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Comune di Arzergrande stangato per lo scandalo rifiuti di Padova Tre

Non sono stati accantonati nel 2015 i soldi per il passivo: gli amministratori devono restituire un terzo dei gettoni

Alessandro Cesarato
2 minuti di lettura
Il municipio di Arzergrande 

ARZERGRANDE. La scure della Corte dei Conti si abbatte sul Comune. Il 2019 rischia di essere ricordato come l’annus horribilis della storia recente dell’ente. Una vera e propria batosta per la sopravvivenza amministrativa e gli equilibri di una realtà che conta poco meno di 5 mila abitanti. Blocco delle assunzioni, restituzione di una parte di indennità degli amministratori, taglio dei trasferimenti, limiti alla spesa corrente e impossibilità di ricorrere agli indebitamenti (quindi di accendere mutui e ricorrere a prestiti).

Sono queste le conseguenze per avere sforato il Patto di stabilità. Sanzioni e limitazioni che hanno un duplice valenza: afflittiva per l’ente inadempiente e correttiva in quanto finalizzata al rientro entro l’obiettivo programmato. L’anno incriminato è il 2015 ed è su questo che la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti, dopo avere esaminato gli atti, ha sentenziato, ancora lo scorso maggio, senza possibilità di replica. Proprio in queste ore la giunta del sindaco leghista Filippo Lazzarin, all’epoca consigliere di minoranza, ha dovuto a malincuore deliberare per recepire gli adempimenti prescritti.

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Nel 2015 era ancora in carica l’amministrazione di centrosinistra guidata dal sindaco Luca Sartori. Oggi, oltre a lui, non sono più in servizio né il responsabile della Ragioneria e tanto meno il segretario comunale.

Cosa ha riscontrato la Corte dei Conti? Fondamentalmente due tipologie di violazione. Per prima cosa lo sforamento, oltretutto non dichiarato, del vincolo di bilancio per un importo di 50 mila euro, quale differenza tra saldo finanziario e saldo obiettivo. Il Comune, nella dichiarazione presentata a suo tempo, aveva certificato invece un attivo di 24 mila euro. La Corte, nella sentenza, ricorda come Arzergrande fosse già stato “richiamato” anche per l’esercizio 2014 per una serie di criticità. La seconda violazione riguarda invece il mancato “accantonamento al fondo per i contenziosi e al fondo per le perdite degli organismi partecipati (per le passività potenziali del Consorzio Padova Sud)”.

Qui si apre un mondo. In sede istruttoria il Comune ha espressamente ammesso, in relazione alla situazione del Consorzio e in base ai dati dell’ultimo bilancio disponibile relativo al 2014 in cui risultava un utile di esercizio lordo di 186 mila euro, che “non era plausibile procedere a un accantonamento, per altro di difficile quantificazione, anche se comunque ricomprendibile all’interno del corposo avanzo di amministrazione”. Secondo la Corte quel fondo cautelativo doveva comunque essere istituito.

Il Comune dovrà anche recuperare un terzo delle somme erogate agli amministratori in carica durante il 2015, consiglieri di minoranza compresi. Per i semplici consiglieri si tratta, in soldoni, di meno di 15 euro a testa. Tre assessori dovranno restituire 263,48 euro mentre il vice sindaco 351,54 euro. Alla fine chi dovrà sobbarcarsi l’onere più gravoso è l’ex sindaco Sartori che, tra indennità e quota parte del trattamento di fine mandato, dovrà rendere a stretto giro 8.755,60 euro. È anche vero che gli stessi amministratori, in genere, si tutelano per eventualità legate al loro operato con una polizza assicurativa ad hoc che, se ricorressero le condizioni, potrebbe eventualmente farsi carico del rimborso. —
 

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