell’acqua sanbenedetto.  La ginnica Cindy Crawford cammina per strade di Roma irriconoscibili false pulite ordinate con ciclisti allegri panni stesi e fiori ai balconi.  Non bastasse l’irrealtà all’oleografico quadretto fa da sottofondo Anema e core, canzone napoletana. La lunga permanenza negli Stati Uniti del romano Muccino evidentement contribuisce a cancellare la realtà della  città.  Sarebbe stato meglio affidare lo spot a Verdone/Gerini con sfondo l’Ostiense assolata o il Torrino. Oppure la rodata coppia Archibugi/Ramazzotti a piazza Melozzo o al Pigneto.  Musica di sottofondo er Piotta, Rascel di nevicava a Roma e la gente si chiedeva ma cos’è, o Francesco Spaggiari con la notte di San Giovanni. Meglio, e fa anche venire più sete.

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Tiziana Ficaccivero
 

Alice Hallgarten Franchetti, 23 giugno 1874 – 22 ottobre 1911

Nell’elegante cimitero acattolico di Testaccio, che i romani chiamano inglese, c’è la tomba di Alice Hallgarten Franchetti nata il 23 giugno 1874 a New York e morta di tubercolosi il 22 ottobre 1911.
Educatrice e filantropa, coltissima, parlava 4 lingue. Arrivata in Italia e poi a Roma, iniziò ad assistere i bambini abbandonati di San Lorenzo, in quegli anni un quartiere malfamato. Durante una festa a Villa Wolkonsky Alice Hallgarten, conosce il barone Leopoldo Franchetti e lo sposa nel 1900. Più grande di lei di oltre trenta anni Franchetti si innamora immediatamente di quella donna colta di cui condivide, oltre l’ebraismo, gli ideali sociali e umanitari. Il barone è senatore del Regno, fondatore insieme a Giustino Fortunato dell’Associazione per gli interessi del Mezzogiorno. Insieme al ministro delle Finanze Sidney Sonnino conduce una accurata inchiesta sulle condizioni economiche e lavorative in Sicilia.
Il barone ha importanti possedimenti in Umbria, e nel 1901 Alice apre lì delle scuole moderne per dare istruzione ai figli dei contadini. A Città di Castello ancora oggi i bambini studiano in quegli edifici che hanno una concezione moderna perfino nella architettura. Maria Montessori, che Alice aveva conosciuto a Roma a San Lorenzo dove la grande studiosa aveva avviato, su impulso del sindaco Ernesto Nathan, la Scuola dei bimbi, viene chiamata ad applicare il suo metodo d’insegnamento. Con il sostegno economico del barone Franchetti il metodo viene messo a punto nel 1909, firmato Alice Franchetti-Maria Montessori.
Successivamente il regime fascista ordinò di fare sparire il cognome ebraico. Nel 1908 la baronessa Hallgarten Franchetti avviò il Laboratorio Tela Umbra, attivo ancora oggi, dove le giovani tessevano su telai acquistati a Londra. Venne avviata una vera e propria cooperativa, con le lavoratrici che partecipavano agli utili. Qui fu aperto il primo asilo nido aziendale italiano. Purtroppo Alice morì presto, stroncata dalla tbc. Il marito la seguì, suicidandosi dopo qualche anno, ed è sepolto accanto a lei. Erano molto ricchi e lasciarono i loro beni ai coloni. Filantropi fino alla fine.

Le foto sono fornite da Paola Spinelli

Alice tra gli scolari

Alice tra gli scolari

la Teleria Umbra

la Teleria Umbra

Il metodo

Il metodo

In via della Scala, all’altezza del civico 28, c’è questo piccolo bassorilievo marmoreo che non supera i 50 centimetri di lunghezza. Mostra tre minuscole figure in movimento che si spingono verso una tavola sulla quale è deposto un oggetto. Il mistero di via della Scala, una bella strada che va da piazza sant’Egidio all’Arco Settimiano e che ha una antica farmacia con antichi arredi e la scuola materna e la chiesa santa Maria della Scala e pizzerie e gelaterie…, è proprio sull’oggetto che le tre figure si contendono. Sembrerebbe una valigia. tipo samsonite. Possibile?

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I bambini romani sono i più maleducati del mondo. E lo sono da subito perché i genitori sono convinti che lo sforzo che hanno fatto per metterli al mondo  deve essere scontato da tutti. Per cui lasciano la carrozzina nel portone, li fanno scorrazzare nei ristoranti, li portano al cinema a vedere film non adatti e li distraggono facendogli sgranocchiare patatine… tutto è dovuto ai bambini tranne cose adatte a loro e a cui hanno diritto. Però i bambini romani sono bellissimi e averli in casa è una fortuna che a qualcuno è stata negata. Qui sotto le piccole Ester (sopra) e Emilia (sotto). Femmine!

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Meloni e le regole:

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Flavia Perina  Titolo: Apartheid. Testo: La sola cosa interessante letta da giorni sulle elezioni romane è un discorso (con numeri) sulle diseguaglianze cittadine: in zone come Salario, Ostiense e Garbatella si vive in media 81 anni, mentre a Torre Maura, Torre Spaccata o Giardinetti la media scende a 75 anni. A Tufello, Santa Palomba, o Tor Fiscale il tasso di disoccupazione è del 14%, quasi il triplo di quello di Parioli e Tor di Quinto. Solo il 6% di chi abita a Tor Cervara o alla Borghesiana si laurea, 8 volte di meno rispetto all’Eur, o al Celio. I numeri li ha dati Giachetti e fanno impressione. Sono numeri da apharteid, Johannesburg al tempo del dominio bianco o Belfast al tempo del Muro di Springfield Road, e mezza città nostra vive come come i neri e i cattolici dell’epoca: destinata al niente. (da facebook)

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ROMA – Due nuovi ginecologi non obiettori varcheranno la soglia dell’ospedale San Camillo di Roma. La Regione Lazio ha indetto un concorso specifico per assumere due medici dirigenti di Ostetricia e Ginecologia che applichino la legge 194 sul diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e il primo ha già preso servizio. Per la prima volta in Italia un ospedale mette a bando due posizioni “blindate”, per tutelare il servizio e garantire alle donne il rispetto del proprio diritto di scelta.

Il caso. “Nel Lazio – spiega il presidente della Regione Nicola Zingaretti – è stata compiuta una vera e propria rivoluzione. Tenendo conto del numero sempre in aumento degli obiettori di coscienza, ma soprattutto per contrastare la piaga dell’aborto clandestino, abbiamo operato in questi anni per garantire alle donne il diritto di interrompere la gravidanza senza nessun pericolo per la loro salute”. Malgrado la legge sia entrata in vigore nel 1978 e sia stata confermata da due referendum popolari, tuttora esistono problematiche nella sua applicazione.

qui per leggere tutto

http://www.repubblica.it/salute/benessere-donna/2016/05/13/news/194_aborto_medici_non_obiettori_san_camillo_roma-139733683/?ref=fbpr&refresh_ce

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Se si vuole sapere di Roma conviene leggere

http://forum.roma.corriere.it/una_citta_mille_domande/

dove ogni giorno i romani scrivono consigliano inveiscono indicano cose che i giornalisti delle pagine romane non sanno o, detto meglio, preferiscono non sapere. Da un po’ il Forum è tenuto dal bravo, onesto, Paolo Conti, un giornalista del Corriere fin dall’aspetto. Mai una posizione netta, risposte garbate, gentilezza con gli uffici stampa, salamelecchi al clero. Nè colpi di scena nè sorprese. Ha scritto il fondamentale libro Batticuore sulla paura di morire dei sessantenni, e ha avuto la splendore di citarmi e la caduta, qualche pagina dopo, di intervistare Passera l’uomo più sbiadito della terra. Come tutti i maschi è cento passi dietro alle donne, però credo lo sappia.  Alla domanda sulla intervista più desiderata risponde pronto: il papa! Avesse detto Titi Aynaw di giorno e Vincent Cassel di notte gli avrei dato 10. Così 7 che è comunque un buon voto.paolo-conti-500x321

glicine alla garbatella

Maledico i sensi di quei vivi/per cui, un giorno, nei secoli tornerà aprile/coi glicini, con quei chicchi lilla/trepidi in carnali file/senza quasi colore, quasi, direi, lividi PPP  (nelle due foto , glicini in via della garbatella. quella che si intravede è la casa dell’attore maurizio arena)

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Siamo in via delle Botteghe Oscure all’angolo con piazza della Enciclopedia Italiana che noi romani continuiamo a chiamare piazza Paganica (cambiare i toponimi dovrebbe essere vietato perché distrugge la memoria della città), e accanto a uno storico negozio di stoffe (civico 34) che è stato tra i protagonisti del film La finestra di fronte di Ozpetek. Sotto una immagine della Madonna con una lampada votiva sempre accesa, c’è questo omaggio a Leonardo. A Roma ci sono molte immagini sacre accanto alle quali familiari e amici affidano alla pietra il ringraziamento per il ricordo di un miracolo avvenuto o forse soltanto sperato. In questa piccola targa invece c’è solo la memoria dei compagni di scuola e la promessa di non dimenticarlo mai.

Perché questa minuscola insegna mi colpisce tanto? Forse perché sono abbastanza grande per aver vissuto strappi penosi e conosco quanto sia dolorosamente difficile trattenere nel cuore il ricordo di chi non c’è più.I compagni di scuola di Leonardo saranno – chissà? – aiutati da quel periodo che, per molti di noi, è stato uno dei più spensierati e pieno di promesse. Passo spesso da lì e ogni volta sorrido a quella targa e al garbo di chi l’ha posta. Forse solo perché mi ricorda che la gentilezza è uno dei piaceri della vita.

Tiziana Ficacci (da http://www.iloveroma.it)

Mimosa sansabina

Mimosa sansabina

Santa Maria dei Sette Dolori in Via Garibaldi 27, incomprensibile architettura della Roma barocca, progettata da Francesco Borromini su incarico della duchessa Camilla Savelli Farnese che nel 1642 gli affida la progettazione del monastero delle oblate agostiniane e della chiesa attigua. La facciata incompiuta, il vestibolo ottagonale e la chiesa con le sue stuccature sono eseguite sotto la diretta supervisione di Borromini fino al 1649. Il complesso è di grande suggestione con il vestibolo che ricorda la sala ottagona delle terme di Villa Adriana . E’ un lussuoso albergo, il Donna Camilla ovviamente di proprietà religiosa. Il che non sarebbe riprovevole se questi bravi gerarchi cattolici non stessero sempre con la mano tesa davanti allo Stato italiano togliendo a tutti noi.
A Roma rinascono gli ebrei di Tripoli   A Roma è rinata la Tripoli ebraica. Una cultura sommersa ha ricominciato a vivere nella zona che oggi ospita gli ebrei fuggiti dalla Libia. Si trova al nord del centro, il Quartiere Africano, che comprende vie intitolate alle ex-colonie italiane, come viale Somalia, viale Etiopia, viale Eritrea e, ironia della sorte, viale Libia: una zona tranquilla, residenziale, abitata prevalentemente da famiglie italiane, con strutture, parchi e servizi.Nell’estate del ’67 piazza Bologna, incastonata nel Quartiere Africano, era affollatissima, una rete di comunicazione per ritrovarsi e connettersi. Trovare un familiare, un contatto, un indirizzo. Intanto a Fiumicino atterravano i voli partiti da Tripoli, carichi di profughi ebrei libici, fuggiti, scampati alla morte e alle rivolte arabe che chiedevano la loro testa. In Libia dopo i sanguinosi pogrom e un periodo di relativa calma, lo scoppio della Guerra dei Sei Giorni diventò il pretesto per una nuova caccia all’ebreo. A Roma sbarcarono in seimila, un gruppo proseguirà il viaggio per Israele, gli altri, circa tremila, resteranno nella Città Eterna. E piazza Bologna diventerà per molti anni terra di confronto, in cui come in una terapia psicanalitica a cielo aperto, ognuno affrontava il trauma della fuga, mentre i figli si rimboccavano le maniche e diventavano nuovi italiani.
Oggi questa zona è epicentro, insieme al Vecchio Ghetto, di vita ebraica. Quattro sinagoghe di rito tripolino, ristoranti caratteristici, negozi, macellerie kasher, vivono in armonia con la città. La prima sinagoga di rito tripolino fu organizzata all’indomani dell’arrivo in via Garfagnana, e visto che gli ebrei libici sono religiosi, si è sentita l’esigenza di aprirne altre. Un vecchio cinema rimesso a nuovo diventò la sinagoga Beth El, che adesso ospita fino a settecento fedeli a funzione. II leader è Shalom Tesciuba, nato a Tripoli nel ’34. Tesciuba, insieme ad altri “padri”, ha guidato gli ebrei tripolini di Roma fino ad oggi. «In questa zona viveva già qualche nostra famiglia – spiega Tesciuba-, così è stato naturale stabilirci qui». Alcuni passarono per campi profughi e altri alloggi, prima di arrivare nel Quartiere Africano: una residenza temporanea fu una piccola pensione a Trastevere, la Locanda Carmel gestita da Miriam Zard, una signora ebrea tripolina, che fece la crocerossina durante il pogrom del ’46. Miriam era l’unica ad assicurare ai profughi un servizio kasher.Insieme a lei tanti ebrei romani aiutarono i profughi. «Oggi – dice Tesciuba – siamo perfettamente integrati nel quartiere. Rispettiamo i nostri vicini e loro rispettano noi. Abbiamo ottimi rapporti con la parrocchia accanto, ci facciamo gli auguri e ci scambiamo doni per le feste». Nel corso degli anni Shalom ha ricoperto cariche nella comunità ebraica di Roma. Lui bussa alle porte di chi ha bisogno per fare «tzedakà», beneficenza (letteralmente significa «giustizia», per bilanciare il mondo), ma ci tiene a ricordare che «questo è un principio importante per tutti gli ebrei». A Tripoli c’era la tradizione del «Mharma»: quando qualcuno aveva bisogno di soldi, si apriva un fazzoletto, ognuno metteva un po’ del suo e si faceva una raccolta. Le tradizioni tornano nei riti delle loro sinagoghe. E’ l’eco di una cultura sommersa, riportata alla vita dai padri per consegnarla ai figli. Un figlio, Hamos Guetta, è arrivato a piazza Bologna a 11 anni. È imprenditore nella moda e ha trovato il modo di affrontare il trauma della fuga da Tripoli raccontando la sua storia, preparando cene aperte al pubblico, andando in tv. «La nostra fuga fu difficile, passammo per le rivolte, per gli incendi, non ci fu alcuna pietà per gli ebrei – racconta Hamos -. Arrivammo soltanto con i vestiti che indossavamo. A Roma nulla ci ricordava Tripoli, se non noi stessi. Volevamo essere italiani e staccarci da quel mondo che avevamo lasciato.Adesso i nostri figli studiano all’università e lavorano, conoscono la nostra storia e ci interrogano su essa». È l’elaborazione della memoria, che passa per tre generazioni, contese tra la nostalgia e il taglio netto con il passato. «II trauma è stato molto profondo – spiega David Meghnagi, psicanalista, fuggito da Tripoli a 18 anni -. All’inizio degli anni ’60 gli ebrei libici vivevano una breve pausa, dopo altre persecuzioni e pogrom. Quindi ci troviamo davanti ad una catena cumulativa di traumi non elaborati, ma dove funziona la resilienza, e dove l’arrivo in Italia rappresenta una liberazione».Meghnagi dà un’interpretazione sulla scelta del Quartiere Africano: «E’ il ritorno del rimosso, qualcosa da cui sei fuggito ti insegue. La nostalgia del non vissuto emerge». II trauma segnò profondamente i bambini di allora, alcuni cancellarono la vita precedente per rinascere in Italia In viale Libia è arrivata ad otto anni Claudia Fellus e adesso è vice presidente della comunità ebraica di Roma. «Io credo che mio padre abbia scelto di vivere in viale Libia per assonanaza, per nostalgia. Io – racconta – non avevo alcun ricordo di Tripoli. Era come se fossi nata a Roma. Solo le immagini della guerra in ex Jugoslavia, le grandi migrazioni dal Kosovo, hanno riportato alla mia mente la condizione di profuga: così sono andata in analisi per ricordare la mia vita precedente. Il mio ultimo ricordo di Tripoli è la fuga, la macchina di mio padre incendiata». La fuga degli ebrei dai Paesi Arabi è avvenuta in silenzio. All’epoca furono in pochi a parlarne. «La nostra storia – prosegue Fellus – insegna che non puoi nasconderti dietro al tuo dramma, ma devi andare avanti. Qui in Italia oscilliamo tra la volontà di respingere i nuovi profughi e l’accoglienza tout court. Dovremmo invece esigere il rispetto dei valori per i quali abbiamo combattuto nei secoli, lo dico da italiana. Valori che noi abbiamo rispettato e condiviso, e lo dico da profuga. Ebrea libica». Ariela Piattelli La Stampa – 29 febbraio 2016

