Il viaggio di Blu Yoshimi tra il set, l’impegno per gli altri e l’amore verso se stessi

Quest’anno si è divisa tra il Festival di Cannes e la Festa del Cinema di Roma. È Blu Yoshimi, nata a Roma il 5 aprile 1997, figlia d’arte – sua mamma è l’attrice Lidia Vitale – abituata ai set fin da piccola, da quando, a soli quattro anni, debuttò in uno spot pubblicitario. MANINTOWN l’ha intervistata per parlare del suo percorso e delle nuove avventure professionali.

Yoshimi significa bella e buona: e già il nome è una storia…

«È un nome che adoro – racconta raggiante Blu – e ho scelto di portarlo con me nella mia vita lavorativa. Mi è stato affidato da Daisaku Ikeda, con il quale ho un legame spirituale. Da ragazza mi ha creato dei complessi perché non mi sentivo bella e neanche buona. Anzi, mi sentivo anche abbastanza antipatica. Mi chiedevo che senso avesse questo nome nella mia vita. Un giorno, al liceo, stavamo leggendo la Vita Nova e Dante di Beatrice dice che lei, con la sua bellezza e la sua bontà, riesce a portare gioia in ogni luogo. Ho pensato che fosse il significato del mio nome. Forse Ikeda stava parlando di una bellezza e di una bontà diverse, di qualcosa che può emergere dall’interno di una persona. Non mi sento sempre bella e buona, ma in questa imperfezione sto cercando di accogliermi e di apprezzarmi così come sono. Penso che per noi giovani donne sia molto importante non essere troppo severe con noi stesse».

Blu Yoshimi, foto di Clotilde Petrosino
Blu Yoshimi, foto di Clotilde Petrosino

«Vedevo la recitazione come un gioco. Accompagnavo mia mamma sui set e sono cresciuta osservandola. Non mi ha mai spinta a recitare, ma la guardavo nei backstage»

A otto anni reciti nella miniserie La freccia nera, famosa serie che portò fortuna a Raffaella Carrà. Segui le orme di tua mamma?

Non lo sapevo! Facevo Martina Stella da piccola. Ricordo che è stato divertente, come tutto quello che ho fatto da piccola. Vedevo la recitazione come un gioco. Accompagnavo mia mamma sui set e sono cresciuta osservandola. Non mi ha mai spinta a recitare, ma la guardavo nei backstage. La ricordo sul set di La meglio gioventù: mi ha ispirato tantissimo. Quando ho deciso, mi ha detto: vai, trova la tua strada e cerca di capire se ti rende felice. Mi affascina vederla con i registi o gli attori più giovani. Collabora tantissimo con loro: ha fatto tutti i primi cortometraggi di Mainetti prima di Jeeg Robot.

Sei già stata due volte a Venezia: nel 2016 con Arianna e poi col tuo primo ruolo da protagonista, Piuma di Roan Johnson.

Sono stata a Venezia anche con un cortometraggio di Andrea De Sica. Piuma è stata un’emozione strepitosa. Senza accorgermene mi sono ritrovata in tutti i Festival europei: Berlino da piccola, Venezia, Locarno con Likemeback e, quest’anno, Cannes con il film di Moretti, e Roma. Cannes era il mio sogno nel cassetto.

Blu Yoshimi, foto di Clotilde Petrosino
Blu Yoshimi, foto di Clotilde Petrosino

«Spesso si tende a essere un po’ generalisti per assicurarsi di piacere a tutti. Non penso che sia quello lo scopo di chi fa film. Non puoi piacere a tutti: quello che conta è riuscire a dire qualcosa»

Con Nanni Moretti hai recitato nel 2008 in Caos calmo e ora ti ha diretta in Il sol dell’avvenire. Com’è il tuo rapporto con lui? È una di quelle figure che o ami o odi…

La prima volta ero una ragazzina, ma ero consapevole che stavo lavorando con un attore importante. Nanni ha una grande determinazione e va sempre fino in fondo. Spesso si tende a essere un po’ generalisti per assicurarsi di piacere a tutti. Non penso che sia quello lo scopo di chi fa film. Non puoi piacere a tutti: quello che conta è riuscire a dire qualcosa. Credo che questo sia un suo grande pregio, ma anche il motivo per cui risulta divisivo. Ho una stima enorme per lui e un grande affetto. Crede molto nei giovani. Non ho mai sentito il peso di lavorare con un personaggio del suo calibro. E poi a me i caratteri cinici piacciono, adoro le persone che dicono le cose in maniera diretta. Preferisco le personalità spigolose ai buonisti, a quelli che ci girano intorno e non si capisce cosa vogliano dire.

