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Un Pozzonovo vicino alla palude che solo dal Duecento ha chiesa e prete fisso

Primo lembo di terra dopo gli acquitrini per chi arriva da sud è stato abitato dai romani ma è parrocchia solo dal 1300

francesco jori
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francesco jori

A sud scorre l’Adige, fiume che dalla preistoria ha funzionato da collegamento, da fonte di approvvigionamento, da via d’acqua per scambi e commerci. A nord c’è Monselice, centro di antichissimo insediamento. In mezzo, per chi si lasci alle spalle il fiume, distese sterminate di valli e paludi: posto di solo transito, senza appigli per mettervi radici. Così, appena si riesce a mettere il piede sulla terraferma, è pressoché inevitabile che vi sorga un insediamento: com’è capitato per l’appunto a Pozzonovo in epoca antichissima, stando ai ritrovamenti portati alla luce lungo l’argine del Gorzone, e risalenti all’epoca neolitica; dunque quando la regione è abitata dai paleoveneti.

Dopo arrivano i romani, che si insediano anche qui come in buona parte della Bassa padovana, soprattutto nella fascia occidentale a partire dal Monselicense. Ma per trovare una prima documentazione scritta del posto, bisogna attendere il Medioevo, una volta passati i lunghi secoli bui delle invasioni barbariche e del degrado del territorio: mentre in altri centri della zona ci sono testimonianze fin dai dintorni dell’anno Mille, qui bisogna attendere la metà del Duecento, quando in un codice conosciuto come “Catastico di Ezzelino” si parla della località di “Puthei Novi”, dipendente dalla pieve (in pratica la chiesa-madre presso la quale bisogna comunque recarsi per una serie di riti, a cominciare dal battesimo) di Santa Giustina a Monselice. Un secolo più tardi la popolazione dev’essere evidentemente cresciuta fino ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio nucleo autonomo, se viene eretta una chiesa sul posto, intitolata a Santa Maria, e le viene assegnato un sacerdote fisso; ancora un secolo, e diventa parrocchiale, segno di un ulteriore sviluppo del paese.

la visita episcopale

Notizie dettagliate si ricavano dalla visita pastorale del vescovo di Padova dell’epoca, Pietro Barozzi, che dopo la nomina avvenuta nel 1487 decide di girare l’intera vastissima diocesi (si estende dall’altopiano di Asiago fino alla bassa laguna veneta).

Due anni più tardi, il 20 e 21 ottobre, arriva a Pozzonovo, dove viene accolto dal “presbiter Laurentius de Calabria rector ecclesie S. Marie de Outheo Novo”. La chiesa all’epoca è lunga 14 metri e larga 6; troppo piccola col passare del tempo, visto che nel Cinquecento ne viene costruita una nuova.

Di grande importanza per lo sviluppo civile del paese si rivela l’opera di bonifica delle valli esistenti nel suo territorio, che viene avviata già nel Trecento dai Carraresi quando questi divengono signori di Padova; il diritto di proprietà delle valli rimane comunque a Monselice fino all’arrivo della Serenissima, nel 1405, che dà ulteriore impulso alla sistemazione del territorio: per la comunità locale significa un grosso salto di qualità, visto che sulle aree strappate alle acque possono finalmente dedicarsi a una stabile e più redditizia attività agricola, al posto della caccia e della pesca prima praticate nelle zone vallive.

le tracce dei grimani

È un’operazione su cui diverse famiglie patrizie veneziane investono anche qui, come in molte altre realtà del Padovano: arrivano con capitali robusti, in particolare, i Nani-Duodo, i Malipiero, i Contarini, i Barbarigo, ma in particolare i Grimani: le tracce di quelle presenze si possono vedere ancor oggi, ad esempio nella villa Centanini ex Polcastro, e nella grande casa colonica seicentesca detta “La Grimana”. Ma pure il monastero femminile veneziano di San Zaccaria può contare su estese proprietà nel territorio comunale.

(66, continua)



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