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http://www.iloveroma.it/articoli/dovesiamo-16.htm

 

Siamo a Campo de’ Fiori, guardando il Cinema Farnese e partendo a destra di Giordano Bruno, due passi laterali a destra e dieci passi in avanti: è la targa in ottone che ricorda il rogo del 9 settembre 1553 quando papa Giulio II ordino che venissero bruciati i libri ebraici. Triste, tristissimo giorno di vergogna. Dieci passi indietro e due laterali a sinistra, 47 anni dopo sarebbe bruciato Giordano Bruno.E i roghi di libri torneranno nel 1933 con i nazisti.

Cito Tiziana Ficacci che è molto precisa ed equidistante:

“Qualche tempo fa a un pastore battista americano girò l’uzzolo di bruciare copie del corano. Per fortuna venne dissuaso dall’idea che ricordava tanto i falò nazisti del 1933. Quegli esaltati bruciarono tra le fiamme i libri di Heinrich Heine, Stefan Zweig, Bertold Brecht, Karl Marx. Ma i roghi, come i ghetti, non erano creazioni loro. Basta fare un giro nei musei vaticani per ammirare gli affreschi tardocinquecenteschi sul trionfo delle fiamme dei libri eretici.
Durante le crociate i cristiani bruciarono le biblioteche a Costantinopoli, i roghi antieretici e antiebraici dell’Inquisizione, la distruzione dei manoscritti arabi a Granada (1499), i falò dei libri luterani (1524) e i libri sacri dei Maya (1562). E in Italia i roghi cattolici del Talmud ebraico, e, come un rogo virtuale, l’ incredibile Index librorum prohibitorum ideato da papa Paolo IV nel 1558 e abolito solo nel 1966 . La parola stessa autodafè (atto di fede) è il termine adottato durante l’Inquisizione che, fatta dai bravi cattolici che volevano convertire gli eretici (musulmani e ebrei) prevedeva anche il rogo delle persone dopo averle avvolte in panni ghiacciati per dargli il tempo di ravvedersi. Non sembra un azzardo sostenere che i nazisti nel 1933, europei di religione prevalentemente cristiana, si rifacessero a quegli esempi.
Anche altri fanatici religiosi hanno usato lo sbrigativo metodo del fuoco, e l’islam radicale non è da meno dei colleghi cristiani della menzogna globale. In tempi recenti l’ayatollah Khomeini , ripreso il possesso dell’Iran nel 1980, organizzò un rogo di 80mila libri. Dei giorni nostri anche la condanna a morte per Salman Rushdie autore dei Versetti satanici. Clamoroso il caso dell’ex ministro della Cultura egiziano Farouk Hosni (presente negli ultimi governi di Mubarak) che dopo aver annunciato di voler bruciare i libri di scrittori israeliani venne candidato per la guida dell’Unesco. Per fortuna bocciato, insieme all’Italia suo grande sponsor. L’ex ministro Hosni è stato l’ispiratore del falò di seimila volumi del poeta omosessuale dell’ottavo secolo Abu Nuwas.
E se fondamentalisti cristiani americani hanno bruciato copie del Codice da Vinci di Dan Brown e Harry Potter, come dimenticare la sentenza del solito giudice parruccone e moralista italico che volle bruciare una copia del film Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci? All’elenco dei roghi non si possono dimenticare le bandiere bruciate, ahimè, anche da molti dirigenti politici nostrani . E poi una setta di ebrei superextraultraortodossi assai marginale e pure perseguita per questo, brucia libri considerati demoniaci. ”
Mia madre ripeteva spesso “figlia mia, guarda dove metti i piedi” che era una versione moderna, allegorica e meno perentoria del comando tutto meridionale “occhi bassi”. E farle capire che guardare il cielo era bello, era bello alzare la testa, era difficile e poi ho capito che nemmeno valeva la pena perchè non l’avrei convinta e nel frattempo ero diventata grande e potevo seguire la ma coscienza e le mie convinzioni. Questo però è uno dei casi, insieme a quello elle pietre d’inciampo, in cui vale la pena di “tenere per un po’ occhi bassi”. Per conoscere e non dimenticare. angela 🙂  


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L’ossario dei garibaldini custodisce dagherrotipi di soldati in camicia rossa, bianco e nero che necessita del ritocco fotografico, magnesio ottocentesco, cose che obbligano a ripassare il sussidiario, le interrogazioni sul Risorgimento, con Garibaldi, Nino Bixio, Anita a cavallo, i Mille. Con i busti di marmo del Gianicolo, gente, volti, profili, nuche, personaggi cui la storia patria deve qualcosa, dalla prima all’ultima barba, dalla prima all’ultima cravatta, senza contare i baffoni, i favoriti, le decorazioni sul petto. Nella foto l’ossario garibaldino fotografato dalla terrazza di Pupillo  in via Tittoni  . Nell’ossario anche i resti di Giuditta Tavani Arquati

Ossario garibaldino, Gianicolo, Roma

 

Vicolo dell’Atleta prende il nome dal ritrovamento di una statua che si trovava all’ingresso delle terme di Agrippa.Si trattava di una copia in marmo dell’originale in bronzo dello scultore greco Lisippo risalente al IV sec. a. C. ma era piaciuta moltissimo all’imperatore Tiberio tanto che l’aveva fatta trasferire nella sua residenza. Ma succedeva che ogni volta che l’imperatore appariva in pubblico, i cittadini la reclamavano a gran voce. E così Tiberio finì per restituirla.Adesso la statua si trova ai Musei Vaticani.La casa medievale sorge probabilmente nel luogo in cui fu edificata la prima sinagoga di Roma fondata agli inizi dell’anno Mille e poi andata distrutta in un incendio nel 1268. E’ qui che si era stabilito, infatti, già ai tempi di Cesare, il primo nucleo della comunità ebraica. perchè nel Trastevere si stabilivano gli stranieri appena arrivati a Roma. Ma Vicolo dell’Atleta, “salendo di scala”, guadando non solo ai singoli edifici ma all’insieme del contesto urbano, rivela un profumo particolare.Particolare per esempio il fatto che un vicolo così piccolo – collega via dei Salumi a via dei Genovesi –  sia per un buon tratto su livelli stradali differenti, uno più alto dell’altro. Pochi metri, intendiamoci, giusto setto/otto gradini da una parte e una discesetta dall’altra e un muro di contenimento con un muretto-parapetto per non cadere di sotto. Ma questo “fa medioevo”; racconta cioè di quel preciso modo di crescere che avevano i borghi, per piccoli aggiustamenti necessari e spontanei visto che si era lontani almeno un paio di secoli dall’idea di pian regolatori e idee del disegno della città. La Roma imperiale che aveva pensato e disegnato i Fori era finita e la Roma rinascimentale dei papi ancora di là da venire.In questo senso vicolo dell’Atleta, come altri pezzi di Trastevere, sono rarità sopravvissute perchè si trovano in un rione che era poco monumentale, storicamente poco appetibile e quindi poco rimaneggiato dalla grandezza rinascimentale dei pontefici e dei principi.Il suo fascino è proprio questo, in questo suo essere minuto e popolare. e per vedere le immagini e la mappa  spostatevi qui

http://www.iloveroma.it/articoli/QSBR-vicolodellatleta.htm

 

      Er monno è de chi cià li denti

citti

 

ILARIA CUCCHI
Credo sia giusto dedicare un pensiero alla giovane donna romana Ilaria Cucchi in questi giorni in cui si parla di un suo gesto forse forzato. Devono essere stati durissimi questi anni dove solo la sua caparbia e  determinazione non hanno permesso che calasse il sipario sulla vicenda di Stefano morto per le botte. Anche chi soffre per una perdita naturale si tormenta chiedendosi “nell’ultimo minuto io c’ero e in che modo c’ero?”, Ilaria e i suoi genitori, che non hanno potuto vedere il fratello e figlio per i giorni del fermo, si tormenteranno immaginando quel che avrà pensato di loro indipendentemente da loro. Spiace che sia morto all’ospedale Pertini, un nosocomio che porta il nome di un uomo che si è distinto per la libertà e la sete di giustizia. Spiace che mentre tanto si ciancia di famiglia non si additi ad esempio l’amore fraterno di Ilaria. Se il cuore dei romani batte ancora, deve battere con il suo  in questo momento. 

 Giubbileo della misericordiaDal tono con cui molti notisti pronunciano la parola misericordia – scelta dal papa per il giubileo di quest’anno – sembra nuova. In realtà è usata e comune alle religioni e ai laici, che spesso preferiscono il sinonimo più chiaro e immediato di compassione. Non tutti sanno che in ebraico è “rachamin” , plurale di “rechem” che vuol dire utero, l’organo più accogliente del corpo umano, e non solo perché li cresce la nuova vita. Roma nel corso della sua lunga storia ha avuto momenti di compassione, speriamo tutti che sia all’altezza anche in questo periodo aspro della storia. Così come lo speriamo, ma non illudendoci, per tutte le religioni che a Roma convivono.

 

Via dell’Arcadia a dispetto del nome fa abbastanza schifo. Da un lato un muro alto che delimita l’ex Fiera di Roma che oggi non si sa cosa sia. Anzi si sa, uno spazio enorme che si intende far degradare il più possibile in modo che almeno verrà svenduta dal Campidoglio al fortunato amico costruttore. Dall’altro lato casette basse nate popolari e che oggi sono state riscattate e hanno assunto la dignità di villettine, alcune con avveniristici ascensori di acciaio all’esterno. Se però si fa lo sforzo di alzare gli occhi la cupolotta della chiesa di san Pietro e Paolo e il Colosseo quadrato. Sembra un film di Pasolini, il set di Uccellacci e uccellini con Ninetto Davoli e Totò

Immagine 053

 

Incredibilissimo ma vero. Questo ordine fiorito è in via Merulana. E’ il sopravvalutato bar panetteria pasticceria Panella a curare le aiole. Ma, niente paura: infatti il tempio di Mecenate (quello dietro l’inferriata) è regolarmente chiuso e per visitarlo occorrono misteriose lunghe infinite pratiche burocraticheImmagine 001

29 giugno, santi Pietro e Paolo patroni di Roma. Non credo sia sostenibile che una capitale, ma anche una piccola città, abbia un giorno di festa per il santo patrono. Chi è devoto al santo può prendersi un giorno di ferie, come fa chi ha una religione diversa da quella cattolica – che dall’84 non è più di Stato ma solo della maggioranza – e già ha molte festività come il 6 gennaio e l’8 dicembre che non si celebrano in nessun Paese.  Se si aspira ad essere una grande città oltre a garantire le infrastrutture si devono trattare gli abitanti come cittadini europei. E’ come il domino, se si sposta una tessera cade tutto e dobbiamo essere consapevoli che non siamo considerati inaffidabili solo per la corruzione. E’ vero però che san Paolo è molto adatto per Roma: convertendosi si è convinto di essere dalla parte del giusto e ha cominciato a dirlo in tutti  i modi attraverso le sue lettere ai Galati ai Filippesi, ai Corinzi, ai Romani, apostolo fra le genti… e è vero che noi romani siamo un po’ presuntuosi convinti di vivere nella città più bella ecc ecc .Consiglio di guardare la pur non bellissima basilica di san Paolo dal ponte Marconi: col sole l’oro del frontone “friccica”. E , si è u po’ vero,  si vede solo a Roma

https://www.google.it/search?q=basilica+di+san+paolo+a+roma&biw=1034&bih=619&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=p8KOVa73IoPuUN_ltNAB&ved=0CCAQsAQ