Hai collaborato con Every Child Is My Child. Di cosa si occupa?

È una onlus per sostenere i diritti dei bambini vittime della guerra in Siria e di altre situazioni di emergenza umanitaria. Il suo motto è “Ogni bambino è il nostro bambino” e il suo presidente è l’attrice Anna Foglietta, che ha coinvolto molti altri artisti e personaggi dello spettacolo da Genovese a Tosca, Edoardo Leo, Pesce, Andrea Bosca, Livia Vitale, Fabia Bettini e tanti altri. Abbiamo raccolto fondi per la costruzione di scuole e ospedali in Siria, collaborato con Banco Alimentare per aiutare i minori in difficoltà in Italia, letto favole in diretta su Instagram durante il lockdown.

Ritratto di Blu Yoshimi, foto di Luca Carlino
Ritratto di Blu Yoshimi, foto di Luca Carlino

«Vorrei lasciare alle generazioni future un mondo dove non si ripetano le stesse cose che accadono da millenni, con le stesse guerre»

E cosa sono le tue attività con la Soka Gakkai?

Sono buddista e sono membro della Soka Gakkai, che porta avanti i valori del buddismo di Nichiren Daishonin. È un’organizzazione religiosa laica. Il nostro scopo principale è la pace nel mondo e la felicità di ogni individuo. Non una felicità basata sulla bellezza, la ricchezza o su fattori esterni, ma una felicità che costruisci giorno per giorno all’interno di un processo che noi chiamiamo rivoluzione umana. Partecipiamo a riunioni dove ci scambiamo le nostre esperienze realizzate basando la nostra vita su questa pratica. A volte ci sono delle giornate aperte al centro culturale buddista di Roma. Una che si è appena svolta parlava di violenza di genere o del conflitto in atto cercando di darne una lettura in chiave buddista. Un’altra è stata Senzatomica, che fa parte di ICAN (Premio Nobel per la Pace 2017 – nda) che ha l’obiettivo di creare un trattato internazionale per l’abolizione totale delle armi nucleari.

Blu Yoshimi, foto di Rosapaola Lucibelli, styling di Lorenza di Gennaro
Blu Yoshimi, foto di Rosapaola Lucibelli, styling di Lorenza di Gennaro

«Tutti i conflitti hanno un’origine complessa, ma qualunque cosa accada io sarò sempre alla parte dell’essere umano, indipendentemente dalla sua religione o idea politica»

Noi costruiamo le armi atomiche ma nessun topo costruirebbe mai una trappola per topi…

È Einstein. Tutti i conflitti hanno un’origine complessa, ma qualunque cosa accada io sarò sempre dalla parte dell’essere umano, indipendentemente dalla sua religione o idea politica. Vorrei lasciare alle generazioni future un mondo dove non si ripetano le stesse cose che accadono da millenni, con le stesse guerre. È importante capire il passato, ma anche decidere cosa fare da qui in poi.
Quello che è successo, per quanto atroce, è passato e non possiamo fare nulla per cambiarlo. Ma possiamo capire cosa farne per mettere cause nuove per un futuro migliore.

A scuola i tuoi coetanei ti consideravano diversa da loro?

Che ero quella strana l’ho capito dopo, però strano può significare anche meno noioso. Ero più strana perché mi piacevano i Beatles e Rino Gaetano in quinta elementare, che non per il fatto che fossi buddista. Avevo anche altri amici che praticavano. La mattina, prima di andare a scuola, recitavo Daimoku, che è il nostro mantra, e arrivavo a scuola con un sorriso gigantesco e uno stato vitale altissimo.
L’armonia che c’era nella mia vita in quegli anni era il risultato della mia pratica. Gli anni del liceo sono stati difficilissimi perché io e mia madre stavamo affrontando delle difficoltà economiche fuori dal comune, ho perso un’amica a 16 anni e ho subito sofferenze veramente grandi per la mia età. Ma in quel periodo ero sostenutissima sia dai miei compagni di fede che dagli scritti che leggevo dei miei maestri.

