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settala family

Vicino all’Università Statale di Milano c’è un edificio che catturerà sicuramente la vostra attenzione: un palazzo seicentesco, con la facciata finemente decorata, che cela al suo interno un cortile prezioso e segreto. Si tratta della ex dimora dei Settala, una famiglia che ha molto da raccontare…

Può un uomo di scienza accusare una donna di stregoneria?
Può la curiosità di un collezionista spingerlo a tal punto da iniziare una raccolta stravagante di oggetti altrettanto stravaganti?
Oggi vi parliamo dei Settala, una famiglia storica di Milano che seppe essere alquanto originale: anche Manzoni non poté trattenersi dal citarla in I Promessi Sposi!

Della famiglia Settala non è rimasto molto, al giorno d’oggi: una via in zona Porta Venezia, un palazzo in Via Pantano, un museo sparso per diverse collezioni e in parte perduto… Per questo oggi vi raccontiamo la loro storia, specialmente quella di Lodovico Settala e del figlio Manfredo, sperando di catturare la vostra curiosità 😉

Pare che il cognome “Settala” derivi dall’omonimo comune, oggi in provincia di Milano e un tempo feudo dei Conti Settala. Di questo casato, caratterizzato da uno stemma con sette ali (prendendo alla lettera il cognome di famiglia), si ricordano numerosi personaggi storici: come Passaguado, responsabile della ricostruzione delle mura meneghine dopo la distruzione da parte del Barbarossa (1171), ed Enrico, arcivescovo di Milano che consacrò l’Abbazia di Chiaravalle (1221). Ma per arrivare ai personaggi più interessanti di questa famiglia dobbiamo raggiungere velocemente il XVI-XVII secolo…

abbazia chiaravalle settala

Da come viene descritto dalle testimonianze dell’epoca e, due secoli dopo, da Alessandro Manzoni, Lodovico Settala (1550-1633) doveva essere un medico che sapeva il fatto suo: si distinse durante la peste del 1576 e, nel corso della successiva epidemia del 1630 (resa celebre da I Promessi Sposi), seppe riconoscere lo stesso morbo, anche se non venne creduto dalla popolazione.

Durante la peste del 1630, Lodovico aveva ben ottant’anni (mica male, per un dottore del XVII secolo!) e cercò di avvertire la città dei rischi del contagio nonostante i problemi di salute dovuti alla vecchiaia: fu sicuramente un intellettuale illuminato, ma un episodio tradisce la sua appartenenza ad un periodo storico fatto di superstizioni e false credenze.

promessi sposi peste

Stiamo parlando del processo a Caterina Medici di Broni, domestica al servizio del senatore Luigi Melzi e da quest’ultimo accusata di stregoneria nel 1616. Il senatore incolpò Caterina per i propri disturbi gastrici, insinuando che la donna lo stesse avvelenando con pozioni magiche mascherate da infusi di erbe.

Fu aperto un processo, al quale partecipò anche Lodovico Settala: alla fine la povera Caterina si autoconvinse di essere veramente una strega e confessò il misfatto, per poi essere torturata e condannata al rogo in Piazza Vetra.

In realtà Caterina non era una strega, ovviamente: pare invece che il Melzi si fosse infatuato di lei e, per non cedere a questa debolezza, pensò bene di accusarla di stregoneria. Questa fu una delle numerose ingiustizie che affliggevano le donne fino alla cosiddetta “Epoca del Lumi”, ingiustizia a cui collaborò anche un uomo colto e lungimirante come Lodovico Settala.

piazza vetra

Di tutt’altra pasta era uno dei figli di Lodovico, Manfredo Settala, che ereditò la biblioteca e l’appartamento del padre in Via Pantano 26. Interessato come il padre alla filosofia, alle lettere e in generale alle materie umanistiche, fu appassionato anche di scienza e fisica: qualsiasi cosa lo incuriosiva e, sentendo il richiamo dell’Oriente, intraprese addirittura un viaggio fino a Costantinopoli, che poi lo portò anche in Turchia e a Cipro. Quando anni dopo tornò a Milano, riempì Palazzo Settala di antichità, reperti, curiosità, e nel frattempo ricevette il diaconato di San Nazaro da Federico Borromeo. Tuttavia la vita ecclesiastica era il suo ultimo pensiero: Manfredo continuò ad allontanarsi spesso da Milano (cosa saggia, dato che imperversava la peste) e trascorreva le sue giornate in un modo che il padre Lodovico definì immorale, tra mondanità e frivolezze.

san nazaro

Ciononostante, Manfredo non abbandonò mai il suo ruolo presso San Nazaro: in questo modo aveva sempre una rendita costante, per quanto esigua, e aveva la sicurezza economica necessaria per continuare i suoi studi. Ma non solo: una volta morto il padre, Manfredo si sentì completamente libero di cominciare la sua collezione personale di curiosità di ogni genere, improvvisando anche un laboratorio all’interno della canonica.

La collezione di Manfredo era una vera e propria Wunderkammer, una “camera delle meraviglie” che raccoglieva sia curiosità del mondo naturale e vegetale (i Naturalia) che le invenzioni dell’uomo (gli Artificialia), ma anche manufatti raccolti con il semplice scopo di stupire l’osservatore (i Curiosa).

Ma dove possiamo trovare oggi queste meraviglie?

settala wunderkammer

Manfredo aveva predisposto che, alla sua morte, la sua particolarissima collezione venisse donata alla Biblioteca Ambrosiana, ma di fatto cominciò a disperdersi già dal giorno del suo funerale. La situazione peggiorò con l’invasione napoleonica e la Seconda Guerra Mondiale.
Oggi è il MUDEC, il Museo delle Culture, ad aver ricostruito in parte la Wunderkammer del Settala, anche se il suo reperto più celebre (un mostro semovente meccanico) è tuttora conservato all’interno dei musei del Castello Sforzesco.

Milano, 15 Gennaio 2018
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