 

 domenica, 03 maggio 2015

testaccioTestaccio

Non si può dire che piazza Testaccio, quella dove era il mercato, sia brutta. Pavimentata con mattoni quadrati grigi, in mezzo la fontana che stava a piazza dell’Emporio – dove a distanza di mesi resta un buco circondato di nastri arancioni – panchine di legno con sedute larghe e comode, alberelli: banale. So che in origine la fontana era lì, ma perfino mio papà che ricorda la sciagurata visita di Hitler arrivato nella vicina stazione Ostiense non ha memoria di quella fontana che lì in effetti restò pochissimo tempo. Il rione ha cose interessanti: il monte dei Cocci che per essere visitato ha bisogno di molti permessi, il mattatoio anche se solo parzialmente recuperato (Macro, facoltà di architettura e accademia belle arti), il nuovo mercato con i chioschi che vendono scarpe e borse, i murales, alcuni reperti archeologici, i palazzi con i cortili alberati e gli asili interni, quello dove abitava Elsa Morante, il cimitero protestante e quello militare, l’accogliente giardino Di Consiglio davanti alla chiesa santa Maria Liberatrice con la crocefissione che ricorda Chagall, la Piramide ripulita, l’ufficio postale di via Marmorata, il lungotevere dove è morto Accattone, bei ristorantini dove si offre la coda e la trippa… Abitando vicino ogni giorno verifico quanto il rione sia amato dai romani e dai turisti. Spiace che per piazza Testaccio sia mancato uno slancio creativo, una idea, il coraggio di ridisegnare la piazza in modo colorato allegro originale. Non mi rassegno al fatto che questa città che amo sia condannata alla mediocrità. Mi infastidisce enormemente che, ad esempio a Milano, ci siano Libeskind Boeri Koolhaas, e qui si progetti solo uno stadio (servirà?) e ci si ecciti per eventi medioevali. Abbiamo il Foro (finalmente valorizzato) e il Colosseo sul quale leggo di progetti da parte del ministro della Cultura, ma se si punta sul turismo – e sul benessere dei romani – c’è bisogno di qualcosa in più, e anche una piazza non va affidata al lavoro di un (rispettabilissimo) capomastro. Interventi tardivi, come il caso di san Silvestro con l’arch Portoghesi, mi lasciano esterrefatta. Quella piazza è stata approvata dallo stesso architetto della bella moschea di Roma? Da lei – e magari dagli attenti forumisti -mi aspetto una risposta. Saluti, Tiziana Ficacci

RispostaPaolo Contidomenica, 03 maggio 2015
Uno dei problemi di Roma è il coraggio del contemporaneo. Ha ragione, è come se la Grande Storia frenasse il confronto con i nostri giorni. Però, per fortuna, almeno abbiamo il Maxxi di Zaha Hadid piazzato nel cuore di un quartiere urbanisticamente molto tradizionale. Abbiamo la bella soluzione del Macro di Odile Decq , con la piazza sospesa tra i palazzi. Abbiamo (io non la amo, ma c’è) la teca di Meier per l’Ara Pacis. In quanto a piazza Testaccio, mi permetta di dissentire. Gli abitanti sono letteralmente entusiasti, è stata ripristinata una bella idea originaria di una fontana pensata per quel luogo e mi pare una soluzione corretta. Ma a ciascuno il proprio gusto, la mia deduzione vale quanto la sua e viceversa. La rinvio alla lettura della belal guida della Street art che svela aspetti impesnabili contemporanei di questa città.
palazzo ridicolo in viale liegi

palazzo ridicolo in viale liegi

 C’è un momento dell’anno –questo – e un posto di Roma – il Roseto comunale – dove, anche se solo per poco, è possibile dimenticare che la città è in rovina. Il Roseto è ai piedi dell’Aventino, sopra il Circo Massimo, dietro il monumento di Mazzini. Via di Valle Murcia, tre scalini e si accede all’ eden. Tutte le tonalità del bianco rosa rosso arancio, un profumo che a tratti stordisce. Nel passato qui c’era l’Hortaccio dei giudii, poi diventato cimitero ebraico dopo l’apertura del ghetto (1870), infine richiesto alla Comunità ebraica che ne era proprietaria nel 1934, quando il terreno servì per il riordino urbanistico del Circo Massimo che, in linea di massima, è l’assetto che ancora vediamo,  approntato per la manifestazione a ricordo della marcia su Roma. La fretta nei lavori determinata della ricorrenza, non permise di traslare tutti i corpi nello spazio offerto alla Comunità ebraica al Verano. Intimidisce sapere che sotto lo splendore delle splendide rose giacciono le ossa dei morti. Solo i più attenti si accorgono che il roseto è disegnato come una Menorah, mentre la maggioranza guarda senza comprendere il bassorilievo posto all’ingresso con incise le diciture (non comandamenti come dicono i cristiani, perché “dicono”, non comandano). Bisogna sbrigarsi ad andare perché le rose sfioriscono presto. Il profumo e quei colori io credo ci aiutino a fare un po’ di strada verso la fragile meravigliosa inspiegabile breve felicità. Quest’anno il Roseto comunale è aperto dal 21 aprile al 14 giugno
rosa fotografata a giugno 2014 al roseto comunale

rosa fotografata a giugno 2014 al roseto comunale

 

Elio Toaff (1915 – 2015), un grande cittadino onorario di Roma

la sua ultima intervista

Rav Elio Toaff, l’ultima intervista

Rav Elio Toaff (1915-2015)

questo blog si unisce a tutti gli ebrei romani  nel piangere la scomparsa del  Morenu HaRav Elihu Toaff zz’l 

 

Il bel cavalcavia che unisce la via con la circonvallazione Ostiense e titolato a Settimia Spizzichino avrà – con una cerimonia il 15 aprile alle 12.30 2015 – finalmente la descrizione esatta. Ricordo brevemente il fatto: durante l’amministrazione Alemanno il ponte le fu dedicato, purtroppo però raccontandola come vittima del nazismo invece che nazifascismo. Non un dettaglio se si ricorda la vita di Settimia, definita dalle leggi razziste del ’38 e per questo rastrellata il 16 ottobre ’43 insieme a 1022 ebrei romani. Solo in sedici fecero ritorno e donna solo lei. Chi ha avuto il privilegio di conoscerla la ricorda come una donna semplice generosa forte e determinata nel raccontare la sua vita. Ci rattristiamo per quelli che ci hanno abbandonato e che non possiamo dimenticare, zi’ Settimia, come quelli che abbiamo amato, deve rimanere nel nostro cuore col sorriso che mostrava ai tanti giovani ai quali raccontava l’orrore. Come scrive benissimo Stefano Jesurum sul Corriere: “La memoria serve a garantirci tutti dall’orrore della discriminazione, dalla mattanza che eliminò ebrei, zingari, antifascisti, portatori di handicap, omosessuali. Serve ad avere speranza”.  E’ proprio così, senza fiducia aspettative desideri sogni, non possiamo vivere. Immagine 039

Eclissi, oscuramento e oscurantismo

Prendete un eclissi di sole, per esempio il 20 marzo 2015, aggiungete poi un equinozio di primavera mettete tutto in una giornata soleggiata, e tutto è pronto per fare una di quelle esperienze che lasciano il segno nei grandi e nei piccoli.
Tutti noi adulti ne abbiamo memoria, perché fa parte di quei momenti in cui la visuale spazia oltre il cielo e noi non siamo più il centro di tutto, siamo parte di un immenso che sfugge anche alla comprensione della ragione ma non sfugge all’emozione. Però quel tutto, abbiamo il privilegio di catturarlo per qualche minuto, il 20 marzo 2015. È pura esperienza concreta che batte qualsiasi competizione con lo schermo della TV, del PC, del tablet…lo schermo fa da filtro per tutto ma a noi domani basta solo un filtro da saldatore per costruire direttamente il nostro rapporto con l’universo che ci ospita.
Prendete poi una scuola elementare, ad esempio a Roma, aggiungete che è dedicata a Margherita Hack – astrofisica e donna che ha lasciato il segno e siamo pronti per far calare il sipario su quel filo che ci lega al tutto.
Recatevi il 20 marzo 2015, in mattinata, in via del Casaletto 597 (da lì si vede meglio), sopra la targa potrete osservare tapparelle chiuse, niente bambini in giardino, nessun naso all’insù sbucare da quelle finestre. Qui è stato vietato tutto, il 20 marzo 2015, troppo pericoloso. I genitori muniti di filtri, saranno da soli a guardare il cielo. Ai bambini non è concesso di sentire la magia dell’eclissi.
Chi sarà fuori di lì potrà vivere l’oscuramento parziale, chi sarà dentro sarà segnato dall’oscurantismo totale. “Nella vita non c’è nulla da temere, solo da capire”, ha detto Margherita Hack e mi scuso, Signora delle Stelle, se questa scuola di Roma, usa impropriamente il suo nome.
Infine, grazie a chi ha deciso per il buio per la sua capacità di spegnere ogni luce sulla curiosità dei nostri figli.
Un papà

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L’Aventino è uno dei sette colli di Roma sede del mitico re Evandro. In età repubblicana fu teatro delle secessioni della plebe. Si designa come Aventino l’opposizione antifascista che nel 1924 disertò per protesta il Parlamento dopo l’assassinio di Matteotti. I parlamentari di ForzaItalia e altri quaqua che non conoscono i fatti hanno chiamato Aventino il loro mercanteggiare con Renzi. Turisti percorrono ogni giorno quel colle alla ricerca del giardino degli Aranci popolato da suorine bianche come nel film la Grande Bellezza e che naturalmente non trovano E’ pieno di conventi bellissimi trasformati in case vacanze e di chiese dove ci si sposa e raramente si muoreaventino

 

 

 

L’Ara Pacis è soprattutto conosciuta per l’enorme casino messo in piedi da partitocrati e giornalisti fancazzisti che non volevano assolutamente la teca di copertura dell’architetto Meier  . Addirittura qualche sfacciato ha sostenuto lungamente che la teca oscurava una chiesa di via Ripetta, peraltro banalissima. In realtà la chiesa era coperta da un orrido chiosco bar sul lungotevere che, a tutt’oggi, non schioda. In compenso si è parlato lungamente dell’abbattimento di un muretto. Alemanno aveva promesso di smontare la teca e gettarla in periferia (spiegando bene la sua politica sul bello e sulle periferie). Ora pare che per l’arapacis sia arrivata la pace, anche se il progetto di riassetto di piazza Augusto Imperatore e il restauro del mausoleo di Augusto giacciono nei cassetti degli angeli. Come tutti sanno l’Ara Pacis prima della teca era visitata da pochi raffinati studiosi, oggi è diventato uno dei musei (la teca copre ma è anche sede espositiva) più visitati di Roma.

http://www.arapacis.it/

https://www.google.it/search?q=sito+di+richard+meier&espv=2&biw=1033&bih=751&tbm=isch&tbo=u&source=univ&sa=X&ei=R7rhVJOrM8zdauzTgKAM&ved=0CC4QsAQ

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il bel soffitto della biblioteca vanvitelliana

il bel soffitto della biblioteca vanvitelliana

Il Parco della Musica non è solo l’auditorium che Roma da decenni aspettava per avere una concert hall permanente per l’Accademia Nazionale di santa Cecilia. E’ una vera città della musica, con tre sale di diversa grandezza e qualità acustiche, numerose sale prova e studi di registrazione, sale conferenze e aule didattiche. La cavea completa l’offerta di spazi a disposizione. E’ stato  inaugurato nel 2002 e come tutti sanno è di Renzo Piano

pigra foto dal bar dell'audiroium

pigra foto dal bar dell’auditorium

 

 Charlie Pasquino  Poteva restare indifferente la più antica e famosa statua satira e parlante di Roma?Tutti sappiamo chi è Pasquino ma, sono abbastanza sicura, lo sappiamo per sommi capi.Ecco allora tutto quello (o quasi) che si può sapere su questo personaggio.LA STATUA – E’ un frammento di un’opera probabilmente del III secolo a.C. Potrebbe rappresentare Menelao che sostiene Patroclo morente, forse Aiace con il corpo di Achille, forse Ercole che lotta con i centauri.IL RITROVAMENTO – Nel 1501, durante i lavori per la pavimentazione stradale e di ristrutturazione di palazzo Braschi che all’epoca era palazzo Orsini, viene ritrovata questa statua, esattamente nella piazza dove si trova adesso. IL NOME – Ci sono varie ipotesi. Qualcuno sostiene che Pasquino fosse un personaggio di Parione, un sarto o un calzolaio o un fabbro, noto per le sue affermazioni satiriche; altri che fosse un ristoratore altri ancora che fosse un professore di grammatica di una scuola vicina i cui studenti avevano notato una certa somiglianza e cominciato ad attaccare i primi fogli satirici; qualcuno sostiene che sia il personaggio di una novella del Decamerone di Boccaccio, quello che muore avvelenato da un infuso di salvia … Insomma l’origine è controversa. LE PASQUINATE – L’uso di appendere al collo della statua scritti satirici che avevano come bersagli i personaggi potenti si diffuse subito dopo il ritrovamento: sono sempre stati attaccati di notte in modo che la gente li potesse leggere al mattino prima che le guardie li rimuovessero. Per i vari papi Pasquino è stato sempre scomodo e ci furono vari tentativi di rimuovere la statua. Venne deciso di farla sorvegliare ma allora le pasquinate cominciarono ad apparire su altre statue. Pare sia stata una pasquinata il famoso detto in latino Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini (Ciò che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini), frase che si riferisce all’asportazione del bronzo del Pantheon per realizzare il baldacchino di San Pietro ai tempi di Urbano VIII Barberini ma è improbabile perchè in generale l’opera piacque molto ai romani e agli artisti dell’epoca. Le pasquinate, che avevano il papa e il suo governo come bersaglio, si fermarono dopo l’unità d’Italia che mise fine al potere temporale del pontefice. Ricominciarono nel 1938 in occasione della visita di Hitler. Nel XVII secolo  Venezia il Gobbo di Rialto si ispirò a Pasquino. E cominciarono ad apparire satire anche a Firenze sul porcellino della Loggia del Mercato Nuovo IL RESTAURO – Nel 2009 viene restaurata dai danni causati dallo smog e in questa occasione viene collocata una bacheca dove attaccare le pasquinate proprio per non danneggiare il basamento.

angela 🙂 http://www.iloveroma.it 

Restauri

palazzo pallavicini rospigliosi

palazzo pallavicini rospigliosi

fontana di trevi

fontana di trevi

 

le finestre (ultimo piano) di Lucilla in viale Mazzini

le finestre (ultimo piano) di Lucilla in viale Mazzini

 

N come Napoli   

«Soffro come un cane quando penso alla mia città. Vorrei rivivere quello che ho passato lì. Ma siamo cambiati sia io che lei, probabilmente tutti e due in meglio. Ma ciò non mi consola. Napoli è per me una fonte infinita di nostalgie che tuttavia non metto mai al servizio della mia creatività nelle canzoni. Nel mio quartiere di Roma cerco di ricreare la stessa umanità. Chissà. Forse un giorno tornerò a vivere a Napoli» Pino Daniele

http://www.ilpost.it/mariofillioley/2015/01/05/pino-daniele/

http://www.ilpost.it/2015/01/07/pino-daniele-jovanotti/

L’arcobaleno del 4 dicembre 2014 Il  2 dicembre una operazione dei Carabinieri e dei ROS, chiamata Mondo di mezzo, ha portato all’arresto di 37 persone con le accuse di mafia, estorsione, corruzione, turbativa d’asta ecc ecc. Scoperte collusioni e connivenze fra politica, imprenditoria, sistema degli appalti per servizi sociali, banda della Magliana (tanto per cambiare). Una mazzata.Due giorni dopo, il 4 dicembre, verso le 4 del pomeriggio il cielo su Roma si è fatto scuro scuro, poi un temporale e poi un meraviglioso arcobaleno doppio. Molti hanno gridato al segno quasi miracoloso. In realtà l’arcobaleno doppio non è cosa rarissima. Ma qui ci è piaciuto prenderlo come il segno che Roma ce la farà a venirne fuori perchè qui c’è un sacco di gente perbene. Come ovunque. Angela.