Blu Yoshimi, foto di Rosapaola Lucibelli, styling di Lorenza di Gennaro
Blu Yoshimi, foto di Rosapaola Lucibelli, styling di Lorenza di Gennaro

«Spielberg consigliava agli aspiranti registi di prendere una cinepresa in mano e iniziare a girare. Quando ho preso questa handicam in mano, ho realizzato che stavo facendo una regia»

Una come te immagino abbia non un cassetto, ma un baule di progetti?

Tanti! Da febbraio sono in tournée con Silvio Orlando con Ciarlatani, dove sono protagonista. Poi c’è un progetto che deve uscire in televisione di cui non si può parlare, ma del quale sono davvero felice, e il film Ho visto un re di Giorgia Farina che attendiamo in sala per il 2024. Altri due progetti: uno spettacolo che ha già debuttato, L’isola che non c’è scritto insieme a Gemma Costa, che vogliamo portare in tournèe.
Poi la regia di un cortometraggio che parla della dipendenza da porno. In realtà è un’occasione per parlare del senso di solitudine della nostra generazione. A metà dicembre, poi, entrerò in sala di montaggio per un lavoro nato spontaneamente: ho preso una handicam e ho seguito un progetto discografico che era di due miei amici, uno dei quali ha perso la vita due anni fa in un incidente stradale. Spielberg consigliava agli aspiranti registi di prendere una cinepresa in mano e iniziare a girare. Quando ho preso questa handicam in mano, ho realizzato che stavo facendo una regia.

Blu Yoshimi durante le riprese di Resvrgis
Blu Yoshimi durante le riprese di Resvrgis

«Resvrgis è un horror che segue delle regole ben precise, dove è interessante vedere la mostruosità che dilaga. In questo caso c’è realmente un animale, ma il messaggio riguarda il sopravvento che può prendere l’animalità che è dentro di noi sulla nostra umanità»

Alla Festa del cinema di Roma è stato presentato Resvrgis, dove sei tra i protagonisti, e che sarà in sala nel 2024. Immagino abbia richiesto un grande sforzo fisico…

Ho amato stare un mese in un bosco, ma girare Resvrgis è stato fisicamente impegnativo. È un film che si situa in un momento molto complesso della mia vita, per cui ringrazio di aver avuto l’opportunità di canalizzare tante energie nel lavoro. Ho ricordi di grande difficoltà, ad esempio le notti: abbiamo girato molto in notturna e io soffro quando mi si scombina il ciclo del sonno. Ma ringrazio il team perché è stato super unito e questa cosa non è scontata. Siamo stati una squadra molto potente forse perché nella difficoltà ci siamo uniti.
La sceneggiatura di
Resvrgis mi ha colpita appena l’ho letta. Mi sono subito innamorata del personaggio di Gaia per la sua purezza e per i suoi ideali. Mi intrigava la voglia di sperimentare di Francesco Carnesecchi, il regista, e il suo modo visionario di rimettere insieme in pezzi di una storia adrenalinica. Anche il fatto che nella storia c’è un mostro, ma il film parla della mostruosità. Il mostro non è mai come appare: la mostruosità è latente in ognuno di noi e tutti dobbiamo farci i conti. Ed è curioso parlare di mostruosità proprio in un momento simile, con quello che sta accadendo in questi giorni. Stiamo iniziando a prendere una nuova consapevolezza, anche grazie all’omicidio di Giulia (Cecchettin – nda), che un lato mostruoso può albergare in ognuno di noi. Molto spesso, però, lo nascondiamo, fingiamo di non vederlo, perché siamo educati a fare i buonisti.

Resvrgis è un horror che segue delle regole ben precise, dove è interessante vedere la mostruosità che dilaga. In questo caso c’è realmente un animale, ma il messaggio riguarda il sopravvento che può prendere l’animalità che è dentro di noi sulla nostra umanità.

Blu Yoshimi durante il talk per presentare il nuovo numero NEXT GEN, foto di Ruben Quaranta
Blu Yoshimi durante il talk per presentare il nuovo numero NEXT GEN, foto di Ruben Quaranta
FacebookLinkedInTwitterPinterest

© Riproduzione riservata