http://www.iloveroma.it/index.htm

A prima vista, sembrerebbe di essere a NY, invece siamo nella caotica chiassosa commerciale via Cola di Rienzo

ney york

via cola di rienzo

L’Archivio storico capitolino, in piazza dell’Orologio 4, custodisce i documenti della memoria sociale, politica e culturale della nostra città, dal medioevo all’età contemporanea. Per la fortuna degli impiegati che ci lavorano (annoiatissimi sembrerebbe) l’Archivio è nello splendido complesso borrominiano dell’Oratorio dei Filippini. E’ stato restaurato recentemente e merita una visita, sebbene sia difficile essere ammessi. La sala ovale insieme alla facciata, costituisce una icona dell’architettura seicentesca, uno spazio avvolgente inondato da una morbida luce in cui troneggia il grandioso camino a baldacchino. Negli spazi che ospitano l’Istituto medioevale il camino in ceramica di Giancarlino Benedetti Corcos. Dal 18 dicembre sarà ospitata una tela sul tema dell’esilio dell’amico artista. Una occasione, secondo me da non perdere, sia per vedere il lavoro di Giancarlino  che per visitare l’Oratorio. .

http:

camino giancarlinocamino borrominiano

Qui Roma – Urtisti, valore da riscoprire

urtisti“Il profondo legame che gli urtisti hanno con le piazze e i monumenti di Roma è un paradigma della simbiosi degli ebrei con questa città. Da oltre due millenni”.
È la suggestiva immagine evocata da Miriam Haiun, direttrice del centro di cultura della Comunità ebraica e curatrice, con il supporto di Micol Temin, della mostra “Urtisti e ricordari a Roma” (3-7 dicembre) che porta all’attenzione del pubblico passato, presente e futuro di una categoria storica della Capitale, nata ai tempi della Roma papalina, regolarizzata con nuovi decreti dall’indimenticato Ernesto Nathan e ancora oggi, ultimo anello di un lungo passaggio intergenerazionale, nel campo del commercio di souvenir, ricordi e oggettistica religiosa.
Due le chiavi di lettura della mostra, spiega ancora Haiun: da una parte gli urtisti, la loro storia, il loro lavoro; dall’altra un’analisi socio-economica su come la Comunità si è sviluppata dai tempi del Ghetto fino alla contemporaneità. Con uno sguardo proiettato in avanti: gli urtisti attendono infatti col fiato sospeso quale direzione prenderanno le norme anti-degrado varate dalle istituzioni cittadine. Perché, come ribadito ieri dalla presidente del Consiglio del Municipio XII Alessia Salmoni, protagonista di una mobilitazione a loro sostegno assieme al presidente del Pd romano Michele Giuntella, “sono un punto di riferimento per la città, contribuscono alla sua sicurezza e sono i primi dispensatori di informazioni utili ai turisti”. E, soprattutto, non possono essere in alcun modo confusi con chi pratica l’abusivismo e la concorrenza sleale.
Ad intervenire anche il rabbino capo Riccardo Di Segni, il presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici, il direttore del dipartimento culturale della Comunità Claudio Procaccia e i rappresentanti di categoria Fabio Gigli e Massimo Vivanti (detto Vitalino). A precedere gli interventi le suggestioni ricavate dalle audio-interviste di Giovanni Piperno. Tra le tante figure memorabili ad emergere la spigliatezza di Giovanni Spizzichino, che parlava bene l’inglese e che fu protagonista di un colloquio con Dwight Eisenhower, allora presidente degli Stati Uniti, per poi ricevere da quest’ultimo una lettera di apprezzamento in ricordo dell’incontro (la foto del colloquio e la lettera, non a caso, sono pubblicate nella locandina dell’evento).
Roma-20141202-00795Urtisti di ieri, urtisti di oggi. “Siamo preoccupati – ci racconta Roberto Sonnino – perché il nostro futuro è incerto. Si parla di degrado ma non siamo certo noi a contribuire a questo, anzi tutto il contrario. Siamo un tassello imprescindibile di Roma e sarebbe bene che questo valore fosse maggiormente compreso da tutti”. Preoccupazione è espressa anche da Angelo Di Segni: “Siamo in attesa di una delibera, la mia speranza è che il sindaco Marino lanci presto un segnale”.

(Nella foto in alto il colloquio tra Giovanni Spizzichino e il presidente degli Stati Uniti Dwight Eisenhower, in basso gli urtisti Roberto Sonnino e Michele Zarfati detto Miky).

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

– See more at: http://moked.it/blog/2014/12/03/qui-roma-urtisti-valore-da-riscoprire/#sthash.MHEn1AUs.dpuf

Fai clic per accedere a 2014120429007166.pdf

pasticceria benedetto, via munari, garbatella

pasticceria benedetto, via munari, garbatella

 

Oltre 440 milioni di € l’anno. Sono i costi a carico del Campidoglio per beni e servizi offerti al Vaticano divisi fra esenzioni Imu (Ici, Tares, Tari), servizi appaltati in convenzione ad organizzazioni cattoliche, cambi di destinazione d’uso, contributi per l’edilizia di culto, spese straordinarie in occasione di importanti eventi cattolici, edifici concessi a condizioni di favore ad enti e associazioni cattoliche, consumi energetici della Città del Vaticano, sconti per l’accesso alla ztl e altri contributi erogati dal Comune. La stima è della Commissione speciale per la razionalizzazione della spesa dell’amministrazione capitolina. Più o meno 400 € a nucleo familiare. Questo è uno dei grandi privilegi di vivere a Roma, pagare per mantenere lo status del papa indipendentemente dalle nostre concezioni filosofiche e dallo stato della città

Per molti, specialmente media impettiti, il problema di Roma è la salvaguardia del decoro, e perciò si stracciano le vesti se a piazza Bainsizza o nel fanatico Parioli c’è qualche clochard (sic) che si lava una maglietta e la stende sulla panchina. A Roma gli sgradevoli stili di vita aumentano con l’aumento delle persone povere. Dobbiamo pretendere che il Campidoglio e il governo sanino queste situazioni con aiuti idonei, ma se non riusciamo a provare compassione per chi vive ai margini, forse qualche domanda- rischiando di scoprire su di noi più di quel che vorremmo sapere – dovremmo porcela. Se non siamo in quella situazione è per fortuna, per caso, quasi mai per le nostre superiori capacità. E quello che oggi ci sembra impossibile domani potrebbe accadere a noi o a qualche nostro amico o parente. Dimenticarci dei poveri nello stesso modo in cui “ci si dimentica del sangue che ci scorre nelle vene” ci rende vili e, quando forse fra una decina d’anni saremo usciti dalla crisi economica, non saremo neppure in grado di essere contenti.

poveri

Il  Ponte della Musica che forse non serve a niente ma è bello .  La giunta Alemanno gli ha pure cambiato nome ma è e resta Ponte della Musicaponte della musica 3 ponte della musica 5 ponte della musica 6

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video della manifestazione in onore dell’eroina romana Giuditta Tavani Arquati

Perché ricordare Giuditta Tavani Arquati

Giuditta Tavani Arquati, la nostra eroina

 

E’molto carina questa ape che gira per Roma (qui in viale Aventino) vendendo abiti confezionati da un gruppo di donne che hanno partecipato ad un bando del Comune per l’imprenditoria femminile.. Trova un posto comodo, apre la tenda e una meraviglia di cappotti giacche tuniche cappelli scialli maglie mantelle camicie foulard colorano la strada. Carina anche l’ape pizza e mortazza (rosa a macchioline bianche) e pronto lampo (azzurra ma dalla zip aperta si intravede un paesaggio da fiaba) . Niente a che vedere con i camioncini di fiori (più modesti in periferia, più graziosi a Prati e Parioli) che non ti rilasciano scontrino e si parcheggiano dove capita, preferibilmente sulle strisce e davanti agli scivolini. E se glielo fai notare ti mandano pure a quel paese (che è sempre lo stesso)

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http://forum.roma.corriere.it/una_citta_mille_domande/03-11-2014/cimiteri-e-ceneri-2563630.htmlprima porta, reparto ebraico

 

Roma dolorosa, la parte di città che ho sospeso dai miei giri, ha il suo epicentro in piazza Mancini corso Francia via di Vigna Stelluti piazza Giochi Delfici… Ci sono stata tanto per un po’ di mesi perché sono le strade che portano e intorno alla Ars Medica in via Gentile da Fabriano, una via con un lato occupato dalla clinica – asettica al massimo, l’unico malato che ho visto era quello che andavo a trovare io nella sua stanza al quarto piano – e dall’altra un garage per chi va in clinica il supermercato la Upim lo slargo con il bar pasticceria Euclide le bancarelle che vendono i golfini di cachemire e le borse false fatte molto bene. A Corso Francia passano gli autobus che arrivano a piazza Mancini frequentati quasi esclusivamente da asiatici che lavorano nelle case degli arricchiti della collina Fleming, perché questa vasta zona altro non è che una borgata di lusso, una sorta di villaggio di chi aspirerebbe ai Parioli ma non se li può permettere, popolata da medici giornalisti rai commercialisti commercianti. Fuori la clinica la sera spesso Patrizia o Hamos aspettavano che uscissi per portarmi a casa per fortuna in silenzio. Su uno di quegli autobus che aspettavo a Corso Francia mi sono fatta il pianto più esagerato della mia vita e i passeggeri mi guardavano indecisi. Su quegli autobus sapevo che stavo perdendo un amico, l’attento revisore dei miei numerosi colpi di testa, uno dei pochi punti fermi della mia vita disordinata. Credo che ancora per un po’ quelle strade le eviterò. Le cicatrici sono segni indelebili ma non sono malattie,. e piazza Mancini non ha colpa del mio dolore.

Botta e risposta sui muri romani

Botta e risposta sui muri romani

Avete presente la Banca nazionale del Lavoro a piazza Albania? Adesso la sede della banca , negli anni diventata Bnp Paribas si trasferirà in un avveniristico manufatto in zona stazione Tiburtina ma il prezioso palazzo – un corpo centrale e due appendici –costruito negli anni ’50 su progetto dell’ing Cesare Pascoletti allievo e collaboratore del più noto Piacentini, sarà trasformato in appartamenti di lussowww.domusaventino.it . Bellissimo progetto, l’ultima possibilità di acquistare una casa all’Aventino, secondo me il quartiere più prestigioso di Roma ma solo per chi lo sa comprendere (e se lo può permettere). Nobilissimo rione stretto tra i popolari San Saba Miani Testaccio . Ai suoi piedi si è svolta la sanguinosa resistenza dell’8 settembre, ma lui non si è scomposto, è rimasto superbo con i suoi preziosi scorci i giardini degli aranci le splendide chiese che funzionano solo per i matrimoni . Le case (quella campione che ho visto io e che mi piacerebbe acquistare 74 mq 700mila €) sono rifinitissime e hanno i servizi centralizzati (lavanderia palestra spa giardini interni box) come usa nelle grandi città e come Roma sta cominciando a fare. Davanti al palazzo c’è un benzinaio, ma al servizio vendite assicurano che sparirà entro un anno, cioè quando cominceranno a consegnare i primi appartamenti. Domus Aventino regalerà (niente compensazioni, la proprietà del palazzo e terreno è di Bnp Paribas) al Comune il riassetto del giardino di piazza Albinia alle spalle del palazzo. Noto per essere stato la location del film Caos Calmo, ma le panchine e il gazebo facevano parte del set e sono state portate via alla fine delle riprese lasciandolo brullo e spelacchiato. Oggi ci passeggiano gli eleganti cani dei ricchi e anziani abitanti del quartiere che, come la maggioranza dei romani, se ne fregano di raccogliere le deiezioni dei loro protetti. (scorrendo la pagina altre notizie e foto sui quartieri citati)

 

Il rione Miani è minuscolo, si trova davanti alle Mura Aureliane, stretto tra San Saba e via Marco Polo. Non lo conosce nessuno, a eccezione dei clienti delle prostitute economiche e cortesi di largo Chiarini. E’ su un piccolo colle – quasi un montarozzo –bombardato durante l’ultima guerra. Il 10 settembre 1943 quando a pochi passi, a Porta san Paolo, iniziava la Resistenza con il supporto dei granatieri, in viale Tata Giovanni rimase aperto per dissetare fuggitivi civili un bar. C’è ancora. Quelli che vanno alla Casa del Jazz su via delle Mura Aureliane ci si parcheggiano ma non sarebbero mai in grado di dire che quel quartierino si chiama Miani (da via G. Miani la via principale). Nelle stradette  tutte curve, palazzi lucidi e pretenziosi anni Sessanta incuneati tra quelli che già c’erano e che si sono mangiati il verde, alcune pietre d’inciampo, la chiesa libanese, il maestoso e cadente palazzo in piazza Nicoloso da Recco. Nanni Moretti in Caro diario  passa in vespa nel quartiere. .

piazza nicoloso da recco

piazza nicoloso da recco

 

pietre d'inciampo

pietre d’inciampo

 

 

Anche nella discarica c’è grazia e buon gusto. Qui siamo in via Giustiniano Imperatore a pochi metri dalla metro san Paolo

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Costeggiando viale Giotto  lungo le Mura Aureliane, al civico 5 la riproduzione di Guernica. Era la casa di Lello Cenciarelli, partigiano della difesa di Roma

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Molti romani hanno passato qualche giorno in vacanza e, a meno di gite sfortunate, credo che torniamo sapendo che ogni posto nel mondo è bellissimo se abbiamo trovato quel che cercavamo. Amo Roma come i miei occhi e anche se sto fuori pochi giorni sempre mi emoziono quando torno a casa e uscendo dalla scalcinata metro B trascinando il trolley ritrovo le Terme di Caracalla e il palazzone della Fao. Però mi secca quando sento dire che è la più bella città del mondo: lo stupore è ovunque, e dare per dato che il Colosseo è meglio di un tempio buddista o di una torre di ferro o di un ardito grattacielo ci impigrisce ci vizia ci rende gretti. Come per tutte le cose della vita meglio dirsi – e pretendere dagli amministratori – la verità, anche per non somigliare alla lumachella di Trilussa, un romano trascurato da sciatti stili di vita che non coltivano la memoria.
p.s. so che la conosce, comunque la poesia (utilissima in più circostanze) è: La lumachella de la Vanagloria/ch’era strisciata sopra n’obbelisco/guardò la bava e disse: già capisco/che lascerò n’impronta ne la storia. Saluti, Tiziana Ficacci
RispostaPaolo Contigiovedì, 21 agosto 2014
La vanagloria è una pessima consigliera, grazie per avercelo ricordato.

Aridatece Alemanno, ho visto scritto su un muro a piazza Bologna. Sebbene le critiche a Marino siano necessarie, ricordo chi era il suo predecessore con questo post scritto il 14/12/11 quando già la situazione era grave ma non come a fine mandato La destra romana non è spiegabile in poche parole: è reazionaria, è papalina, è pagana, è salottiera, è borgatara, è golpista, è qualunquista, è ministeriale, è ultras del calcio. Il sindaco di Roma Alemanno ne rappresenta la sintesi. Si vanta di indossare la croce celtica, ha ripristinato concerti anacronistici (29 giugno santi Pietro e Paolo) in onore del papa e apre gratis i musei romani per l’immacolata (e non per il 20 settembre) e ha, nonostante la forte crisi economica, erogato prestiti ai dipendenti capitolini per finanziare i pellegrinaggi a Lourdes. Credendo di onorare la (bella) architettura fascista – appena insediato organizzò ben due convegni sulla via dei Fori Imperiali addirittura spingendosi a scrivere via dell’Impero nell’invito – provò a dargli il colpo di grazia con l’assurdo progetto della Formula 1 all’Eur, dimostrando che gli epigoni sono sempre peggio dei precursori. Ha esaltato oltre ogni buonsenso la figura di un tifoso laziale per la cui morte tutti siamo rimasti feriti così come per la sua esaltazione. Ha portato ghirlande a qualsiasi camerata morto di malattia o ucciso negli anni bui,  ha apposto lapidi – che hanno sorpreso gli studiosi della storia romana e della toponomastica – a presunti passaggi di santi in varie zone della città. Ha proposto progetti faraonici (ad esempio radere al suolo e ricostruire il quartiere Tor Bella Monaca) . Ha informato durante la Conferenza sulla famiglia che è meglio non aprire nidi  perché conviene fare convezioni con le suore. Ha inscenato un vergognoso banchetto imboccando Bossi e i suoi di coda alla vaccinara. Ha fatto installare una inopportuna ed enorme statua di Gran Premio II alla stazione senza neanche vagliare il bozzetto. Contro ogni buon senso ha creato un disastro spostando importanti capolinea dalla brutta piazza san Silvestro in funzione dei deputati che la useranno come parcheggio privato (esattamente come fanno i senatori nella piazza di san Luigi dei francesi). Ha paragonato una abbondante pioggia al terremoto dell’aquilano, e siccome è ripiovuto si è compreso che se a Roma nevicherà la città dovrà essere evacuata. Ha difficoltà perfino a scegliere l’albero di natale che,  per malleveria nei confronti delle gerarchie della Santa Sede, ha circondato con i personaggi del presepio provincializzando una città che pure ha avuto nei secoli una nobile storia di inclusione. Usa senza ritegno la comunità ebraica romana come una coperta, tentando di essere all’altezza degli auguri fattigli per la sua elezione, quando gli si ricordò che con i suoi due predecessori non c’erano stati episodi di discriminazione.  Ha dimostrato come pochi di essere fedele agli amici: ne ha assunti in posti di responsabilità parecchi, senza mostrare nessun pregiudizio per la fedina penale macchiata (di brutto) di alcuni.  Ha un conflitto di interessi grosso come una casa dentro casa. Infatti il sindaco è il marito di Isabella Rauti  cooptata alla Regione Lazio attraverso il listino bloccato della presidente Polverini. Non sorprende che l’appetito domestico si sia esteso anche alle aziende comunali. Che per la verità sono state sempre un grande serbatoio per chiunque abbia amministrato, ma che con l’attuale sindaco ha raggiunto livelli parossistici, tanto più in presenza di un palpabile degrado dei servizi erogati e dell’aumento del deficit. Si dice che il sindaco non è responsabile personalmente di parentopoli, poiché aspirante statista nazionale è disinteressato a queste piccolezze locali. Ma gli assessori e i presidenti delle municipalizzate che hanno imbucato mogli figli amanti fidanzati cugini sorelle fratelli generi e nuore li ha scelti lui. E se, come si racconta, Alemanno aspira a ruoli più alti, vuol dire che non ha compreso che amministrare in maniera almeno sufficiente, lo aiuterebbe ad uscire dal sottoscala politico da cui, di fatto, proviene (un velo discreto copre i suoi anni da ministro dell’Ambiente dove, pare, fece peggio del suo predecessore Pecoraro Scanio che non si era accorto della spazzatura napoletana). Serviva portare Alemanno al Campidoglio per capire che la destra romana è incapace di azione politica? Non bastava l’esperienza della Regione Lazio con Storace che produsse un buco nella sanità di proporzioni inaudite e che ormai neanche lui nega più? Nella mia giovinezza da “compagna”, quando all’uscita di scuola ci si fronteggiava in via delle Milizie con i “camerati”, gli si gridava “fascisti carogne tornate nelle fogne”.  Una frase che, per stile, non ripeterei. Però molti di noi si sono lasciati alle spalle le guerriglie di strada senza nostalgia e molti topi sono usciti dalle fogne. Talvolta sono rimasti accecati dalla luce del giorno. tf

 

La clericalata della settimana, 33: il comune di Roma

La cle­ri­ca­la­ta del­la set­ti­ma­na è del co­mu­ne di Roma che

ha concesso al Vaticano sconti per l’accesso alla zona a traffico limitato, come ha fatto per le forze dell’ordine. Un privilegio richiesto, facendo leva sui Patti Lateranensi, a causa del “notevole numero di immobili della Città del Vaticano ubicati nella Ztl”

Questo è il retro dell’ufficio postale di via Marmorata, fra i quartieri Testaccio e Aventino ed è ritenuto un capolavoro dell’architettura modernista europea, progettato nel 1933 da Adalberto Libera, architetto a cui dobbiamo anche il Palazzo dei Congressi dell’Eur. Oltre alla scalinata al portico, al frontone in vetrocemento, alle buche delle lettere modellate nell’alluminio, il retro ha queste finestrelle che , così squadrate e allineate, sembrano un cruciverba. Per vederle bene bisogna entrare nel Parco della Resistenza dell’8 settembre, un cuore verde incuneato tra via Piramide Cestia, dietro cui c’è l’ambitissimo quartiere San Saba, e via Manlio Gelsomini che segna il confine dell’Aventino.Il Parco custodisce la memoria degli 87.000 militari caduti nella Guerra di Liberazione. In anni più recenti è stata apposta anche un lapide alle romane che, in quella occasione, seppero da che parte stare.Intorno al Parco la statua equestre di Scanderberg, patriota albanese, la Piramide, la stazione da cui partono i treni per Ostia, Porta san Paolo che fu teatro di feroci scontri nel 1960 durante il neofascista governo Tambroni, quando la celere caricò i dimostranti facendo nascere una nuova Resistenza.Anche in quel caso i romani seppero da che parte stare.(tf)  http://www.iloveroma.it/articoli%20iloveRoma/archivi/dovesiamo.htm

Siamo In via Cristoforo Colombo, a un centinaio di metri dalla vecchia Fiera di Roma e altrettanti dalla Montagnola. Eccetto qualche costruzione in piazza delle Sette Chiese , la maggioranza degli edifici sulla Colombo sono stati costruiti tra gli anni ’50 e ’60. In realtà anche questo. In quegli anni infatti si usava l’amianto e tanti palazzi (anche la sede de La Repubblica in largo Fochetti a poca distanza) hanno negli anni proceduto all’eliminazione del pericoloso materiale. Se per smantellare il palazzo sono servite parecchie settimane, per costruirne l’esterno è bastata una sola giornata. Grossi automezzi hanno portato i pannelli che sono stati tirati su con le gru. Chi è passato da lì la mattina aveva visto uno scheletro, al ritorno ha trovato questo. 3 è una azienda di telefonia che impiega giovanissimi che danno alla strada un tocco di Apple. Contrastano parecchio i giovani con i pantaloni al ginocchio e lo zainetto in spalla con le tristi grisaglie dei vicini dell’Agenzia delle Entrate! L’ingresso del palazzo è in via Alessandro Severo 256 (qui la toponomastica chiama gli imperatori, ma via Ottaviano e Giulio Cesare sono – incomprensibilmente – a piazza Risorgimento) Le strade accanto sono tutte uno scavo e un costruire. In queste vie infatti ci sono i famosi palazzi storti, cioè quelli costruiti a cavallo degli anni Sessanta dai Caltagirone, più volte puntellati , siringati col cemento , alcuni demoliti e ricostruiti. Un paio di palazzoni dietro a 3, i nuovi e moderni edifici che ospitano le facoltà di Economia e Scienze Politiche dell’Università Roma Tre (ancora, ma è un caso, l’Università si chiama così perché è venuta dopo La Sapienza e Tor Vergata) Un po’ più avanti la piazza Caduti della Montagnola importante perché custodisce nel giardinetto centrale i nomi dei romani che “il 10 settembre 1943 si opposero in armi al nazista invasore conquistando in battaglia la dignità di uomini liberi”. Il palazzo 3 è diventato un importante parametro per tassisti e autobus. Se prima si diceva “appena superata la Fiera e prima della Montagnola” adesso si dice davanti al palazzo buffo . In fondo ,splendente, il Colosseo quadrato. E, con un po’ di fantasia , si tocca Ostia. 

Qui Gerusalemme – La Roma liberata in mostra

tempio italiano thumbUna mostra per raccontare la Campagna d’Italia e la partecipazione dei soldati ebrei negli eserciti alleati durante la seconda guerra mondiale. Il Museo di Arte ebraica italiana U. Nahon di Gerusalemme celebra così il settantesimo anniversario dalla Liberazione della Capitale che cadrà il prossimo 4 giugno e propone una riflessione sul ruolo dei tanti che dalla futura Israele furono pronti a sacrificare la vita per sconfiggere il nazifascismo. “Desideriamo che il pubblico possa conoscere una pagina di storia troppo spesso trascurata, una pagina di storia di entrambi i paesi storia” spiega Cecilia Nizza, responsabile per la Cultura della Hevrat Yehudé Italia, punto di riferimento degli italkim nello Stato ebraico. Pannelli con le storie, foto, video, consentiranno al pubblico di scoprire non soltanto cosa fu la Brigata ebraica, ma anche tutto ciò che la precedette, grazie al lavoro del curatore, lo storico Samuele Rocca, autore de “La Brigata Ebraica, e le unità ebraiche nell’esercito britannico durante la seconda guerra mondiale” (Soldiershop Publishing 2012) e la collaborazione di Miriam Hajun, direttrice del Centro di Cultura di Roma, Bice Migliau, Ghidon Fiano, Ruth Steindler. “Ci auguriamo che la mostra possa arrivare anche nelle scuole e nelle università qui in Israele, dove sono tante le storie di coloro che combatterono, e in Italia, a maggior ragione dopo gli episodi che si registrano in occasione del 25 aprile contro la memoria della Brigata ebraica” sottolinea ancora Nizza. Tra gli approfondimenti, anche il ruolo delle donne durante la guerra.
La prospettiva dell’iniziativa, che viene inaugurata oggi e prosegue fino al prossimo 5 giugno nelle sale del complesso di Rehov Hillel, è quella di allargare la riflessione anche in vista dell’appuntamento, il prossimo anno, con il settantesimo anniversario dalla fine della seconda guerra mondiale. Un’occasione per ricordare quanto affondi le radici nella storia lo straordinario ponte tra Italia e Israele.

rt

– See more at: http://moked.it/blog/2014/05/08/qui-gerusalemme-la-roma-liberata-in-mostra/#sthash.YYyzE5Bi.dpuf

L’assurdo piano regolatore di via Saffi a Monteverde Vecchio. Il palazzo bianco sembra giusto per Fregene. Ma da via Saffi, dal belvedere rotto e dissestato alla fine della scalinata Righetto  (nonostante la presenza di una madonnetta in gesso), anche un bel panorama 
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Il negozio H&M  (Fuksas) in via del Corso angolo Tomacelli.  La cupola, che si vede bene da Trinità dei Monti, è inaccessibile, a meno che non vi troviate un invito per una cafonissima serata romana,. I bagni pulitissimi, cosa non usuale a Roma. I prezzi bassi ma taglie minuscole.
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Il 25 aprile per celebrare il giorno più importante del secolo scorso, il supermercato/ristorante Eataly con la collaborazione di Zetema offre gratuitamente tre gite: alle 11 e alle 15 “Porta san Paolo, la Resistenza romana”, alle 16 “Passeggiata alla Garbatella”, alle 12 “Dalla Centrale Montemartini al Ponte di Ferro”. Prenotazioni su http://www.eataly.it. Per i pochi e selezionati lettori di questo blog questi tre itinerari potrò illustrarveli io, conoscendo perfettamente la storia dei luoghi, le fabbriche le lapidi i toponimi i luoghi delle battaglie. Spero presto, quando avrò ripreso la mia piena agibilità.

 

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Il rabbino Toaff saluta Emanuele Pacifici z.l.

Emanuele Pacifici (1931-2014)

Il rabbino Toaff ha seguito il corteo dalla finestra (foto Brogi)

 

 

Cosa porterò questo signore a suonare il suo flauto tra l’indifferenza dei passanti? L’esagerazione della Galleria Sciarra? L’unica conclusione possibile è che la vita è buffa.

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Gli uffici dell’Atac affrescati dal Clemens Behr fotografati dal Ponte Spizzichino. Come è noto il ponte titolato a zi’ Settimia durante la consiliatura alemanna, descrive la donna come vittima del nazismo, facendo una tara sul fascismo.  Come tutti sanno Settimia Spizzichino è stata l’unica donna tornata dal rastrellamento del 16 ottobre. 

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Via Galvani (Testaccio)
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Via Giustiniano Imperatore (i nuovi palazzi e la piscina comunale)

 

 Vergognoso divieto agli “zingari” offende tutti gli ebrei italiani

“Il vergognoso cartello di divieto apparso in un esercizio commerciale di Roma in cui si tentava di impedire “l’ingresso agli zingari” evoca in modo preoccupante il periodo più buio della nostra storia. Anche se si tratta di un episodio isolato, non possiamo, come ebrei italiani, rimanere in silenzio di fronte a questi gesti di razzismo. Un’offesa alla Memoria e un’inaccettabile, irresponsabile discriminazione nei confronti di una minoranza. Come ebrei, esprimiamo la nostra solidarietà alle comunità dei Rom e dei Sinti e condanniamo fermamente l’accaduto”.  Renzo Gattegna presidente Ucei (20 marzo 2014)

http://80.241.231.25/Ucei/PDF/2014/2014-03-21/2014032127054771.pdf

ORE PERSE: le pigre giornate romane di cui ho sempre nostalgia
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mercato di san saba

mercato di san saba

consegne dal mercato

consegne dal mercato

Roma muore ogni giorno un pò . Questa è Cinecittà

Assomiglia vagamente al Guggenheim di New York questo palazzone sulla via Cristoforo Colombo (davanti alla ex Fiera di Roma).  Doveva essere un albergo, il barista di via Costantino giura che dovevano venirci le ragazze di Silvio, in molti hanno pensato che ci arrivassero quelli della Regione, qualcuno ancora crede che sarà una dependance della vicina università Roma Tre. Quel che è certo: ci scorazzano in libertà i writer  , potrebbero abitarci tanti senza casa  che potrebbero salvarlo dal veloce degrado. A pochi metri gli albergoni a strisce della Colombo (ora abitazioni) che nel ’45 ospitarono i baraccati di Tormarancio.

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Il 3 marzo del 1944 un maresciallo tedesco uccide Maria Teresa Gullace, di 37 anni, madre di cinque figli e in attesa del  sesto, che con altre donne romane, davanti alla caserma del LXXXI reggimento di fanteria in viale Giulio Cesare, cercava di ottenere il rilascio del marito , destinato al lavoro coatto in Germania
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Questo strano leone magrolino (qui sotto) e vagamente gotico, adorna i lati di un bellissimo palazzo in piazza Benedetto Brin, indirizzo conosciuto ai romani per la trattoria dar Moschino nota per i bucatini cacio e pepe. Ma sono tanti i villini, i palazzotti bassi, i cortili dei lotti del quartiere, adornati da teste leoni tritoni…La Garbatella è una specie di enclave tra la Cristoforo Colombo e la via Ostiense nata negli anni ’15, prima per alloggiare gli operai del Porto Fluviale e poi per accogliere i romani che dovettero sgombrare la zona intorno a piazza Venezia per la costruzione della maestosa via dei Fori imperiali. Tante le cose da vedere: la scuola dei bambini “la scuoletta” visitata da Gandhi durante il suo viaggio a Roma, i bagni pubblici – oggi occupato per trasformarlo in biblioteca del quartiere – dove gli operai si recavano per la toilette settimanale, la fontana Carlotta – una donna così garbata che, leggenda vuole, ha dato il nome al quartiere – il teatro Palladium, gli alberghi – due enormi palazzoni rossi oggi abitazioni – i fasci – quasi tutti spezzati – che indicano i civici dei palazzi che qui si chiamano lotti, il bassorilievo su un palazzo dello storico partito repubblicano, il mercato, la Villetta ancora oggi la casa dei comunisti. la chiesoletta e la splendida via delle Sette chiese… Gli anziani la mattina prendono il caffè al vetro nei baretti, mentre i giovani si vedono soltanto il pomeriggio. Un quartiere che ha contribuito alla fine del fascismo come testimoniano le tante lapidi che ricordano i partigiani della Garbatella. Sempre più spesso capita di incontrare turisti in cerca del bar e della scuola dei Cesaroni, una serie tv di misterioso e travolgente successo. Qualche occhiuto commerciante sfrutta l’onda esponendo gadget, ma su un muro di via Magnaghi un anonimo abitante – forse stufo dei disagi dati delle riprese – ha scritto: Cesaroni c’avete rotto li co…
contare il tempo e accettarne i cambiamenti è una grande conquista. e è bella questa meridiana che lo ricorda . è in via sant’eurosia    Immagine 057
Il 4 giugno 1944, la capitale torna ai romani dopo 268 giorni di occupazione tedesca grazie (anche) agli americani. In quei 268 giorni a Roma ci furono una cinquantina di bombardamenti, la deportazione di 1022 ebrei, la strage di via Rasella, l’eccidio delle Fosse Ardeatine, le violenze di via Tasso. I militari americani erano guidati dal generale Clarke. A piazza Oderico da Pordenone (alle spalle della Regione Lazio) c’è un bell’edificio, metà è una scuola gestita da religiosi il resto è utilizzata per corsi di formazione della regione. Il palazzo è stato costruito grazie ad una generosa donazione del generale Clarke , il liberatore di Roma, in memoria della moglie morta dopo un dura malattia nel ’42. La donna era  a Roma perché desiderava raggiungere suo marito in quel momento in Marocco. La lapide è dentro la scuola e la frase è tratta da una lettera che scrisse al marito. Clarke , fervente cattolico, avrebbe desiderato essere ambasciatore presso la Santa Sede, ma gli Usa solo in tempi più recenti hanno stabilito una ambasciata presso il Vaticano tfImmagine 025

ROMA SI PREPARA ALLE ELEZIONI EUROPEE

via Guendalina Borghese

via anna maria taigi

 

Nel ’75 l’Mld (movimento di liberazione delle donne) occupò il Palazzo Nardini in via del Governo Vecchio. Fu per me un periodo bellissimo anche se la notte – ero piccoletta – le compagne grandi  non mi facevano dormire lì come mi sarebbe piaciuto.  Ad oggi il femminismo è l’unico -ismo che non rinnego e al quale, soprattutto, riconosco molti meriti, e per la vita pubblica e per la mia. Il Palazzo Nardini era bellissimo e storicamente prezioso. Il cardinale forlivese Stefano Nardini, arcivescovo di Milano e legato papale ad Avignone nel 1484, decise che alla sua morte il palazzo avrebbe dovuto ospitare un collegio per studenti universitari poveri. Nel 600 Urbano VIII cambiò la destinazione trasformando il sontuoso edificio negli uffici del governatore di Roma.(da qui il nome della strada). Dopo l’Unità d’Italia il palazzo ospitò una pretura e ancora oggi a Roma è chiamato pretura o il palazzaccio delle femministe. Abbandonato e semifatiscente dal ’75 agli ’80 venne occupato dalle donne che, attraverso complicate trattative col Comune di Roma e la Regione Lazio contribuirono a far acquisire il palazzo alla Regione (che oggi ne è il legittimo proprietario) scorporandolo dai beni del Pio Istituto. Giulio Carlo Argan ringraziò formalmente le donne che con l’occupazione avevano contribuito a salvare un palazzo così bello alle proprietà (rapaci) della Chiesa. Purtroppo la Regione Lazio (e il Mibac) proprietaria di questo splendido palazzo lo sta mandando alla distruzione. Le donne salvano e i partitocati affondano. tf
Questa non è una piazza ma uno slargo di via Ettore Rolli. Un rudere prezioso infilzato da parabole, una scultura fontana misteriosa attribuita allo psicanalista guru Massimo Fagioli, i giochi nel recinto, palazzi belli costruiti negli anni Venti e orribili dall’altro lato, un palazzo nuovissimo all’inizio di via Portuense sorto all’indomani dell’incendio (doloso pare) di un piccolo centro di documentazione del cinema. La domenica tutto cambia perché qui arriva il mercato di Porta Portese . tf
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appartamento romano

appartamento romano in una giornata di sol

Si può vivere a Roma senza conoscere Giancarlino Benedetti Corcos? 
Achille Bonito Oliva ha sempre elogiato la sua familiarità con la Roma delle tradizioni e delle storie popolari, sognate e raccontate. Una visita nel suo disordinato studio d’artista in via dei Cappellari 86 vi regalerà una giornata di allegria e riflessioni. Ma Giancarlino, amico caro, è anche un lupo ferito per la perdita della sua amata. Qui un piccolo dolce ricordo di Laura Rosso
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fiori per tiziana, giancarlino benedetti corcos

fiori per tiziana, giancarlino benedetti

Portoni in Monti  Uno dice: è che cosa c’hanno di particolare, di tanto diverso? Hanno che solo in questo rione, solo in queste stradine, per qualche misterioso motivo, è nata l’usanza di fare intorno al portoncino del palazzo un piccolo giardino. Forse il traffico meno intenso, forse la necessità di impedire con gentilezza il parcheggio (peraltro vietato dal codice della strada) all’uscita di casa… Senz’altro un condominio dove ci si è messi d’accordo, probabilmente un condominio piccolo dove mettersi d’accordo è facile…Fatto sta che Monti è pieno di questi meraviglioso portoncini – giardino incorniciati da piante nemmeno troppo sofisticate, semplici rampicanti, piccoli vasi.Che bello.http://www.iloveroma.it/articoli%20iloveRoma/archivi/quantoseibellaroma.htm
A Piazza del Popolo
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 Non è la montagna incantata  ma affascina comunque. Oppure l’ospedale Forlanini mi fa questo effetto perché  ho letto la montagna incantata? http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-forlanini_(Dizionario-Biografico)/
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Palazzo fanatico e pretenzioso in via Carletti, anonima strada tra via Ostiense e piazzale dei Partigiani . Qui abitava Filippo D’Agostino arrestato nel dicembre del ‘43 e deportato a Mauthausen come racconta la pietra d’inciampo posta prima delle scale. Eppure rimaniamo indifferenti… Immagine 030Immagine 031
Qui sotto Via del Porto Fluviale, ultimamente zona trendy, ma che noi che amiamo Roma preferivamo  già da tanto tempo
pescheria ostiense in via del porto fluviale

pescheria ostiense in via del porto fluviale

la storica saccheria sonnino in via del porto fluviale

la storica saccheria sonnino in via del porto fluviale

il palazzo occupato di via porto fluviale

il palazzo occupato di via porto fluviale

il ponte di ferro sul porto fluviale

il ponte di ferro sul porto fluviale

Via Tiberio Imperatore

Via  Giustiniano Imperatore

Questo palazzo sotto (qui fotografato da lungotevere Aventino) ha due entrate, una su piazza dell’Emporio e una sul lungotevere, a un passo da Porta Portese, quasi su  ponte Sublicio. E’ sicuramente il palazzo più bello di Testaccio con un cortile pieno di alberi e fontane. E’ stato a lungo proprietà di un ente che lo ha svenduto, come tutti i palazzi degli enti e i palazzi di pregio del Comune di Roma, per pochi soldi e ai soliti noti. Oggi abitano in quel palazzo Giuliano Ferrara, Nicola Latorre, Enrico Letta….
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Avviso ai passeggeri - E’ firmato dal
Appena un paio di manifesti abusivi a Roma….
Via dei Ponziani

Via dei Ponziani

 Questa è la storica sezione dei socialisti di San Saba in via Giotto. La sezione faceva parte del Comitato di Liberazione Nazionale, zona S.Saba Aventino Ardeatino., costituitosi il 4 maggio del 1945. Operativo soprattutto per le questioni legate agli alloggi popolari (icp). Ma anche per dichiarare il 25 aprile festa nazionale
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Portoncini

Sono tutti portoni di ingresso di piccoli palazzetti in Trastevere, case non altisonanti, senza molte decorazioni, senza bugnato, senza grandi e importanti facciate, senza quelle dimensioni che fanno indovinare cortili belli.La città, come tutte le altre e come tutti i posti del mondo, è stata sempre abitata più da “gente comune” che da personaggi importanti e questa gente comune abitava in case comuni, edilizia minore e minuta con piccoli portoni. Trastevere, più di altri rioni di Roma, è stato “popolare” per antonomasia, anche perchè di là dal fiume, da sempre, già ai tempi di Cesare, abitato da stranieri, operai, tessitori, artigiani, Trovo che questa foto, tecnicamente un collage, sia bellissima, nel suo piccolo e nella sua semplicità, una piccola opera d’arte, una di quelle che se fosse esposta ad una mostra mi verrebbe di rubarla e portarmela a casa. Angela Cannizzaro http://www.iloveroma.it/articoli%20iloveRoma/archivi/quantoseibellaroma.htm

Questa qui sotto  è la bella porta della Chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri in piazza della Repubblica . Le porte sono opera dello scultore polacco Igor Mitoraj che ha scelto il nostro Paese per la qualità del marmo che ha trovato nelle Apuane. Lo scultore è un uomo molto simpatico ed è felice di ricevere visite nel suo studio a Pietrasanta. Un paio di anni fa fu protagonista di un episodio tipicamente romano. A piazza Monte Grappa (davanti agli uffici di Finmeccanica) c’è una sua scultura che era così sporca trascurata e abbandonata che lui chiese al Comune di Roma di poterla acquistare per portarla via. Da allora il giardinetto appare un pò meno trascurato. La chiesa è molto conosciuta per i numerosi funerali di Stato che qui vengono celebrati e trasmessi in tv. Mai nessun valente cronista commentatore dei sospiri dei vari politici presenti ai funerali di Stato degna mai di una descrizione nè di una ripresa le belle porte di Mitoraj. Che dire, tutto quello che accade in questa nostra inutilmente amata Italia ha del paradossale. Compresi i funerali di Stato: celebrare una messa in onore dei morti non è cosa discutibile né da discutere. Ma lo è se è il modo per celebrare funerali di Stato per eventi che feriscono e rattristano tutto il Paese..L’Italia, che pure ha compiuto 150 anni, non è ancora in grado di celebrare un evento triste in modo laico, così da consentire la partecipazione di tutti gli italiani. Invece in queste occasioni gli italiani non cattolici sono ridotti allo stato di captive audience, cioè uomini e donne che devono assistere a uno spettacolo scelto da altri. E’ difficile amare il proprio Paese quando in momenti collettivi di dolore – per i morti del terremoto dell’aquilano, per il rientro delle salme dei soldati, per i viareggini bruciati dal combustibile, per l’omicidio della giovane di Avetrana… – l’unica possibilità è raccogliersi attorno ad un altare. Ignorare che in questo paese esistono non credenti e credenti in altro, è una offesa da parte dello Stato che, con tutta evidenza, preferisce continuare ad essere subalterno alla Santa Sede piuttosto che onorare tutti i suoi cittadini. Ricorda da vicino – troppo da vicino – quello che fece l’ultimo re d’Italia quando firmò, in ossequio al fascismo, le leggi razziali che condannavano milioni di italiani. E’ offensivo che lo Stato italiano non riesca ancora a fare un passo per superare l’articolo 7 della nostra Costituzione, quello che impegna l’Italia ad abbassare il capo davanti ai dogmi religiosi del cattolicesimo sancendo una condizione di privilegio per la Chiesa che non corrisponde con uguali doveri civili. L’unica Costituzione al mondo che contempla uno Stato che da sovranità ad un altro Stato sul proprio territorio.  Potrei aggiungere che una Chiesa che vuole dominare anche sui non credenti è una offesa anche a quei cattolici che si riconoscono nella storia di Cristo che predicava la compassione. Ma non è una cosa che mi riguarda perché questa storia non mi appartiene. (tf, http://www.iloveroma.it

via ostiense

sulla via ostiense

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Questo bellissimo palazzo futurista (foto sotto) di via Bari è stato il dopolavoro dei ferrovieri, oggi è un teatro. E’ nel quartiere Italia. La via che più amo è via Padova una strada di circa 400 metri che va da via delle Province a via Catanzaro, dritta come una spada, tranquilla fino alla noia. Una prima parte è più sciccosa, con dei palazzoni bellissimi costruiti negli anni Trenta e ben mantenuti e un secondo tratto più caotico, anche per il fatto che un brutto cinema è diventato una sinagoga di rito tripolino. Grazie alle frenesie governative sulla sicurezza dell’allora ministro La Russa (le cose balorde non si rettificano mai) la sobria volante dei carabinieri che lì davanti stazionava, è stata rimpiazzata da una jeep con tre soldati, peraltro quasi sempre bei ragazzi, con mimetica e fucile spianato. Quindi, anche chi passasse lì per caso – ma per quale caso si passa in via Padova? – si accorgerebbe che  c’è una sinagoga, e magari si chiederebbe anche perché. La zona, un quartiere destinato al ceto medio, piccolo ma con pretese, è diventato il territorio d’elezione degli ebrei espunti dalla Libia quarantacinque anni fa, probabilmente per caso, verosimilmente per imitare un amico già lì da tempo. E così, ignorata dalla più parte degli abitanti del quartiere, c’è una enclave di ebrei che vive come se non avesse ancora lasciato Tripoli. Se esci la mattina presto in via Padova incontri giovani maschi con la chippà che vanno al tempio, poi dopo un po’ si infilano nel kosher bakery café di via Cremona, poggiano l’astuccio dei tefillin sui tavolini e divorano cornetti e dolci senza lievito animale. Dolci che fanno parte di me ma che sono pesantissimi. Ci sono parecchi lubavich con il cappello duro e gli tzizit che spuntano dalla giacca, che spingono passeggini mentre le loro mogli, quasi sempre incinte,  comprano il pane e i dolcetti al miele e corrono al lavoro.  Lasciando via Padova  finiscono i ragazzi con la chippà, e i lubavich camminano rasente il muro e a passo svelto. Le scale della chiesa di sant’Ippolito a pochi metri di distanza, sembrano ergersi come un confine di sicurezza. . Appena poco più su, piazza Bologna, con l’ufficio postale littorio, le scale fanatiche ma ancora, nonostante le richieste dei residenti, inaccessibili per chiunque abbia un handicap o anche solo una gamba ingessata. Ma il direttore promette che fra un giorno non sarà più così.  Bologna è anche una delle principali stazioni della metro B; a volte mi è capitato di vedere tutte le scale mobili funzionanti,  ma soprattutto mi sorprende perché puntualmente l’8 dicembre il personale della metro allestisce albero di natale e presepio!  Dalla piazza parte via Sambucuccio d’Alando, una strada corta che porta le ferite della guerra: da un lato un paio di palazzi crivellati dai colpi di fucile dei mitragliatori tedeschi , dall’altro la casa di Pilo Albertelli, professore di filosofia che insegnava agli studenti “la fedeltà socratica alla verità e al dovere” prima di morire alle Fosse Ardeatine,  come è scritto nella lapide che i suoi compagni di Giustizia e Libertà gli hanno dedicato. Macchine ovunque, anche perché ci sono genitori che accompagnano bambini alla scuola Fratelli Bandiera dove insegnò il maestro Manzi, l’inventore della trasmissione Non è mai troppo tardi, che permise a milioni di italiani di ottenere la licenza elementare. Erano i tempi della rai servizio pubblico sul serio, oggi neanche il direttore della scuola forse sa più chi era Manzi. Speriamo che ai bambini dicano  chi erano i fratelli Bandiera. Parallela corre via Livorno dove c’è la lapide rotta di Eugenio Colorni, strada conosciuta  perché c’era la sezione più nera dell’msi, poi diventata di tutto, oggi addirittura Milizia. La zona infatti è piena di fascisti molesti che disegnano svastiche e celtiche sui muri, attaccano manifesti ovunque sull’anniversario dei vari fascisti morti, sull’onore all’rsi ecc., ma questo, per il momento, non ha un riscontro elettorale, considerato che, con grande scherno di tutti questi odiosi facinorosi, il municipio è saldamente in mano al cosiddetto centrosinistra.  Oltre ai nomi delle province (ma via Torino è in via Nazionale e via Perugia sta al Pigneto) la toponomastica è ricca di donne: Stamira, Piccarda Donati, Eleonora d’Arborea, Duchessa di Galliera, Isabella d’Aragona, Contessa Bertinoro…  In questo quartiere è cresciuta la fascistissima Francesca Mambro e tanti fascisti ora in rai e nel Palazzo. Passeggiando si incontra Alessandra Mussolini e sua madre, grandi frequentatrici delle bancarelle dei bangla, che tirano sul prezzo delle finte pashmine e delle finte prada. Ma anche Remo Remotti che qui è nato e riempie gli occhi coi suoi vestiti coloratissimi, o la candida Fiorella Mannoia, o nonno Libero Banfi.. In via Arezzo ha abitato Aldo Fabrizi e qualche anziano ricorda che dal mercato di via Catania era una sfilata continua di garzoni, e in via di Villa Massimo la professoressa Rita Levi di Montalcini, e in via XXI Aprile Luigi De Marchi… in via Monaci nell’immediato dopoguerra ci fu il delitto Fenaroli che interessò molto i romani, e c’è il negozio del parrucchiere che si è occupato di intitolare una aiuola della piazza Bologna a Parisi. Mi si spezza il cuore ogni volta che penso che qui c’è la casa di Gianni dove lui è voluto venire a morire. All’angolo di via Reggio Calabria si creò un caos di clacson il giorno che tornò dalla clinica e l’ambulanza si attardava troppo. Un commento su tutti lo ricordo: “a paralitici moveteve”. E questa è Roma. . Tiziana Ficacci

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Questa specie di capanna di bamboo alta 25 metri è una installazione di Mike e Doug Starn al MACRO Testaccio dove rimarrà per un anno. E’ possibile arrampicarsi e da lì dominare Testaccio, il Monte dei Cocci (che purtroppo si può visitare solo dopo burocratiche e kafkiane lungaggini con la Soprintendenza comunale), il Gazometro, la Piramide, l’Ostiense, il Ponte Spizzichino, l’Eur, i treni della metro B. Un panorama mentre siete in bilico su flessibile bamboo oscillate assolutamente da non perdere nei prossimi dodici mesi. Ma, da non perdere, è tutta l’area del MACRO Testaccio che è stato a lungo il mattatoio romano. Le sale dove sono ospitate le mostre conservano la struttura originale, ed è impossibile ignorare i ganci, i macchinari per la dissezione del bestiame, le vasche, le caditoie per il deflusso del sangue e degli escrementi. Camminando fra gli edifici, la Pelanda dei suini, la Vitelleria, gli Animali Domi… anche il cuore più indurito sembra comprendere che quello è stato luogo di dolore. Forse è per questo che la direzione del MACRO Testaccio ha scelto di aprire all’interno un sobrio punto ristoro bio e rigorosamente vegetariano. Ma a pochi mesi metri dall’ingresso dal museo al (rinnovato) mercato Testaccio va forte lo stand che offre panini al lesso, con polpette al sugo, con la coratella… in puro stile testaccino. (tf)

Via di Villa Pepoli è una bella strada privata di San Saba., un quartiere che ha scorci e planimetrie in regola per sembrare un posto perfetto per vivere. Il nucleo centrale del quartiere ruota intorno a piazza Bernini, dove le case di mattoncini di cotto, costruite per conto dello IACP tra il 1907 e il 1921, sembrano adatte a ospitare elfi e folletti. A pochi passi la piazza Remuria, dove secondo la leggenda Romolo uccise Remo, e dove, al civico 3, visse il poeta Giuseppe Ungaretti. Nel quartiere c’è la scuola elementare intitolata ad Alice Franchetti **. frequentata da pochi romani e da molti figli dei dipendenti della Fao, il cui bianco palazzone, già ministero delle Colonie negli anni neri del fascismo, è alle pendici di San Saba. In viale Giotto, una via bellissima, da un lato palazzi anni ‘20 cancelli di ferro e scale che conducono al centro del quartiere, e dall’altro le Mura Aureliane, ha abitato il pittore Lello Cenciarelli, partigiano comunista. Commuove, per i racconti di mio padre che c’era, la scalinata di via Baccio Pontelli che digrada fino a viale Aventino all’altezza del Parco della Resistenza dell’8 settembre 1943, da dove scapparono i manifestanti inseguiti dalla celere che negli anni ’60 protestavano contro il governo Tambroni. Molti toponimi di San Saba portano il nome di “quegli eroi che insegnarono ai barbari invasori il vero sentimento dei figli di Roma” come mostra l’affettuosa lapide a Enzo Fioritto su via Guido Baccelli, ahimè, il più delle volte nascosta al distratto passante da erbacce e mondezza. (tf) http://www.iloveroma.it/articoli%20iloveRoma/archivi/dovesiamo.htm

**Nell’elegante cimitero acattolico di Testaccio, che i romani chiamano inglese, c’è la lapide di Alice Hallgarten Franchetti nata il 23 giugno 1874 a New York e morta di tubercolosi il 22 ottobre 1911. Educatrice e filantropa, coltissima, parlava 4 lingue. Arrivata in Italia e poi a Roma, iniziò ad assistere i bambini abbandonati di San Lorenzo, in quegli anni un abitato da ultimi.Durante una festa a Villa Wolkonsky Alice Hallgarten, conosce il barone Leopoldo Franchetti e lo sposa nel 1900. Più grande di lei di oltre trenta anni Franchetti si innamora immediatamente di quella donna colta di cui condivide, oltre l’ebraismo, gli ideali sociali e umanitari. Il barone è senatore del Regno, fondatore insieme a Giustino Fortunato dell’Associazione per gli interessi del Mezzogiorno. Insieme al ministro delle Finanze Sidney Sonnino conduce una accurata inchiesta sulle condizioni economiche e lavorative in Sicilia. Il barone ha importanti possedimenti in Umbria, e nel 1901 Alice apre lì delle scuole moderne per dare istruzione ai figli dei contadini. A Città di Castello ancora oggi i bambini studiano in quegli edifici che hanno una concezione moderna perfino nella architettura. Maria Montessori, che Alice aveva conosciuto a Roma a San Lorenzo dove la grande studiosa aveva avviato, su impulso del sindaco Ernesto Nathan, la Scuola dei bimbi, viene chiamata ad applicare il suo metodo d’insegnamento. Con il sostegno economico del barone Franchetti il metodo viene messo a punto nel 1909, firmato Alice Franchetti-Maria Montessori. Successivamente il regime fascista ordinò di fare sparire il cognome ebraico. Nel 1908 la baronessa Hallgarten Franchetti avviò il Laboratorio Tela Umbra, attivo ancora oggi, dove le giovani tessevano su telai acquistati a Londra. Venne avviata una vera e propria cooperativa, con le lavoratrici che partecipavano agli utili. Qui fu aperto il primo asilo nido aziendale italiano. Purtroppo Alice morì presto stroncata dalla tbc. Il marito la seguì, suicidandosi, dopo qualche anno, ed è sepolto accanto a lei. Lasciò i suoi beni immensi ai coloni. Non tutti i morti sono uguali e neanche tutte le vite sono vissute allo stesso modo. Questa coppia una visita al cimitero ai piedi della Piramide Cestia per un sasso o un fiore, la merita. (tf)

 

No, non è un papillon caduto sul pavimento, ma una installazione dell’artista telavivino Misha Ullman in piazza Monte Savello. Sono due case – quelle col tettuccio a punta che disegnano i bambini – unite per i vertici. Secondo l’autore rappresentano Roma e Gerusalemme unite in un ideale abbraccio. La scultura è stata commissionata dal Comune di Roma nel 2004 per celebrare la Giornata della memoria. A Roma – dove pure quando piove è primavera – la piccola scultura riempita d’acqua, col sole che si riflette lascia vedere qualsiasi città. E piazza Monte Savello è bellissima nonostante il traffico e il capolinea degli autobus. più informazioni http://www.iloveroma.it/articoli/dovesiamo-15.htm

lettera di Antonia Sani al manifesto sulla pedonalizzazione dei Fori  Bellissimo l’articolo di Vezio de Lucia sul progetto di valorizzazione dei Fori, del parco archeologico. Una pagina di grande valore per tutta la ricostruzione storica che ci ha offerto e la lucida visione dell’obiettivo. Non sono urbanista, ma nell’ambito dell’Associazione per i Diritti dei Pedoni (ADP di Roma e del Lazio) abbiamo sempre aspirato alla pedonalizzazione di determinate zone della città invase dal traffico automobilistico ma adatte a ospitare incontri rilassati tra le persone. Non è questo il caso di una strada della dimensione di via dei Fori imperiali che poco si presta a quei contatti umani che stanno alla base del concetto di pedonalizzazione.Quella strada, che ha violato- storpiandone il tessuto- la Roma repubblicana, la Roma dei Cesari, in ossequio alla visione mussoliniana del fasto delle parate,  deve essere rimossa. Solo allora si potrà riparlare del “parco archeologico”. Lo vedranno i nipoti dei nostri nipoti, ma in quella direzione si deve andare non sentendosi appagati da una pedonalizzazione che -in sé- non ha quel significato. Antonia Sani

Romani o gerosolimitani?  Questo corteo di ebrei deportati da Gerusalemme che porta una grande Menorah come bottino di guerra nella capitale dell’Impero, cammina sull’Arco di Tito al Foro romano. La Menorah (candelabro a sette braccia) è il simbolo più importante dell’ebraismo: “farai una Menorah d’oro puro, tutta di un pezzo…” è scritto nel libro dell’Esodo (25:31). E proprio su questo importante oggetto rappresentato nel bassorilievo sono fiorite ipotesi e leggende. Secondo alcuni è proprio a Roma in Vaticano, oppure nel Tevere vicino all’isola Tiberina dove furono fatte alcune ricerche. E’ però più probabile che gli oggetti depredati dal Tempio di Gerusalemme furono fusi all’epoca della distruzione dell’Impero romano nel V secolo. L’Arco di Tito ha un altissimo valore simbolico per il popolo ebraico: un arco trionfale che ricorda a tutti il momento della diaspora, al punto che molti ebrei penano ancora oggi a passarci sotto per non mostrare in alcun modo onore ai conquistatori romani. (fotografano, ma non ci passano sotto!) Uno studio archeologico guidato dalla Yeshiva University insieme alla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, ha rilevato tracce di colore sul bassorilievo grazie a tecniche di ricostruzione digitale e agli spettrometri 3D. Nell’autunno del 2013 il lavoro di mappatura tridimensionale dell’Arco di Tito verrà presentato al pubblico, ma è già evidente che la scoperta più emozionante è proprio la traccia del pigmento giallo ocra sulla Menorah. Tiziana Ficacci (www.iloveroma.it)

 

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Questo è il ristorante Grano a piazza Rondanini noto per il pranzo Bersani-Renzi. Ci si va per avere l'”onore” di attovagliarsi accanto ai politici, specialmente pd. Polpette di brasato modeste e unte. Flan di baccalà francamente sopravvalutato. Cannolo alla siciliana col fodero molliccio
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No, il comunismo non ucciderà la bellezza e la grazia, scriveva Gramsci.Immagine 029

In realtà il comunismo è stato levatrice e assassino di molte altre cose e persone, compresi i sogni sballati di alcuni tra noi. Abitò nel palazzo (che vediamo specchiato su questo di fronte) e che oggi è diventato l’hotel Morgagni.. Probabilmente ci alloggeranno medici e amici dei malati in considerazione della vicinanza al Policlinico. Giambattista Morgagni, a cui è titolata la via, è stato un noto medico anatomista e medici e ricercatori sono ricordati nei  toponimi delle strade adiacentiImmagine 030

E’ possibile che mi stavo chiedendo perché Prati piaccia tanto alle persone di estrazione piccolo borghese, in particolare dell’ambiente piccolo piccolo borghese dove mediocrità e presunzione vanno a braccetto … o anche perché via Giuseppe Gioacchino Belli, il più grande tra i poeti, ha la via in questo quartierone di avvocati… o forse mi ero distratta per guardare questa finestra  dove invece che la solita pianta troneggia un busto… Fatto è che un giovane predatore a piedi mi ha strappato dalle mani la cartella dove avevo riposto il bancomat con i 250 € appena prelevati . Fatto romano e neanche originale. Il Vaticano ha onorato il cittadino dello Stato pontificio Belli (1791-1863) con un francobollo, l’Italia forse ne emetterà uno entro dicembre. Roma – e questo non è insolito – invece di dedicare un anno intero al poeta se ne è quasi dimenticata. Oltre ad avergli titolato una brutta strada a Prati.   http://mondodelbelli.blogspot.it/

finestra in via belli

finestra in via belli

Dalla Villetta ai Gazometri, partiti politici e lotte popolari nel dopoguerra tra Garbatella e Ostiense, Gianni Rivolta, bellieditore, € 15

La Villetta, storico edificio di via Passino alla Garbatella, è stata dalla Liberazione in poi la casa dei comunisti della Garbatella. Il vecchio Gazometro sulla via Ostiense, un must dell’archeologia industriale,  fu luogo di lavoro e di sacrificio quotidiano di generazioni di operai. Il libro racconta la storia dei partiti politici usciti dalla Resistenza e delle formazioni antimonarchiche, che non avevano aderito al Comitato di liberazione nazionale, come il movimento comunista d’Italia Bandiera Rossa e il partito repubblicano. Protagoniste le persone dell’ex zona industriale di Roma cresciuta nei primi decenni del Novecento sulla sponda sinistra del Tevere: i facchini dei mercati generali, i macellai del mattatoio, gli opera dell’ottica meccanica, i gassisti delle officine di san Paolo, le casalinghe delle case popolari, i muratori… uomini e donne mossi dalla forza del cambiamento e della giustizia…  La Villetta oggi è la sede di Sel, continua ad essere un polo importante per il quartiere. Lo scorso 4 giugno è stata apposta una targa in memoria dei comunisti della Garbatella.

http://www.amazon.it/villetta-gazometri-politici-dopoguerra-Garbatella/dp/8862521782

L’elegante portone di via Secchi 9 ai Parioli , dove abitò Edda Mussolini con l’elegante marito Galeazzo Ciano, è infotografabile per la severità di un custode che sorveglia la privatezza dei condomini. Mi informerò su chi ci abita prima o poi, Ma è un peccato, perché oggi che tutti si affannano a riabilitare il fascismo e che tanto male poi non è stato, il suocero del Dux fu uno dei pochi che forse andrebbe studiato: mise in guardia il suocero dall’alleanza pericolosa con Berlino, osteggiò la guerra, e nel Gran Consiglio del 25 luglio si schierò contro Mussolini. Marco Innocenti nel libro Ciano, il fascista che sfidò Hitler (mursia  euro 15) gli attribuisce prima della fucilazione che avvenne a Verona nel ’44, le parole di Socrate: ecco, è l’ora di andare… Non una riabilitazione certo, ma una figura interessante.

Invece qui sotto un nostalgico del Ventennio a Lungotevere degli Inventori

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Il profilo della città visto da via Cardano (zona Marconi)Immagine 089

Una storiaccia romana di pedofilia e capri espiatori 

A Roma, tra il 1924 e il 1928, il sentimento popolare venne sconvolto da una lunga serie di rapimenti, violenze sessuali, omicidi. Tutto era iniziato nel marzo del ’24 con il rapimento di una bimbetta a piazza Cavour, ritrovata alle pendici di Monte Mario scempiata da uno stupro. Seguito a giugno da un rapimento di una pupetta in via del Gonfalone e ritrovata, stuprata e strangolata, nei pressi della basilica di san Paolo. Seguì un tentativo (fallito) di rapimento di una piccola in via Paola… “Il rapitore delle bambine sta mettendo in difficoltà la mia politica” disse Mussolini al fedele questore Emilio De Bono, già quadrunviro della marcia su Roma, “è riuscito perfino ad avvelenare il giubileo (’25) mentre sto tentando la conciliazione con il Vaticano. Il bruto va trovato assolutamente”. La regina Elena di Savoia, interpretando lo sgomento delle madri, pose una lapide al Verano per la quattrenne Rosina, rapita a piazza San Pietro e uccisa dalle orrende sevizie. A questo punto, l’arresto di un “mostro” urge, anche per distogliere l’attenzione dalle accuse che un deputato socialista, Giacomo Matteotti, rivolgeva ai fascisti e al loro sistematico uso della violenza, e per distrarre gli italiani dai primi morsi della fame. Il mostro alza il tiro compiendo ancora stupri e omicidi di bimbe sempre più piccole, e il cerchio si stringe intorno al sor Gino. Attenti al nome: Gino Girolimoni, un nomignolo che è penetrato con forza nella lingua, arrivando a coniare un neologismo che definisce quanto di più turpe esiste: il pedofilo stupratore. Gino Girolimoni viene riconosciuto da un oste che dichiara di averlo visto tenere per mano una bimbetta. A niente varrà la testimonianza dell’uomo, il padre della bambina, che aveva sostato nell’osteria con la figlia. Girolimoni è il mostro  perfetto: uomo dalle idee liberali, scapolo, benestante e che in più assisteva gli operai che cercavano aiuto dopo un infortunio sul lavoro; un tipo d’uomo sgradito al regime. Pian piano il castello accusatorio crollò grazie alle indagini del commissario Giuseppe Dosi che trovò il vero assassino e che compilò un dossier che inviò a Mussolini, parlando diffusamente delle leggerezze compiute durante le indagini e delle coperture politiche date al vero assassino. Che si rivelò in Ralph Lionel Brydges, pastore anglicano,poi arrestato a Capri Il pastore era un assiduo frequentatore della Santa Sede e finì i suoi giorni in Sudafrica dove, anche lì, diede sfogo alla sua turpitudine. Il regime preferì insabbiare la questione per non compromettere il rapporto con il Vaticano, (era ormai alle spalle quel fascismo-movimento ateo repubblicano e futurista in cui pure qualcuno credette), la Voce Repubblicana accusò il regime di non aver indagato sull’omicidio Matteotti, impegnato come era a inventarsi mostri sbagliati, il questore Dosi venne arrestato e internato in manicomio accusato di megalomania. Riconosciuto innocente Girolimoni non riuscì mai a reinserirsi e venne sistematicamente respinta la sua domanda per il cambio di cognome. La memoria collettiva dimentica malvolentieri ciò che ha avuto modo di immagazzinare attraverso le parti basse del corpo e il sor Gino ne pagò il prezzo. Morì nel ’61, dopo aver vissuto da solo nella botteguccia di calzolaio in lungotevere degli Artigiani.. Al suo funerale partecipò il commissario Dosi, uscito dal manicomio dopo la Liberazione: lui riuscì a riabilitarsi, al punto di diventare un importante membro della Interpol. A Dosi dobbiamo la verità su Girolimoni, sul pastore anglicano, e il salvataggio dei fascicoli che documentano il passaggio dei prigionieri dei nazisti in via Tasso. Ma questa è un’altra storia.  Tiziana Ficacci

http://www.youtube.com/watch?v=PBCNp3LLRM0 L’incredibile pista ciclabile all’Auditorium http://www.biciroma.it/blog/posts.php?blog_id=1&p=2588 ANVEDI MANCA MARINO  http://www.dagospia.com/rubrica-5/cafonal/1-anvedi-manca-marino-dopo-aver-disertato-il-gay-pride-il-neosindaco-non-si-58132.htm

Roma è multietnica e l’amore è sempre una cosa meravigliosa

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Il ridicolo palazzo di Via Ugo Bassi Immagine 065

Nel 1907 l’Associazione Giuditta Tavani Arquati, con fondi raccolti attraverso una sottoscrizione pubblica, eresse una statua per ricordare la figura del patriota Angelo Brunetti detto Ciceruacchio.  Brunetti, nato a Roma nel 1800, carrettiere, chiamato Ciceruacchio (da Cicerone) per il suo elegante eloquio tribunizio, fu eroico difensore della libertà: guidò le dimostrazioni popolari contro il potere di Pio IX e si mise a capo dei romani che abbatterono le inferriate del ghetto dove erano segregati in condizione miserevoli gli ebrei. Quando cadde la Repubblica Romana (1849), Brunetti seguì Garibaldi nella sua ritirata a Venezia. Catturato dagli austriaci, dopo sommario processo, fu fucilato a Cà Tiepolo il 10 agosto 1849 per ordine del Papa Re. Insieme a lui morirono sette patrioti e il figlio tredicenne Lorenzo. La statua eretta con i fondi raccolti dall’Associazione Giuditta Tavani Arquati, fu posta a lungotevere Arnaldo da Brescia (vicino a piazza del Popolo), ma, durante la costruzione di un sottopassaggio per le Olimpiadi del ’60, venne rimossa dall’amministrazione capitolina guidata dal sindaco d.c. Ciocchetti. Fu spostata a lungotevere in Augusta (via Ripetta), sacrificata dai rami degli alberi e dal traffico. Nel corso degli anni la statua e la lapide hanno subito l’erosione del tempo e l’incuria delle amministrazioni.  Oggi la statua, finalmente  ripulita grazie alle richieste pressanti dell’Associazione,si trova al Gianicolo, ma sarebbe opportuna, per il rispetto della storia,  la ricollocazione originale.

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Caldo domenicale a Roma (via Oslavia  incrocia via Monte Zebio)  e conseguente gelato di zabaione da AntoniniImmagine 055

Quella qui sotto sono io . Ricchi premi a chi indovina la location

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Questo è il Maxxi (museo delle arti del XXI secolo) fotografato durante la nevicata romana (quella che resterà nella storia come la nevicata di Alemanno). Oggi fa freddo e caldo piove e tira vento, e Roma, mentre sono seduta sulla stessa panchina fotografata , è bellissima. Da qui almeno

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QUALE SINDACO PER ROMA?

Quando Alemanno venne eletto, salutato da una selva di braccia tese sulla piazza del Campidoglio, pensavo che per la città delle Fosse Ardeatine fosse una vergogna un sindaco fascista. Sbagliavo per difetto, perché il problema (gravissimo) non era solo quello, ma anche l’incapacità di scegliersi uno staff adeguato. Stringando al massimo, di questa consiliatura bisogna ricordare: la mancata costituzione della città nel processo contro don Conti condannato per pedofilia, grande elettore del sindaco; la smisurata parentopoli nelle municipalizzate; l’assunzione di picchiatori fascisti successivamente rimossi per pressione dell’Anpi Aned e Comunità ebraica; il numero incredibile di delegati; l’intitolazione di strade e l’inaugurazione di lapidi improbabili se non addirittura controverse; l’inopportuna statua a Gran Premio II davanti alle Terme; il riassetto repellente di piazza san Silvestro sgombrato da un utilissimo capolinea in ossequio agli edifici accessori di palazzochigi; le luminarie natalizie grossolane e il proliferare di abeti decorati; il ridicolo offensivo antistorico carnevale romano; la sordità alla richiesta di istituire il 16 ottobre giornata di lutto cittadino; la minaccia costante di sfasciare un muretto dell’Ara Pacis ridicolizzando la città nel mondo; il clericalismo esasperato che lo ha portato, in occasione dell’intronazione dell’ultimo papa, ad affiancare ai colori della città la bandiera vaticana al posto del tricolore!; i pochi cm di rotaie dell’8 spacciati come se fossero chilometri; la partecipazione convinta per tre anni consecutivi ad una manifestazione contro la vita al seguito di una croce con feti di plastica e benedetta dal bravo papa tanto acclamato dai media vaticaliani, l’uso improprio dei musei comunali riservati a “mostrine” per gli imbrattatele della domenica (ma amici); l’idea che Roma è diventata Capitale del regno grazie ed esclusivamente per lui…  E’ appena il caso di aggiungere che ad un evento da me organizzato si presentò con delle orribili scarpe stringate. I candidati sindaco (Marino Marchini De Vita) sono molto modesti nelle proposte e tutti e tre non sembrano avere una idea di città. Ma tutti e tre saranno, statisticamente, meno peggio di Alemanno. Immagino che la cosa più conveniente sia votare Marino oppure Marchini meglio se con voto disgiunto. Essendo Alemanno esattamente come ho descritto, raccontando solo una minuscola parte della sua pessima gestione, è possibile che venga rieletto (tf)  

Nonostante la città. specialmente  con questa ultima amministrazione, sia dichiaratamente omofoba, questa lapide in via Galvani  13 (Testaccio) non è stata mai sporcata da vernice. Immagine 019


A Roma ognuno parcheggia come crede, preferibilmente male. Non fa eccezione questa auto, che però è direttamente sul sagrato della chiesa del Gesù (ma con solide raccomandazioni)6http://forum.roma.corriere.it/una_citta_mille_domande/03-05-2013/solo-a-roma-2294570.html http://www.iloveroma.it/articoli%20iloveRoma/archivi/dovesiamo.htm Il palazzo futurista di via Como 5 Immagine 058